Il mondo povero è giovane

Il mondo ricco è vecchio, il mondo povero è giovane. America del Nord, Europa benestante, Russia, Giappone, ma anche la Cina hanno sempre più anziani e sempre meno bambini. America del Sud, Africa, Asia meridionale, Europa non benestante hanno tanti bambini e tanti giovani, ma anche tanta povertà.

E allora succede quello che è sempre successo nella storia del mondo: le persone si spostano, i poveri vanno nei Paesi più benestanti a cercare futuro e a portare futuro.

Già: la chiave di tutto è qui.

I migranti vanno a cercare futuro e a portare futuro. Portano futuro a società vecchie e stanche. Portano vita nuova là dove la vita nuova diminuisce. Questa è la verità fondamentale delle migrazioni, da sempre.

Ce lo insegna anche la storia degli emigranti italiani.

Una storia dolorosa e gloriosa. Sono andati in tutto il mondo a cercare futuro perché non ce n’era qui, ma hanno anche donato futuro all’America, all’Australia, alla Germania, alla Svizzera, alla Francia, all’Inghilterra…

Gli italiani avevano tanti figli e tanta povertà. Hanno portato figli e futuro là dove mancavano. Hanno ricevuto tanto dai Paesi che li hanno accolti, ma hanno anche dato tanto a quei Paesi e a quei popoli.

Il lavoro degli italiani all’estero ha lasciato segni profondi.

La ricchezza e la forza di quei continenti e di quelle nazioni è stata costruita anche grazie al lavoro degli italiani. Italiani che non erano sempre visti bene all’inizio, spesso erano trattati male.

Spesso erano bollati dai pregiudizi.

Spesso erano tenuti in disparte.

Poi col tempo le cose sono cambiate. Gli italiani si sono integrati in quelle società, fino a diventarne parte fondamentale.

La storia dell’emigrazione italiana è dolorosa e gloriosa insieme. Così è la storia di ogni migrazione.

Anche l’Italia adesso, negli ultimi decenni, sperimenta cosa vuol dire accogliere immigrati.

Perché è un Paese invecchiato, dove sono arrivati tanti giovani dai Paesi più poveri. In Italia, ce lo ricordano anche gli ultimi dati statistici, non sono nati mai così pochi bambini.

Il calo demografico iniziato negli anni Settanta del secolo scorso continua e solo la presenza dei figli degli immigrati lo rende meno drammatico. Nelle scuole italiane ci sono 800 mila figli di stranieri. Nelle scuole del Trentino sono 10 mila. Senza questi nuovi scolari e studenti moltissime scuole dovrebbero chiudere.

Non solo.

Come sempre è accaduto, gli immigrati fanno per lo più i lavori che i residenti non vogliono più fare. I lavori più duri, più precari, meno pagati, i lavori stagionali. Li troviamo a fare le badanti, le pulizie, le consegne a domicilio, li troviamo a raccogliere mele e uva, li troviamo a lavorare negli alberghi e nei ristoranti.

Gli stranieri non rubano il lavoro agli italiani.

Tutti i dati lo confermano. I giovani italiani preferiscono andare a lavorare all’estero piuttosto di accontentarsi qui da noi di certi lavori. Anche in anni di crisi economica.

Tanti giovani italiani e anche trentini tornano ad emigrare, piuttosto di rimanere qui e accontentarsi dei lavori che trovano. E questi lavori li fanno gli immigrati.

Cosa ne sarebbe del nostro sistema provinciale di assistenza agli anziani e alle persone non autosufficienti se le cinquemila assistenti familiari, o badanti, straniere se ne andassero?

Il sistema di assistenza crollerebbe, questa è la verità.

La nostra agricoltura (mele e uva) si regge col 70% di lavoratori stranieri, per la quasi totalità stagionali. Nelle ditte di pulizia, senza i lavoratori stranieri cosa accadrebbe? Ma gli stranieri li troviamo in tanti altri ambiti.

Il migrante porta vita nuova e futuro dove va. Certo, anche problemi nuovi.

Problemi di convivenza, di accettazione reciproca perché l’incontro tra diversità genera anche problemi. Lingue diverse, culture e religioni diverse, modi di pensare e di vivere diversi.

Ma questa diversità non è solo un problema. Essa esprime la ricchezza e la varietà inesauribili dell’umanità.

Nessuno basta a se stesso. Noi non siamo tutta l’umanità. Ciascun popolo ha tesori di umanità che gli altri non hanno.

Tesori anche di cultura e di spiritualità. Tesori che magari noi abbiamo perduto. Dall’incontro di questi tesori diversi ne nascono di nuovi. È la storia dell’umanità.

Dobbiamo guardare alla realtà dell’immigrazione con sguardo meno annebbiato dalle paure.

Guardare con fiducia a quello che sta accadendo.

Ai timori di un mondo vecchio che sta morendo dobbiamo sostituire la speranza per un mondo nuovo che nasce. E questo mondo nuovo che nasce ha bisogno non delle nostre maledizioni e dei nostri timori, ma del meglio di noi stessi.

Di tutto quanto di positivo possiamo dare.

 

Pubblicato su www.unimondo.org il 26 aprile 2017