Josef Mayr-Nusser, la coscienza libera e la fede profonda di un martire antinazista

 

Josef Mayr-Nusser (27 dicembre 1910 – 24 febbraio 1945) col figlio Albert. (Foto Archivio Albert Mayr)

 

Indice della pagina

 

1. Josef Mayr-Nusser, la coscienza contro lo spirito del tempo

2. Pensieri tratti dai discorsi, dagli articoli e dalle lettere di Mayr-Nusser

3. Ricordiamoci di Mayr-Nusser

4. Hanno detto di lui

 

 

1.

Josef Mayr-Nusser, la coscienza contro lo spirito del tempo

di Vincenzo Passerini

(Articolo pubblicato sul quotidiano “l’Adige” il 23 febbraio 2018)

 

Soffia dall’Est un vento neonazista. Porta un veleno che mescola odio per lo straniero, razzismo, antisemitismo, nazionalismo, i quattro funesti ingredienti che hanno ucciso mezze democrazie europee del Novecento e milioni di esseri umani. Vi ha aggiunto l’odio per l’Islam.

È in questo contesto che il 24 febbraio ricorderemo il 73° anniversario della morte di Josef Mayr-Nusser, un giovane padre di famiglia sudtirolese che ebbe il coraggio, in un mondo ammutolito, di proclamare forte il suo rifiuto di giurare fedeltà a Hitler, pagando con la vita la sua ribellione.

Da poco meno di un anno le sue spoglie hanno trovato degna dimora nel duomo di Bolzano  perché la Chiesa l’ha riconosciuto come testimone esemplare del Vangelo e l’ha fatto beato.

 

Francesco Comina, “L’uomo che disse no a Hitler. Josef Mayr-Nusser, un eroe solitario”, con contributi di Albert Mayr, Ettore Masina, Paolo Bill Valente, Leopold Steurer, Il Margine, Trento 2014, pp. 179. Al fondamentale libro di Comina, giornalista e scrittore di Bolzano, abbiamo attinto per le notizie biografiche e alcune foto riportate in questa pagina. In copertina: Josef con la moglie Hildegard e il figlio Albert nato nel 1944. (Foto Archivio Albert Mayr)

 

Ma Josef Mayr-Nusser è anche un esemplare eroe civile e resistente politico, ed è tempo che la sua storia, tanto semplice quanto straordinaria, diventi patrimonio di tutti. Soprattutto in questo momento, con il vento neonazista che soffia dall’Est e avvelena l’intera Europa.

Dalla Polonia all’Ungheria, dalla Bulgaria all’Ucraina, dalla Lituania alla Croazia è tutto uno sminuire colpe e un riabilitare “eroi” nazionali corresponsabili dello sterminio degli ebrei (ne ha fatto un inquietante resoconto Piergiorgio Pascali su “Avvenire” del 17 febbraio 2018).

Si celebrano i collaborazionisti della Shoah in nome della patria, si rispolverano idee razziste e antisemite, si semina a piene mani l’odio per gli stranieri e i profughi, si esalta un cristianesimo nazionalista e nemico dell’Islam.

Quel vento velenoso è arrivato ai nostri confini, ha già contagiato un pezzo di Austria e vi si è insediato al governo, col vicepresidente Heinz Christian Strache e, tra gli altri, col ministro dei trasporti Norbert Hofer, risuscitato dopo aver perso le presidenziali.

Alla fine di gennaio è scoppiato in Austria il caso delle associazioni studentesche filonaziste che diffondono libri che inneggiano al genocidio degli ebrei e che annoverano tra gli affiliati molti politici austriaci.

Strache è andato a una loro festa mentre fuori protestavano 10.000 persone. C’è anche un’altra Austria, per fortuna, guidata dal presidente della Repubblica Alexander Van der Bellen.

Josef Mayr-Nusser era un sudtirolese doc.

La sua famiglia viveva nel Nusserhof, un antico maso di viticoltori ai Piani di Bolzano. Solida fede cristiana, tradizioni, lavoro. Vita semplice e chiara.

Nato nel 1910, terzo di sei figli, il padre morì sul fronte italiano nella prima guerra mondiale e la madre portò avanti la famiglia.

 

I sei figli Mayr (Jakob, Toni, Josef, Georg, Maridl, Franz) e mamma Maria Mumelter posano, al maso Nusser ai Piani di Bolzano, davanti alla foto di papà Jakob, morto in guerra sul fronte italiano. Josef è il primo da destra. (Foto Archivio Albert Mayr)

 

Josef, un giovanottone grande e grosso e di poche parole, era contabile e lavorò presso le ditte Eccel e Amonn. Aveva una profonda fede religiosa, era appassionato di problemi sociali e di astronomia. Venerava Andreas Hofer, l’eroe tirolese indipendentista. Aiutava i poveri. Leggeva Tommaso d’Aquino, Romano Guardini, Tommaso Moro.

Divenne presidente dei giovani di Azione Cattolica dell’area tedesca della diocesi di Trento. Bolzano apparteneva alla diocesi tridentina, più aperta di quella di Bressanone e con più voci antifasciste e antinaziste, come quella del vescovo ausiliare Montalbetti, poi mandato via, e di don Josef Ferrari, assistente dell’Azione Cattolica, guida e amico di Mayr-Nusser.

 

Da sinistra: Josef Mayr-Nusser, il decano di Chiusa, Friedrich Pfister, il fratello di Josef, Jakob, sacerdote e Pepi Posch dell’Azione Cattolica. (Foto Archivio Albert Mayr e Centro Pace di Bolzano)

 

Quest’ultimo, con i suoi giovani, mentre coltivava la lettura assidua della Bibbia e un cristianesimo non di facciata, come amava ripetere, si informava sul nazionalsocialismo e leggeva in gruppo per confutarlo duramente il Mein Kampf di Hitler.

Il 15 luglio del 1938 mentre tutti i giornali pubblicano il “Manifesto della Razza”, tiene una relazione al direttivo dei giovani dell’Azione Cattolica in cui critica la politica del “sangue e suolo” e l’esaltazione della “comunità etnica”, e invita i suoi a un lavoro di formazione delle coscienze, che non tiene conto del numero, che mira a far crescere persone libere, con pazienza e in profondità, che sa che la lotta è difficile, ma anche che “la vittoria finale sarà nostra”.

