Anch’io in fila alle sei

 Vincenzo Passerini

Anch’io in fila alle sei

Con gli immigrati davanti alla questura

Tipografia Moschini, Rovereto (TN), 2003, pp. 89.

 

I TESTI DEL LIBRO SONO DI SEGUITO INTEGRALMENTE RIPRODOTTI

 

“Non opprimerai lo straniero:

voi conoscete la vita dello straniero

perché foste stranieri in terra d’Egitto”

Esodo 23, 9

 

INTRODUZIONE

Questo è il diario pubblico di una battaglia politica che ha cancellato una vergogna.

Quando nell’estate del 2001 feci nuovamente esplodere lo scandalo delle code degli immigrati davanti alla questura di Trento decisi che quella volta sarei andato fino in fondo. Che non avrei mollato la presa finché il problema non fosse stato risolto una volta per sempre.

Mi bruciava dentro il rimorso di non aver fato questo prima.

Anch’io mi ero accontentato in passato di fare delle proteste che poi avevo lasciato cadere.

Anch’io mi ero addormentato sulle rassicuranti risposte dei responsabili che affermavano che la soluzione era in arrivo, che un tavolo di confronto tra questura, provincia autonoma e comune era stato aperto, che si stava studiando il problema, un problema complesso, che richiedeva…eccetera eccetera.

Mi ero accontentato.

 

Code inumane

Intanto, donne, uomini, anziani, bambini continuavano a fare code inumane per strada davanti all’ufficio stranieri, di notte, di giorno, al freddo, sotto la pioggia, sotto il sole d’agosto.

E tutto questo nel cuore di una città civilissima, accanto ai suoi più bei ristoranti, sotto il celebre castello del Buonconsiglio, a due passi dai nostri uffici, tra la nostra indecente indifferenza.

Si andava avanti così da almeno cinque, sei anni.

Ogni anno sempre peggio, perché l’arrivo degli stranieri continuava ad aumentare. Ogni tanto qualcuno protestava, i giornali ne parlavano.

Poi il silenzio. Tutto continuava come prima.

L’anno precedente avevo sollevato con forza il problema dopo che ne avevamo parlato al Forum trentino per la pace. Una interrogazione in consiglio provinciale, polemiche sui giornali, telefonate con i responsabili, assicurazioni che la soluzione era in arrivo, che un tavolo di confronto era stato aperto da due anni, che si stava attentamente studiando…eccetera, eccetera.

Poi, come sempre, il nulla. Sei anni.

 

Un caso disperato

Il 25 giugno 2001 mi viene segnalato un caso disperato.

Da cinque giorni una signora tedesca che ha sposato un trentino cerca invano, facendo la coda per ore e ore, aiutata inutilmente dai familiari dello sposo, di arrivare allo sportello dell’ufficio stranieri per presentare la sua domanda.

Le persone in attesa di arrivare al fatidico sportello sono sempre troppe e l’ufficio accoglie solo una trentina di domande al giorno, poi manda via gli altri che aspettano, anche se l’ufficio rimane formalmente aperto.

Chi è in coda deve ricominciare da capo, riprovare il giorno dopo, e poi ancora il giorno dopo cercando di mettersi in fila un po’ prima. Fino a scoprire che i primi della fila sono lì, in strada, in coda, dalle sette della sera del giorno precedente…

È un dramma quotidiano, in gran parte notturno, che si dilegua quando l’ufficio apre al mattino e la sentenza viene pronunciata: voi sì, gli altri tornino un’altra volta.

 

Dove sei stato tutto questo tempo?

Faccio un’interrogazione in Consiglio provinciale e informo la stampa. Ma ho capito che ci vuole ben altro.

E allora il 27 giugno vado davanti all’ufficio stranieri, parlo con le persone che attendono il loro turno sul marciapiede ed è un rosario di casi disperati.

Non immaginavo una situazione del genere. Perché, perché non l’avevo verificata prima? Non riesco a darmene pace.

Chiamo i giornalisti. Voglio che tutti si rendano conto quale vergogna stiamo colpevolmente tollerando da anni. Tutti noi.

Chiedo, arrossendo, a me stesso: dove sei stato tutto questo tempo? Cosa hai fatto? Quali altri problemi più seri ti hanno impedito di occuparti, come si deve, di questo?

Decido, allora, per farmi perdonare, forse, che questa volta andrò fino in fondo, che non mi accontenterò di nulla se non della soluzione definitiva.

 

False risposte

Arrivano i giornalisti. Parte una pressante campagna di stampa.

I due quotidiani locali, l’ “Alto Adige” (oggi “Trentino”) e “l’Adige”, ma anche le Tv locali, prendono a cuore il problema come mai prima. Ogni giorno pagine intere, incisive, ben fatte.

La questura, la provincia autonoma e il comune finalmente si muovono.

A frenare è soprattutto il questore che cerca di minimizzare, ma non ci riesce. Ogni giorno, tutti i giorni articoli, riunioni, incontri, scontri, proposte, resistenze.

Basterebbe cambiare sistema, introdurre le prenotazioni, aprire sportelli nei centri di valle, dare corrette informazioni, essere un po’ più efficienti, trovare una sede decente, trattare queste persone da esseri umani.

Queste proposte le sto facendo, con altri, fin dal primo giorno. Niente. False risposte.

Pare si faccia apposta a umiliare quanti vengono a vivere e a lavorare tra di noi.

È un vero e proprio braccio di ferro con la questura, o meglio, con la dirigenza della questura, perché all’interno della struttura ci sono anche quelli che condividono la nostra battaglia. E lo fanno sapere.

 

Alle sei con loro

Allora il 3 luglio decido di andare al mattino presto, alle sei, davanti all’ufficio stranieri.

Ci vado e racconto quello che ho visto e sentito in un articolo che l’ “Alto Adige” pubblica in prima pagina.

È il primo dei testi qui pubblicati.

Nei giorni seguenti la soluzione sembra avvicinarsi. Ma ormai ho capito che si sta solo prendendo tempo. L’estate è la madre di tutti gli inganni.

E poi lo so come vanno queste cose, conosco i miei polli, ci vivo in mezzo.

Politici o questori che siano hanno una infinita capacità di resistenza, aspettano, aspettano, sanno che un po’ alla volta il chiasso si spegnerà, che altre notizie rumorose metteranno la sordina a quelli che li stanno disturbando, basta aspettare, sopportare, prendere tempo, annunciare soluzioni, rassicurare.

 

Tutti i giorni alle sei finché non cambierà

Allora decido di lanciare la campagna “Anch’io in fila alle sei”: tutte le mattine alle sei sarò davanti all’ufficio stranieri e non cesserò finché una vera soluzione non sarà trovata.

Ogni giorno farò un rapporto-diario di quello che ho visto e sentito e lo manderò ai giornali, alle radio, alle televisioni.

Ogni giorno chiamerò a farmi compagnia semplici cittadini e autorità, perché vedano, si rendano conto della situazione, provino, con me, come scrivo nel comunicato stampa con cui annuncio la campagna, “la vergogna di essere cittadini trentini che non hanno fatto quello che dovevano fare in questi anni”, e perché si impegnino, poi, con tutto se stessi “perché questa vergogna finisca presto, una volta per sempre”.

Beh, ogni giorno dovrò alzarmi un po’ presto perché abito a Brentonico, a quaranta chilometri da Trento. Ma è estate, e le albe in Trentino sono luminose e rigeneranti.

Il questore mi invita nel suo ufficio e discutiamo. Cerca di spiegarmi che sta risolvendo il problema. Ma non mi convince e gli confermo che partirò con la campagna “Anch’io in fila alle sei” due giorni dopo, il 9 luglio, come annunciato, e che non smetterò finché la questura non avrà risolto davvero il problema.

 

La battaglia smuove le persone e le istituzioni

Così parte la campagna. Parte il primo “rapporto” ai giornali, un po’ sulla falsariga del “diario” che avevo scritto una settimana prima per l’ “Alto Adige”.

Cominciano ad arrivare anche semplici cittadini e autorità: politici, imprenditori, volontari, professionisti, sindacalisti, sacerdoti. Anche l’arcivescovo. Alcuni sono stati da me sollecitati, altri arrivano inattesi. Il clamore cresce.

E così ogni giorno, tutti i giorni, esclusi il sabato e la domenica quando l’ufficio stranieri rimane chiuso, parlo con le persone in coda, raccolgo le loro vicissitudini, controllo quello che si sta facendo, verifico l’efficacia dei cambiamenti introdotti e l’effettiva realizzazione di quelli annunciati, faccio costatare tutto questo agli ospiti del giorno, prendo nota di tutto nella mia grossa agenda nera, e poi, in tarda mattinata, o nel primo pomeriggio, quando posso, perché ho anche i miei consueti impegni istituzionali, mando il “rapporto” agli organi di informazione.

 

L’obiettivo è raggiunto

Fino al 13 agosto, quando prenderò atto che i risultati raggiunti sono davvero buoni, tali da convincermi a chiudere la campagna. Annunciando che continuerò, con altri amici, a seguire la questione nei giorni e nei mesi successivi.

Non erano neanche mancati, durante quelle infuocate settimane, gli attacchi e le critiche da parte di alcuni partiti politici e di un sindacato di polizia. Ma non potevo aspettarmi niente di diverso.

I quotidiani locali sono stati decisivi per il successo della campagna. Spesso pubblicavano integralmente il mio “diario”, a volte in parte, a volte nulla. Ma ogni giorno il problema era sulle loro pagine, attraverso servizi e interviste. Hanno davvero creduto in questa battaglia. Praticamente dal 26 giugno al 14 agosto non c’è stato un attimo di tregua.

 

Nostri concittadini e fratelli

Ho pensato di raccogliere e pubblicare i “rapporti” nella loro versione integrale, preceduti dal primo articolo-diario.

Raccontano di una umanità da noi umiliata, ma forte, tenace, piena di speranze, e che noi conosciamo così poco. E che ci sa dare magnifiche lezioni di dignità.

Lì, in quelle code, c’era, sì, il segno della nostra colpa, ma anche un pezzo del nostro futuro.

È stata un’esperienza che mi ha cambiato, e la più bella battaglia politica combattuta nei miei dieci anni di consigliere provinciale e regionale che si concludono in questi giorni.

In una nota che chiude questo volumetto aggiorno brevemente su quanto è accaduto in questi due anni. Notizie in gran parte positive, per fortuna, anche se gli immigrati non sono ancora cittadini come gli altri.

Ma se continueremo a fare la nostra parte i nostri uffici si comporteranno sempre meglio verso di loro, le questure saranno meno ostili, i municipi meno lontani, le case da trovare meno impossibili, il lavoro meno sfruttato, l’integrazione scolastica più adeguata, la sanità più rispettosa.

Potranno finalmente godere di quei diritti di cittadinanza che loro spettano come nostri concittadini e fratelli.

V.P.

Trento, ottobre 2003

ANCH’IO IN FILA ALLE SEI

Con gli immigrati davanti alla questura

 

 

“IO, NELLA FILA DELLA VERGOGNA”

(Articolo pubblicato sul quotidiano “Alto Adige” – oggi “Trentino” – il 4 luglio 2001)

 

Martedi 3 luglio 2001- ore 6.00. Un giorno come gli altri. Una normale giornata per chi deve affrontare il calvario delle code davanti alle due sedi (le chiameremo ufficio 1 e ufficio 2), distanti cinquanta metri l’una dall’altra, dell’ “ufficio stranieri” della Questura di Trento in via S. Marco. Le code della vergogna. La peggiore vergogna del Trentino di questi tempi.

A due passi, c’è il Chiesa, il famoso ristorante. Di fronte, imponente, il castello del Buonconsiglio. Siamo nel cuore della trentinità. Quella che si ostenta quando qualcuno passa da queste parti.

Oggi, sul presto, ci sono anch’io. Voglio vedere cosa succede a quest’ora.

La scorsa settimana avevo trascorso qui una mattinata, però dalle nove e mezza in poi. Avevo raccolto incredibili storie dalle persone in fila da ore, da giorni per presentare i documenti per il permesso di soggiorno, per ritirare la risposta, o soltanto per avere informazioni. Avevo presentato interrogazioni, fatto interventi, telefonate, pressioni.

Ma alle sei, che succede alle sei?

Alle sei, davanti, all’ufficio 2, quello sotto il castello, c’è una piccola folla, una trentina di persone. L’ufficio non ha sala di attesa, è un buco anche per chi ci lavora, e la gente aspetta in strada: indiani, tunisini, trentini, polacchi tedeschi,…

Alla porta sono attaccati con lo scotch due fogli, con due liste di nomi: una senza intestazione, con già 45 nomi, l’altra con quella: “cittadini comunitari”, con 38 nomi (ma quasi tutti i cognomi non sono comunitari). Sono liste fai da te.

Il primo che arriva, la notte o addirittura la sera precedente, prende un foglio, ci scrive: il suo nome e davanti il numero 1, e lo attacca alla porta. Gli altri si aggiungono e danno la numerazione successiva. Quindi passano la notte in macchina, sul marciapiede, appoggiati alla porta. Se non fai la guardia,  rischi che ti strappino la lista e te la sostituiscano.

Qualcuno lascia a fare la fila il padre, la zia, la sorella, l’amico, il datore di lavoro.

Questo è un noto luogo di supplizio non solo per i poveri cristi venuti da lontano, ma anche per albergatori, artigiani, contadini, commercianti trentini che vogliono assumere uno straniero, anche solo per qualche settimana. Gli uffici aprono alle otto e mezza, chiudono alle 12.50. Se non ce la fai ad entrare, il giorno dopo devi rifare la fila perché ogni giorno si rifà la lista. E sei da capo (quando si dice l’Italia in Europa, e il Trentino in cima).

Vado all’ufficio l. Qui c’è un’altra piccola folla ed è esposta una lista con 55 nomi.

All’ufficio 1 si ritira un foglio con le istruzioni, si ricevono informazioni, si portano i documenti. All’ufficio 2 si ritira la risposta. Per ogni persona il calvario è quindi doppio (c’è del metodo in questa follia). Ogni ufficio fa 40/50 persone al giorno.

Ore 6.15. All’ufficio 2 la lista è salita a 58 nomi. Ma intanto arrivano una decina di ragazze con il loro datore di lavoro. Parlo con un signore trentino. È qui dalle 5. Ma il 21 maggio, mi dice, è stato qui dalle sette di sera alle nove di mattina per avere il permesso per una rumena che assiste una persona anziana.

Interviene un tunisino: a Brescia espongono l’elenco delle pratiche pronte, dice. Qui invece fai la fila senza sapere se la tua pratica è pronta oppure no. Speri.

Parlo con una signora della Moldavia. Assiste un anziano in quel di Fiera di Primiero [un’ora e mezza di macchina, quasi tre ore in corriera]. Le avevano detto di venire il 30 giugno, mi mostra il foglietto della Questura: ma era chiuso perché sabato! È venuta lunedì 2 luglio: ha preso la corriera ed è arrivata qui alle nove. Era al 61° posto. Ha aspettato invano.

Allora è tornata ieri sera, ha dormito alla casa della giovane, è qui da cinque minuti ed al 67° posto. Non sa se ce la farà anche oggi. È stretta alla porta, quasi per non mollarla. Piange silenziosamente. Vorrei sprofondare, balbetto qualche parola. Ma questa non è pura crudeltà? Guardo il castello, il Chiesa e vorrei che sprofondassero con me dalla vergogna.

Ore 6.30. Arriva una giovane albergatrice di Pinzolo [più di un’ora con la macchina, quasi due ore con la corriera] con una ragazza rumena. Ha fatto tutte le pratiche all’Agenzia del lavoro. Deve avere il permesso entro 8 giorni, Anche lei non sa se ce la farà.

Ore 7.05, ufficio 2. Arriva  un’altra trentina, dalla Vallagarina. Suo fratello ha un rumeno in malga. Gli scadeva il permesso il 2 luglio, ieri. Ma ieri ha fatto la fila invano. Allora ha capito, é arrivata alle 4 stamattina, si è segnata sul foglio, al 20° posto. È passata per vedere se il foglio c’era ancora.

