Archivio della parola chiave: Etiopia

“Debre Libanos, i monaci uccisi dai fascisti” (di Vincenzo Passerini, “Vita trentina”, 18 maggio 2023)

Debre Libanos (Etiopia), maggio 1937: un gruppo di monaci ortodossi in attesa dell’esecuzione da parte dell’esercito italiano.

«Il massacro comincia il 20 maggio e si conclude il 29. Prima sono uccisi i monaci inabili e ammalati. Poi via via tutti gli altri, caricati a gruppi sui camion, portati ai bordi di un precipizio o di fosse comuni e mitragliati. I corpi coperti di terra.

I dati ufficiali italiani parlano di 452 uccisi, ma gli studiosi ritengono che siano tra i 1400 e i 2033. Altri saranno uccisi nei mesi seguenti, altri moriranno nei campi di concentramento.» (Vincenzo Passerini)

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L’associazione “Luogo Comune” tiene viva la testimonianza di Agitu, indimenticabile pastora

L’associazione “Luogo Comune” di Riva del Garda ha acquistato il piccolo rimorchio/bancarella con il quale Agitu, indimenticabile pastora, vendeva i suoi prodotti caseari ai mercati e lo utilizza per iniziative di comunità.

Il 17 maggio scorso, inoltre, ha promosso la presentazione del libro di Benedetta Capezzuoli “Il mondo di Agitu è anche il nostro” che inaugura una serie di incontri al femminile.

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La premier Meloni in Etiopia. Dimenticata la più sanguinosa guerra contemporanea dopo quella del Congo

Pensiero del giorno

 

SEMPRE PIÙ DIMENTICATE LE 800 MILA  VITTIME DEL TIGRAY

Etiopia, Tigray, sfollati (Ansa)

Il capo del governo italiano è in visita in Etiopia. Restituisce  la visita a Roma del febbraio scorso di Abiy Ahmed, premier etiope. Ma chi ricorda che in Etiopia, anche per gravissime responsabilità di Abiy Ahmed, c’è stata in questi due anni e mezzo, e non è del tutto finita malgrado gli accordi di pace, una spaventosa guerra civile che ha fatto 800 mila morti, in gran parte civili? La più sanguinosa guerra del nostro tempo dopo quella del Congo. Con crimini contro l’umanità denunciati da molte organizzazioni internazionali alle quali il premier etiope ha sempre vietato l’ingresso in Tigray.

Si veda il nostro editoriale su “Vita trentina” del 23 febbraio 2023 “Le vittime dimenticate del Tigray”.

Vittime sempre più dimenticate.

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“Le vittime dimenticate del Tigray”. La guerra più sanguinosa di questo secolo dopo quella del Congo (editoriale di Vincenzo Passerini su “Vita trentina”, 23 febbraio 2023)

«A un anno dall’inizio della barbara invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo, le immani sofferenze subite dalla popolazione non conoscono fine. La pace sembra ancora lontana. In Etiopia, nella regione del Tigray (o Tigrè), la pace, per quanto fragile, è stata raggiunta nel novembre scorso dopo due anni di guerra. La guerra più sanguinosa di questo secolo dopo quella del Congo che papa Francesco ha denunciato con veementi parole nel suo recente viaggio nel martoriato paese. Le vittime nel Tigray sarebbero addirittura 800 mila, la maggior parte civili, secondo stime delle Nazioni Unite.» (Vincenzo Passerini)

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Yekatit 12, ovvero 19 febbraio: memoria della strage fascista di migliaia di innocenti etiopi (1937)

Particolare del monumento allo Yekatit 12 di Addis Abeba (da I. Campbell, “Il massacro di Addis Abeba”)

Il 19 febbraio, Yekatit 12 per gli etiopi, deve diventare una data in cui ogni anno anche noi italiani facciamo memoria, con pietà e vergogna, della strage fascista di migliaia di innocenti ad Addis Abeba nel 1937.

Per l’Etiopia lo Yekatit 12 è il solenne e doloroso Giorno dei Martiri.

(riproponiamo questo nostro articolo del 18 febbraio 2021)

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«Cresce la speranza negli Accordi di pace nel Tigray. Ma il popolo è stremato da altri conflitti ed emergenze umanitarie» (Agenzia Fides, 25 novembre 2022)

Pretoria (Sudafrica): la stretta di mano tra i rappresentanti delle due parti in conflitto al momento della firma dell’accordo di pace.

