La Biblioteca Civica di Rovereto e il MART ricordano Riccardo Maroni, un grande editore trentino del ‘900
Per una biografia di Riccardo Maroni vedi in questo blog la pagina speciale
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«Nel processo “Perfido” [la ‘ndrangheta nel settore del porfido trentino] sono coinvolti anche imprenditori e politici trentini. La mafia ha bisogno di sponde e le trova se non c’è un netto rifiuto della corruzione. Che non succeda in Trentino quello che è accaduto in Lombardia. Che conta, è scritto nella relazione della Dia, 25 locali (chiamiamole “sezioni”) della ‘ndrangehta (in Piemonte sono 16, in Veneto 3, in Valle d’Aosta 1, in Trentino 1, per quanto riguarda il Nord).
Le mafie si sono radicate grazie alla sottovalutazione del fenomeno e alla disponibilità di imprenditori e politici alla corruzione. Ma anche alla mancanza di reazione da parte della società. Si veda l’amara intervista ad “Avvenire” di Alessandra Dolci, coordinatrice della Direzione distrettuale antimafia di Milano» (Vincenzo Passerini)
“Il Covid ci ha insegnato, semmai l’avessimo dimenticato, che solo un forte sistema sanitario pubblico è in grado di affrontare emergenze simili. Cure costosissime, spesso prolungate, sono state assicurate a chi ne aveva bisogno, non a chi aveva i soldi per pagarle come è accaduto e accade in tanti Paesi del mondo, ricchi e poveri. La sanità privata può integrare quella pubblica, non può sostituirla. Quindi non si può accettare che venga indebolito il pubblico per favorire il privato.” (Vincenzo Passerini)
Un anno fa, il 15 novembre 2020, arrivava in Trentino, Sara Pedri, ginecologa di 31 anni, originaria di Forlì, piena di energia, generosa, precisa, una grande passione per il lavoro.
Noi tutti, più o meno, usiamo internet. Grande strumento di informazione. Ma un libro non è sostituibile. Un grande scrittore diceva che non apprendiamo leggendo, diventiamo qualcosa.
Non sempre accade, ma può accadere. Magari con “Guerra e pace” o “I fratelli Karamazov”, con “Don Chisciotte” o “Moby Dick”, coi racconti di Cechov o i romanzi di Dickens, coi “Vangeli” o “Le Confessioni” di Sant’Agostino, coi “Canti” di Leopardi o i Salmi, con Omero o Dante, con “Vita e destino” di Grossman o “Furore” di Steinbeck…
Domenica 9 maggio è stato beatificato ad Agrigento il giudice Rosario Livatino ucciso dalla mafia il 21 settembre 1990.
Un momento di festa intenso e commovente.
E di riflessione.
Anche per noi trentini, alle prese con una inquietante inchiesta della Procura sulle infiltrazioni della ‘ndgrangheta, una delle mafie più pericolose, nella nostra società.
Furono le più giovani donne della Resistenza italiana insignite di medaglia d’oro.
La storia, semplice e grande, di Ancilla Marighetto “Ora” e Clorinda Menguzzato “Veglia”, partigiane di Castello Tesino in Valsugana, si intreccia con quella del battaglione “Gherlenda”.
Studiava al liceo “Maffei” di Riva del Garda, aveva 19 anni. Eugenio Impera fu la più giovane vittima della strage nazifascista del 28 giugno 1944.
Un soldato tedesco e un fascista irruppero in casa e gli spararono. Lui non aveva mai sparato.
Il vaccino ci sta salvando. È una corsa contro il tempo. 476 morti in Italia martedì 13 aprile. La strage continua. Ritardi col vaccino, ma anche miracoli di velocità, a partire dalla sua scoperta. Ricordate? Sono stati due immigrati turchi in Germania a scoprirlo per primi. Che lezione per chi pensa agli immigrati come a un peso da sopportare. E non li vuole.
“Non può passare lo schema per cui le istituzioni pubbliche buttano in strada le persone, o ve le lasciano, e che ci pensino la Chiesa o i volontari e le loro associazioni, che per fortuna ci sono e si danno seriamente da fare.
La solidarietà è un dovere vincolante per le istituzioni, non un optional. E solidarietà verso tutti gli esseri umani, senza distinzione.”