Ore 7.50. Sono 94 in lista all’ufficio 2, più quelli scritti nella confusa lista dei “comunitari”. Già metà di loro sono qui per niente. C’è un altro trentino. Aveva chiesto: come si fa ad avere un permesso? Venga alle due di notte gli hanno risposto. Lui è arrivato alle 6 e mezza. Non sa se ce la farà.

Tutti i trentini con cui ho parlato hanno informazioni diverse e nessuna certezza. Figurarsi gli stranieri. Uno della Valsugana mi dice: sono venuto tre volte all’ufficio 1. La prima perché non sai e arrivi troppo tardi. La seconda perché arrivi prima ma non abbastanza. La terza perché ti organizzi e ce la fai. Per chi lavora è una tragedia. Si perdono giorni e notti.

Ore 8.00. Sono 86 in lista all’ufficio 1 e 102 all’ufficio 2. La piccola folla davanti ai due uffici si ingrossa e si anima. Dalle macchine in sosta escono donne e bambini. Il sole comincia a picchiare, soprattutto all’Ufficio 1, senza un filo d’ombra. E quando piove? E quando gela? Ma a Trento non c’è uno straccio di stanza dove far aspettare decentemente queste persone?

Ore 8.25. Aprono l’ufficio 2. Portano dentro la lista coi “comunitari”: quella si fa prima. Comunitari che fanno la fila per sé, o che la fanno per extracomunitari? Non si capisce. È una novità. Qualche trentino però entra. Entra a forza l’albergatrice di Pinzolo. Ma le dicono che ha sbagliato ufficio: doveva andare all’ufficio 1! Disperata. E adesso, mi chiede, che faccio? Non molli, rispondo.

Ore 8.30. Apre l’ufficio 1. Trenta persone si stipano nella saletta d’attesa, senza finestre, senza servizi. Gli altri restano in strada, sul marciapiede, davanti ai negozi.

C ’è una signora di Molveno. Fa la fila dalla mezzanotte, ha dormito in macchina. Era al 22° posto. È giustamente inferocita. Un altro trentino è arrivato cinque minuti prima della mezzanotte e ha preso il 6° posto. Ha però perso quattro giornate di lavoro, mi dice, per questi permessi.

Mi vede prendere appunti e mi chiede se sono un  giornalista. No, sono un consigliere provinciale, rispondo. Allora le proteste si moltiplicano e tutti quelli che sono lì vicino hanno una loro storia di notti e giorni perduti da raccontare. E tanta indignazione, soprattutto verso la Questura. Non verso il personale, che è gentile e disponibile. Ma verso l’inumana organizzazione del servizio.

Una signora trentina che ha un’azienda agricola se ne va, stanca di aspettare: non posso perdere un’altra giornata di lavoro, dice.

Ore 9.00. Arriva il vigile urbano. Miete multe sulle macchine dei poveri diavoli arrivati stanotte. La signora di Molveno va in loro difesa, ma il vigile le risponde che deve fare il suo lavoro. Già. Le regole del codice della strada si applicano rigorosamente. Ma quelle dell’umanità, della civiltà quando si applicheranno? Questa gente è qui per mettersi in regola, ma le più elementari regole umane vengono violate nei loro confronti.

Ore 9.15. Arrivano altri stranieri davanti all’ufficio 1. Ma le liste con le prenotazioni sono state portate dentro. Faranno solo la metà degli iscritti, gli altri torneranno un’altra volta, altre due, tre volte, magari. I nuovi arrivati, però, non sanno delle liste. Vedono un orario e aspettano. Aspettano invano.

Ore 9.50. Passa qualche turista tedesco. Guarda. Anche i trentini guardano, e non sanno. Sanno come stanno le cose quelli che abitano in questa strada, perché la notte non possono dormire, perché hanno i negozi “coperti” dalle persone in fila.

Devo andare. Alle 10 c’è il Consiglio provinciale. Giovedì ci sarà un vertice tra Questura, Provincia e Comune per affrontare il problema. Ne sono già stati fatti tanti. I risultati sono stati quasi nulli. La Questura si muove come fosse un corpo a sé, al servizio di chissà quale divinità terrena.

C’è del metodo in questa follia. Andate anche voi, cari lettori, alle sei del mattino in via San Marco. E scrivete, scrivete, gridate finché questa vergogna non sia finita.

Vincenzo Passerini

 

 

Parte la campagna “Anch’io in fila alle sei”

“Rapporti” quotidiani inviati agli organi di informazione

 

Lunedì 9 luglio 2001

Alle ore 6.05 all’ufficio 1 la lista timbrata dalla polizia aveva già piene tutte le 54 caselle con i nomi delle persone in fila. Ma altre dieci persone erano successivamente arrivate ed avevano avviato un’altra lista aggiuntiva. Totale 64 nomi.

Alla porta c’è un nuovo cartello, mai visto prima, con il quale i condomini invitano al silenzio dalle 11 di sera alle 7 del mattino.

Il primo che si è iscritto alla lista è un ragazzo albanese di 14 anni, in fila dalle ore 17.00 della domenica. Quando io sono arrivato aveva già fatto tredici ore di fila.

Un milanese che fa il cameriere al “Lago Rosso” di Tovel è qui dalle 22.30 di domenica sera ed è all’11° posto.

Un albergatore di Tesero è arrivato alle 3 di notte ed è al 18° posto. Era venuto qui la prima volta mercoledì scorso alle 7.00 (beh, si era detto l’ingenuo, un’ora e mezza prima dell’apertura dovrebbe bastare…): era finito al 92° posto. Cioè, torna a casa.

Un’impiegata della Val di Non fa la coda per un amico che ha bisogno del permesso di soggiorno: è qui dalle 4 ed è al 41° posto. Sciorina razionalmente un’infinita serie di possibilità per gestire meglio questo servizio. È indecente tutto questo, ripete ogni cinque minuti.

Una giovane coppia con una bimba di tre mesi in braccio: sono qui dalle tre di notte. Per avere il permesso debbono mostrare anche la piccola, Ambra, che fa le code da quando era attesa da sua madre.

Un’altra coppia giovane, un trentino di Fai della Paganella e una peruviana, hanno in braccio una bimba di sei mesi, Maddalena. Sono qui dalle 5.40 e sono al 40° posto. A maggio avevano fatto una settimana di fila per avere il permesso per la nonna di lei che veniva un mese in visita.

All’ufficio 2 alle 6.45 la lista è arrivata a 75 nomi.

Un camionista tunisino, residente in Trentino, viene da Cittadella (Padova) per vedere se la pratica è pronta. S’è preso mezza giornata di ferie, è arrivato alle 5.50 ed è al 54° posto. Forse non ce la farà ad arrivare allo sportello.

L’ ho detto anche sabato al Questore: perché non esponete la lista delle pratiche concluse senza far diventar matta la gente? Se non è pronta la sua pratica, uno se ne torna a casa. Perché torturarlo con un’attesa spossante e magari inutile, facendogli perdere giornate di lavoro?

Alle 9.00 sono in cento. Più della metà dovranno tornare a fare da capo la fila un’altra volta.

All’ufficio 1 la coppia di giovani sposi con la piccola Ambra pensa di non farcela e di tornarsene a casa. E riprovare un’altra volta.

Per le altre storie che ho raccolto non c’è lo spazio sufficiente, suppongo.

Rinvio al prossimo rapporto.

 

“Alla porta c’è un nuovo cartello, mai visto prima, con il quale i condomini invitano al silenzio dalle 11 di sera alle 7 del mattino.” (9 luglio). Le vergognose code notturne disturbano la quiete, non le coscienze. (Foto Piero Cavagna)

 

 

Martedì 10 luglio

Il 10 luglio non ho fatto il rapporto. C’è stata la visita di alcuni colleghi politici e c’erano i giornalisti. Così ho pensato che quel giorno il rapporto l’avrebbero fatto loro. Allora, riporto qui una parte dei servizi curati dai giornalisti Franco Gottardi per “L’Adige” e Concetto Vecchio per l’ “Alto Adige” pubblicati sui due quotidiani il giorno dopo, 11 luglio.

 

“CODE DELLA VERGOGNA, SI MUOVE LA POLITICA”

di Franco Gottardi (“L’Adige”, 11 luglio 2001)

Il clima in via S. Marco è di sconforto, tensione e rabbia, espressa in maniera molto composta visto il trattamento. A tutti sfuggono le ragioni per cui si insiste con un tipo di organizzazione palesemente inadeguato.

“L’unica cosa che chiediamo è un appuntamento” continua a ripetere un ragazzo senegalese. Lui è arrivato “solo” alle 5, sfruttando un’ora di permesso al termine del turno di notte. “L’altro giorno ero il numero 55 e sono rimasto fuori lo stesso, oggi è quasi impossibile farcela. Eppure basterebbe che ci dicessero: torna il giorno tale all’ora x. Anche tra tre mesi, ma a colpo sicuro.

Sì perché i datori di lavoro capiscono ma va a finire che si arrabbiano. “Eppoi le ferie io vorrei farle a casa con mia moglie e non qui. Pago le tasse come tutti e sono in regola” dice un kosovaro dipendente della Metalinox.

E dire che altrove, stando alle testimonianze degli immigrati, le cose funzionano molto meglio che a Trento. Parlano molto bene degli uffici stranieri di Roma. A Verona e Brescia le code sono enormi ma perlomeno sono gestite dal personale della questura che compila le liste e manda a casa chi non ha speranza.

Qui invece si rischia la rissa. Magari solo per chiedere informazioni.

Perché di averle per telefono non se ne parla: non c’è abbastanza personale. Perciò in coda, notte all’addiaccio anche solo per avere la lista dei documenti. “Tra l’altro la lista è incompleta e spesso bisogna ritornare ancora una volta”, spiega un autista croato, sceso nottetempo da Condino.

Tutto questo è una vergogna e vergogna provano quei trentini che, forse ignari della trafila che li aspetta, hanno deciso di ospitare per un periodo di vacanza un amico dalla Russia oppure da Cuba, Paesi dove per ottenere il visto occorre essere invitati dall’estero.

Fatti i documenti in patria serve un permesso di soggiorno provvisorio anche qui e per ottenerlo bisogna fare la stessa trafila degli immigrati. “Sono venuto io perché mi vergogno a far venire la nostra ospite russa –racconta Tony Montone – e devo dire che non mi aspettavo un grado di inciviltà così elevato. Io ho girato il mondo ma non ho mai trovato da nessuna parte situazioni del genere”.

Roberto Cornelia, gestore del rifugio Agostini in Val d’Ambiez, è sceso durante la notte assieme a una ragazza dell’Est che vuole assumere come stagionale. Sono arrivati alle 3 e sono 49esimi della lista: “Ammesso che ce la facciamo, poi dobbiamo fare il permesso di lavoro e il libretto sanitario. Due giorni persi in piena stagione. Sono cose da Medioevo, inaccettabili nella società di internet”.

 

“UFFICIO STRANIERI, SCOPPIA L’IRA DEGLI IMPRENDITORI”

di Concetto Vecchio (“Alto Adige”, 11 luglio 2001)

Otto ore di attesa per nulla. Liria Palazzolo, assistente al villaggio Sos, ha appena finito di urlare la sua rabbia: “Vergogna”, grida. Una notte sul marciapiede, dalle quattro meno un quarto del mattino alle 12, per poi sentirsi dire che non possono darle il permesso di soggiorno per il piccolo Alì, albanese di 15 anni, in affido al Villaggio. “Deve esserci anche lui.  Ma Alì sta in colonia. E adesso che faccio, me lo porto qui di notte, per un’altra attesa di dodici ore? È allucinante”.

Ieri mattina, in fila dalle sei, l’hanno visto anche il presidente della Regione Margherita Cogo, il presidente del Consiglio provinciale Cristofolini (giunto però alle otto, con Levighi, vicepresidente del Consiglio regionale), il vice della provincia Pinter, l’assessore Andreolli, la consigliera Chiodi, quello che in via San Marco, sede dell’Ufficio stranieri, succede ogni notte: una piccola, scandalosa odissea.

È come se sbarcasse una nave di clandestini, un’umanità dolente che non sa dove sbattere la testa.

Per avere la fortuna di portare a casa uno straccio di documento bisogna prenotarsi di notte, iscrivere il proprio nome su una lista d’attesa affissa sui vetri della sede, che alle quattro del mattino viene vidimata da un funzionario di polizia. Il poliziotto ammette a fare la fila, assegnando a ciascuno un numero, solo quelli della lista che in quel momento sono fisicamente presenti.

Un metodo che perlomeno garantisce da abusi, ma che certo non allevia la sofferenza di chi aspetta ore e ore all’aperto per un pezzo di carta.

Vincenzo Passerini, consigliere provinciale della Rete, ne ha fatto una grande battaglia politica e di civiltà. E che ora ha con sé anche gli imprenditori, gli operatori turistici, operatori sociali che si trovano nella necessità di assumere personale straniero.

Tutti sconvolti. Come Toni Montone, titolare delle Giubbe Rosse, che aveva bisogno del visto turistico per un’amica. “Mi sono dovuto presentare in via San Marco alle 2 del mattino, con la speranza di riuscire a mettere la firma sull’elenco esposto alle 4. Se riesco ad entrare, debbo rientrare alle 8,30 per il ticket d’ingresso. E poi inizia l’attesa”.

Ma l’altro giorno gli uffici hanno chiuso e Montone è rimasto senza visto, e cosi ieri notte è tornato. È fortunato, perché dopo essersi segnato sul foglio e aver risposto all’appello del poliziotto, può tornarsene a letto, ma il muratore rumeno di San Martino di Castrozza, partito dal Primiero alle nove di sera (sic) per iniziare la sua odissea, non può che accasciarsi sul marciapiede ed attendere che albeggi.

Ieri alle 5 è anche piovuto, e c’è stato un fuggi fuggi generale.

Il muratore rumeno era il trentesimo della lista, gli è toccato aspettare fino a quasi mezzogiorno per un ricongiungimento familiare. “Non so neanche se è poi riuscito a farcela”.

Ad una suora polacca, dei missionari di San Pietro di Claver in via della Collina, che si era iscritta addirittura la sera prima sul foglio, avevano spiegato che bisognava poi presentarsi per l’appello delle quattro: “Mi sembravano esagerati, invece è così: non l’ho fatto e ho perso il turno…”.

 

 

Mercoledì 11 luglio

A mezzanotte e cinque minuti sono 24 gli iscritti nella lista provvisoria affissa all’ufficio 1. Alcuni di loro, con qualche coperta, sono lì seduti, sul marciapiede, altri sono nelle macchine lì posteggiate (sono passato dopo l’incontro pubblico alla sala Rosa della Regione con Svetlana Broz, nipote di Tito).

Alle ore 6.05 ci sono con me i consiglieri comunali di Trento: Di Camillo, Maestri, Bitteleri, Viganò, Cappelletti, Marchesi. Dopo arriveranno anche Plotegher, Berlanda, Calzà. E Winkler dell’Arci.

Alle ore 6.05 all’ufficio 1 sono 54 i nomi segnati nella lista timbrata dalla Questura. Ci sono due caselle vuote che saranno riempite dopo da un albergatore della Val di Fassa arrivato troppo tardi (le 6) per rientrare tra i possibili candidati ad arrivare allo sportello. Ha avuto un colpo di fortuna e ha infilato il suo nome nelle due caselle vuote. Però siccome quella mattina distribuiranno solo 31 numeri di prenotazione lui sarà tagliato fuori. Manifesterà la sua rabbia e la sua indignazione per tutte le tre ore in cui sono stato lì (è il titolare dell’albergo “Europa” di Pera di Fassa). Ma non sapeva, e lo chiedeva a me, se doveva andare in quell’ufficio lì o nell’altro, a 50 metri, che io chiamo ufficio 2: ma perché la Questura non segue il mio suggerimento e distingue i due uffici con questi due numeri come faccio io, invece di dire alla gente “andate in via S. Marco”? A lui hanno detto così: ma in quale dei due uffici?

