Il falso santo Simonino. Una fake news antisemita smontata dopo cinque secoli

Facciamo sosta in questa antica contrada di Trento per ricordare che ottanta anni fa, nel 1938, il regime fascista varava le leggi razziali anti ebraiche. Non possiamo dimenticare quelle vergognose leggi con le quali gli ebrei venivano considerati esseri umani di serie B e privati dei diritti fondamentali.

Anche perché altre persone oggi vengono vergognosamente considerate esseri umani di serie B e private dei diritti fondamentali. Come i profughi e i migranti.

I bambini e i giovani ebrei venivano cacciati dalle scuole, donne e uomini ebrei venivano licenziati dai posti di lavoro pubblici.

Una spaventosa ondata di razzismo, partita dai vertici del potere fascista, travolse in poco tempo il nostro Paese e furono pochissimi gli italiani che ad essa si opposero.

L’ebreo era diventato il responsabile di tutti i mali e il nemico degli italiani.

Perché ricordiamo quelle leggi in questo luogo? Perché in questo quartiere, più di cinque secoli fa, avvenne un gravissimo episodio di antisemitismo che ha segnato per secoli la storia di questa città, e non solo.

La sera del 23 marzo 1475, era il giovedì santo, un bambino cristiano di due anni e mezzo di nome Simone scomparve.

Fu trovato morto la domenica di Pasqua vicino a una casa abitata da ebrei. Gli ebrei furono accusati di aver ucciso il bambino per usarne il sangue durante il rito pasquale.

Quella degli omicidi rituali era un’accusa che veniva fatta girare da tempo in Europa per alimentare l’antisemitismo.

Non era vero.

Gli ebrei non avevano nessuna colpa di quella morte. Era una fake news, come si dice oggi, una notizia falsa. Ma la furia antiebraica travolse la città.

Quindici ebrei furono ingiustamente accusati dell’omicidio, sottoposti a un processo farsa, torturati per estorcere loro ammissioni che comprovassero le false accuse, infine giustiziati tra indicibili sofferenze.

Nemmeno l’intervento dell’inviato di papa Sisto IV, il domenicano Battista de’Giudici, arrivato a Trento per seguire il processo, riuscì a salvare gli innocenti.

Aveva constatato l’inconsistenza delle accuse e provato a fermare quella macchina di menzogne e di morte, ma senza alcun risultato. L’odio anti ebraico si era impadronito della città, fomentato ad arte.

Dopo quella strage di innocenti non vi fu più nessuna comunità ebraica a Trento.

Il piccolo Simone divenne ben presto a furor di popolo «San Simonino, morto martire per mano degli ebrei» e, dopo la freddezza iniziale, Roma ne ammise il culto.

Per cinque secoli la città di Trento venerò con grande devozione il falso martire. Il culto si diffuse in altre regioni e nazioni.

Si dovette attendere il Concilio Vaticano II, nei primi anni ’60 del secolo scorso, per ristabilire la verità.

Grazie agli studi di un altro padre domenicano, il tedesco Willehad Paul Eckert, e dello storico monsignor Iginio Rogger, figura di primo piano della Chiesa trentina, e grazie alla volontà dell’arcivescovo di Trento, Alessandro Maria Gottardi, nel 1965 il culto del Simonino fu abolito.

 

 

Gli studi avevano dimostrato con certezza che gli ebrei non avevano ucciso il bambino. Per cinque secoli i trentini avevano creduto in una fake news per la quale delle persone innocenti erano state torturate e uccise.

Ma molti fedeli protestarono. La città era affezionata al culto del Simonino. La consuetudine non voleva fare un passo indietro di fronte alla verità.

Il parroco della chiesa di San Pietro, a pochi passi da qui, dove si veneravano le spoglie del bambino, era don Dante Clauser, il quale fronteggiò senza titubanze l’opposizione di una parte non piccola dei suoi fedeli, contrari all’abolizione del culto.

Don Dante difese la verità tra moltissime accuse e incomprensioni.

Alcuni anni dopo don Dante fondò il Punto d’Incontro, la casa di accoglienza per le persone senza dimora della città, e divenne l’«amico di coloro che non hanno amici», come amava dire, dedicandosi totalmente a loro.

Fu anche tra gli animatori del Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza (Cnca) e fraterno amico di don Luigi Ciotti che oggi è qui con noi.

Con la storia del Simonino e dell’antisemitismo secolare, e con le vergognose leggi razziali fasciste di ottant’anni fa, ricordiamo perciò anche la bella figura di don Dante, a cinque anni dalla morte: un grande lottatore di speranza che con la sua testimonianza ha insegnato a questa città, e a noi, a essere sempre contro ogni razzismo, a stare sempre dalla parte degli esclusi, a non avere mai timore di difendere la verità.

 

Trento, 3 ottobre 2018, intervento in piazza Cesare Battisti alla «Camminata in ricordo delle vittime dell’immigrazione». Pubblicato nel libro “Tempi feroci. Vittime, carnefici, samaritani”.