In altri discorsi e scritti critica il culto idolatrico dei leader, critica Hitler che sta ammaliando i sudtirolesi, critica l’occupante italiano e fascista del Sudtirolo tedesco, afferma ripetutamente la necessità di testimoniare il Vangelo con la vita, più che con le parole e i grandi congressi.

Il contabile della ditta Amonn ha una lucidità e un coraggio che gli intellettuali e i vescovi si sognano. Si è formato una coscienza consapevole e libera.

Nel 1939 opta per restare in Sudtirolo e non segue la maggioranza che sceglie la Germania di Hitler.

Arriva il matrimonio con Hildegard Straub e il 1° agosto del ’43 nasce il figlio Albert.

 

Con Hildegard, che sposerà l’anno dopo, nel 1941. (Foto Archivio Albert Mayr e Centro Pace di Bolzano)

 

Ma nell’autunno del ’44 viene illegalmente arruolato con altri sudtirolesi nelle SS. Il gruppo viene trasferito a Konitz (oggi in Polonia) per l’addestramento e l’indottrinamento.

Il 4 ottobre, mentre il sergente sta spiegando alle reclute il significato del giuramento alle SS che si apprestano a dare, Josef Mayr-Nusser alza la mano e dichiara di non poter prestare il giuramento. Inaudito.

Perché? Per motivi religiosi, risponde.

Allora lei non è un nazionalsocialista? No, non lo sono.

Non riusciranno a farlo recedere nemmeno i suoi compagni (“Hai una moglie e un figlio!”) che poi racconteranno di quel suo gesto.

Viene deportato a Buchenwald e poi a Dachau dove non arriva. Lungo il tragitto, nella stazione ferroviaria di Erlangen, nella Baviera del Nord, muore di fame il 24 febbraio 1945.

In una lettera aveva fatto capire alla moglie la decisione che stava per prendere:

Tu non saresti mia moglie se ti aspettassi qualcosa di diverso.

Sua moglie non si aspettava niente di diverso.

Ai compagni aveva detto:

Se nessuno trova il coraggio di dire loro che non è d’accordo con la loro ideologia nazionalsocialista le cose non cambieranno mai.

Vale la pena andare a trovarlo ogni tanto nel duomo di Bolzano.

 

 

2.

Pensieri  tratti dai discorsi, dagli articoli

e dalle lettere di Josef Mayr-Nusser

 

 

Questo libro raccoglie discorsi, articoli e lettere di Mayr-Nusser ed è stato  curato da don Josef Innerhofer, postulatore della causa di beatificazione. Pubblicato in versione bilingue nel 2010 dalla casa editrice Weger di Bressanone è purtroppo ormai introvabile.

C’è da sperare che venga ristampato perché è insostituibile nel restituirci sia i magnifici scritti e discorsi di Mayr-Nusser, così spiritualmente profondi e così lucidi nel comprendere i drammatici fatti sociali e politici del tempo, sia le stupende lettere alla moglie.

Ci rivelano la grandezza spirituale, umana e politica di questo giovane, non ancora del tutto scoperta dagli italiani e dagli europei. Né adeguatamente riconosciuta dagli storici della Resistenza.

Il suo no a Hitler, rivelano, fu il frutto di una profonda e intensa vita spirituale, di pensiero, di studio, di impegno associativo nell’Azione Cattolica, di servizio ai poveri nella San Vincenzo e di militanza nella Resistenza sudtirolese.

Quel no, così eccezionale e raro, ci rivela una coscienza libera, formata alla scuola solida della tradizione cristiana – familiare, locale, ecclesiale – , ma aperta al mondo che cambiava, anche drammaticamente, e che chiedeva risposte nuove; una coscienza aperta alla modernità (era attivo nel movimento liturgico), capace di autonomia rispetto alle tradizioni, al senso comune e all’opinione generale, per nulla disponibile a piegarsi ai potenti, molto sensibile alle questioni economiche e sociali e alle ingiustizie provocate dal capitalismo.

Il suo incredibile no a Hitler, pagato con la vita, nacque da questa lunga, curata, solida formazione spirituale e culturale e dal concreto impegno quotidiano. Non fu il frutto di una improvvisa decisione.

Le citazioni di seguito riportate sono tratte da questo libro.

 

 

Non sudditi, ma corresponsabili nella Chiesa (1935)

Ci si è troppo abituati a considerarsi dei sudditi della Chiesa e a lasciare tutte le preoccupazioni ai pastori. In larga misura si è persa la compartecipazione responsabile dei laici per lo sviluppo della Chiesa nel suo insieme, come essa deriva naturalmente dall’essere membri del corpo mistico di Cristo.

Non possiamo neanche tacere che anche l’atteggiamento di alcuni esponenti del clero ha contribuito a incrementare la passività del mondo dei laici…

(Discorso al direttivo dei giovani dell’Azione Cattolica di Bolzano, 28 maggio 1935, pp. 40-42)

 

 

Il bolscevismo va combattuto con la giustizia sociale, non con le armi (1936)

Possiamo anche comprendere l’odio esasperato con cui i lavoratori lottano contro le classi abbienti se diamo un’occhiata alla distribuzione della ricchezza in Spagna. Questa non è assolutamente in linea con le encicliche papali sulla giustizia sociale. Il proletariato operaio nei centri industriali e anche la massa dei piccoli contadini e mezzadri, che riescono a malapena a guadagnare il mininmo per la sopravvivenza, erano un fertile terreno per la propaganda del bolscevismo russo …

… Qualunque sarà l’esito delle vicende spagnole, una vittoria delle forze nazionali potrà arginare la marea rossa con successo solo se anche i cattolici, abbandonando il loro congelamento nella Tradizione, tornano ad essere dei cristiani vivi. Se il male non viene attaccato alla radice non si può sperare in una guarigione duratura.

Il bolscevismo non può essere sconfitto con le armi, ma solo se il singolo si ricorda di nuovo del suo dovere di servire il fratello suo prossimo. Il risanamento deve dunque cominciare nei cuori degli uomini. Ma sanarli vuol dire riempirli con vero amore verso Dio e il prossimo, perché questa è l’anima del cristianesimo e la caratteristica dei cristiani, l’amore. Esso è, secondo San Paolo, il comandamento che porta a compimento la legge.