Prima riforma immediata: numerare i due uffici e chiedere gentilmente che quelli della Questura indichino l’ufficio giusto – e non la strada!! – al quale deve rivolgersi l’immigrato, o l’imprenditore, o chicchessia.

Non mi pare ci voglia più personale, una nuova legge, o la nuova Questura per questa prima, grande riforma.

L’albergatore dell’ “Europa” ha visto qualcosa in Tv, ieri, di questa campagna contro le code della vergogna: ma non immaginava tanto. E impreca contro tutto e tutti. Telefonerò a Bort (presidente dell’Unione Commercio e Turismo)! Fa bene, gli dico, gli telefonerò anch’io invitandolo a venire qui anche lui la mattina presto.

A testimoniare l’urgenza di questa prima grande riforma a costo zero (costa solo un grammo di buon senso e buona educazione) c’è un altro caso tragico della mattinata.

Il signor Franco Dalzocchio, pensionato di Levico, già bancario, educatissimo, gentilissimo, pazientissimo, accompagna per un permesso di soggiorno di due mesi una ragazza straniera.

Ci riconosciamo: ancora qui, come va? È la terza volta che viene in tre giorni. L’altro ieri è andato alle 8.45 all’ufficio 2: era 99. Ha aspettato invano. È tornato ieri alle tre di notte a fare la fila davanti all’ufficio 2. È entrato alle 10. Gli hanno detto: ma doveva andare all’ufficio 1! È tornato stanotte alle 5 davanti all’ufficio 1: adesso è al 27° posto. Entrerà, ad occhio e croce, poco prima di mezzogiorno.

Il terzo caso tragico del giorno, forse il più grave, è quello del direttore di un albergo di Levico. È il settimo giorno che viene in dieci giorni. Deve chiedere il permesso per i suoi due camerieri rumeni (già a posto per tutte le carte relative al mercato del lavoro).

Loro avevano tempo otto giorni per chiedere il permesso una volta entrati in Italia. Solo che provano da dieci giorni (comprese le feste) a fare la fila e non ce la fanno.

Sono clandestini da due giorni per colpa della Questura! Il direttore è disperato. Mi chiede: che faccio, vado a costituirmi subito? Vada al Commissariato del Governo, gli dico, e faccia una denuncia per istigazione a delinquere.

Ho ritrovato la signora di Cles di ieri mattina Ha un’azienda agricola. Ieri ha fatto ore di fila solo per avere una informazione.

Seconda riforma immediata:  sportelli d’informazione e tutto il ben di Dio che l’universo tecnologico e del buon senso offre – da subito!! – per non far spendere inutilmente, sadicamente, tempo, sonno, denaro alle persone.

La signora di Cles è tornata con l’informazione e due ragazze straniere che lavorano da lei. Sono qui da mezzanotte e hanno dormito in macchina. Torna anche la suora polacca delle Missionarie di S. Pietro Claver, che hanno una casa di formazione in via della Collina. Ieri ha fatto la fila invano. Stanotte è venuta alle 5. Ce la farà, spera.

Un giovane trentino accompagna una ragazza straniera per un permesso di studio. La consigliera Di Camillo la riconosce: è una sua studentessa dell’IPC. Sono in coda dalle undici di ieri sera. Avevano perso il posto la notte precedente e sono tornati, prima e più organizzati. Il giovane aveva letto sui giornali di questa campagna: ma non immaginava davvero una cosa del genere.

La prima in lista all’ufficio 1 è una giovane rumena che ha sposato un trentino. Ha bisogno del permesso per il suo bambino di quattro anni. È qui dalle otto e mezza di ieri sera. È il secondo giorno che viene.

C’è un’altra ragazza rumena. È ingegnere. Partecipa a un progetto internazionale di volontariato del nostro Ministero degli Esteri. Ha avuto un visto per tre mesi e mezzo. Ora ne chiede un altro per un mese e mezzo. Ogni volta è una tragedia. Oggi non ce la farà, è arrivata stamattina tardi (le sette). È indignata.

I consiglieri comunali di Trento ascoltano tutto questo sbalorditi, increduli, attoniti, rossi di vergogna come tutti noi.

Alle 9 parto per il Consiglio regionale di Bolzano. Restano un paio di consiglieri comunali.

 

 

Giovedì 12 luglio 2001

Ore 6.05, ufficio 1, via S. Marco. Con me ci sono Fulvio Gardumi, presidente regionale dell’ordine dei giornalisti, alcuni giovani di Gardolo, di Rovereto e di Trento che hanno aderito alla campagna “Anch’io in fila alle sei”.

Stanotte ci sono stati problemi per le iscrizioni nelle liste di precedenza. Alle 4 é arrivata la polizia con il foglio timbrato su cui trascrivere i nomi dei presenti (la fila è cominciata alle 5 del pomeriggio). Qualcuno ha cercato di sopravanzare gli altri.

Ne é nato un parapiglia.

La polizia ha fatto subito andare tutti nella sede centrale della Questura (a cento metri), ha rifatto l’appello e s’è tenuta la lista.

Adesso qui non è esposta nessuna lista di iscrizione. Quelli che arrivano e sanno che esiste una lista di iscrizione chiedono dov’é finita e vanno in Questura, dove gli rispondono che le 54 caselle sono già piene.

Quelli che arrivano per la prima volta non sanno che esiste una lista, sanno che c’è un orario (dalle 8.30 alle 12.30), che peraltro oggi non è nemmeno esposto, e stanno lì ad aspettare. Invano. Nessuno informa, nessun cartello istruisce a dovere.

Stamattina parlo con almeno una decina di persone (stranieri e trentini) che sono lì per la prima volta e che non sanno come funzioni il sistema. E io mi trovo a spiegarglielo.

Spiego che se vengono alle 8.50 del mattino non arriveranno mai allo sportello.

Spiego che devono mettersi in coda la sera prima e scrivere il loro nome sulla lista fai da te, ma che devono essere presenti all’appello che fa la polizia alle 4 del mattino se no vengono depennati.

Spiego che devono passare la notte qui e che devono stare attenti a che la lista non sparisca e non venga sostituita prima delle 4.

Sarà difficile per me spiegarlo ad una giovane rumena che lavora da tre giorni come cameriera a Moena, che arriverà qui in corriera alle 10 e 50, che sa due parole di italiano, che ha i documenti in una busta, dei panini e dell’acqua, e una grande speranza negli occhi. Quando capisce, chiede mestamente dove c’è un albergo a prezzi bassi.

Ma i signori Giupponi, di Trento, che sono lì con me, e che hanno sperimentato sulla propria pelle le follie di queste code (hanno un figlio sposato con una tedesca) le offrono di dormire a casa loro. Così le illustreranno la strategia giusta. Torna negli occhi della rumena la speranza. Torna anche nei nostri.

0re 6.30. All’ufficio 2 sono 46 in lista.

Ore 7.00. Parlo con un giovane serbo che vive a Rovereto da una decina d’anni. Adesso che è maggiorenne ha bisogno del permesso. È qui da un’ora. Non sa nulla della lista di iscrizione. Spiego anche a lui che sta aspettando inutilmente. È scandalizzato. Il suo amico dice: a Merano funziona molto meglio. Perché non si fa come da loro?

Aspetta “fuori lista” anche un marocchino che vive in Trentino da 18 anni e deve fare un ricongiungimento familiare. È arrivato alle 5.30. Non sa se aspetta inutilmente.

Una giovane coppia bosniaca, di Stivor, epiche origini trentine di lui. Lei è incinta di sette mesi. Ieri sera alle 20.00 si erano iscritti nella lista provvisoria ma hanno saltato l’appello delle 4 del mattino e così si sono collocati al 57° posto. Vivono a Riva del Garda. Lui non può prendere altri giorni di ferie e, disperato, chiede a me cosa deve fare. Proviamo a individuare insieme una strategia. Ma è dura. Perché dobbiamo essere così incivili verso queste persone?

Una ragazza indiana, da nove anni in Italia, è lì, in piedi, vicino alla porta dalle 21 di ieri sera. Non ha mollato il posto per un attimo.

Una signora di Vigo Meano che accompagna una ragazza polacca per un permesso di soggiorno di due mesi, ieri ha fatto la fila dalle 8 in poi all’ufficio 2. Alla Questura le avevano detto: si rivolga in via S. Marco. Ma quando in tardissima mattinata è riuscita ad arrivare allo sportello le hanno detto: ma doveva andare all’ufficio 1! Allora stanotte hanno fatto la fila all’ufficio 1 dalle 22.30 in poi dormendo in macchina. È inferocita.

Ufficio 1, ore 8.30. Arriva un uomo di Trento che lavora in Comune. Deve fare un ricongiungimento familiare. Ha letto sulla porta che i ricongiungimenti si fanno il martedì e il giovedì. È arrivato all’orario di apertura dell’ufficio. Non sa di liste di iscrizione, non sa neanche (come poteva saperlo che non è scritto da nessuna parte?) che di pratiche di ricongiungimento ne fanno solo 10 il martedì e altre 10 il giovedì.

Lo porto a prendere un caffè e gli spiego come funzionano le cose. Mi guarda sbalordito e devo ripetere il tutto in maniera più convincente.

Ufficio 1. Ore 9.10. Passa una comitiva di turisti italiani diretti al vicino castello del Buonconsiglio. Si fa largo.

Una turista passando davanti alla nostra piccola folla commenta rivolta all’amica: sarà un ufficio di collocamento. Non sa, l’ingenua, che da noi lavoro ce n’è tantissimo, che agli alberghi manca personale, e così ai cantieri e alle fabbriche. Che tutta questa gente ha un lavoro, o sono addirittura imprenditori, e che stanno perdendo invece giornate di lavoro per colpa di una assurda, incivile, umiliante macchina burocratica.

Un’altra signora di Trento inferocita. Nei giorni scorsi ha fatto la coda all’ufficio 2 dalle 5 del mattino alle 12 per sentirsi dire: vada all’ufficio 1. Si scusa per un paio di parolacce. È il minimo, rispondiamo. Sorride.

Alle 10 arriva il prof. Gregorio Arena, docente universitario di pubblica amministrazione e consulente del Ministero, che ha aderito con convinzione alla campagna. Assiste e ascolta i presenti sgomento. Incoraggia: questa è una battaglia di civiltà che va fatta fino in fondo.

La faremo fino in fondo. Stiamo lanciando un appello a decine di associazioni di volontariato trentine per mettere in campo tutta una serie di iniziative nelle prossime settimane.

Non ci saranno soste quest’estate.

 

“Stamattina parlo con almeno una decina dipersone (stranieri e trentini) che sono lì per la prima volta e che non sanno come funziona il sistema. E io mi trovo a spiegarglielo. Spiego che se vengono alle 8.30 del mattino non arriveranno mai allo sportello. Spiego che devono mettersi in coda la sera prima e scrivere il loro nome sulla lista fai da te, ma che devono essere presenti all’appello che fa la polizia alle 4 del mattino se no vengono depennati. Spiego che devono passare la notte qui e che devono stare attenti a che la lista non sparisca o venga sostituita prima delle 4” . (12 luglio)

 

 

Venerdì 13 luglio

Ore 6, ufficio stranieri 1. Miracolo! Non c’è nessuno. Sono scomparsi gli immigrati. Solo due persone davanti.

Fra un’ora dovrebbe arrivare il presidente della provincia Dellai con i vertici dell’economia trentina che hanno aderito all’iniziativa. Da sempre quando arriva un re o un presidente si puliscono le strade. Alla porta dell’ufficio, fra quattro, cinque avvisi sbrindellati, sporchi e attaccati con adesivo per pacchi, ne é apparso uno nuovo: “La prenotazione per l’accesso allo sportello in via S. Marco n. 58 va richiesta all’ingresso della Questura in Piazza della Mostra a partire dalle ore 06.00. A partire dal 13.07.2001”. Svelato il mistero.

Le code sono state spostate, da via S. Marco a piazza della Mostra, sull’altro lato del palazzo della Questura. Stanotte gli immigrati e i trentini in cerca di un permesso di soggiorno hanno dormito lì.

Un signore trentino, che ha bisogno del permesso per dei parenti e che ha passato la notte in macchina davanti alla Questura, viene a ripetermelo dieci volte: c’era gente che dormiva sul prato, sotto una coperta, davanti alla Questura! È questa la civile Trento? È furibondo.

Finora la grande riforma annunciata dal Questore ha avuto questi risultati. Staremo a vedere.

Ore 6.15, ufficio 2, via S. Marco. Al secondo ufficio stranieri di via S. Marco, quello dove si ritirano i permessi (il primo è quello dove si chiedono), è tutto come prima.

Alla porta, decorata con i soliti avvisi sbrindellati e sporchi, il consueto foglio sul quale mettono il loro nome quelli che arrivano. Ad esporlo stanotte è stato un imprenditore agricolo di Villa Rendena arrivato alle 4.15 con due lavoratori stranieri. Ha preso dalla macchina un foglio, ha scritto prima il nome di due persone che erano già lì ad aspettare, poi il suo. Vi ha aggiunto anche l’ora di arrivo e chiede che facciano altrettanto a tutti quelli che mano a mano arrivano.

C’è anche Gabrielli di Pergine che ha aderito alla campagna e che da anni si batte contro questa vergogna.

Ore 7.15, ufficio 2. Arriva Giordani già direttore dell’Atas (Associazione trentina accoglienza stranieri). Arrivano uno dopo l’altro il direttore degli industriali Ramus, l’assessore Benedetti, il presidente Dellai, il presidente degli artigiani Tosi, il direttore della Coldiretti, Merz, il direttore della Confederazione agricoltori Gasperi e Lucia Salvaterra dell’Unione Commercio e Turismo. Un’ora dopo arriva Bort, presidente di quest’ultima organizzazione.

Guardano questa umanità umiliata. Ascoltano attoniti gli arrabbiati racconti dei presenti in fila, in particolare dell’imprenditore di Villa Rendena, lucido e impietoso, che narra anche, l’episodio, cui ieri ha assistito, di una ragazza di colore che è stata rimandata indietro per la quinta volta perché mancava alla sua documentazione il codice fiscale. Lei l’ha tirato fuori, ma le hanno detto: no, torni fra un mese.

Poi parla una studentessa universitaria albanese che racconta a Dellai le vessazioni subite. Già, l’internazionalizzazione dell’università… I borsisti del progetto “Università a colori” si sono fatti nei giorni scorsi le loro belle otto ore di fila. Avranno pensato: che sia un’Università “punitiva” quella di Trento?

Con Dellai e gli imprenditori andiamo all’ufficio 1 da cui la fila è oggi scomparsa. Dico loro: aspettate fino alle otto: li rivedrete tutti qui.

Quindi in Questura, dove il piantone ci spiega come è stata stilata la lista di prenotazione stanotte.

Dopo la coda scomparsa, cerchiamo un bar per un caffè. Mi sembrano tutti convinti che si debbano trovare subito soluzioni a questa indecenza. Io non mollerò, dico. Fatelo anche voi. Dellai ed altri vanno. Altri restano. Torniamo all’ufficio 1 dove è riapparsa la solita piccola folla in attesa. Sollecito tanti di loro a raccontare agli imprenditori le loro storie di viaggi, di nottate, di giornate di ferie consumate in fila, in strada, al freddo, sotto l’acqua, sotto il sole, magari con i bambini e le mogli. Storie di umiliazioni subìte. Storie che tutti noi abbiamo permesso che potessero accadere, e continuiamo a permettere che accadano senza che ci siano responsabili, nella più totale impunità.

Ufficio 1, ore 9.30. Signora bosniaca residente a Roncegno. È originaria di Stivor, genitori trentini. Fa l’infermiera a Bassano. È stupita e indignata: in provincia di Vicenza, dice, i Comuni, come Malo e Schio che lei conosce, hanno il loro sportello dove gli stranieri ricevono informazioni, presentano le pratiche e possono anche ritirarne alcune. Tutti gli stranieri che conosce lei sono contenti. Qui a Trento c’è da impazzire, dice. Perché?

Già, perché?

