Contro la guerra

Questa raccolta di citazioni, curata da Vincenzo Passerini, all’epoca  presidente del Forum trentino per la pace, è stata pubblicata sul quotidiano “l’Adige” di Trento il 25 settembre 2001 nei giorni che precedettero l’inizio della guerra all’Afghanistan voluta dagli Stati Uniti come risposta all’attentato dell’11 settembre alle torri gemelle di New York.

La guerra iniziò il 7 ottobre.

Oggi possiamo leggere “La guerra di sempre nelle parole di ieri e di oggi” anche alla luce del fallimento della guerra all’Afghanistan, non ancora finita dopo vent’anni, e dello strascico impressionante di morti, feriti, distruzioni e profughi che ha lasciato, e continua a lasciare, dietro di sé.

Avevano ragione i pacifisti. Erano loro i veri realisti, e i guerrafondai erano i veri illusi.

 

 

LA GUERRA DI SEMPRE

NELLE PAROLE DI IERI E DI OGGI

 

Si muovono le armate. Spettacolo antico, affascinante, imponente, commovente…  C’è un crimine da vendicare, una giustizia da fare. I poveri morti di New York e Washington pare invochino altro sangue innocente come il loro per riposare in pace. Sarà poi vero? No, non può essere.

Dai morti innocenti americani, tolti alla vita dai terroristi, noi sentiamo levarsi mestamente altre invocazioni: non continuate a uccidere, vi scongiuriamo, non togliete la vita ad altre creature come noi, non lo vogliamo, non lo vogliamo … Cercate altre strade per fare giustizia e trovare sicurezza, la strada che volete battere è antica, antica, antica … Anche la nostra invocazione è antica, perché non l’ascoltate? Perché? Dove credete di andare?

Dai poveri morti americani noi sentiamo questa invocazione.

È l’invocazione che attraversa tutta la storia umana. Qualcuno l’ha anche ascoltata. Qualcuno l’ha fatta sua, l’ha gridata, l’ha vissuta, se l’è presa sulle spalle.

Ho cercato e raccolto alcune di queste voci perché in queste ore drammatiche potessero continuare a parlare, a gridare, a inquietare. A far pensare, sperare, agire. No, non è l’ora del silenzio e dell’attesa.

Trento, 25 settembre 2001

Vincenzo Passerini

 

 

 

Cartolina dell’Associazione A.D.N. (Antimilitarismo e Disobbedienza Nonviolenta).

 

 

Dal diritto la sicurezza

“Ma infine in noi sarà infuso uno spirito dall’alto; allora il deserto diventerà un giardino e il giardino sarà considerato una selva. Nel deserto prenderà dimora il diritto e la giustizia regnerà nel giardino. Effetto della giustizia sarà la pace, frutto del diritto una perenne sicurezza.

Il mio popolo abiterà in una dimora di pace, in abitazioni tranquille, in luoghi sicuri, anche se la selva cadrà e la città sarà sprofondata.”

Isaia 32, 15-19, VIII secolo a. C., dalla Bibbia, traduzione Cei.

 

 

Dalla violenza altra violenza

“Violenza partorisce tra i malvagi violenza, antica violenza sempre nuove violenze, ogni volta che del nuovo parto spunti il giorno segnato; invincibile demone, mostro impetuoso che si avventa alle case, negra Ate che è sempre uguale alla madre.”

Eschilo, Agamennone, V sec. a. C., trad. di Manara Valgimigli, in Tragici greci, a cura di Carlo Diano, Sansoni, 1989.

 

 

Giustizia Infinita

“Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. Io invece vi dico di non resistere al male; anzi, se uno ti colpisce alla guancia destra, volgigli anche la sinistra. A uno che vuol trascinarti in giudizio per prendersi la tunica, dagli anche il mantello; se uno ti vuol costringere per un miglio, va’ con lui per due.”

Vangelo secondo Matteo 5, 38-41.