Solo quando gli uomini saranno distolti da quell’idolatria, profondamente anticristiana, verso i beni materiali e dalla sete di profitto senza scrupoli della vita economica odierna, anche la vita economica e sociale dei popoli potrà essere gestita secondo le norme della giustizia cristiana. Solo quando questa sarà realizzata nella vita pubblica i popoli saranno sollevati, perché allora lo spettro del bolscevismo non potrà più terrorizzarli.

(“A proposito degli eventi in Spagna”, Riunione del direttivo dei giovani dell’Azione Cattolica, Bolzano 20 settembre 1936, pp. 46-48)

 

Purché le leggi non siano in contrasto col Decalogo (1936-37)

Vi è una dottrina erronea – che oggi viene fortemente diffusa – che dichiara che Dio sia una finzione dello spirito umano e collega il concetto di Dio alla razza, cosicché gli abitanti dei paesi nordici dovrebbero avere un concetto di Dio fondamentalmente diverso da quelli dei popoli meridionali. In fondo tale dottrina non è altro che il materialsimo più crudo, che non ne vuole sapere di un Dio personale e soprannaturale.

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Naturalmente chi è solo abituato a quanto forniscono i libri di devozione diffusi tra le masse e spesso grondanti sentimentalismo, non ha un’idea della bellezza robusta e vigorosa delle preghiere della Chiesa. Nei libri di devozione di quel tipo non si mette in risalto sufficientemente il singolare ruolo di mediazione del Figlio di Dio e invece spesso si esalta eccessivamente il culto dei santi. Il pregare con la Chiesa ci eleva al di sopra delle piccole preoccupazioni personali e apre il nostro sguardo e il nostro cuore ai problemi e alle immagini che riguardano la Chiesa nel suo insieme.

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Una maggioranza degli uomini dovrà ammettere che il motivo principale ad ubbidire ai comandamenti è in fondo la paura del severo legislatore, perché si tende a vedere in Dio fin troppo l’inesorabile tutore della legge. Ma è del tutto sbagliato pensare che Dio aspetti soltanto a che un uomo pecchi di nuovo per poterlo castigare con la frusta. Piuttosto è un intimo bisogno di Dio – se possiamo usare termini umani – rendere felici e beati gli uomini. La Scrittura ce lo dice: “Dio è l’amore”, e non possiamo comprendere tutto l’universo se non in quanto opera dell’amore di Dio. Dio vuole anche che noi viviamo con gioia nella sua creazione.

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Dobbiamo stare in guaradia quando giudichiamo la nostra situazione morale, sia dal dare spazio a posizioni lassiste, sia dal concentrarci sempre e solo sulle nostre mancanze con un senso esagerato di paura e sia dal diventare, a furia di rimuginare su noi stessi, dei non-attivi. Infatti oggi abbiamo bisogno più che mai di un gioioso cristianesimo dell’azione che risulta dall’entusiasmante consapevolezza della viva unione con Cristo, il nostro Capo, da cui deriva la forza per superare tutti gli ostacoli che si frappongono alla diffusione del Regno di Dio.

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È un’affermazione impertinente e menzognera quando si definisce la religione come legata al sangue e alla razza. La verità della Chiesa è sottratta all’arbitrio degli uomini, è infinitamente superiore ai valori come razza, sangue e territorio, non può essere messa in questione dall’uomo così come non può andare a prendere le stelle dal cielo.

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Se vogliamo ancora prendere in considerazione brevemente il rapporto tra Chiesa e Stato, va detto innanzitutto che la Chiesa accetta lo Stato come forma di società. La Chiesa nella sua ricchezza di valori cattolica – onnicomprensiva – non nega alcun valore positivo, riconosce lo Stato come necessario per la convivenza umana e gli riconosce il diritto di emanare delle leggi che regolano tale convivenza, purché esse non siano in contrasto con il decalogo e dunque con la legge naturale.

(Dalle relazioni agli incontri di formazione dei quadri dirigenti dell’Azione Cattolica tenuti dall’ottobre 1936 al maggio 1937, pp. 53-67)

 

Giovani dell’Azione Cattolica con l’assistente don Josef Ferrari dietro il quale si vede Mayr-Nusser. (Foto Archivio Diocesi di Bolzano Bressanone)

 

A molti è parso come una redenzione quel Führer (1936)

Cosa vi è rimasto, chiedo, della fedeltà al giuramento e dell’alleanza con il Signore? E se le cose stanno così, possiamo dare la colpa a Lui se il nostro popolo da vent’anni geme sotto il gioco pesantissimo del dominio straniero? Se l’occupante italiano cerca con tutti i mezzi a disposizione, secondo un piano ben congegnato e senza ritegno, di strappare il nostro popolo dalla base della sua cultura popolare, di privarlo della sua lingua madre e di spingerlo nel ghetto?

A molti è parso come una redenzione quando ci giunse la notizia di un Führer potente e grande in parole e opere che era insorto lassù nel Nord e avrebbe ridato al suo popolo unità e onore nazionale. Quel Führer, si diceva inoltre, voleva riunire in un unico grande impero tutti coloro che sono dello stesso sangue del suo popolo e parlano la stessa lingua.

Era un messaggio possente e pieno di promesse, e così volsero i loro occhi verso quell’uomo su cui riponevano tutte le loro speranze, come a un faro che nella notte buia e tempestosa ci annuncia il porto e la salvezza.

Divenne il loro idolo da cui si aspettavano di essere salvati dalla loro miseria. Sono passati degli anni da allora, anni in cui la miseria del nostro popolo divenne sempre più grande e il futuro si preannunciò più buio che mai. Ma anche coloro che una volta rivolgevano il loro sguardo fiducioso verso Nord e speravano che la salvezza umana venisse da lì, si sono stranamente calmati.

Fu una grande delusione quando l’aiuto sperato non arrivò e quando poi dovettero vedere come il loro idolo e i suoi seguaci entrarono in combutta con il tiranno del nostro popolo [Mussolini], e si sentirono ingannati.

