Venga nella bidonville del Trentino. Lettera aperta all’arcivescovo di Trento, Lauro Tisi

L’interno di un contaniner del campo profughi di Marco. (Foto V. Passerini)

Domenica 14 gennaio la Chiesa cattolica ha celebrato la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Lei l’ha ricordata con parole piene di spirito evangelico. Così è accaduto in altre chiese, almeno in quelle dove i profughi non sono ignorati, se non disprezzati.

Io sono andato a trovare i profughi al campo di accoglienza di Marco di Rovereto. Sono 234, stipati come sardine in diciassette container, quattordici persone per ogni ontainer, tranne uno che ne ospita otto.

 

A volte i container sono così vicini che tra l’uno e l’altro ci può camminare una sola persona.

È la bidonville del Trentino. Disumana.

Un angolo di terzo mondo nella terra dell’autonomia speciale, uno dei territori più ricchi d’Italia.

Una vergogna dell’autonomia.

Al campo ignorano la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato.

Avrei voluto che Lei fosse qui a ricordarla, a celebrarla con questi giovani asiatici e africani che sognano una vita migliore e portano sul corpo le cicatrici delle torture patite dagli aguzzini delle carceri libiche.

Gliele possono anche far vedere.

Avrei voluto che lei fosse qui a dire loro che la Chiesa di Trento li ama e farà di tutto per toglierli da questa situazione disumana.

Farà di tutto per dare loro un’ospitalità decente.

Liberi l’agenda, venga a condividere una cena con loro. Ne saranno felici.

Non sarà meno santa di quelle in duomo. Qui gli umiliati e offesi sono in carne e ossa, assomigliano proprio al Cristo.

E lei sa meglio di me che saranno loro a giudicarci.

Venga arcivescovo a vedere la bidonville del Trentino.

Parli con questi giovani. Parli con N.M. che fa il servizio civile e poi studia, ma la notte non riesce a dormire nel suo container. Come si fa in queste condizioni?

Troppe persone, troppi rumori, troppo tutto. Troppo freddo, troppo caldo, troppa umidità, troppo via vai in queste scatole di sardine.

Lui è in gamba, determinato, ma è al limite della resistenza. La domenica mattina può dormire. Mi è spiaciuto svegliarlo, ma dovevamo parlare.

Ho visto il suo container, ne ho visti altri.

In questi buchi strapieni non solo dormono, ci vivono. È la loro casa, per la quale lo Stato paga l’affitto.

 

“In questi buchi strapieni non solo dormono, ci vivono. (Foto V. Passerini)

 

Venga, guardi e capirà. Capirà perché è indecente tenerli qui dentro un anno e mezzo. Capirà la loro protesta. E perché dobbiamo vergognarci.

Venga arcivescovo, parli con loro e guardi cosa fanno.

Si fanno da mangiare, e sono bravi. Non è facile per più di duecento persone.

Si lavano gli indumenti nei lavandini attigui ai pochi cessi che ci sono e li stendono ad asciugare dove possono. Sull’erba, sui sassi, negli stretti corridoi tra un container e l’altro. Può immaginare d’inverno come si asciugano.

Fanno le pulizie, a turno.

Molti sono impegnati in progetti di volontariato, nella cura del verde cittadino, nell’assistenza agli anziani, con gli operai del Comune e le squadre del Progettone. Hanno costruito diciotto scarpiere, venti panche e sei tavoli col legname donato da un privato.

Hanno partecipato alla costruzione di una casetta per i profughi di Rosarno.

I progetti di insegnamento dell’italiano sono però molto carenti. Come possono trovare un lavoro se non sanno la lingua?

Sono bravi e tranquilli. Non sono santi, ma lo siamo forse noi? Io no di certo.

Hanno una pazienza ammirevole.

Se hanno protestato è perché vivono in queste condizioni da troppo tempo. Passi per qualche settimana. Ma novantotto di loro sono qui dal settembre 2016, moltissimi da gennaio 2017.

 

Container uno attaccato all’altro. (Foto V. Passerini)

 

Come si fa a vivere un anno, un anno e mezzo così?

Noi non resisteremmo dieci giorni.

Come è possibile che la Croce Rossa che gestisce questo campo e che avrebbe il compito di alleviare le sofferenze degli esseri umani si faccia corresponsabile di questa disumana situazione?

Come è possibile che la Provincia di Trento che una volta era orgogliosa di fare le cose bene sia adesso così orgogliosa di farle male?

Venga arcivescovo a vedere questo regno dell’illegalità.

Non l’illegalità dei profughi, ma l’illegalità delle istituzioni responsabili della gestione del campo.