 

 

Punire gli innocenti

“ ‘Però – mi si dice – è lecito castigare un singolo malfattore; dunque sarà lecito anche punire una collettività con la guerra’. Una replica troppo prolissa esigerebbe questa obiezione. Mi limiterò a osservare che c’è questa differenza: nelle azioni giudiziarie il reo convinto paga la colpa secondo la legge, nella guerra ognuna delle due parti accusa l’altra. Lì il castigo tocca solo al colpevole, l’esempio arriva a tutti; qui la più gran parte delle sventure ricade su coloro che meno ne sono meritevoli, su contadini, vecchi, donne, orfani, fanciulle.”

Erasmo da Rotterdam, Adagia. Sei saggi politici in forma di proverbi, 1508, a cura di Silvana Seidel Menchi, Einaudi, 1994.

 

 

Uomini peggio degli animali

“Il bellum, la guerra, come cosa veramente belluina – sebbene nessuna specie di belve la pratichi così di frequente come l’uomo – è profondamente detestata in Utopia, dove, contro l’uso di tutti i popoli, nulla si reputa così inglorioso quanto la gloria acquistata con le guerre (…) Si vantano, infatti, di aver agito virilmente e valorosamente solo allorquando vincono nella maniera con cui nessun animale potrebbe, eccetto l’uomo, vale a dire con le forze dell’ingegno.”

Tommaso Moro, Utopia, 1516, a cura di Tommaso Fiore, prefazione di Margherita Isnardi Parente, Laterza 1981.

 

 

Chi sogna?

“La dottrina di Cristo è un sogno? Ma non è un sogno che la vita di uomini, nel cui animo pur albergano pietà e amore reciproco, sia trascorsa e trascorra tuttora per alcuni nell’organizzare un complesso di roghi, scudisciate, supplizi della ruota, sferzate, narici a brandelli, torture, ceppi, galere, forche, fucilazioni, segregazioni in cella, prigioni per donne e bambini, nell’organizzare massacri per decine di migliaia di uomini in guerra, nell’organizzare periodiche rivoluzioni e atti terroristici (…) Basta capire la dottrina di Cristo per capire che il mondo, non quello dato da Dio per la gioia dell’uomo, ma il mondo organizzato dagli uomini per la propria rovina, è un sogno, un sogno dei più assurdi e orrendi, il vaneggiamento di un folle…”.

Lev N. Tolstoj, La mia fede, 1884, trad. di Orazio Reggio, prefazione di Pier Cesare Bori, Editoriale Giorgio Mondadori, 1988.

 

Guerra e commercio

“Noi siamo i commessi viaggiatori delle fabbriche d’armi, e dobbiamo non già dimostrare con la voce l’eccellenza della nostra ditta, bensì col corpo l’inferiorità della concorrenza? Dove ci sono stati molti viaggiatori di commercio, ci saranno molti storpi!”

Karl Kraus, Gli ultimi giorni dell’umanità. Tragedia in cinque atti con preludio ed epilogo, atto V, scena LIV, 1922, ed. it. a cura di Ernesto Braun e Mario Carpitella, con un saggio di Roberto Calasso, Adelphi, 1980.

 

 

Il potere della nonviolenza

“Ho praticato con scientifica precisione la nonviolenza e le sue possibilità per un ininterrotto periodo di più di cinquant’anni. L’ho applicata in ogni settore della vita, domestico, istituzionale, economico e politico. Non conosco un solo caso in cui abbia fallito. Quando è parso talvolta che avesse fallito l’ho ascritto alle mie imperfezioni. Non presumo di essere perfetto. Ma presumo di essere un appassionato cercatore della Verità, la quale non è che un altro nome di Dio. Nel corso di questa ricerca feci la scoperta della nonviolenza. La sua diffusione è la missione della mia vita.”

M.K. Gandhi, Antiche come le montagne. I pensieri del Mahatma sulla verità, la nonviolenza, la pace, a cura di Sarvepalli Radhakrishnan, Mondadori, 1993.

 

 

Il potere della forza

“Tale la natura della forza. Il potere ch’essa possiede, di trasformare gli uomini in cose, è duplice e si esercita da ambo le parti; essa pietrifica diversamente, ma ugualmente, le anime di quelli che la subiscono e di quelli che la usano. Tale proprietà tocca il più alto grado in mezzo alle armi, dal momento nel quale una battaglia si orienta verso una decisione. Le battaglie non si decidono tra uomini che calcolano, combinano, prendono una risoluzione e la attuano, ma tra uomini spogliati di queste facoltà, trasformati, caduti al livello della materia inerte che non è che passività, come delle cieche forze che non sono che impeto.”