(Discorso  al convegno “Fede e patria” svoltosi nell’ambito della Festa del Sacro Cuore di Gesù, 1936, pp. 67-71)

 

La nostra speranza (1936)

La mancanza di speranza è un atteggiamento profondamente non cristiano. Di ciò dobbiamo essere sempre coscienti quando giudichiamo tutto ciò che avviene intorno a noi e in noi stessi, e anche quando giudichiamo la situazione ecclesiale o politica nella nostra provincia. In quanto cattolici non dobbiamo vedere il futuro dipinto di nero, anche se il cielo è coperto da scure nubi di tempesta, ma avere fiducia anche quando non sembra esservi più speranza. Dobbiamo in altre parole avere il coraggio di un ottimismo eroico…

…La nostra speranza non è una speranza che si nutre della fiducia nella bontà naturale dell’uomo come essa aveva caratterizzato un mondo ateo dopo la rivoluzione francese e che si è rivelata un orrendo e folle errore di fronte ai milioni di morti sui campi di battaglia della guerra mondiale, di fronte alla miseria di massa e la disoccupazione, di fronte alla schiavitù imposta agli uomini dal capitalismo da un lato e dal bolscevismo dall’altro.

La nostra speranza invece è quella del cattolico credente che è a conoscenza della natura umana indebolita dal peccato originale, che sa bene quanto gli sia necessaria la grazia divina per raggiungere la sua meta eterna e che dunque si rivolge fiducioso al mediatore presso il Padre, a Cristo, che è il solo ad avere parole di vita eterna.

(Discorso alla 3^ riunione del direttivo giovani dell’Azione Cattolica, Bolzano, gennaio 1936, pp. 44-46)

 

Dare testimonianza (1938)

“Era chiamato a dare testimonianza della luce!” Conosciamo tutti questo testimone. Sappiamo anche a chi si riferiva la sua testimonianza; abbiamo sentito nel racconto del Vangelo come ha dato testimonianza, San Giovanni Battista. Un destino insolito: “Era chiamato a dare testimonianza della luce!”.

Si trovava tra due mondi: da una parte il mondo avviato al disfacimento, o meglio, al compimento del Vecchio Testamento, dall’altra l’inizio della nuova era iniziata con Cristo, alla soglia del Nuovo Testamento.

“Era chiamato a dare testimonianza della luce!” Poche parole. Quale compito! Testimoniare la  luce, annunciare Cristo al mondo. Un’impresa che richiede coraggio. Intorno a lui il buio; orecchie sorde e ciononostante doveva dare testimonianza.

Dare testimonianza è allo stesso tempo il nostro compito e la nostra arma. Noi giovani cristiani siamo rinati dall’acqua e dallo Spirito Santo a nuova vita. Portiamo in noi la luce della verità, Cristo. Ma non portiamo questa luce timidamente per noi soli, abbiamo una missione nel mondo. Se nel battesimo si è accesa in noi la luce, attraverso la Cresima siamo diventati portatori di luce, incaricati di farla risplendere; dare testimonianza della luce.

Non ci sbagliamo. Intorno a noi c’è il buio. Il buio della miscredenza, dell’indifferenza, del disprezzo, forse della persecuzione. Ciononostante dobbiamo dare testimonianza e superare questo buio con la luce di Cristo, anche se non ci ascoltano, anche se ci ignorano.

Dare testimonianza oggi è la nostra unica arma efficace. È un fatto insolito. Né la spada, né la forza, né finanze, né capacità intellettuali, niente di tutto ciò ci è posto come condizione imprescindibile per erigere il regno di Cristo sulla terra. È una cosa ben modesta e allo stesso tempo ben più importante che il Signore ci richiede: dare testimonianza.

(Dall’articolo “Testimoni della sua gloria” pubblicato sulla “Jugendwacht”, il periodico dei giovani dell’Azione Cattolica, il 15 gennaio 1938, pp. 14-16)

 

Importante biografia di Mayr Nusser scritta da don Josef Innerhofer, postulatore della causa di beatificazione, e pubblicata da Pro Sanctitate (2007).

 

 

Valori come “terra e sangue” vengono oggi assolutizzati (1938)

(Questo discorso è pronunciato da Josef Mayr Nusser il 15 luglio 1938, lo stesso giorno in cui su tutti i giornali d’Italia, compresi quelli altoatesini, viene pubblicato il “Manifesto della razza”, uscito in anteprima il giorno precedente su “Il giornale d’Italia”, con il quale il regime fascista avvia la persecuzione  contro gli ebrei che nei mesi di settembre e ottobre comincerà a tradursi nelle famigerate leggi razziali. Sono impressionanti la lucidità e il coraggio con cui Mayr-Nusser non elude la questione del giorno e come la inserisce nel programma di pensiero e di azione dei giovani di Azione Cattolica).

 

Lo sappiamo, oggi i valori come personalità, libertà individuale, ecc. non hanno un’alta quotazione. Viviamo nell’era della reazione agli slogan smerciati durante il liberalismo sull’autodeterminazione della vita economica, sull’emancipazione dello spirito umano da tutti i legami soprannaturali, ecc. e ricordiamo con disgusto quale danno alcune nature rapaci sono arrivate a fare alla comunità del popolo con il motto “Via libera al più forte”.

Non dobbiamo certamente meravigliarci se si è creata una corrente così forte in opposizione al concetto esasperato dell’Io tipico del liberalismo. Più o meno dopo la grande guerra si è, per così dire, riscoperto il valore della comunità e oggi tutti parlano della comunità etnica alla quale tutto il resto dovrebbe essere subordinato.

Valori come “terra e sangue”, che pure hanno un grande significato, ma nei limiti posti dal Creatore, vengono oggi assolutizzati ed interi popoli basano tutta la vita culturale su fondamenta mal sicure, come la questione razziale lo è tuttora.

Il singolo viene valutato esclusivamente in quanto membro del corpo etnico e ai poteri spirituali, privati o anche pubblici, viene concessa una possibilità d’azione solo nel momento in cui si abbassano a servire lo Stato.

Le personalità forti con un carattere ben definito, che rifiutano di seguire i grandi del momento, sono considerate elementi di disturbo e accusate di essere “dannose alla comunità etnica”…

… Questi piccoli e modesti gruppi che costituiscono probabilmente solo una minima parte in ogni parrocchia, sono la nostra speranza: quale attività dovrà allora svolgere questo manipolo di cristiani impegnati?

Dovranno forse fondare insieme un’associazione con statuto, distintivo o bandiere, con partite di birilli, esecuzioni teatrali e un pellegrinaggio annuale?