Perché qui tutto è fuori norma, tutto è fuori legge. Abitabilità, norme igieniche, sicurezza.

La superficie dei container è di 41,44 metri quadri.

Con dentro i letti e gli arredi restano 9,80 metri quadri calpestabili, cioè 0,7 metri quadri per persona. Misure da galera libica.

Le convenzioni internazionali prescrivono 7 metri quadri per persona, e comunque non meno di 3.

L’altezza è di 2,20 metri, fuori norma. Stipati come sono, poi. Le finestrelle pure sono insufficienti, e così il numero di docce e servizi. Non so delle fognature, chissà.

 

Nei contaniner ci sono 0,7 metri quadri calpestabili per persona. Le convenzioni internazionali prescrivono dieci volte tanto. (Foto V. Passerini)

 

L’Ufficio tecnico del Comune di Rovereto, l’Ufficio di igiene della Provincia, i Vigili del fuoco (che fanno i corsi nell’attiguo campo della Protezione civile in belle casette) perché fanno finta di non vedere questa situazione di illegalità?

Il commissario del governo e il questore perché non mandano qualcuno o non vengono loro?

Quando i migranti non rispettano le leggi vengono puniti, anche cacciati, ma quando le leggi non le rispettano le istituzioni chi viene punito? Chi viene cacciato?

Venga arcivescovo a vedere la bidonville di Marco e poi vada a vedere a Trento Nord in via Lunelli il palazzo di nove piani di proprietà della diocesi, da lei guidata, e che due anni fa l’arcivescovo Bressan diede in comodato gratuito alla Provincia perché ne facesse una «Casa della solidarietà».

Sei piani dovevano essere destinati agli uffici provinciali del Cinformi e a organizzazioni che si occupano di migranti, tre piani dovevano essere destinati ad accogliere tra i sessantacinque e gli ottanta profughi.

Vada a vedere quanti profughi sono accolti nel palazzo: nessuno. Solo uffici.

Ironia della sorte, perfino l’ufficio della Croce Rossa. Vergogna nella vergogna.

 

Nella “Casa della solidarietà” di nove piani (nella foto), tre piani dovevano essere  destinati ai profughi. Ma profughi lì non ce ne sono. Solo uffici. I profughi sono nei container. (Foto V. Passerini)

 

Quante belle dichiarazioni furono fatte il 4 giugno 2015 nella conferenza stampa di presentazione del progetto.

Da allora di «Casa della solidarietà» non ne ha parlato più nessuno.

Che senso ha che la Diocesi dia gratuitamente alla Provincia questo palazzo di nove piani se non accoglie i profughi?

E se i profughi sono accolti a Marco dalla Provincia in quelle disumane condizioni, non è forse il caso che lei si faccia dare i 500 mila euro di affitto annui che la Provincia avrebbe dovuto pagare alla Diocesi e ai quali questa rinunciò, e con quei soldi lei dia accoglienza dignitosa ai profughi di Marco in qualche edificio del Trentino? Ce ne sono migliaia di vuoti.

Venga arcivescovo a vedere la bidonville di Marco e poi vada a vedere l’ex Casa della solidarietà.

Capirà che non è lecito a nessuno dire che non si può fare nulla per i profughi stipati disumanamente in quei container.

Con il rispetto e la stima di sempre.

 

Pubblicato sul quotidiano “l’Adige” il 16 gennaio 2018

 

NOTA AGGIUNTIVA

L’arcivescovo, accogliendo l’invito, il 24 gennaio visitava il campo profughi di Marco. Dichiarava poi alla stampa che “non si può vivere così” che la Diocesi avrebbe subito messo a disposizione 31 posti per accogliere altrettanti profughi ora stipati nei container.

Due giorni dopo, il 26 gennaio, il presidente della Provincia autonoma di Trento, Ugo Rossi, annunciava una consistente riduzione degli ospiti del campo di Marco e un miglioramento delle strutture.

Associazioni e volontari, da tempo impegnati accanto ai profughi, davano vita all’Osservatorio campo di Marco, con sede presso il Centro di educazione alla pace di Rovereto, e lo presentavano alla cittadinanza il 15 febbraio.

 

 

TESTIMONIANZA DI UN RAGAZZO CHE VIVE PRESSO IL CAMPO DI MARCO
Letta durante la serata pubblica a Rovereto – 15 febbraio 2018

 

“Il campo profughi? Chiuso per par condicio. Al campo di Marco ingresso vietato alla stampa…”, articolo di Joshua De Gennaro pubblicato sul periodico “Questotrentino” del 2 marzo 2018.