0re 10.50, ufficio 1. Oggi le pratiche sembrano correre un po’ più del solito. Invece di trenta, pare ne facciano cinquanta. Se resisto, accelerano. Che vogliano costringermi a passare la vita qui davanti?

Ore 11.30, ufficio 1. Studente dell’Enaip (professionali) di Cles originario del Marocco. È la settima volta che viene per il suo permesso di soggiorno. C’è sempre qualcosa che manca, perché gli umori e le decisioni di chi è dall’altra parte cambiano.

Il carrozziere albanese della Val di Fassa, partito alle 3.50, arrivato alle 5, che si è preso una giornata di ferie, esce dall’ufficio sconfortato. C’era un timbro scaduto, deve tornare un’altra volta. Un altro giorno di ferie. Sua moglie dorme in macchina nella strada vicina. Mi saluta: ci vediamo martedì!

Un immigrato che ha girato l’Italia fa la sua classifica delle Questure: la migliore è Udine; La peggiore Ferrara. La seconda peggiore Trento.

Ufficio 2, ore 11.30. Ne hanno fatti 43, ne mancano 20. Poi arriverà ancora qualcun altro.

Ufficio 1, ore 12.10. È vuoto. È il secondo miracolo della giornata. Ci sono tanti modi per far scomparire le code. Senza far scomparire le umiliazioni, le giornate perdute, le nottate in strada, i ritardi, i viaggi inutili.

 

 

Lunedì 16 luglio

Ore 6 meno cinque, ingresso Questura, piazza della Mostra.

Per chi deve chiedere i permessi di soggiorno la fila per prenotarsi ora si fa qui (è la novità di questi giorni). Per chi, invece, deve ritirare i permessi la fila si continua a fare all’ufficio 2, sul retro della Questura, in via S. Marco (qui è come prima).

Alle 6, all’ingresso della Questura c’è una piccola folla.

Al lampione del portone è attaccato un foglio dove ci sono 41 nomi. Lo hanno compilato le persone in attesa stanotte.

La prima è una cinesina, è arrivata qui intorno alle 20 di domenica sera. Stanotte ci sono stati forti temporali e lei ha trovato riparo nella macchina di un’altra persona in attesa.

La seconda in lista è una signora di Trento, qui con una domestica rumena e suo marito. I due coniugi sono arrivati anche loro verso le 20. Nella notte hanno trovato riparo dai temporali in una cabina telefonica. Quando arrivava qualcuno per mettersi in fila, il marito, che teneva la lista, usciva e segnava sul foglio il nuovo arrivato.

Ore 6, ingresso Questura. Si apre il portone. Il piantone chiama uno alla volta. Ricevono un foglio con l’ora in cui dovranno presentarsi all’ufficio 1 in Via S. Marco. I primi alle 8.30, gli altri alle 9.00, gli altri alle 9.30 e così via.

Dicono che ne faranno 50 oggi, entro le 12.30. Dalle 6 alle 9 arriveranno altre 30 persone. Una quindicina di loro dovranno tornare domani. Questo nuovo sistema non è spiegato bene. Le istruzioni esposte all’ufficio 1 in via S. Marco sono del tutto insufficienti. Quelli che arrivano in mattinata non capiscono cosa sta succedendo.

Arrivano 1’on. Kessler, l’architetto Bortolotti, Masé dell’Atas (Associazione trentina accoglienza stranieri), l’amico Walter Micheli.

Ore 6.15, ufficio 2. Qui dove si ritirano i permessi c’è alla porta una lista con 27 nomi.

Parlo col secondo della lista. È lì dalla mezzanotte. Una signora polacca da 13 anni in Trentino, prima non vuole parlare, ha il volto tirato, chiuso, poi si lascia andare e parla, piange, parla. Siamo trattati come cani, dice a me e all’architetto Bortolotti. Lavoro, pago i contributi: perché c’è sempre qualche carta che manca, perché mi dicono che non guadagno abbastanza?

In quel momento arriva una ragazza brasiliana che ha fatto la coda davanti alla Questura, non sta bene, dice di essere incinta. Ci chiede dove ci sono dei servizi igienici. Non ce ne sono, c’è il piccolo parco del ristorante Chiesa. Lei va, viene, poi va via.

Ore 6.25 ingresso Questura. Signora di Vigolo Vattaro che gestisce un’azienda agricola di piccoli frutti. Ha bisogno di cinque operai stranieri. Gliene danno uno alla volta. E ogni volta deve fare la fila di notte. È qui dalle tre di stamattina. Dalle cinque si lavora nella sua azienda, ma lei deve essere qui.

Stessa cosa per i coniugi Marzari che hanno una pasticceria. È la prima volta che occupano stranieri, una ragazza brasiliana. Trent’anni fa Marzari è stato per tre anni in Germania. In mezz’ora facevano tutto. Qui ha perso due giornate.

Un signore di Fiera di Primiero che ha dal tribunale la tutela di un ragazzo straniero dovrebbe fare ogni mese due volte la fila, per chiedere e poi per ritirare il permesso. O impazzisce o cambiano sistema.

Ore 7.00, via San Marco. Ammiriamo il bel palazzo Tambosi della Provincia. Bello rifatto e vuoto. Grande e completamente vuoto. Da rabbrividire. Mentre la gente da anni fa la fila in questa strada, al freddo, sotto l’acqua, sotto il sole, senza una sedia, senza dei servizi.

Ore 8.30. Arriva l’on. Olivieri. Poi arriva anche il Questore. Annuncia ai deputati e a me nuove soluzioni nei prossimi giorni. Sono qui per questo.

Ore 9.30. Con Stefano Petrolini, studente universitario che si occupa di stranieri, andiamo a Bolzano, all’Ufficio stranieri della Questura. Vogliamo vedere cosa succede là.

Ore 10.30, Questura di Bolzano, ufficio stranieri. Parliamo con le persone in attesa ma anche con chi ha responsabilità dirette.

In provincia di Bolzano hanno pure problemi, ma le cose vanno meglio. Nei paesi di periferia le stazioni dei carabinieri raccolgono le domande e le inoltrano alla Questura. Se manca qualcosa, la Questura lo segnala ai carabinieri che provvedono a farsi consegnare i documenti mancanti.

Poi la Questura, una volta fatta la pratica, la rimanda ai carabinieri che chiamano l’interessato a ritirarla. In questo modo si risolvono il 50% circa delle pratiche. Uno di Ortisei non va mai a Bolzano. Da noi, uno di Moena o Fiera di Primiero va a Trento un paio di volte a fare la nottata per chiedere il permesso e un paio per ritirarlo.

Chi abita a Bolzano città, e dintorni, va alla Questura centrale. Fanno cento pratiche al giorno, metà di chi chiede, metà di chi ritira il permesso.

Alle 7 del mattino danno l’ordine di prenotazione. In genere chi arriva entro le sette ha la certezza di farcela in mattinata. Qualcuno fa la fila dalle quattro del mattino. Nessuno fa la notte intera come da noi.

A Bolzano hanno molti più stranieri che da noi: 10.000 extracomunitari, 7.000 comunitari, 15.000 stagionali. Hanno problemi anche loro, ma, mi pare, il servizio complessivamente funziona e non fanno diventare matta la gente, soprattutto quelli che abitano lontano.

 

Le code della vergogna duravano da anni. La campagna “Anch’io in fila alle sei” ha messo fine a quella vergogna. (Nella foto di Piero Cavagna la piccola folla quotidiana in Via S. Marco a Trento davanti all’ufficio 1).

 

 

Martedì 17 luglio

Ore 5.55, ingresso Questura. Piccola folla. Tranquilla: adesso c’è la prenotazione. Ma il sistema di prenotazione entrato in vigore da venerdì funziona solo a metà.

Per chi si becca la metà che non funziona sono dolori. È capitato a circa venticinque persone stamattina che hanno fatto la fila per niente prima delle 8 (non è vero, quindi, che c’é la prenotazione dalle 6 alle 8: per molti non c’è). Dovranno tornare domattina molto presto a fare la fila per cercare di prenotarsi.

Tra loro, due imprenditori agricoli trentini (una signora di Villa Agnedo e un signore di Nanno) che se ne andranno imprecando dopo aver invano protestato.

Ore 6.00. La lista di chi si é messo in fila stanotte in piazza della Mostra conta 60 nomi. Il piantone fa entrare uno alla volta. Gli compilano il foglio di prenotazione ed escono per andare ad attendere in via S. Marco davanti all’ufficio 1 che apre alle otto e mezza.

Il primo in lista (è un immigrato qui da ieri sera alle sette, proveniente da Riva, dopo aver messo in albergo moglie e bimbo) riceve il numero 14. Perché? Perché ce ne sono 13 di ieri mattina slittati ad oggi. Ogni giorno consentono l’accesso allo sportello a 54 prenotati. Poi danno altre 13 prenotazioni per il giorno successivo. Per gli altri, niente.

Ore 7.50. Hanno concluso le 54 prenotazione per oggi (le 15 ereditate da ieri più 41 di oggi).

Ore 8.05. Hanno dato altre 13 prenotazioni per domattina. Gli altri sono invitati a tornare a fare la fila un’altra volta. Tra le 6 e le 8 erano arrivate altre trenta persone. Gli avevano detto: c’é la prenotazione tra le 6 e le 8!

La signora di Villa Agnedo ha tre ettari coltivati a fragole e deve chiedere il permesso per due lavoranti stranieri qui con lei. È arrivata alle 7 ed era al 72° posto. Niente prenotazione. È furiosa e grida la sua rabbia. Meglio farli lavorare in nero! Le fragole non possono aspettare i vostri comodi!

Mi racconta che erano alcuni giorni che i suoi due operai venivano a fare la fila. Oggi è venuta anche lei perché non credeva che fosse così difficile.

Adesso ha visto con i suoi occhi. Devo venire di notte? Ma scherziamo? Siamo in Italia o dove? Io devo lavorare! E se ne va promettendo di non tornare più.

Se ne va anche il contadino di Nanno arrivato con un lavoratore croato. Erano qui anche ieri mattina verso le nove. Gli avevano detto, e c’era anche sui giornali, che la prenotazione si faceva tra le 6 e le 8. È arrivato alle 7.40 ed era 81°. Fuori prenotazione. Ha fatto il viaggio inutilmente.

Ore 8.30, ufficio 2, via S. Marco. Qui c’è un’altra fila, quella di chi ritira il permesso.

Una fila tutta in strada (non c’è un metro quadrato di sala d’attesa). La lista è di 44 nomi.

C’é un albergatore di Molveno che ritira il permesso per due cameriere moldave. È arrabbiatissimo. Con la Provincia: con tutti i palazzi che ha, quanto ci vuole a risolvere questa vergogna della gente in strada e della Questura che cade? Con la Questura: perché non si danno informazioni pubbliche e chiare?

C’è in fila anche il dott. Mattivi dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige. Mi dice: docenti universitari che hanno girato il mondo e vengono da noi sono costretti a fare queste file eterne, vergognose, in strada. Reti? Contatti? Ma se non pratichiamo nemmeno le norme basilari di civiltà, dice, cosa parliamo!

Ore 9.10, ufficio 1. Signore del Bleggio con due giovani della Bielorussia in visita a un parente medico per quindici giorni. È la terza volta che viene qui con loro. Se ne vergogna.

Venerdì ha fatto la fila tra i due uffici per cercare di capirne qualcosa. Ieri si è presentato prima delle 8 ma è riuscito solo ad avere la prenotazione per oggi. Ed ora è qui. È amareggiato e furibondo. Loro dovrebbero passare le ferie qui? Aveva letto distrattamente sui giornali delle code della vergogna. Ma adesso, dice, l’ha provato sulla sua pelle.

(Volevo andare, lunedì, con l’on. Kessler, a raccontare queste cose al Commissario del governo visto che rappresenta qui lo Stato. Non s’è mai preoccupato di questa vergogna più di tanto. Ma proprio lunedì se ne andava in ferie. Per riposarsi dai pranzi affrontati per Ciampi in visita a Trento, suppongo. Sfiancato dai dessert).

 

 

Mercoledì 18 luglio

Ore 5.55. Novità. Davanti all’ufficio 1 in via S. Marco 58, in piena strada, è stato piantato un tratto di dieci metri di doppia transenna-corridoio per animali-persone (l’amico veterinario, poi interpellato, mi dice che loro li chiamano “corridoi obbligati per sale di macellazione”).

Guardo inorridito. Penso ad uno scherzo ma purtroppo è vero. Lì vicino sono appoggiate altre 8 transenne di 5 metri l’una. Vogliono fare la serpentina per la gente in fila.

Noi vogliamo togliere la gente dalla strada e loro la vogliono tenere qui in eterno, in piedi, in fila, come le bestie?

Ore 6.00, ingresso Questura. Sono una trentina le persone in fila da stanotte. C’è anche l’albergatore di Pinzolo che ieri ha fatto la fila per niente e stamattina è arrivato alle quattro.

Due ventenni bosniache che abitano a Borgo, l’una di Stivor, qui in Trentino da anni, l’altra arrivata da poco, aspettano da mezzanotte. Dove avete dormito? Su una panchina, rispondono, ma non abbiamo dormito. Abbiamo chiacchierato. Guardano e ascoltano anche i giovani scout di Gardolo che hanno aderito alla campagna.

Ore 6.15, ingresso Questura. Bella sorpresa. Arriva mons. Luigi Bressan, arcivescovo di Trento. Con lui don Beppino Caldera. Il vescovo guarda, domanda, ascolta i racconti delle persone in fila. Anche quello del contadino di Nanno che è tornato stamattina presto dopo la fila inutile di ieri.

Ore 6.45, ci spostiamo sul retro, all’ufficio 2. Qui dove si ritirano i permessi c’è una lista con altri 25 nomi in attesa.

Un giovane canadese-rumeno, qui dalle quattro, chiede perché non ci si potrebbe prenotare telefonicamente come per una visita medica. Il vescovo ascolta.

Un albanese sta facendo la coda da stanotte per avere informazioni. Un altro immigrato, arrivato da Condino alle quattro, fa vedere la macchina lì posteggiata con dentro i suoi cinque bambini e sua moglie. Si è segnato per tutti e due gli uffici perché non sa ancora bene a quale deve rivolgersi.

Arriva un gruppo della Compagnia delle Opere. Con loro, altra sorpresa, Mario Malossini. Un po’ di imbarazzo. Ci salutiamo. Io l’ho sempre pubblicamente e duramente criticato (vorrei fargli la battuta: meglio vederti qui vicino alla Questura che vicino alla Provincia, ma sto zitto; direbbe il Qoélet che c’è un tempo per scontrarsi e un tempo per parlarsi; oggi ci parliamo). Guarda e ascolta anche lui, interessato ed esterrefatto, quello che qui succede.

Ore 7.00, li porto tutti a vedere l’orrore delle transenne per animali che stanno allestendo davanti all’ufficio 1. Dire sgomento generale è poco.

Ore 7.15, l’arcivescovo deve andare. In un’ora, però, ha visto tante, troppe cose. Lo ringrazio di cuore.

Un quarto d’ora dopo saluto anche il gruppo della Compagnia delle Opere (state bene, al prossimo incontro-scontro!).

Ore 8.50, ufficio 1. Arriva un vigile. È una donna. Le chiedo se sa chi ha dato l’ordine di allestire le transenne-corridoio. Anche lei è sorpresa e scossa. Poi arriva un altro vigile. Chiedo infuriato che mi rintraccino qualcuno del Comune perché tolgano subito quest’altra vergogna. Vengo a sapere che la Questura ha chiesto e il Comune ha fatto. Roba da matti.

Porterò le transenne davanti al municipio! Un immigrato: “Come le pecore!”. Il contadino di Nanno: “Mi, lì dentro? Come le vache?”. Vado.

Ore 9.30. Torno. Mi dicono che il Questore è passato dando disposizioni.

Allora l’incolpevole personale del Comune lì presente si sente tutto quello che non avevo detto prima. Vado in Consiglio provinciale.

Ore 10.30. Torno. Le transenne della vergogna sono state tolte.