Simone Weil, L’Iliade poema della forza, 1942, in La Grecia e le intuizioni precristiane, traduzione di Margherita Harwell Pieracci e Cristina Campo, Borla, 1967.

 

 

L’umiliazione più dolorosa

“Le umiliazioni che il mio paese infligge sono per me più dolorose di quelle che può subire.”

Simone Weil, “Lettera a Georges Bernanos”, 1938, in Sulla guerra, traduzione e cura di Donatella Zazzi, Pratiche Edtrice, 1999.

 

 

Non si fidi, la prego

“Non si fidi, la prego, dell’irruenza cordialona, del fare spensieratamente giovanile irradiati dal suo futuro capo supremo, il ministro della difesa, e nel caso che i teologi le parlino di legittima difesa, lei veda di precisare e domandi: quando si è dato un caso di legittima difesa? o: quali sono le premesse della legittima difesa? Chi riuscirà mai a scoprire dove comincia la difesa o finisce l’aggressione? Forse lei sorvolerà l’Europa con un elegante aeroplano pieno di bombe atomiche, e si risveglierà in lei quell’istanza che oggi comincia a essere sospetto il nominare: la coscienza.”

Heinrich Böll, Lettera a un giovane cattolico, 1958, in Rosa e dinamite. Scritti di politica e di letteratura 1952-1976, a cura di Italo Alighiero Chiusano, Einaudi, 1979.

 

 

È bene che sia nel tuo cuore

“Tanti fra i nostri antenati cantavano canti di libertà. E sognavano il giorno in cui sarebbero potuti uscire dalla schiavitù, dalla lunga notte dell’ingiustizia (…) E cantavano così perché avevano un sogno grande e potente; ma molti di loro sono morti senza vederlo realizzato. (…) La lotta c’è sempre. Facciamo dichiarazioni contro la guerra, protestiamo, ma è come se con la testa volessimo abbattere un muro di cemento: sembra che non serva a niente. E molto spesso, mentre si cerca di costruire il tempio della pace si rimane soli; si resta scoraggiati; si resta smarriti. Ebbene, così è la vita. E quel che mi rende felice è che attraverso la prospettiva del tempo riesco a sentire una voce che grida: ‘Forse non sarà per oggi, forse non sarà per domani, ma è bene che sia nel tuo cuore. È bene che tu ci provi’. Magari non riuscirai a vederlo. Il sogno può anche non realizzarsi, ma è comunque un bene che tu abbia un desiderio da realizzare. È bene che sia nel tuo cuore.”

Martin Luther King, “Sogni non realizzati”, 1968, in Autobiografia, a cura di Clayborne Carson, Mondadori, 2000.

 

 

Utopia o morte

“No. La pace non è un’utopia, è il fine universale, fondamentale della storia dell’umanità intera… La pace è necessaria. La pace è doverosa. La pace è una certezza. La pace è possibile. D’ora in poi bisogna pensare l’umanità, la storia, il lavoro, la politica, la cultura, il progresso, in funzione della pace.”

Giorgio La Pira, “Utopia o morte”, 1974, in Il fondamento e il progetto di ogni speranza, a cura di C. Alpigiano e P. Andreoli, prefazione di Giuseppe Dossetti, A.v.e., 1974.

 

 

Instancabilmente nonviolenti

“La nonviolenza non è inerzia, inattività, lasciar fare; anzi essa è attività, e appunto perché non aspetta di avere armi decisive, cerca di moltiplicare le iniziative e i rapporti con gli altri, e sa bene che si può sempre fare qualche cosa, se non altro trovare degli amici, dare la parola, l’affetto, l’esempio, il sacrificio; e tante volte accade che i rivoluzionari, gli oppositori che contano soltanto sulle armi, se non le hanno stanno inerti, e sono sorpassati dai più forti, mentre i nonviolenti, lavorando instancabilmente, hanno tolto il terreno ai potenti, hanno preparato il cambiamento.”

Aldo Capitini, Le tecniche della nonviolenza, Feltrinelli, 1967.