O dovranno organizzare magnifici convegni con trascinanti discorsi festivi e risoluzioni piene di frasi fatte? No, con tutto ciò non si riesce ad attirare dei combattenti impegnati per  la causa di Cristo.

L’esperienza ci insegna una cosa, e cioè che possiamo sperare in un cambiamento solo attraverso un paziente lavoro sull’individuo e grazie alle discussioni in una cerchia intima. Certamente è un lavoro a lunga scadenza e richiede pazienza, molta pazienza, ma solo questa azione tra uomo e uomo ci garantisce di influenzare profondamente l’atteggiamento spirituale dei giovani.

Questa è la strada che dobbiamo seguire quando ci accingiamo a formare i cosiddetti nuclei. È sicuramente una strada difficile, spesso piena di fatica e delusione cocente, ma dove si può raggiungere qualcosa di grande e sublime senza sacrificio?

Dunque, fratelli, prepariamoci alla lotta con rinnovata forza e non perdiamoci d’animo davanti ai nemici, perché sappiamo che malgrado tutti gli insuccessi e le difficoltà la vittoria finale sarà nostra.

(“All’inizio di un nuovo anno di lavoro: personalità piene dello spirito di Cristo”, Riunione del direttivo dei giovani dell’Azione Cattolica, Bolzano, 15 luglio 1938, pp. 67-71.)

 

Nell’economia domina l’egoismo individuale (1936)

Cosa cercano i giovani qui riuniti? Fanno semplicemente parte di un’associazione con un particolare scopo? No! Li unisce una meta comune, una meta grande e ardita: costruire un mondo nuovo. Non già nel senso di percorrere come missionari le contrade del mondo, ma animati tutti dalla volontà di essere apostoli nel nostro ambiente, nella realtà in cui viviamo. Vogliamo essere lievito e cercare di trasformare questo nostro mondo dal di dentro, in spirito cristiano, con l’esempio e la parola. È vero che la nostra gente è cattolica al 100% per il battesimo che ha ricevuto. Ma quanti possiamo definire realmente veri cattolici? Forse il 10%….

 

…Così si contano a migliaia quelli che non impostano più la loro vita sui principi della fede, privi ormai di ogni intimo rapporto con la religione, che considerano un peso inutile, esaltando il sangue e la patria come le loro nuove divinità….

 

Le preghiere della Chiesa tendono tutte a sviluppare il senso di comunione. In esse infatti non è mai l’Io che si esprime ma sempre il Noi, cioè la comunità. Quanto sia importante educare al senso comunitario lo vediamo fin troppo bene, considerando come anche da noi nell’economia domini l’egoismo individuale. In molti è ancora assente la coscienza della corresponsabilità nei confronti del fratello che si trova nel bisogno; eppure non onora Dio chi non pratica la carità fraterna operosa. Lo afferma la Sacra Scrittura: “Chi dice di amare Dio ma odia il fratello è un bugiardo”.

(Dal “Discorso di saluto in occasione della visita pastorale del vescovo ausiliare di Trento mons. Enrico Montalbetti”, Bolzano, 29 novembre 1936, pp. 16-18)

 

Siamo sulla giusta strada col nostro servizio ai poveri? La testimonianza di Federico Ozanam, fondatore delle “conferenze della San Vincenzo” (1942)

 

Come è già stato spiegato, adoperarsi per raggiungere la santità, lavorare per diventare più perfetti sempre e ovunque, è quanto si chiede inderogabilmente ad ogni cristiano. Ora ci si pone la domanda: Noi confratelli della San Vincenzo siamo sulla giusta strada, con il nostro servizio ai poveri, per soddisfare questa richiesta? …

… È davvero commovente leggere come Ozanam amava con vera tenerezza fraterna i poveri e faceva diventare quelli che visitava personalmente quasi membri della sua famiglia. Si dedicava con coscienza alla lettura e alla contemplazione delle vite di San Vincenzo de’ Paoli e di San Francesco e sempre di più per lui, come per loro, l’amore verso gli affranti e i miseri diventava la santa passione della sua vita terrena…

… Egli stesso ammette: “Per esaminare scientificamente il benessere sociale e le necessarie riforme non è così importante studiare libri e ascoltare conferenze, ma piuttosto arrampicarsi su per le scale delle case dei poveri, bisogna sedersi sui letti dei poveri e patire il freddo con loro per comprendere i misteri di un cuore senza conforto e di una coscienza senza pace”.

(Dalle “lettere della San Vincenzo”, 1934-1943, pp. 110-142)

 

 

Carissima Hildegard (dalle lettere alla moglie, 1944)

 

Josef con Hildegard e il piccolo Albert, nato nel 1943. (Foto Archivio Albert Mayr)

 

Una zona tristissima

… dopo 3 giorni di viaggio siamo arrivati qui a Konitz, Prussia occidentale, a circa 130 km a sudovest di Danzica. Una zona tristissima! Durante il trasporto nel carro bestiame abbiamo patito molto freddo … Intanto vorrei augurarti, mia cara topolina, tutto il meglio per il tuo onomastico e specialmente una forte benedizione del Signore! Per il regalo, dovrai, ti prego, aspettare … Quando c’è il sole la temperatura è sopportabile, altrimenti è come da noi in novembre. A questo punto non posso dirti altro, solo che speriamo che, dopo un addestramento di forse circa 2 mesi, possiamo tornare in Sudtirolo. In ogni caso non preoccuparti per me, tesoro, siamo nelle mani di Dio … E pensare che neanche una settimana fa non avremmo pensato che il viaggio mi avrebbe portato così lontano, vero? … Ancora velocemente tanti cari saluti, mio tesoruccio, anche ai tuoi, Peppi.

(Konitz, 11 settembre 1944, scritta in stenografia Gabelsberg, come le altre lettere sotto citate)

 

Saremo addestrati nelle SS

… Qui le cose non mi sono del tutto chiare: siamo 77 sudtirolesi e tutti giriamo ancora in abiti civili, poiché le uniformi, a quanto pare, non sono ancora arrivate … Saremo addestrati come corpo di polizia SS e abbiamo almeno una piccola speranza di venire impegnati, dopo circa 2 mesi, vicino a casa. Oltre a noi sudtirolesi ci sono anche ungheresi, rumeni e lettoni che pure saranno impegnati nei loro paesi.