 

 

Giovedì 19 luglio

Ore 6, ingresso Questura. Fila in ordine, due poliziotti all’ingresso fanno entrare uno alla volta. Danno il numero di prenotazione per rivolgersi dopo le 8. 30 all’ufficio 1. Ci sono circa trentacinque persone. Ci sono anche i vertici sindacali: Bruno Dorigatti, Nicola Ferrante, Terzio Molari. Altri immigrati si aggiungono alla fila.

Ore 7. Hanno completato le 54 prenotazioni per oggi. Sono stati molto veloci. Però chi viene per prenotarsi tra le 7 e le 8 sarà rimandato a domani. In questo modo si assottigliano anche le file (ma non si risolvono i problemi).

Ore 7.05, ufficio 2. Qui, dove si ritirano i permessi, e c’è una seconda fila, è in vigore ancora la lista di iscrizione autogestita. Con ventisei nomi (un’altra ventina arriveranno dopo).

Una signora di Bolzano, vivacissima, critica i trentini: avete file dappertutto, per una visita medica specialistica e per un permesso di soggiorno. Da noi va molto meglio. Questione di mentalità, dice.

Intanto arrivano un paio di persone che non capiscono se devono prenotarsi in Questura o fare la fila lì. Le istruzioni (lo scrivo per l’ennesima volta) che appaiono agli ingressi degli uffici sono del tutto insufficienti. C’è gente che continua a sbagliare fila. C’è gente che fa la notte nel posto sbagliato.

Ore 7.40, ufficio 1.Un trentino che ha fatto la fila chiede: dove c’è un bagno? Là in fondo c’é un bar aperto, rispondiamo.

Ore 7.45, passa il Questore e mi offre un caffè. Parliamo una mezz’ora. Mi dice che le transenne non le metteranno più e mi spiega il suo progetto di riorganizzazione.

Alla fine gli dico: senta dott. Alfino, sarò il primo a riconoscere pubblicamente la validità del suo progetto quando lo vedrò funzionare. Fino ad allora continuerò. Funzionerà, risponde.

Ore 8.30, ufficio 2. Signore di Lavis con moglie straniera e tre bimbi. Tiene in braccio il più piccolo e gli dà il biberon. Finalmente ci sono dei politici a vedere queste file umilianti, dice. I trentini, aggiunge, non si ricordano più di quando erano emigranti. Vivono in una società opulenta che gli ha fatto dimenticare tutto.

C’è anche una signora di Berlino, residente qui da 14 anni, sposata con un trentino. Racconta le vicissitudini di una europea comunitaria in tempi di moneta unica. Mostra la lettera di protesta inviata al Questore, Ma è contenta perché le hanno telefonato dandole l’appuntamento.

Ore 9.00, ufficio 1. Signore straniero con un bimbo di due mesi in braccio. Ma è il terzo giorno che ti vedo qui, gli dico. Cosa ti mancava ieri? Il bambino, risponde. Lo devo far vedere (mi dice che si chiama Aiu, che vuol dire Giobbe, quello della pazienza).

Ore 9.30, ufficio 1. Rumeno informatico con un negozio a Cles. Laurea in ingegneria elettronica nel suo paese. Qui non è riconosciuta, ma lui ci tiene a laurearsi e dovrà rifare metà esami. Così anche sua moglie. È stupito del fatto che tanti giovani trentini, potendolo, non studino. Considera inferiore la competenza dell’Ufficio del Lavoro della Provincia, sul fronte degli stranieri, rispetto a quella della Questura. Devono essere più preparati! Registra troppe pigrizie.

Ore 11.00, un cinese accompagnato da un trentino se ne va visibilmente scosso per come è stato trattato. Un brutto episodio in una giornata di attese più brevi del solito.

 

 

Venerdì 20 luglio

Ore 6, ingresso Questura. Dopo il diluvio, vento fortissimo. Cade un grosso ramo su una macchina parcheggiata. Non si vede nessuno in fila. Alcuni sono nelle auto, i più arriveranno nel corso della mattinata. Bisogna ripararsi, il vento è troppo forte.

Uno straniero si avvia arrancando alla macchina. Ha appena preso il numero 31. Lunedì sarà operato di ernia al disco. Ieri è stato rimandato indietro perché il suo Comune gli aveva fatto un certificato di residenza che alla Questura non andava. L’ha dovuto rifare (non gli chiedo se soffre d’insonnia*).

Ore 6.50, ufficio 2. Qui c’è un’altra fila, in strada. Diciannove persone si sono iscritte nella lista d’attesa. Alcune, tra cui una donna, sono lì, appoggiate al muro. Un giovane è accucciato per terra. Non ci sono ripari, se non hai la macchina.

Arriva ad iscriversi la signora Sava con suo marito, sacrestano del Duomo. Devono ritirare un permesso di soggiorno. Il vento fortissimo sconsiglia la permanenza.

Ore 8.30, ufficio 1. Rivedo il giovane del Marocco, da 14 anni in Trentino, residente nel Bleggio. È qui per la terza volta in questa settimana. L’altro ieri era in fila con sua moglie che cullava in un marsupio “primi sogni” la loro bimba di tre settimane. Non era bastato il certificato di nascita: bisognava portare la bimba. Una volta tornati, però, si sono sentiti dire che il certificato rilasciato dal loro Comune non andava bene. L’hanno dovuto rifare e sono qui di nuovo, dalle 6, dopo essersi alzati alle 3 (forse la piccola soffriva d’insonnia?). Hanno preso il numero trenta. Moglie e bimba, da mostrare di nuovo, sono in macchina in un’altra strada. Piove e c’é il vento. Ma non è facile per lui portare la macchina lì vicino (il vigile che passa gli ricorda che sono 190 mila lire di multa se non si sposta). Sfoga con noi tutta la sua amarezza. Io non ho più parole per dirgli la vergogna che provo. Non oso più nemmeno guardare negli occhi sua moglie.

Ore 8.40, ufficio 1. Operatrice del Villaggio del fanciullo con ragazzo albanese. È sconfortata. È la quarta volta che devono venire. Manca sempre una carta: ma perché non ci dicono con chiarezza fin dall’inizio tutte le carte che servono? Gli operatori sociali vengono qui a turno: siamo pagati dalla Provincia per perdere tempo qui?

Ore 8.45, ufficio 1. Sanguigno, simpaticissimo, inferocito albergatore di Andalo con lavoratore istriano qui in fila per la terza volta. Provincia pilota? E giù a ridere. Se avessi badato a mio padre invece di fare un albergo!

Ore 11.10, ufficio 1, ancora una quindicina di persone in attesa (dieci invece all’ufficio 2). Giovane rumeno in giacca e cravatta. Negli anni scorsi a Bolzano, ora in Trentino. È incredulo: mai vista una cosa del genere. A Bolzano è una cosa normale, qui è una tortura. Perché? Insiste: perché?

(Aspettiamo le novità organizzative annunciate. Basta che non si passi dalla tortura lenta a quella veloce).

 

* Quella mattina i giornali riportavano la provocatoria dichiarazione del Questore secondo il quale molti immigrati forse si mettevano in fila perché soffrivano d’insonnia.

 

 

Lunedì 23 luglio

Ore 6, ufficio 1. È il giorno delle grandi novità annunciate. Alcune persone cercano di capire cosa devono fare. Un cartello avvisa che a partire da sabato scorso la Questura raccoglie le prenotazioni dal lunedì al sabato dalle ore 15 alle 20.

Ma è un avviso, ancora una volta, complicato. E comunque, le informazioni sono sempre insufficienti (l’ufficio non espone un suo orario, ad esempio). A dimostrazione di ciò, chi è arrivato nella notte si è compilato due liste fai da te, ora con una ventina di nomi ciascuna, che non valgono nulla.

Ore 6.05, ufficio 2, dove si ritirano i permessi (all’ufficio 1 si chiedono). Sulla porta questo avviso: “Si informano gli utenti che questo sportello rimane chiuso”. E si rinvia all’ufficio 1. È un avvenimento. Lo storico sportello chiude. Senza rimpianti. Non vedremo più gente fare la fila qui davanti, in strada. Chi chiede e chi ritira il permesso ora avrà un solo ufficio: l’ufficio 1. Ma migliorerà il servizio? Questo lo vedremo.

Ore 8.10, ufficio 1, ora ufficio unico. Aprono. La persona che fa accedere dà informazioni. Chi presenta la domanda ha il suo numero di prenotazione. Per chi ritira il permesso non serve prenotazione: faranno tutti velocemente, promettono, mano a mano che arrivano, dalle 9 alle 13.

Ore 8.45, ufficio unico. Chiamano dentro a tutto spiano. Ci sono, dietro gli sportelli, tre, quattro operatori che accolgono le domande e uno che consegna le risposte. Bene Più tardi verrò a sapere che la Provincia ha dato una mano per allungare i box dell’ufficio. Bene.

Ore 9.15. Ressa alla porta. Qualche spinta e qualche protesta. Forse un semplice numero d’ordine per chi ritira il permesso non sarebbe male. Uno sportello a muro non sarebbe forse utile?

Ore 9.50. Giovane mamma con bimba di venti giorni. La deve fare vedere. Ma oggi non starà a lungo in fila. Che sia finita questa penosa storia?

Ore 10.00. La gente scorre. Con Masé, che mi è sempre stato accanto, facciamo il punto. Con un numero di operatori adeguato (e non destinato ad altre mansioni), con un efficiente sistema di prenotazione, con una informazione chiara le code spariranno.

Per gli operatori ci siamo (basta che restino).

Per le prenotazioni, solo a metà. Fra una settimana, però, grazie alla collaborazione tra Questura, Provincia e Informatica trentina ci si potrà prenotare presso i Comprensori. Così uno di Predazzo o di Borgo Valsugana potrà venire a Trento il tal giorno e alla tal ora senza perdere notti e giorni. Finalmente. Resta incerta però l’informazione per sapere se il permesso richiesto è pronto. Non ci vuole molto a risolvere anche questo problema, però.

L’informazione, infine, è ancora insufficiente. Questi uffici devono comunicare all’esterno in un altro modo: più chiaro e moderno. Meno preistorico. E poi: cesseranno i casi (troppi) di informazioni contraddittorie date, che spesso costringono a ritornare in fila più volte?

Abbiamo calcolato che per concludere una pratica di permesso una persona viene a questi sportelli 6, 7 volte. Ne basterebbe una per fare la domanda, e un’altra per ritirare la risposta. Quando raggiungeremo questo obiettivo? Intanto registro i primi miglioramenti. Vedremo nei prossimi giorni.

 

Spiego a due colleghi politici, il presidente del Consiglio provinciale Mario Cristofolini (dietro con la cravatta) e il vicepresidente del Consiglio regionale Mauro Leveghi (alla mia sinistra), come funziona questa fabbrica quotidiana di disumanità. (Foto di Piero Cavagna)

 

 

Martedì 24 luglio

Ore 8.30, sportello unico di via S. Marco. Circa 25 persone, alcune delle quali hanno fatto la notte. Molti non sanno del nuovo sistema. Noi non ci rendiamo conto di come gli immigrati siano tagliati fuori da tante notizie cui noi accediamo naturalmente. Sono doppiamente esclusi. Come avessero un handicap fisico di cui non si tiene conto. Dovremmo fare doppi sforzi verso di loro per renderli uguali. E invece non ne facciamo neanche la metà.

Ora il personale dell’ufficio chiama dentro i prenotati velocemente. Bene.

Ore 8.45: arriva l’amico Stefano Petrolini, che sta facendo una tesi sulla questione immigrazione. Alle 6.30 è venuto lui. Ha visto ancora confusione. Nella notte chi è venuto, e non sapeva, ha compilato le solite liste fai da te: 22 nomi da una parte, 27 dall’altra. Molti si erano iscritti da due parti perché non capivano come funzionava.

Stefano ha più volte spiegato il nuovo sistema e ha invitato diversi di loro a rivolgersi al piantone della Questura. C’era un piantone in gamba che dava bene le informazioni. Ce ne sono tanti, per fortuna. Io che sono ancora incredulo e indignato per quanto ho visto a Genova per il G8, ci tengo a dire che c’è anche tanta polizia dal volto umano e civile. Di cui essere orgogliosi.

Ore 8.50. Con Stefano andiamo allo sportello 2, chiuso da lunedì, e sopra la lista di nomi fai da te scriviamo: “Questa lista non è valida” e invitiamo chi arriva a rivolgersi allo sportello 1. Incontriamo una signora di Fiera di Primiero che aveva avuto una informazione telefonica sbagliata dalla Questura e cerca di capire a quale ufficio deve rivolgersi.

Ore 9.00. Allo sportello unico c’è una signora polacca che viene da Rovereto e che è qui dalle 5.30. Non sapeva del nuovo sistema. Anche le informazioni davanti agli uffici devono essere migliorate: un cartello unico con tutte le informazioni, esposte in modo chiaro.

Un signore di Condino arrivato alle 8.30 prende il n. 59 e lo faranno in mattinata. Fortunato. Finché non sarà introdotto il sistema di prenotazione tramite i Comprensori sarà dura per i lontani. Vedremo la prossima settimana.

Ore 9.30. Coppia straniera da 12 anni in Trentino. Sono in tre in famiglia. Adesso è nato un altro bimbo. Gli hanno detto che, secondo una strana interpretazione della legge, la sua casa è troppo piccola adesso. Quindi il bimbo non lo iscrivono nella carta di soggiorno, né nello stato famiglia. Un bimbo senza carta e perciò senza residenza. Uno strano bimbetto clandestino.

Il babbo è l’ottava volta che viene per cercare di togliere il pargolo dalla clandestinità. Ma non ci riesce. Neanche con l’aiuto di Rapanà, sindacalista competente ed appassionato, qui anche lui per l’ennesima volta. Nessuno in ufficio oggi è in grado però di dargli una risposta. Manca chi di dovere. Verranno la nona volta?

Come dire: c’è molto da migliorar anche su altri fronti, oltre alle code.

 

 

Mercoledì 25 luglio

Ore 8.50, sportello unico di via S. Marco. Al terzo giorno di prova, il nuovo sistema scacciacode per gli stranieri che hanno bisogno di un permesso di soggiorno (e che rende inutile, ora, venire alle sei) conferma quanto detto il primo giorno: un buon inizio ma ancora insufficiente. Ci sono una ventina di persone dentro l’angusto e triste corridoio d’aspetto.

L’ufficio apre. Qualcuno sosta all’ingresso, sul marciapiede. Con loro ci sono anch’io. Un impiegato esce e ci ordina di entrare. Non mi riconosce, è nuovo. Ci dice che sono disposizioni cui deve attenersi. Bisogna stare dentro. Che vuol dire: non bisogna far vedere che C’è qualcuno in strada che aspetta. Per fortuna che stamattina il cielo è nuvoloso e non fa troppo caldo. Ma due mamme con due bimbetti di pochi mesi non possono star dentro a lungo. Escono sul marciapiede per dare ai piccoli un boccone d’aria più respirabile. La passano liscia.

Ore 9.00. Chi ieri pomeriggio o stamattina presto ha avuto la prenotazione è chiamato dentro velocemente. Chi ritira il permesso è chiamato dentro ancor più velocemente. Buono. Ma c’è anche un lavoratore stagionale che è partito, inutilmente, da Pozza di Fassa alle tre e mezza di notte per essere qui alle cinque. Non sapeva del nuovo sistema, che, cioè, ci si prenota il giorno prima e si va allo sportello a partire dalle 8.30. Casi di questo genere sono ancora frequenti. Gli immigrati sono poco informati. E così, spesso, anche i loro datori di lavoro.

Mi dicono che il nuovo sistema di prenotazione dai dieci comprensori periferici entrerà in vigore a partire da lunedì prossimo.

È la metà della riforma che ancora manca. Perché, adesso, dalle valli devono scendere, prenotarsi, tornare il giorno dopo (e poi magari altre volte). Insostenibile.

Per il nuovo sistema, però, ci vorrà una informazione capillare, negli uffici pubblici, sui posti di lavoro, tramite le categorie, nei luoghi di ritrovo, nei bar. Gli immigrati, si sa, non leggono i giornali locali, tranne una minoranza già integrata.