Nella notte tra il 3 e 4 novembre 2020 iniziava in Etiopia la guerra tra l’esercito federale e le milizie del Tigray, l’importante regione del Nord, al confine con l’Eritrea. Lo stesso esercito eritreo entrava in Etiopia a sostegno del governo etiope, retto dal premier Abiy. Il 2 novembre scorso, dopo due anni di sanguinoso conflitto, che ha provocato migliaia di morti, una gravissima emergenza umanitaria e 100 mila profughi, e dopo dieci giorni di intensi negoziati condotti dall’Unione Africana a Pretoria, in Sud Africa, è stato raggiunto uno storico accordo di pace tra le parti in conflitto. Ora si spera che l’accordo tenga, si aiutino le popolazioni e si spengano altri focolai di guerra nel Paese, come scrive l’Agenzia Fides (25 novembre 2022).

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La sanguinosa guerra civile in Etiopia: “La crisi nel Tigray fa paura all’Africa” (di Giulio Albanese)

Etiopia, Tigray, civili in fuga dalla guerra (www.vaticannews.va)

«Il conflitto del Tigray continua a mietere numerose vittime. Ad esempio, il 4 ottobre scorso, almeno 50 persone sono state uccise dopo che l’aviazione della Forza di difesa nazionale etiopica (Endf) ha bombardato una scuola che ospitava numerosi sfollati ad Adi Daero, nella regione del Tigray settentrionale…

D’altronde senza che sia consentito l’accesso di giornalisti indipendenti e con una presenza limitata di operatori umanitari internazionali, riuscire a monitorare lo scontro, ormai quotidiano tra gli opposti schieramenti, è assai arduo….» (Giulio Albanese, “L’Osservatore Romano”, 14 ottobre 2022)

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Un anno fa ci lasciava, stroncato dal Covid, il missionario padre Paolo Angheben

L’8 maggio 2021 moriva in un ospedale di Addis Abeba, stroncato dal Covid e dalla sanità povera, padre Paolo Angheben, una vita dedicata all’Africa, al Vangelo, ai poveri. Missionario della Consolata, era nato a Riva di Vallarsa, in Trentino, il 28 dicembre 1946.

È stato un testimone esemplare di fraternità e di fede nel Vangelo di Gesù Cristo. Ha condiviso fino alla morte la sorte dei poveri che non possono godere di un sistema sanitario dignitoso. Lo ricordiamo con affetto e gratitudine.

La locandina della Celebrazione in suo ricordo domenica 8 maggio a Riva di Vallarsa.

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Un piatto di sardine

Padre Paolo Angheben (1946-2021)

È tempo di svegliarvi dal sonno (Romani 13,11) è il grido che all’inizio dell’avvento la Scrittura fa risuonare per tutti noi. Più ci penso vedo quanto sia urgente. Dormiamo beatamente ammaliati dai tanti saltimbanchi, che vomitano insulti e volgarità, menzogne e irrisioni, che invocano carri armati e ruspe per impaurire, dominare e sfruttare.” (Padre Paolo Angheben)

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L’Etiopia e i sogni di Agitu

Le spoglie di Agitu Ideo Gudeta torneranno nella sua amata Etiopia. Grande Paese che l’aveva fatta soffrire e poi sperare. E ancora soffrire ultimamente per la guerra civile in Tigray, la regione del Nord, al confine con l’Eritrea . Guerra scoppiata in novembre e oscurata dal governo di Abiy Ahmed, premio Nobel per la pace 2019 per l’accordo con l’Eritrea che aveva posto fine a un sanguinoso conflitto.

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Gli italiani e il massacro di Addis Abeba

Addis Abeba, il monumento allo Yekatit 12.

Ieri ad Addis Abeba, capitale dell’Etiopia, si è ricordato, con cerimonie, discorsi e preghiere, il “Giorno dei martiri”.

Ci riguarda direttamente, ma l’Italia dimentica.

Il 19 febbraio 1937, secondo il calendario etiope Yekatit 12, gli italiani, che avevano invaso il Paese, sanguinosamente conquistato nel maggio dell’anno precedente, diedero inizio alla strage di Addis Abeba.

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Massacri italiani in terra d’Africa

Arrivano da noi su pericolanti e mortali barconi, a mani vuote. Ci spaventano perché sono poveri e magari perché sono neri. Abbiamo mai pensato a come invece siamo andati noi da loro? Noi bianchi, noi europei, noi italiani?

Ci siamo andati con le navi negriere, con le cannoniere, imbracciando fucili e mitragliatrici, con i bombardieri.

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Più Europa, non più muri

È un gravissimo errore dare corda alla sfiducia nell’Europa e ripristinare i confini statali. Ed è un errore non meno grave dare corda a quei governi dell’Est Europa che proclamano apertamente ideologie xenofobe e razziste. L’Austria, socialdemocratica e cristiano-popolare, con la decisione di chiudere i propri confini e con la scelta di concordare con Ungheria, Polonia e altri paesi dell’Est Europa una politica di chiusura verso i profughi ha commesso due gravissimi errori.

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