(Konitz, 14 settembre 1944)

 

Abbiamo il teschio sul berretto

… finalmente è arrivata la prima notizia da casa, tanto attesa: la tua cara lettera del tuo onomastico … Ora non patisco più tanto il freddo, solo il viaggio è stato difficile da sopportare in quei vagoni freddi. Tra un po’ ci daranno anche dei vestiti invernali … Nessuno mi ha chiesto se volevo entrare nelle SS. Anche ai compagni nessuno lo ha chiesto. Sono andati per le spicce: da circa 2 mesi pare nessuno sia più stato richiamato nell’esercito regolare. Tutti alle SS. Abbiamo il teschio sul berretto e l’uccello sulla manica sinistra. È possibile che dopo l’addestramento generico ci diano dei carri armati e ci addestrino per usare quelli.

(Konitz, 23 settembre 1944)

Non mandarmi soldi

Spero che tu riesca a sopravvivere con quanto ti danno di sussidio. Mi spiace molto per te, carissima, perché ci sono poche speranze per quanto riguarda la Previdenza Sociale. Non pensare nemmeno a mandarmi dei soldi perché i 30 marchi al mese mi bastano e avanzano, dato che poi non c’è nulla da comprare.

(Kontiz, 24 settembre 1944)

 

La mia professione di fede ti getterà in un immane dolore

Mia carissima, ottima Hildegard! Una preoccupazione affliggerà anche te da quando sai che presto servizio nelle SS e ti sarà tornato alla mente il caso di Ernst Haller [sudtirolese che, intruppato nelle SS, si era rifiutato di prestare il giuramento e che fu poi salvato da un giudice di Berlino].

Non ho dubitato un attimo su come mi comporterò in un’analoga situazione e tu non saresti mi moglie se ti aspettassi da me un comportamento diverso. Questa consapevolezza, mia carissima sposa, questa comune concordanza in quanto abbiamo di più sacro, mi dà un indicibile conforto. Ciò che più di ogni altra cosa affligge il mio cuore, o mia fedelissima compagna, è che nel momento decisivo la mia professione di fede ti getterà in un immane dolore.

L’impellenza di tale testimonianza è ormai ineluttabile, sono due mondi che si scontrano l’uno contro l’altro. I miei superiori hanno  mostrato troppo chiaramente di rifiutare e odiare quanto per noi cattolici è sacro e irrinunciabile.

Prega per me, Hildegard, affinché nell’ora della prova io agisca senza paura o esitazioni secondo i dettami di Dio e della mia coscienza. Il fatto che sono cittadino italiano, qualora si dovesse venire a un processo, potrà essere considerato un’attenunante agli occhi dei giudici. In ogni caso sarà bene essere preparati alle peggiori evenienze.

Ma tu sei una donna coraggiosa, una donna cristiana, e nemmeno i sacrifici personali che forse ti saranno richiesti ti potranno indurre a condannare tuo marito perché ha preferito perdere la vita piuttosto che abbandonare la via del dovere. Qualunque cosa possa avvenire, ora mi sento sollevato, perché so che sei preparata e la tua preghiera mi darà la forza di non venir meno nell’ora della prova. Con tutto l’affetto saluto e bacio te e il piccolo Albert. Tuo marito.

(Lettera integrale, Konitz, 27 settembre 1944)

 

Confido nel Signore e sono sereno

Ora che mi trovo in carcerazione preventiva posso scrivere soltanto una lettera ogni due settimane. Ovviamente tu hai la precedenza assoluta … Quanto a me sto bene e passo la giornata spaccando legna e sbucciando patate. Non so quanto durerà la carcerazione preventiva. Confido nel Signore e sono sereno per quanto accadrà. Prega per me, salutami tutti i cari come saluto te, con tanto affetto. Il tuo Peppi.

(Konitz, 29 ottobre 1944)

 

È veramente il primo amore, profondo ed autentico. Reggerà al passo impostomi dalla mia coscienza

Da quando sono stato incarcerato, il 4 ottobre scorso, posso solo scrivere una lettera ogni 15 giorni e quindi ti ho scritto il 14 e il 29 ottobre. Sono comunque molto stupito che tu non abbia ricevuto nessuna di queste lettere, anche se la censura da parte dell’amministrazione carceraria e della mia compagnia comporta un certo ritardo …

Ciò che mi ha riempito particolarmente di gioia nella tua lettera è quanto scrivi sul nostro amore. Sì, è veramente il primo amore, profondo ed autentico! E siccome ti conosco e so che cosa ci unisce più intimamente e sopra ogni altra cosa, sono convinto che questo amore reggerà anche alla dura prova rappresentata dal passo impostomi dalla mia coscienza!

Hildegard, moglie diletta, sii forte! Dio non abbandonerà né te né me. Quando il Signore ci chiede un sacrificio, ci dà anche la forza per compierlo… “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Né fuoco, né spada!” Mai prima d’ora ho avvertito così intensamente il significato di queste parole. Ogni domenica continuo a pensare come passerei questa giornata a casa con te e il nostro tesoro e questo ricordo mi riempie di malinconia …

Un sentimento di colpa mi assale quando nelle attuali privazioni penso a quanto amore mi hai dimostrato, mentre io neppure me ne rendevo conto. Devo chiederti scusa per la mia insensibilità con cui ti ho ferita. Forse uno scopo della prova attuale è anche quello di comprendere meglio quale dono del cielo sia avere una donna forte e buona.

(Konitz, 11 novembre 1944)

 

Hildegard Straub, moglie di Josef Mayr-Nusser. (Foto Archivio Diocesi di Bolzano Bressanone)

 

Posso solo ringraziarti di cuore

Carissima Hildegard! Dal 14 novembre mi trovo nella prigione di carcerazione preventiva a Danzica, la bella e antica città del Baltico dove ha anche sede il tribunale delle SS, da cui dipende Konitz. Il 12 novembre, quando ero ancora a Kontiz, ti ho confermato l’arrivo della tua posta ricevuta fino a quella data …

Dietro richiesta del giudice ti prego anche di tralasciare nelle tue lettere allusioni alla “mentalità prussiana”, ai “corsi ultra accelerati” e simili punte polemiche. Lettere di questo tipo non mi possono essere consegnate e così perdo anche le notizie di casa che attendo tanto ansiosamente.