Attendiamo con ansia lunedì e i giorni seguenti per vedere se il nuovo sistema di organizzazione funziona.

Ore 9.15. Fatti tutti quelli che aspettavano. Adesso arriva alla spicciolata chi ha avuto la prenotazione per le 9.30 o le 10. Entra subito. Parlo con alcuni di loro. Ancora disorientamento, scarse informazioni, o informazioni contraddittorie. C’è molto da lavorare su questo fronte. Ma sono anche cose facilmente risolvibili.

Parlo con un immigrato che lavora in una ditta di pulizie. Mi fa vedere la busta paga: poco più di un milione e mezzo. Ne paga uno per l’affitto, nei pressi del centro storico. Ma non potevi trovarne uno in periferia meno costoso? Ci ho provato, dice, non te lo dà nessuno. E come vivi? Vivo, risponde.

 

 

Giovedì 26 luglio

Ore 7.45. Davanti allo sportello unico di Via S. Marco c’è la solita piccola folla che aspetta l’apertura delle 8.30. Parlo con loro. Un cameriere di Fiera di Primiero, da tredici anni in Trentino, é qui dalle 21 di ieri sera. Non sapeva nulla del nuovo sistema di prenotazione. Pensava ancora alle code notturne (un capitolo chiuso, speriamo).

Il poliziotto della Questura, impietosito, gli ha dato subito un numero di prenotazione per oggi e gli ha suggerito di andare a dormire in albergo. Lui ha girato ma ha trovato solo una stanza a 250 mila lire. Ha passato la notte su una panchina. In mattinata lo raggiungeranno la moglie e la figlia. È un tipo simpaticissimo. È la quarta volta che viene perché gli dicono che manca sempre qualcosa (va bene il nuovo sistema di prenotazione, ma finirà anche questa incivile tortura dei continui rimandi indietro perché manca sempre qualcosa?).

Adesso, mi dice, ha fatto tutti i certificati possibili e immaginabili. “Mi manca solo quello di morte”, aggiunge ridendo.

Un altro viene dal Bleggio, un altro da Rovereto, qui dalle 5.30. Un altro, che lavora a Bolzano, ha fatto tutta una tirata stanotte.

Nemmeno loro sapevano del nuovo sistema (non leggono i nostri giornali, non conoscono queste mie cronache, vedono poco anche il nostro Tg, anche perché spesso fanno gli orari più strani e più duri).

Un altro è la settima volta che viene per un ricongiungimento familiare.

Ore 8.05. Aprono per farli entrare nel corridoio d’aspetto (l’ordine è il solito: bisogna sgombrare il marciapiede).

Un muratore della Val di Rabbi è qui dalle 5. Si è preso una giornata di ferie per vedere se il permesso per sua moglie è pronto. Speriamo entri presto in funzione il nuovo sistema che consente di sapere telefonicamente se la propria pratica è pronta o no.

Queste persone perdono troppi giorni di ferie per queste assurde code (ma quando ho chiesto al cameriere simpatico di Fiera di Primiero se si era preso una giornata di ferie mi ha risposto, ridendo, quali ferie?).

Ore 8.50. Ci sono qui circa trentacinque persone. Ma chiamano dentro velocemente uno dopo l’altro, sia quelli che chiedono, sia quelli che ritirano il permesso. Ottimo.

Ore 8.40. Viene a farmi compagnia l’amico dott. Berra. È medico. Conosce la situazione dello straniero. “C’è un problema di comunicazione con loro, non solo di informazione, che la nostra società non sa affrontare”, mi dice.

Di questo, e dei nuovi sportelli comprensoriali, ho parlato ieri anche con l’assessore Magnani e il funzionario Pier Luigi La Spada. Per fortuna, la Provincia insieme alla Questura sta affrontando anche questo problema. Ma siamo solo agli inizi. Intanto, il cameriere di Fiera se ne va contento: è fatta.

Ore 9.00. Spiego ad almeno una decina di persone, che via via arrivano, il nuovo sistema di prenotazione e funzionamento dell’ufficio stranieri.

Ore 9.45 Un operaio con cui avevo parlato prima, con alle spalle ore e ore perdute in fila, esce sconsolato: mi manca ancora una carta. Ma senti, gli dico, perché non le hai fatte controllare prima dal tuo datore di lavoro? L’ho fatto, risponde, ma adesso mi hanno aggiunto con la penna un nuovo documento che nella lista ufficiale non c’era. Guardo: è vero.

Se capitasse a un cittadino trentino una cosa del genere in un qualsiasi nostro ufficio pubblico, cosa accadrebbe? E il nostro Difensore civico non fa nulla per loro?

 

 

Venerdì 27 luglio

Ore 7.15. Fa il muratore ed è partito alle cinque da Tione. Con lui un amico che lavora in fonderia. Li trovo davanti al vecchio ufficio 2, chiuso, dove chi è venuto nella notte si è compilato una lista provvisoria e l’ha attaccata alla porta (vi figurano 13 nomi). Come prima del nuovo sistema di prenotazione. Spiego che è inutile che stiano lì. Vadano allo sportello unico, a cento metri, dove per i ritiri dei permessi non serve più la fila. Faccio una croce sopra quella lista perché non continui a trarre in inganno.

Accade dunque che mentre prima facevano la fila per un motivo, adesso la fanno inutilmente (come una donna che ancora dorme in macchina lì vicino).

Troppi non sono raggiunti dall’informazione, dalle conferenze stampa, dai giornali, dai Tg. Non sanno del nuovo sistema di organizzazione.

Sono proprio figli di nessuno, in balìa nostra, dei nostri uffici, della nostra voglia di ascoltarli, dei nostri umori, senza lobby che li difendano, senza voto e quindi senza voce.

Arriva una slovacca che non sa cosa fare. Ha avuto informazioni contraddittorie. La aiuto.

Ore 8.15. Aprono. Ritrovo il signore di Lavis che ha sposato una straniera ed ha in braccio un piccolino. Entra velocemente (bene) ed esce velocemente perché la carta di soggiorno richiesta non è pronta (male). Ha fatto domanda il 18 maggio. Siamo al 27 luglio. Ma non aveva detto il Questore che in venti giorni si fa a Trento quello che altrove si fa in sessanta?

Diminuiscono le code, ma aumentano i ritardi?

Intanto i coniugi di Lavis a causa di questi ritardi non possono accedere ad alcuni benefici di legge previsti per le famiglie.

Gli stranieri pagano spesso un altissimo prezzo per i ritardi: magari non possono andare a trovare i familiari nell’unico periodo dell’anno loro possibile (molti i casi del genere). Ma loro non hanno un difensore civico. Hanno Rapanà, sindacalista esperto ed appassionato, spesso messo in croce da tutti.

Ore 9.00. Le persone sono chiamate velocemente. Parlo con un amico. Perché, mi chiede, il Comune di Trento non applica la legge sulla residenza degli stranieri che perfino i Comuni governati dalla destra (come Padova) applicano? Siamo fuorilegge, siamo inadempienti e nessuno se ne preoccupa. Lo stesso Comune di Trento ha accantonato le schede informative per gli stranieri a suo tempo preparate. In tante città il centrodestra tratta meglio gli stranieri del centrosinistra.

Ore 9.15. Vado. Da martedì prossimo entrerà in vigore, finalmente, la prenotazione dai Comprensori per chi abita in periferia. La Questura ha detto che non accetterà più prenotazioni da parte di quelli che vengono dalle valli.

Cioè: da martedì in poi, chi partendo magari da Fiera di Primiero verrà a Trento senza essersi prenotato presso il Comprensorio sarà rispedito indietro a mani vuote. Ma se queste novità le conoscono in pochi, quanti faranno lunghi viaggi inutilmente? Quanti perderanno ancora notti e giorni senza colpa?

Vedremo la settimana prossima cosa funzionerà e cosa no. Poi deciderò se chiudere con la campagna.

 

 

Lunedì 30 luglio

Ore 7.15. Inizia la settimana che dovrebbe portare a compimento la riforma anti-code.

Martedì 31 luglio (domani) partono gli sportelli di prenotazione presso i Comprensori. Cosi le persone non dovranno più venire a Trento di notte a fare la fila. Ma se non lo sanno, continueranno a venirci. E magari saranno rimandate indietro perché la prenotazione dal proprio comprensorio sarà obbligatoria.

A quest’ora sono una decina le persone davanti all’ufficio in via S. Marco, 38. Chiedo loro se qualcuno sa della prenotazione dai Comprensori che sta entrando in vigore: nessuno.

Non lo sa la ragazza che viene da Canazei, né la signora che viene da Borgo. Né nessun altro. D’altronde, neanche l’ufficio espone un avviso in tal senso o la buona scheda informativa che Provincia e Questura hanno preparato al riguardo e che è stata presentata alla stampa giovedì e venerdì.

Ore 8.00. Arrivano altre dieci persone. Nemmeno loro, accerto, sanno della prenotazione dai Comprensori. Una signora originaria di Stivor, in Bosnia, che si esprime nel bel dialetto trentino sempre parlato dalla sua comunità nel corso di decenni di dura vita da emigranti, e che fuggendo dalla guerra è riuscita tra mille ostacoli a tornare in Valsugana, dove risiede da qualche anno, mi dice delle inutili telefonate in Questura per avere le informazioni necessarie. Ma il numero telefonico (0461-899776) per sapere se la propria pratica è pronta funziona o no?

Ore 8.15. Aprono, e poco dopo chi aspetta comincia ad essere chiamato. Il tutto scorre molto velocemente. A volte anche sbrigativamente, come mi dice la signora di Stivor che esce presto, delusa. Ma, avendo perduto tutto per la guerra, è armata di pazienza e coraggio da vendere.

Nessuno intanto distribuisce ai presenti la scheda informativa sul nuovo sistema di prenotazione. È molto probabile, perciò, che tra dieci o venti giorni qualcuno di loro torni qui a fare la fila inutilmente (magari partendo da Canazei).

Ore 9.00. Parlo con un giovane slavo residente da anni in Trentino. Ha affrontato da solo un mare di traversie. È colto e parla un ottimo italiano. Ha fatto tutti i lavori possibili per pagarsi gli studi.

Ora si è messo in proprio, fa l’informatico ad alto livello nel Nord Italia. Tiene molti corsi. Mi dice che almeno due terzi dei giovani italiani che li frequentano non hanno obiettivi nella vita. Vengono a questi corsi senza ben sapere cosa vogliono fare. Una società non può vivere, dice, se molti dei suoi giovani non hanno obiettivi e fiducia di potersi realizzare con lo studio e il lavoro.

Gli stranieri portano non solo braccia ma anche motivazioni senza le quali non si vive. Mi dice anche che insegna ai suoi disorientati allievi a trovare un lavoro. Sorride: non porto via lavoro agli italiani, glielo faccio avere.

Ore 11. Piccola verifica. Ancora non è arrivata negli uffici del lavoro sparsi su tutto il territorio provinciale la scheda informativa con le nuove modalità di prenotazione per i permessi di soggiorno. Da quegli uffici passano tutti, lavoratori stranieri e datori di lavoro. Dovevano essere i primi ad avere la scheda. Il fatto è che ci si muove ancora per compartimenti stagni.

Primo bilancio: riforma buona, informazione insufficiente.

 

 

Martedì 31 luglio

Ore 7.15. Ritrovo davanti all’ufficio 2, ora chiuso, l’operaio tunisino di Condino, che lavora in fonderia, che era qui la mattina dell’arrivo dell’arcivescovo. La moglie dormiva in macchina coi quattro figli piccoli. Stavolta è arrivato da solo. È qui dalle 22 di ieri sera. Non sapeva del nuovo sistema di prenotazione, né degli sportelli comprensoriali. Con lui hanno passato la notte in macchina tanti altri.

I primi sei sono arrivati tra le 22 e le 4 di mattina. Le code della vergogna continuano, ma adesso sono anche inutili.

Non si fa nessuno sforzo per informare questa gente. L’ufficio stranieri non espone nemmeno l’avviso che ci si può prenotare presso i Comprensori. Nessuno ha distribuito la scheda, pronta da giorni, che spiega la nuova organizzazione.

Qualcuno si diverte a veder soffrire queste persone?

Ore 7.50. Ufficio stranieri unico. Venti persone in attesa, altre sparse. Molti occhi assonnati. Notti in macchina, inutili, vergognosamente inutili.

Ore 8.00. Signora di Trento con signora straniera che ha assistito la zia anziana nella lunga malattia che ne ha preceduto la morte. Abbiamo bisogno di loro, dice la signora di Trento, non avrei trovato nessun altro. E sono brave. È così. Sono mille, millecinquecento le donne immigrate che assistono in casa malati e anziani. Senza di loro le nostre case di riposo scoppierebbero e tanti nostri vecchi morirebbero lontano da casa. Dovremmo fare un monumento a queste donne straniere invece di umiliarle. O di cacciarle.

Ore 8.15. Aprono e chiamano dentro velocemente. Almeno qualche cambiamento funziona. Qualcuno esce contento, qualcun altro no. Come quel signore nordafricano che dal 25 marzo continua a ricevere rinvii per il suo permesso. E ogni volta deve rifare le carte per l’assistenza sanitaria. Due, tre, quattro, cinque volte in pochi mesi. Carte, timbri, code, timbri, carte, code.

Ore 11.00. Novità. Riaprono l’ufficio 2 chiuso da pochi giorni. Dopo una mattinata di va e vieni confuso, devono andare lì coloro che ritirano le domande di entrata in garanzia che sono state respinte.

In breve: quest’anno quindicimila stranieri potevano entrare in Italia e rimanervi un anno per trovare un lavoro a patto che qualcuno presentasse per loro una garanzia bancaria o assicurativa di 10 milioni e 800 mila lire, per spese di mantenimento e assistenza, e garantisse inoltre la casa.

Diverse centinaia le domande in Trentino (costo di ogni domanda mezzo milione circa). Ottanta solo accettate. Perché così poche? Pare per ritardi della nostra Questura. A Milano, con la destra al governo, sono stati invece bravi e veloci. Adesso qui c’è la coda per andare a riprendersi l’originale della garanzia per liberare la fideiussione bancaria. Ma la Questura non utilizza l’ufficio unico, che in tarda mattinata è ora quasi vuoto, ma riapre il vecchio ufficio 2 chiuso da poco dove c’é un solo impiegato. A mezzogiorno, sotto il sole, in strada ci sono una quindicina di persone. Sembra di ricominciare: con le code, la confusione, le umiliazioni. Ma lo Stato è questo?

Ore 12.00. Piccola verifica sugli sportelli comprensoriali che oggi cominciano. Gli operatori ci sono e la prenotazione funziona, ma gli accessi sono pochissimi, l’informazione è ancora zero. Questura, imprenditori, provincia, comuni datevi da fare.

Giornata nera.

 

“Aprono e chiamano dentro velocemente. Almeno qualche cambiamento funziona. Qualcuno esce contento. Qualcun altro no. Come quel signore nordafricano che dal 23 marzo continua a ricevere rinvii per il suo permesso. E ogni volta deve rifare le carte per l’assistenza sanitaria. Due, tre, quattro, cinque volte in pochi mesi. Carte, timbri, code, timbri, carte, code” (31 luglio). (Foto Piero Cavagna)

 

 

Mercoledì 1 agosto

Ore 6.50. L’ufficio stranieri non espone ancora nessuna informazione sull’avvio degli sportelli comprensoriali; nessuna informazione sul numero telefonico (0461-899776) tramite il quale, dal lunedì al venerdì, dalle 8.50 alle 13.00 (e il giovedì anche dalle 15.10 alle 18.00) si può sapere se il proprio titolo di soggiorno è pronto, che è un’ottima innovazione.

Non espone nemmeno la scheda informativa, predisposta dalla stessa Questura e dalla Provincia, e presentata alla stampa venerdì scorso, che spiega a chi rivolgersi per ottenere le informazioni, dove prenotare l’appuntamento, come sapere quando è pronto il titolo di soggiorno e dà inoltre indirizzi e recapiti degli sportelli comprensoriali.