“La tragedia era annunciata, si sapeva che i posti letto per le persone indigenti in Trentino sono inadeguati per chi ha necessità di sostare d’inverno al caldo durante le ore diurne o dove stare per dormire.”
È morto di freddo in un edificio abbandonato a Mori Stazione, a pochi chilometri da Rovereto, “Matiu”, come era chiamato, un uomo di 57 anni originario del Marocco.
Il quotidiano “Trentino” è stato chiuso improvvisamente dalla proprietà.
La notizia è stata diffusa venerdì 15 gennaio e sabato 16 è uscito l’ultimo numero.
Motivo: i bilanci sempre più in rosso a causa della crisi economica e del Covid.
Le spoglie di Agitu Ideo Gudeta torneranno nella sua amata Etiopia. Grande Paese che l’aveva fatta soffrire e poi sperare. E ancora soffrire ultimamente per la guerra civile in Tigray, la regione del Nord, al confine con l’Eritrea . Guerra scoppiata in novembre e oscurata dal governo di Abiy Ahmed, premio Nobel per la pace 2019 per l’accordo con l’Eritrea che aveva posto fine a un sanguinoso conflitto.
Le spoglie di Agitu Ideo Gudeta torneranno in Etiopia per il funerale e la sepoltura lunedì 11 gennaio 2021.
Al cimitero di Trento, sabato 9 gennaio 2021 alle ore 11, ci sarà una celebrazione religiosa per l’ultimo saluto ad Agitu da parte della comunità che l’ha accolta e che lei ha arricchito con la sua presenza, la sua intelligenza, il suo lavoro, il suo amore.
Il Comitato delle Associazioni per la Pace di Rovereto, la Casa delle Donne di Rovereto, il Coordinamento Associazioni Vallagarina per l’Africa, l’Anpi Trentino invitano chi vuole simbolicamente partecipare al saluto (data l’emergenza Covid che vieta gli spostamenti da un Comune all’altro) ad appendere al balcone della propria abitazione un nastro rosso.
Intervista a “l’Adige”, quotidiano di Trento, domenica 3 gennaio 2021 : “Passerini: “Agitu, più forte dell’odio”.
L’articolo di Vincenzo Passerini su Agitu Ideo Gudeta pubblicato sul quotidiano “Trentino” giovedì 31 dicembre 2020.
Caro Gesù, affrettati. Affrettati. Portaci la tua speranza. L’unica che non delude. Qui ci sono troppi morti, affrettati. Troppi morti.
E poco conforto per i familiari, perché i morti danno fastidio al Trentino cartolina. Il Trentino cartolina ha le sue lugubri esigenze. È più cadaverico dei morti il Trentino cartolina.
L’appello all’unità di fronte alla pandemia lanciato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella va non solo ascoltato ma tradotto in pratica. Il Presidente, parlando due giorni fa all’assemblea dell’Associazione dei Comuni italiani, ha usato toni all’altezza della drammaticità della situazione.
Un popolo e un tribunale hanno aperto in questi giorni un altro squarcio nel muro di discriminazione verso gli stranieri sul quale la destra italiana e internazionale ha costruito in questi anni le sue fortune elettorali. E hanno riaffermato il principio dell’uguaglianza tra gli esseri umani. Domenica 27 settembre il popolo svizzero ha bocciato il referendum anti immigrati, tra i quali ci sono moltissimi italiani, sostenuto dalla destra, Lega in testa (Lega anti italiani? Certo).
“Se siamo cresciuti è per loro”. Lo dice senza giri di parole Monica Martinelli parlando dei profughi e dei migranti che lavorano presso il panificio in Val di Gresta di cui è proprietaria insieme al marito Fabrizio Sterni. Un’azienda di successo.
Le persone dovevano passare la notte in strada per potere accedere agli sportelli della Questura prima che nascesse il Cinformi (Centro informativo per l’immigrazione). Era una situazione incivile, indegna di una città come Trento. Bisogna raccontarla questa storia nel momento in cui il potere leghista distrugge il Cinformi.
Non riuscire a capire le persone in mezzo alle quali ti trovi a vivere, e a farti capire da loro, è un incubo. Imparare la lingua del luogo è il primo passo per inserirsi in una comunità. Il fatto che la Giunta provinciale abbia eliminato un anno fa i corsi di italiano per i rifugiati dà la misura dell’inciviltà di chi ci governa.