Non posso ancora dirti quando si deciderà la mia sorte e ti prego di pazientare. Dio, il Padre che pieno di amore veglia su di noi sempre e ovunque, non ci abbandonerà. L’amore e la fiducia che le tue lettere esprimono mi hanno veramente rinfrancato il cuore e posso solo ringraziarti di cuore …. Con tutto il  mio amore ti saluto. In fede, Peppi.

(Ultima lettera, Danzica, 5 dicembre 1944; Lettere, pp. 143-153)

 

***

 

Bel profilo di Mayr Nusser scritto da Paolo Bill Valente, direttore della Caritas altoatesina,  giornalista e saggista, e pubblicato dalle Edizioni Alphabeta nel 2017. “Credo proprio di avere in mano un libro capace di infondere coraggio, di dare forza …”, scrive Herbert Denicolò nella prefazione.

 

 

3.

Ricordiamoci di Mayr-Nusser

di Vincenzo Passerini

(Articolo pubblicato sul quotidiano “Trentino” il 28 febbraio 2020)

 

La serata in ricordo di Josef Mayr-Nusser, martire antinazista, oppositore di ogni razzismo, in programma domani sera a Bolzano nella sala di rappresentanza del Comune per iniziativa del Centro Pace, non è stata cancellata, almeno finora, dal coronavirus.

La memoria del martire a 75 anni dalla morte è più minacciata dal dilagante virus della smemoratezza.

Josef Mayr-Nusser è un testimone scomodo. Lo ha detto anche il vescovo di Bolzano, Ivo Muser. Sarebbe ora che anche il Trentino si accorgesse di questo eroe perché rappresenta un pezzo della sua storia politica e religiosa, non solo di quella sudtirolese.

All’epoca dei fatti, il decennio che va dal 1934 al 1945, Bolzano e due terzi dell’Alto Adige appartenevano alla diocesi di Trento. E questa appartenenza ha avuto un ruolo non secondario nella testimonianza eroica di Mayr-Nusser.

Ma nessun ricordo di lui è in programma in questi giorni in Trentino, a meno che non ci sia sfuggito qualcosa. Diocesi e Fondazione Museo storico risultano incredibilmente assenti.

Josef Mayr-Nusser è uno dei grandi eroi civili e testimoni cristiani del Novecento in Trentino-Alto Adige, e in assoluto nella storia della resistenza ai totalitarismi.

Nasce il 27 dicembre 1910 nel maso Nusser di Bolzano, quarto di sei figli. Il padre muore in guerra a Gorizia. Frequenta l’istituto commerciale di Bolzano e poi lavora come contabile presso le ditte Eccel e Amonn.

 

Josef Mayr-Nusser in una malga in Alto Adige. (Foto Archivio Albert Mayr)

 

Ha una particolare attenzione per i poveri (alla tavola del maso Nusser, sotto il grande crocifisso, c’era sempre un posto libero per il viandante) e diventa presidente della San Vincenzo ai Piani di Bolzano.

Legge, si informa, approfondisce sia le questioni religiose e filosofiche sia quelle politiche.

Nel 1934 diventa presidente del ramo tedesco dei giovani dell’Azione Cattolica della diocesi di Trento che, appunto, comprende anche Bolzano.

Siamo in pieno fascismo e il nazismo è da poco andato al potere in Germania. Il fascismo ha messo in atto una italianizzazione spietata in Alto Adige, in grandissima parte di lingua tedesca. A scuola e negli uffici è proibito parlare tedesco.

Moltissimi giovani tedeschi si lasciano conquistare dalla propaganda nazista per affermare il proprio essere tedeschi contro il fascismo che li vuole italianizzare.

Josef Mayr-Nusser è antifascista, ma anche antinazista. Poco più che ventenne, non perde occasione per criticare nei suoi discorsi il razzismo, il nazionalismo politico e religioso, l’esaltazione del “sangue e suolo” delle due ideologie (come testimoniano il volume Discorsi, articoli e lettere di un martire dei nostri tempi, curato da Josef Innerhofer, e le biografie di Mayr-Nusser scritte da Francesco Comina e Paolo Valente).

C’è del suo in questo, soprattutto del suo, per quel mistero di libertà che fa nascere in ogni situazione coscienze libere e anticonformiste.

Ma certo il giovane Josef ha trovato stimoli e consigli in don Josef Ferrari, l’assistente dei giovani di Azione Cattolica. La diocesi di Trento, anche per il ruolo del vescovo Endrici, è antinazista, seppur senza esporsi, come ha ben documentato monsignor Luigi Bressan in un suo recente libro (Celestino Endrici contro il Reich. Gli archivi svelano, Athesia, 2019).

Ben altro l’atteggiamento della diocesi di Bressanone che ingloba il rimanente terzo dell’Alto Adige.

Ma il giovane Josef , come ha ricordato lo storico Leopold Steurer, riconosce la natura del nazismo prima della gerarchia ecclesiastica.

E a differenza di questa arriverà a manifestare pubblicamente e clamorosamente la propria opposizione a Hitler. Pagherà con la vita il suo coraggio.

Ma prima, dal ’34 al ’44, il giovane non si stanca di combattere le due ideologie.

Quando nel novembre del ’36 arriva in visita a Bolzano il vescovo ausiliare di Trento, Enrico Montalbetti (cacciato due anni dopo perché inviso ai fascisti), Mayr Nusser nel suo discorso di saluto denuncia “quelli che si riempiono la bocca delle nuove espressioni divenute di moda come ‘estraneità del cristianesimo’, ‘fede in funzione della razza’ e simili, esaltando il sangue e la patria come le loro nuove divinità”.

Lo stesso anno, al convegno “Fede e patria”, mentre ricorda la lotta di Andreas Hofer per l’indipendenza del Tirolo, critica il “giogo pesantissimo del dominio straniero” fascista, ma anche il Führer, apparso a molti “come una redenzione”.

Nel 1938, in risposta alle leggi razziali fasciste e al razzismo nazista dilagante, interverrà più volte nei suoi discorsi criticando l’assolutizzazione del “sangue e suolo” e della “comunità etnica alla quale tutto il resto dovrebbe essere subordinato”.

E contro la religione nazionale e patriottica  ricorda che “la Chiesa è per sua natura sovranazionale e sovrarazziale”.

Nel ’39 Josef Mayr-Nusser, in occasione delle opzioni, che sigillano l’abbraccio tra fascismo e nazismo, sceglie l’Italia mentre la maggioranza dei sudtirolesi sceglie la Germania.