Non solo la scheda non è esposta, ma nemmeno viene distribuita a chi passa dall’ufficio (e che, nella maggior parte dei casi, vi dovrà tornare, anche a breve).

Ho deciso perciò che la scheda informativa della Questura e della Provincia la distribuirò io, oggi, ai presenti. Ne ho fatto fare diverse fotocopie sia della versione italiana sia di quella francese e inglese.

Davanti all’ufficio ci sono cinque, sei persone, tra cui due immigrati, un cameriere che parla un ottimo italiano e un muratore, che provengono da Pergine Valsugana e che sono arrivati inutilmente dalle sei. Non sanno nulla del nuovo sistema. Do loro, e a tutti i presenti, la scheda informativa. Così faccio anche con gli altri che arriveranno via via da Cles, da Tione, da Storo, da Rovereto… Nessuno sa nulla. Prendete il foglio, leggetelo, e la prossima volta andate prima al vostro Comprensorio, dico loro. Risparmierete viaggi e ore di fila.

Ore 8.00. Distribuisco le schede alla gente in attesa. Sono un po’ sorpresi, ma apprezzano le novità introdotte che nessuno conosce.

Ore 8.20. Aprono l’ufficio e chiamano dentro velocemente. La fila si smaltisce. Se la gente fosse informata il nuova sistema potrebbe funzionare.

Ore 9.00. Vecchio ufficio 2 riaperto per i ritiri delle domande di ingresso in garanzia, in gran parte respinte (domande che forse sono più di cinquecento ma di cui ne sono state accolte solo 68, e non 80 come ci era stato detto in precedenza).

L’ufficio espone due avvisi: uno dice che per questi ritiri bisogna rivolgersi alla Questura, in piazza della Mostra, l’altro che per questi ritiri bisogna rivolgersi all’ufficio in via S. Marco, 37, cioè lì. L’informazione scarseggia, ma quando c’è è chiara, non v’è dubbio…

Ore 11.00. Mi informo in Provincia sul perché le schede, che si stanno distribuendo presso istituzioni e associazioni, non si distribuiscono qui all’ufficio stranieri della Questura, né sono esposte, né si espongono le altre informazioni. Mi si dice, dopo una veloce verifica in Questura, che probabilmente chi deve decidere è in ferie.

Ore 16.00. Verifica. Oggi i prenotati tramite i dieci Comprensori (Trento è esclusa) sono stati due. Ieri uno. Appunto.

 

 

Giovedì 2 agosto

Ore 7.30. Sono in tanti qui da stanotte o dalle prime ore del giorno, come tutti i martedì e i giovedì. Perché? Perché prima della riforma era solo in questi due giorni che si accettavano, e solo dieci al giorno, le domande di ricongiungimento familiare. Adesso si possono presentare tutti i giorni. Ma non lo sa ancora nessuno e tutti fanno la corsa notturna per entrare nei primi dieci.

Allo sportello di via S. Marco 38 è affissa una lista con 40 nomi fatta dalle persone arrivate nella notte o al mattino presto. Sembra di essere tornati a quindici giorni fa. Qualcuno sta dormendo in macchina. Vengono dalla Val di Fassa, da Andalo, da Segno, da Borgo…

Un operaio che vive a Stenico è qui dalle tre di stanotte; uno di Rovereto dalle quattro. Un altro, che vive a Sarnonico, ma fa l’escavatorista a Bolzano, pure dalle tre. Anche un giovane albanese che vive a Spiazzo e lavora in fonderia è qui dalle quattro di stamattina.

Nessuno conosce il nuovo sistema di prenotazione. Glielo spiego e distribuisco loro la scheda della Questura e della Provincia che segnala orari, modalità di prenotazione, indirizzo del proprio Comprensorio cui rivolgersi.

La scheda e le altre informazioni utili non sono ancora esposte, dopo una settimana, all’ufficio stranieri. Né vengono distribuite.

Così la riforma resta sulla carta. Lo sto ripetendo inutilmente da giorni.

La gente viene di notte ad affollarsi qui quando potrebbe prenotarsi agli sportelli comprensoriali. Ma non lo sanno. Se ne sono prenotati solamente tre in due giorni, in tutta la provincia.

Forse cento persone passeranno oggi da questo ufficio: se ogni giorno quelli che passano ricevessero adeguate informazioni, quanto sforzo per raggiungerli si risparmierebbe! E quante nottate risparmierebbero loro!

Ore 8.15. Aprono, la gente entra, l’ufficio lavora velocemente.

Ore 8.20. In Questura danno ancora prenotazioni, fino al numero 56. Gli altri che arriveranno dopo saranno rimandati al pomeriggio (il giovedì è aperto anche il pomeriggio).

Come una coppia con un piccolo che piagnucola, assonnato. Si mettono davanti alla porta in attesa. Sono qui dalle 5.30 e hanno riposato in macchina. Portano una domanda. Non sanno nulla del nuovo sistema perché hanno visto la vecchia lista e si sono segnati. Li mando all’ingresso della Questura dove ricevono un appuntamento per il pomeriggio. Sono fortunati perché abitano a Gardolo.

Ore 9.00. Chi di dovere in Questura assicura che le informazioni sul nuovo sistema saranno esposte e le schede distribuite. Nutriamo fiducia, come si dice.

Ore 9.05. Arriva il vigile a dare la multa alle auto in sosta lì vicino, spesso di proprietà di questi poveri pellegrini notturni. Almeno in questo continuiamo ad essere precisi, puntuali, efficienti.

Ore 9.20. Un immigrato qui da anni, dopo due mesi non ha ancora ottenuto il rinnovo del permesso. Così, durante le ferie d’agosto, non potrà andare a trovare la moglie e i figli in Marocco. Ho visto decine di questi casi. I nostri ritardi, loro li pagano duramente. Troppo.

Ore 15.00. Verifica. Oggi dai dieci sportelli comprensoriali (Trento fa capo alla Questura) si sono prenotati in due (totale nei tre giorni: cinque prenotati). In quaranta hanno invece fatto inutilmente la coda stanotte o stamattina presto. Se non si fa nulla per far conoscere le novità, le cose non cambieranno.

 

 

Venerdì 3 agosto 

Ore 7.10. L’ufficio stranieri in via S. Marco 38 espone finalmente la scheda con le informazioni sul nuovo sistema di prenotazione e gli indirizzi degli sportelli comprensoriali. Una settimana dopo che è stata presentata alla stampa. Speriamo la distribuiscano, anche, e la spieghino.

Intanto continuo a farlo io. Distribuisco alla decina di presenti la scheda e la spiego. Loro sono lì dalle tre e mezza, le quattro di stamattina. Vengono dalla Val Rendena, da Tione, da Cles, da Fai della Paganella. Volti di operai, pazienti, rassegnati a tutto. Nessuno sa del nuovo sistema.

Ritrovo un mite operaio marocchino che è partito alle due di notte da Mazzin di Fassa. Ti sei prenotato? No. Vai dal piantone della Questura, gli dico. Lui va e torna: “Mi hanno detto di prenotare oggi pomeriggio per lunedì”. Scherzi? Vai e insisti, non possono rimandarti indietro. Insiste e ci riesce.

Chi viene dalle valli e non sa ancora che ci si prenota al Comprensorio non può essere rimandato indietro. In tre giorni ci sono state in tutta la provincia cinque prenotazioni dai Comprensori a fronte di decine e decine di persone che hanno fatto la coda di notte.

Vuol dire che non lo sa ancora nessuno. La Questura non fa nulla per informarli dei cambiamenti, ma costringe loro a saperli? Sarebbe aggiungere vergogna a vergogna.

Ore 7.50. Arrivano in tanti. Do a tutti la scheda e spiego. Contenti delle novità, e di saperle.

Ore 8.20. Quando aprono sono una quarantina ad attendere. Assembramento alla porta. Se il sistema funzionasse, dovrebbero sparire folle, code, assembramenti. Ma bisogna volere che funzioni.

Ore 10.00. Faccio il punto su un vicenda sconcertante che seguo da un paio di giorni. Ragazza straniera, in affido da una decina d’anni in Italia, e che ora, maggiorenne, gode di un permesso annuale di studio che le scade all’inizio di ottobre.

Per lo stesso periodo ha dovuto pagare, tramite conto corrente, una assicurazione di L. 150.000 “per copertura retta spedalità” obbligatoriamente a Ina-Assitalia con cui, le è stato detto, le Questure (il Ministero?) di tutto il Paese hanno stipulato una convenzione.

L’ufficio stranieri vuole però che il permesso e l’assicurazione siano rinnovati due mesi prima della scadenza.

È venuta per questo. Lei fa presente che per agosto e settembre è però già coperta dall’assicurazione e che il versamento nuovo dovrebbe decorrere da ottobre.

No, vogliamo una assicurazione da inizio agosto a fine luglio dell’anno prossimo, le rispondono, e le danno il conto corrente con cui fare il versamento alla posta per il periodo 1 agosto 2001-31 luglio 2002 e l’importo di un anno.

Ma, obietta, così pago due volte la copertura di agosto e settembre. Niente da fare: o così o niente permesso.

Lei si adegua. I genitori affidatari, però non accettano di dover pagare due volte per i due mesi. Per quanto modesto, è sempre un sopruso. Si rivolgono allora all’Ina-Assitalia di Rovereto dove rispondono di sapere dell’esistenza di questi casi, dicono che loro non possono farci nulla, che non hanno istruzioni, che hanno provato più volte a chiamare inutilmente la sede di Roma.

Il padre, dirigente e già amministratore pubblico (non ha problemi a far sapere il suo nome, se necessario) si fa dare il numero e si mette lui a telefonare all’Ina a Roma. Riesce a comunicare e gli danno un altro numero di Ina-Assitalia cui rivolgersi: Roma, Viale Lungo Tevere Flaminio, 36; tel. 06-3611676. Lui telefona. Una gentile signora gli risponde che è vero, ci sono dei problemi, sappiamo, però la convenzione, sa, eccetera eccetera.

Lui insiste duramente. D’accordo, si sente dire, mi mandi un fax con le fotocopie dei pagamenti che le faccio un favore. Un favore? Lui risponde che renderà pubblica la cosa. Stamattina da Roma riceve prontamente un fax che va bene, ha ragione, la nuova polizza decorrerà da ottobre. Non pagherà due volte i mesi di agosto e settembre.

Quanti, viene da chiedersi, nella stessa situazione, in Trentino e in Italia, hanno avuto la forza e la possibilità di reagire? Stiamo parlando di stranieri, piegati da giorni di code e disposti a tutto pur di avere il permesso. Le vergogne non finiscono mai (qualcuno indagherà?).

 

 

Lunedì 6 agosto

Ore 7.00. Difficile occuparsi delle code che sono davanti all’ufficio stranieri quando quelle che destano interesse sono le code dei vacanzieri.

Ma qui sono già trenta le persone che aspettano, alcune dalle prime ore di stamattina. Alcune da stanotte. La riforma anti-code? Decolla a fatica. Domanda di molti: ma ci sono ancora le code? Non avevano detto che adesso…

Super inganno dei nostri tempi: riforma annunciata, riforma fatta. Si annuncia una cosa e d’improvviso è come fosse. Si passa ad altro, a qualcosa di nuovo. Intanto i problemi restano. Noiosi, ma restano.

Ore 7.45. Almeno cinquanta persone. Riemergono dalla città che si sveglia.

Distribuisco ai presenti la scheda della Questura e della Provincia con le nuove modalità per la prenotazione. La Questura non la distribuisce ancora. Perché? Mistero.

Intanto sono in pochi a conoscere le novità. Così gli sportelli comprensoriali aperti con grande clamore rimangono inutilizzati: cinque persone in tutta la provincia la scorsa settimana vi si sono rivolte. Vedremo in questa settimana.

Un signore della Val di Fiemme, che ha sposato una straniera, e che rivedo, mi ripete che capita spesso di ricevere informazioni contraddittorie sui documenti necessari. Così si deve tornare più volte.

8.30. Le persone che si accalcano alla porta quando aprono sono almeno una sessantina. Il nuovo sistema ancora non funziona. L’informazione è pochissima, né si fa nulla per darla.

Le persone che entrano, escono senza la scheda informativa che pure la Provincia ha già dato alla Questura. Per oggi gli uffici della Provincia annunciano la stampa di ventimila schede in più lingue. Rimarranno nei cassetti?

Un operatore sociale trentino che accompagna una straniera mi dice che le schede la Questura non le dà nemmeno su richiesta. Danno l’indirizzo Internet.

Un modo per sopravvalutare gli altri e sottovalutare se stessi.

Ore 9.15. Mi si segnala che il numero telefonico informativo (0461-899776) cui rivolgersi per sapere se il proprio permesso può essere pronto, a volte, come stamattina, non risponde. A volte una signora risponde, e gentilmente. Un primo passo.

Ore 11. Mi telefona il titolare di uno dei più importanti negozi di Trento. Aveva presentato domanda per un ingresso in garanzia (immigrato che rimane un anno ma con copertura certificate di vitto, alloggio, assicurazione sanitaria).

Ha speso giornate e denaro inutilmente per un’infinità di documenti per una persona che dovrebbe far assistenza in casa sua a un anziano. Pochissime le domande accolte.

Chiede: perché far spendere tutti questi soldi a centinaia di persone se poi si fanno andare avanti pochissime domande? E perché così poche? Perché nessuno ne dà motivazione? Perché illudere?

Ma questa è terra di nessuno: non aspettatevi risposte.

Ore 15:00. La Provincia ha fornito la Questura di nuove schede informative in italiano e inglese. Poi arriveranno anche quelle in francese, albanese, arabo.

Ore 15.30. Sono dodici le persone che oggi si sono prenotate agli sportelli comprensoriali. Un altro passettino in avanti. Coraggio.

 

 

Martedì 7 agosto

Ore 22.50 di lunedì 6. Inizio un po’ fuori dell’ordinario per questo rapporto quotidiano sulle code degli stranieri davanti alla Questura, ma a quest’ora vanno in onda su RAI 3 gli ultimi momenti del documentario “Marcinelle” dedicato alla tragedia della miniera belga dove nel 1956 morirono 156 emigranti italiani.

Un’italiana del Belgio dice: “L’Italia ha dimenticato di essere stata un paese di emigranti. Adesso gli emigranti sono i poveri diavoli che vengono da noi, gli immigrati. Io vedo in loro i volti dei nostri padri”.

Forse, mentre andava in onda il documentario, qualcuno di quei poveri diavoli era già a Trento per prendersi il posto nella fila notturna per i permessi di soggiorno.

Adesso, dopo i cambiamenti, sono rari quelli che arrivano la sera prima per farsi dieci, dodici ore di coda notturna all’aperto, sotto l’acqua o al freddo. Ma ce ne sono ancora. Sono quelli che nessuno ha informato, abituati da anni di code umilianti.

Vediamo in loro i volti dei nostri padri e dei nostri nonni? Li vedono coloro che, trentini e meridionali, lavorano in Questura? Quanti di loro hanno parenti, fratelli, genitori, nonni che sono o sono stati emigranti? Magari lo stesso Questore qualcuno ce l’avrà in famiglia. Suppongo non sia così sfortunato da non averne.

Ore 6.10, martedì. Due immigrati smarriti sostano davanti all’ufficio in via S. Marco. Il più spaesato viene da Mezzano nel Primiero. L’hanno scaricato qui all’alba. Sa due parole di italiano. Ci vuole un quarto d’ora per capire di cosa ha bisogno e per spiegargli cosa deve fare. Riuscirà ad avere una prenotazione due ore dopo. Stava per rinunciarvi perché gli era stato detto che doveva venire il pomeriggio.

Ore 6.50. Una decina, arrivati alle ore più strane, dai paesi più diversi.

Nessuno sa nulla del nuovo sistema. Distribuisco la scheda e la spiego. Ascoltano increduli, qualcuno anche con sospetto. È possibile (pensano di sicuro) che ci sia qualcuno cortese con noi?