 

 

Costruttori di ponti

“In ogni situazione di coesistenza inter-etnica si sconta, in principio, una mancanza di conoscenza reciproca, di rapporti, di familiarità. Estrema importanza positiva possono avere persone, gruppi, istituzioni che si collochino consapevolmente ai confini tra le comunità conviventi e coltivino in tutti i modi la conoscenza, il dialogo, la cooperazione.”

Alexander Langer, “Tentativo di decalogo per la convivenza”, 1994, in Più lenti, più dolci, più profondi, supplemento a Notizie Verdi n. 17 del 31/10/1998.

 

 

Stranieri immigrati immorali

“Era dilagante la convinzione che i trentini (e gli italiani in generale) fossero rozzi e non di rado aggressivi; peculiarità alle quali ne venivano associate altre, per lo più negative (. . .) Un giornalista del ‘Vorarlberger Volksfreund’ riteneva che il numero degli agenti di stanza presso le stazioni di polizia di Feldkirch era stato portato da uno a quattro solo per tenere a bada i trentini, ed era del parere che tale numero fosse ancora insufficiente allo scopo (. . .) Le virtù ufficiali della gente del Vorarlberg, intese come carattere generale, erano costantemente poste in contrapposizione con i ‘vizi’ dei trentini; tanto questi ultimi erano considerati rumorosi, sporchi, scialacquatori, immorali, passionali, violenti e spesso ubriachi, quanto i locali si consideravano tranquilli, puliti, parsimoniosi, moralmente integri, probi, assennati (freddi calcolatori), parchi nel consumo di alcolici…”.

Monika Volaucnik-Defrancesco, “Lo scontro fra due mondi: la strumentalizzazione politica della contrapposizione fra l’identità dei vorarlbergehsi e l’immagine dello straniero”, in Autori vari, Dal Trentino al Vorarlberg. Storia di una corrente migratoria tra Ottocento e Novecento, Trento, Provincia Autonoma, 1996.

 

 

Anche prima di Bush

“Questo libro può dirci quanto poco sappiamo e quanto sia stata straordinariamente povera la comprensione della realtà da parte di coloro che nel corso del secolo hanno preso le decisioni pubbliche più importanti; quanto poco essi si aspettavano e ancor meno prevedevano ciò che avvenne in seguito, specialmente nella seconda metà del secolo. La nostra narrazione può confermare ciò che molti hanno sempre sospettato, cioè che la storia è il documento dei crimini e delle follie del genere umano (oltre a esserlo di molte altre cose, più importanti).”

Eric J. Hobsbawm, Il Secolo breve, Rizzoli, 1994.

 

 

La sindrome del bunker

“Nel primo [mondo] è in atto un continuo sviluppo che, pur con gli alti e bassi dovuti a recessioni e ad altri intoppi, resta sempre uno sviluppo. Le élite di questo mondo sono quindi interessate a una cosa sola, a mantenere le loro società in uno stato di tranquillo consumismo. Questo è di solito il criterio base del loro comportamento. Il consumismo intensivo richiede tranquillità. Non si può consumare se intorno tira aria di burrasca. Quindi, all’irrequieta e incombente realtà del mondo sottosviluppato, le élite rispondono con provvedimenti da fortezza assediata, con una sempre più accentuata sindrome da bunker.”

Ryszard Kapuscinski, Lapidarium, Feltrinelli, 1995.

 

 

Tu, chi sei? Che spirito sei?

“ – Tu? Chi sei, che spirito sei? Sei una ragazzina, di quelle che abbiamo sepolto sotto le macerie, tante volte. Un volto piangente tra i mille di un compassionevole reportage. Cosa puoi fare tu? – disse rabbioso il presidente, mentre le onde lo schiacciavano contro la roccia. – Io sono l’inarrestabile inizio – disse la bambina. – Sono ciò che ricomincia ogni volta, sono il mondo che sarà dopo di voi. Sono ciò che guarisce, ciò che rinasce e riappare. Io sono il silenzio che annuncia che l’incendio è finito, e fa tornare gli animali. Io sono la pioggia dopo una lunga siccità.”

Stefano Benni, Spiriti, Feltrinelli, 2000.

 

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