Più che emozionati, sono incantati. Per quei bambini il primo giorno di scuola è un sogno che si realizza. Sanno che non tutti possono andarci. Sentono di essere dei privilegiati e ce la mettono tutta. Lo si vede dai loro gesti, dalla voglia di apprendere, dalla disciplina, dal rispetto reciproco e dalla gratitudine nei confronti degli insegnanti, degli adulti e degli anziani. La noia non esiste.
La scuola trentina avrà un sovrintendente scolastico di nome, ma un sovrintendente politico di fatto se l’articolo che lo istituisce (il n. 20), e che è inserito nella legge di assestamento di bilancio in discussione la prossima settimana, sarà approvato dal Consiglio provinciale.
Il sovrintendente sarà di fatto nominato dal segretario politico della Lega che riveste anche il ruolo di assessore all’istruzione.
Facciamo sosta in questa antica contrada di Trento per ricordare che ottanta anni fa, nel 1938, il regime fascista varava le leggi razziali anti ebraiche. Non possiamo dimenticare quelle vergognose leggi con le quali gli ebrei venivano considerati esseri umani di serie B e privati dei diritti fondamentali.
Domenica 14 gennaio la Chiesa cattolica ha celebrato la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Lei l’ha ricordata con parole piene di spirito evangelico. Così è accaduto in altre chiese, almeno in quelle dove i profughi non sono ignorati, se non disprezzati.
Io sono andato a trovare i profughi al campo di accoglienza di Marco di Rovereto. Sono 234, stipati come sardine in diciassette container, quattordici persone per ogni ontainer, tranne uno che ne ospita otto.
Non è vero che la protesta dei richiedenti asilo accolti nel campo di Marco di Rovereto è incomprensibile, come ha affermato l’assessore provinciale alle politiche sociali Luca Zeni. È invece pienamente comprensibile.
Quello che non è comprensibile, oltre all’infelice risposta dell’assessore, è come mai questa situazione indecente di accoglienza duri da tempo malgrado le segnalazioni e le proteste venute ripetutamente da più parti nel recente passato.
Due gravi attentati incendiari presero di mira un anno fa, il 28 ottobre a Soraga e il 16 novembre a Lavarone, gli edifici che si apprestavano ad accogliere alcuni profughi e profughe. Le indagini sui colpevoli non hanno prodotto alcun risultato.
Il mondo ricco è vecchio, il mondo povero è giovane. America del Nord, Europa benestante, Russia, Giappone, ma anche la Cina hanno sempre più anziani e sempre meno bambini. America del Sud, Africa, Asia meridionale, Europa non benestante hanno tanti bambini e tanti giovani, ma anche tanta povertà.
E allora succede quello che è sempre successo nella storia del mondo: le persone si spostano, i poveri vanno nei Paesi più benestanti a cercare futuro e a portare futuro.
Accanto all’aspetto violento e vigliacco dell’attentato incendiario alla «Casa don Santo Amistadi» di Roncone che accoglie tredici profughi, tipico di ogni intimidazione mafiosa, c’è anche l’aspetto ridicolo. Che cosa si vuol dire con questo attentato? Che cosa si voleva dire con gli analoghi attentati di Lavarone e Soraga?
Se guardiamo all’immigrazione per quello che è e non ci lasciamo prendere dalla psicosi collettiva, una verità ci si apre davanti, chiara e indiscutibile: noi abbiamo bisogno degli immigrati, così come gli immigrati hanno bisogno di noi. Non è questione di opinione, è la realtà delle cose. La società trentina – alla pari di quella italiana – non può più fare a meno degli immigrati: essi ne sono diventati una colonna portante.
Come la periferia di Betlemme, allora, anche quella di Trento, oggi, ha tante capanne abitate durante la notte. Sono sotto i ponti, nelle fabbriche abbandonate, nei boschetti, nelle case diroccate. Sono fatte di lamiera, di legno, di teli di plastica, di stracci. Le Marie, i Giuseppe, i poveri Cristi che le abitano sanno che il segreto per farle durare non è la robustezza dei materiali. Quel che conta è che siano nascoste, che non si vedano.