Ore 7.00. Signora russa della Valsugana da nove anni in Trentino. È qui dalle 5 per ritirare il permesso. Poteva venire invece tranquillamente alle 9, ma non sapeva dei cambiamenti. Chiede: perché i Comuni che hanno i nostri indirizzi non ci mandano a casa la scheda con le nuove modalità per i permessi? Gran bella cosa.

Ore 8.45. Sono una cinquantina. Nessuno conosce la riforma.

L’ufficio, l’abbiamo visto, ha i pacchi freschi di stampa delle belle schede informative stampate dalla Provincia che spiegano i nuovi orari e le nuove modalità in italiano e in inglese. Ma non le distribuisce, restano nel cassetto.

Le persone escono e nessuno ha la scheda. A nessuno è stato spiegato il nuovo sistema. Torneranno la prossima volta a fare ancora viaggi lunghi e inutili e vergognose code.

Come definirlo se non disprezzo? Verso le persone e verso le istituzioni? Spero che la cosa riguardi anche qualche assessore o dirigente provinciale: non basta spendere, bisogna risolvere i problemi.

E se questi poveri diavoli sono disprezzati dalla Questura, alla Provincia o a qualcun altro stanno a cuore, sì o no?

La tragedia di Marcinelle ha insegnato poco da queste parti, anche ai figli e ai nipoti di immigrati in Belgio o in Germania.

Il ricordo di quella pagina tragica dell’emigrazione italiana rimanda, con l’imperativo della legge divina, anche all’antichissimo libro dell’Esodo: “Non opprimerai lo straniero: voi conoscete la vita dello straniero, perché foste stranieri in terra d’Egitto” (23,9).

Le prime redazioni scritte di questo libro risalgono a circa tremila anni fa. Molto prima delle schede informative. Chiuse nei cassetti.

 

 

Mercoledì 8 agosto

Ore 7.15. Ultimi giorni della campagna. Ma il primo incontro, stamattina, non è dei più incoraggianti. Un signore trentino è qui dalle una di stanotte. Ha dormito, si fa per dire, in strada. Deve ritirare le carte a suo tempo presentate, con grande dispendio di soldi e giornate di ferie, per un ingresso in garanzia (per una persona che assiste un anziano) che, come tanti altri, non ha avuto risposta positiva.

Pensava di dover fare la solita epica coda notturna che aveva affrontato più volte nel mese di maggio. Non era informato del nuovo sistema.

Racconta anche che la sua domanda l’aveva presentata ai primi di giugno. Poi ha scoperto che i termini scadevano alla fine di maggio. Nessuno gli aveva detto nulla. La domanda l’avevano accolta.

È stato illuso e ingannato, spendendo soldi (circa mezzo milione) per niente, e giornate e nottate e viaggi per niente. La serie dei soprusi burocratici sembra non finire mai. Ma nessun difensore civico se ne occuperà. Grande civiltà la nostra.

Ore 7.30. Triste marocchino. Da tre mesi attende invano (anche se la Questura si vanta di farli in venti giorni) un rinnovo di permesso cui ha diritto. Ha le ferie adesso e così non potrà andare a trovare moglie e figli al suo Paese. È seduto per terra, appoggiato alla porta. Scuote la testa. Mormora amare parole.

Ore 7.45. Sono qui venticinque persone. Le code si riducono, le cose migliorano, ma ancora tanti non sono informati del nuovo sistema e dell’esistenza degli sportelli comprensoriali.

Distribuisco loro la scheda in fotocopia. L’ufficio stranieri ha da due giorni pacchi di belle schede informative, colorate, in più lingue, stampate dalla Provincia. Ma non le distribuisce. Né dalla Provincia qualcuno si fa sentire per chiedere spiegazioni di questo dovere disatteso.

Si stampa, si spende, si fanno conferenze stampa: e le schede rimangono nel cassetto proprio là dove servirebbe invece che fossero distribuite.

Oggi passeranno di qui un centinaio di persone. Se ricevessero adeguate informazioni, casi come quello del signore di Cavedine non si verificherebbero più. La macchina organizzativa del tormento inflitto ai poveri diavoli ha paura di non trovare carne per i suoi denti.

Ore 8. Una mamma con una bambina di due settimane in braccio. Deve farla vedere per inserirla nel permesso di soggiorno. Una piccola afro-trentina che farà certamente grandi cose in barba alle angherie che le fanno subire. Crescono questi piccoli tra umiliazioni e sacrifici. Diventeranno forti. Un giorno saremo loro grati.

Ore 8.50. Aprono. Ci fosse un numero d’ordine come quelli del supermercato ci sarebbe meno confusione per chi deve ritirare il permesso.

Ore 9.30. Verifica. Le prenotazione agli sportelli comprensoriali sono state diciotto nei primi due giorni di questa settimana. Il triplo rispetto alla settimana precedente.

 

 

Giovedì 9 agosto 

Ore 7.15. Calma davanti all’ufficio stranieri. A quest’ora solo quattro persone. Stasi ferragostana o davvero il nuovo sistema comincia a funzionare? Ambedue le ragioni, probabilmente.

Un giovane nordafricano, da diversi anni in Trentino, è qui dalle 6. Deve ritirare il permesso e non sapeva che non c’è più la coda per i ritiri. Gli do la scheda che informa sulle novità. Non ci crede, è scettico.

Mi racconta che due mesi fa ha perso il lavoro per colpa delle code. Per quattro giorni è venuto invano: al quinto il padrone l’ha licenziato. Lavorava come cameriere. Adesso lavora nell’edilizia. Gli par strano che le code stiano sparendo.

Sono rassegnati alle torture burocratiche, ma anche sul lavoro non si scherza. I colleghi italiani prendono sempre più soldi di noi, dice sorridendo, anche se fanno lo stesso lavoro. I fuoribusta hanno pesi diversi.

Ore 7.30. Una signora seduta in disparte. Vede che distribuisco le schede ma non dice nulla, si volta dall’altra parte. Allora le rivolgo io la parola. Viene dall’Europa orientale ed è la prima volta che è qui. È stata portata alle prime ore dell’alba. Le do scheda e spiegazioni. Poi va in Questura e si fa dare una prenotazione per stamattina. È finalmente contenta e non si volta più, timorosa, dall’altra parte.

Ore 8.50. Saranno venticinque quando l’ufficio apre. Poi continueranno ad arrivare altre persone, alla spicciolata, come dovrebbe essere.

Ore 9.15. Anche oggi l’ufficio stranieri non distribuisce le schede stampate dalla Provincia d’intesa con la Questura. Sono in italiano e in inglese, e spiegano con chiarezza le novità. Sono lì, da giorni, in un cassetto dell’ufficio, e aspettano. Fanno anche loro la fila in Questura, con pazienza, senza fretta, per ore, per giorni, in attesa di essere prese in considerazione.

Oggi la Provincia ne diffonderà altre ventimila nella versione italiano-inglese e altrettante nella versione italiano-francese (più avanti quelle in arabo e in albanese) presso enti pubblici e privati: dagli uffici del lavoro ai Comuni, dalle parrocchie alle organizzazioni economiche.

Saranno diffusi anche manifesti da affiggere in tutto il Trentino nei posti frequentati dagli immigrati. Parte oggi finalmente una campagna informativa degna di questo nome.

Dopo l’emozione collettiva per la vergogna delle code, dopo un mese di campagna “Anch’io in fila alle sei”, ci sarà l’impegno, da parte di tutti per far conoscere i cambiamenti introdotti per cancellare questa vergogna?

Ore 16.00. Verifica degli accessi agli sportelli comprensoriali. Da lunedì 6 a giovedì 9 agosto 2001 sono state 36 le persone prenotate tramite gli sportelli comprensoriali. Erano state 5 nella settimana precedente.

Lunedì 13 agosto 2001 chiuderemo la campagna “Anch’io in fila alle sei”. Ne faremo il bilancio in una conferenza stampa che avrà luogo alle ore 10 davanti all’ufficio stranieri in via S. Marco 38. Sarà anche l’occasione, da parte mia, per ringraziare gli organi di informazione per il ruolo fondamentale avuto.

 

 

Lunedì 13 agosto

Rapporto conclusivo

Oggi, lunedì 13 agosto 2001, ho chiuso con una conferenza stampa davanti all’ufficio stranieri della Questura in via S. Marco, 38 a Trento la campagna “Anch’io in fila alle sei”.

Erano con me alcuni degli aderenti alla campagna: Bruno Masé, Lorenzo Rossi, Maria Grazia Volpi, Alberto Ianes, Stefano Petrolini.

Il bilancio è soddisfacente. Non si verificano più le situazioni vergognose di un mese fa. Il sistema di prenotazione che èé stato avviato dalla Questura in collaborazione con la Provincia sta cominciando a funzionare.

Restano ancora gravi problemi, però, sul fronte dell’informazione. Ancora c’è chi fa la fila di notte perché non conosce il nuovo sistema o fa viaggi inutili dalle valli perché non sa dell’esistenza degli sportelli comprensoriali.

La Provincia ha stampato 40 mila depliant in varie lingue per informare gli stranieri e i loro datori di lavoro del nuovo sistema di prenotazione anche attraverso gli sportelli comprensoriali. Li sta diffondendo in questi giorni. Ma la Questura ancora non li distribuisce, e non si comprende perché.

Restano problemi anche sul fronte dei gravi ritardi nei rinnovi dei permessi e nei ricongiungimenti familiari.

Così come è preoccupante il fatto che troppi ricevano informazioni contraddittorie all’ufficio stranieri sui documenti necessari, e ciò li costringe a tornare più volte.

Irrigidimenti incomprensibili si stanno verificando in Questura anche sul fronte dell’interpretazione delle leggi.

Anche per questi motivi, mentre si chiude la campagna, diamo vita ad una iniziativa permanente. Si tratta di “Esodo 23,9. Osservatorio popolare sulla condizione degli stranieri in Trentino”.

L’osservatorio ha lo scopo di verificare periodicamente qual è il livello umano e civile del trattamento degli stranieri da parte di istituzioni pubbliche e private. Questura, Provincia, Comuni, Azienda Sanitaria, Itea (edilizia abitativa pubblica), aziende e imprese private.

Esso è proposto e sostenuto da alcuni aderenti alla campagna ed è aperto alla collaborazione di quanti lo volessero. Fra quindici giorni l’osservatorio farà il punto sul funzionamento del nuovo sistema di prenotazione all’ufficio stranieri e sull’attività degli sportelli comprensoriali.

Abbiamo aperto gli occhi su una situazione disumana, indegna di un paese civile, che tocca la vita di tante persone che sono venute a vivere presso di noi. Non possiamo più distogliere gli occhi da questa realtà.

Vogliamo che simili vergogne non si verifichino più, e là dove questo dovesse accadere intendiamo denunciarle all’opinione pubblica e indicare le soluzioni necessarie.

Ma la campagna è stata anche una bellissima esperienza umana che ha lasciato in noi un segno profondo.

Vogliamo ringraziare, infine, quanti hanno sostenuto in vario modo la campagna.

Un ringraziamento particolare agli organi di informazione per il ruolo decisivo che hanno svolto. È stata una battaglia di civiltà. Una battaglia che finisce avendo raggiunto, nella sostanza, i suoi obiettivi. Ma che ricomincia, in un altro modo, perché non si torni indietro e per rimuovere altre situazioni di umiliazione e di inciviltà.

 

 

NOTA DI AGGIORNAMENTO

(posta a chiusura del volumetto e datata ottobre 2003)

 

Il sistema di prenotazione elettronica è piano piano decollato e ora è a pieno regime.

I dati ufficiali relativi all’anno 2002 danno 9.900 prenotazioni, in media una quarantina al giorno, rilasciati da tutti gli sportelli allestiti nelle valli presso le sedi dei comprensori.

Media giornaliera cresciuta notevolmente dopo l’attivazione a Trento, da parte della Provincia autonoma in collaborazione con la questura e l’Atas (Associazione trentina accoglienza stranieri), del  Cinformi (Centro informativo per l’immigrazione) che ha lo scopo di favorire l’accesso degli immigrati ai servizi pubblici del territorio e che funge anche da primo sportello per la questura per chi risiede in città.

Attualmente il Cinformi è frequentato da settanta, ottanta stranieri al giorno. Di questi, circa cinquanta devono prenotarsi per la questura e preparare la documentazione relativa ai titoli di soggiorno; gli altri venti chiedono aiuto per pratiche riguardanti la scuola, la casa, la sanità, l’assistenza, e così via.

Trovano operatori che li assistono adeguatamente, una sede decorosa e non devono aspettare a lungo.

 

Dal 20 all’80% le domande accolte in prima istanza

Attraverso un’indagine telefonica realizzata dalla Provincia nei primi mesi del 2002 su 400 persone che avevano usufruito del servizio prenotazioni, il 39% lo giudicava indispensabile, il 58% molto utile, il 3% non utile.

Secondo la questura, mentre prima di avviare il nuovo sistema la documentazione consegnata dagli stranieri era accolta in prima istanza nel 20% dei casi, già nel primo anno di attività del nuovo servizio di prenotazione  si è passati all’80% (dato confermato dall’indagine telefonica dove il 79% degli intervistati affermava che la propria pratica era stata subito accolta dalla questura).

Nei primi mesi del 2003 si è arrivati al 93% di pratiche accolte in prima istanza.

 

I problemi da risolvere

E dopo i risultati positivi segnaliamo i principali problemi ancora irrisolti.

La questura dovrebbe aggiungere altri operatori, sia per gli sportelli sia per il lavoro interno, e non dovrebbe sostituirli di continuo, in modo da aumentare il numero di pratiche quotidianamente accolte ed evase, velocizzando il rilascio dei titoli di soggiorno per ottenere i quali ci vogliono oggi circa tre mesi. Troppi.

Sono tempi inaccettabili sapendo quali costi umani comportano per gli immigrati e sapendo anche che si potrebbero ridurre con una migliore organizzazione, come si è fatto per le code.

Per evitare telefonate e code inutili sarebbe poi opportuno informare gli stranieri via sms o internet quando è pronto il loro titolo di soggiorno. Con internet ci giocano i bambini: perché gli uffici della questura non sono nelle condizioni di usarlo per obiettivi così semplici e di enorme utilità?

Vanno poi definite con maggior chiarezza alcune procedure, come quelle per i richiedenti asilo e per l’autorizzazione al lavoro autonomo. Nessuno sa bene quali carte ci vogliano esattamente, le procedure sono perennemente incerte e mutevoli.

Entro il 2004, infine, tutta la questura dovrebbe traslocare nella nuova sede. Si terrà contro, più che in passato, delle esigenze dell’ufficio stranieri, del personale che vi lavora e dei cittadini utenti?

 

Legge vecchia, organizzazione da potenziare

La Provincia autonoma, dal canto suo, dovrebbe dotarsi di una legislazione e di una organizzazione adeguate.

La legge provinciale in materia di immigrazione è vecchia e l’interessante progetto di revisione è stato messo in un angolo da almeno tre anni, senza eccessive inquietudini.

Dal punto di vista organizzativo, la Provincia non ha ancora né un Ufficio né un Servizio immigrazione. Mentre ha un solido Servizio emigrazione.

Non è solo questione di importanza assegnata a una questione, ma anche di capacità operative, di personale adeguato, di efficienza, di autonomia gestionale, di risorse finanziarie.

In sostanza: con 20 mila immigrati oggi in Trentino, più almeno altri 7 mila stagionali, e con crescenti compiti da assolvere, la Provincia autonoma ha una legge e una struttura organizzativa che risalgono ai tempi in cui gli immigrati erano duemila. Non è giustificabile. Tanto più che a livello locale dovremmo fare tutto il possibile per attenuare i nefasti effetti della legislazione nazionale in materia e della cultura, anche amministrativa, che l’accompagna.

(ottobre 2003)

 

“UOVA DI DINOSAURO E UFFICI DEL MESOZOICO”  ARTICOLO PUBBLICATO SUL MENSILE “QUESTOTRENTINO” DEL 14 LUGLIO 2001

 

Vedi anche l’articolo Il Cinformi che vogliono distruggere