Entra a far parte dell’Andreas Hofer Bund, il movimento clandestino sudtirolese di resistenza che unisce un gruppo di giovani che non hanno optato per la Germania nazista e da cui uscirà il nerbo della Südtiroler Volkspartei.

Nel 1942 sposa Hildegard Straub e l’anno dopo nasce il figlio Albert.

Il 5 settembre del ’44 è chiamato alle armi nelle SS e finisce con altre reclute sudtirolesi a Konitz, a sud di Danzica.

Ma al momento di giurare si rifiuta: dichiara di fronte a tutti che non può giurare fedeltà a Hitler. “Se nessuno ha il coraggio di dire no, le cose non cambieranno mai”, aveva detto a un commilitone.

Col cuore in gola comunica la sua decisione all’amata Hildegard: “Questo amore reggerà anche alla dura prova rappresentata dal passo impostomi dalla mia coscienza”.

Subisce il carcere, la condanna e la deportazione nel lager di Dachau.

Ma lungo il viaggio muore di stenti nella stazione di Erlangen, in Baviera. È il 24 febbraio 1945.

La sua storia è stata a lungo ignorata. Troppo scomoda. C’erano stati troppi filonazisti in Alto Adige e troppi acquiescenti.

Nel 2017 la Chiesa lo ha beatificato. Ma resta scomodo.

 

Santino della diocesi di Bolzano Bressanone.

 

Che magnifico eroe contemporaneo sarebbe per tirolesi, sudtirolesi e trentini. Che grande storia “locale” da studiare nelle scuole. Dove trovare una storia trentino-tirolese come questa?

Perché la Fondazione Museo storico, che insiste sulla categoria della complessità per far capire la nostra storia  e per supportare il progetto politico di Euregio (Regione europea Tirolo-Sudtirolo-Trentino), non fa nulla per inserire in questa complessità, e darle il posto che merita, la grande testimonianza di Josef Mayr-Nusser?

Perché la diocesi di Trento non fa del suo giovane martire dirigente di Azione Cattolica un caposaldo per formare le coscienze dei giovani?

 

Articolo pubblicato sul quotidiano “Trentino” il 28 febbraio 2020.

 

Beatificazione di Josef Mayr-Nusser: i fedeli affollano il duomo di Bolzano. (Foto Vincenzo Passerini)

 

 

4.

Hanno detto di lui

 

 

Il libro del gesuita tedesco Reinhold Iblacker, Non giuro a questo Führer. Josef Mayr-Nusser, un testimone della libertà di pensiero e vittima del nazismo fu pubblicato in tedesco a Innsbruck, in Austria, nel 1979 e in italiano, dalla piccola casa editrice Sono di Bolzano, soltanto nel 1990.

Il libro nasce da un filmato realizzato per la readiotelevisione austriaca Orf e trasmesso il 27 luglio 1979.

Come scrive nella prefazione Albert Mayr, traduttore del libro e figlio di Josef Mayr-Nusser, “il percorso per arrivare all’edizione italiana non è stato facile. Non poche persone, istituzioni, case editrici, dalle quali ci si sarebbe potuto ragionevolmente aspettare (…) una collaborazione, hanno preferito rimanerne fuori.”

L’importanza insostituibile del libro di Iblacker – che andrebbe ristampato perché introvabile – è duplice: è il primo e molto documentato racconto della storia di Mayr-Nusser, per tanti anni rimossa dalla coscienza collettiva e ricordata solo da una ristretta cerchia di amici; riporta, inoltre, molte testimonianze, raccolte direttamente dall’autore, di persone che conobbero May-Nusser le quali, con molta franchezza, esprimono giudizi contrapposti sulla sua scelta.

Giudizi che l’autore riporta con fedeltà. La qual cosa ci fa comprendere bene quale fosse il difficilissimo contesto nel quale nacque la scelta controcorrente del giovane dirigente dell’Azione Cattolica.

Trent’anni dalla pubblicazione del libro non sono passati invano. Tuttavia è indubitabile che una parte non piccola di sudtirolesi continua tuttora a non condividere la scelta di Mayr Nusser, nonostante la Chiesa abbia solennemente riconosciuto l’esemplarità della sua testimonianza. Il martire, come ha ricordato più volte l’attuale vescovo della diocesi di Bolzano-Bressanone, Ivo Muser, resta “un testimone scomodo”.

Ecco una scelta di passi di alcune testimonianze pubblicate nel libro e raccolte dall’autore nell’anno 1979.

 

Fede e accoglienza all’ombra del grade crocifisso

“L’importanza della casa paterna per Josef Mayr-Nusser difficilmente può essere sottovalutata. Per molti amici il maso Nusserhof e la famiglia Mayr erano il luogo che – come lo espresse una volta Josef Ferrari – li faceva dubitare dell’esistenza del peccato originale. Da quel luogo Josef si recava a Bolzano per frequentare l’istituto tecnico commerciale e poi per lavoro, e a tale luogo ritornava dopo aver tenuto seminari di formazione e visitato i poveri come membro della San Vincenzo.

Da generazioni i Mayr sedevano soto il grande crocifisso nell'”Herrgottswinkel” [l’angolo riservato alle immagini sacre] nella stube. In quella stube si incontravano amici, sacerdoti, persone bisognose o di consigli o di assistenza materiale. Tutti se ne andavano a mani piene.

I figli respiravano questa atmosfera di fede, di preghiera, di religiosità vissuta, e questo conferiva alla religiosità di Josef Mayr-Nusser quella calma e sicurezza che avrebbe caratterizzata la sua vita senza renderlo bigotto. E non ci meraviglia che tutti i membri della famiglia senza eccezioni accettino la decisione del fratello, cognato, zio e la interpretino come una decisione nata dalla fede”.

(Reinhold Iblacker, Non giuro a questo Führer..., pp. 61-62).

 

 

Una riunione dei giovani dell’Azione Cattolica con Josef Mayr-Nusser sul terrazzo del maso Nusser. (Foto Archivio Diocesi di Bolzano Bressanone)

 

Abilissimo in ginnastica, era affascinato dalle stelle

“Era addirittura il beniamino del maestro di ginnastica. Sempre in forma e più robusto dei suoi compagni, era abilissimo negli esercizi ginnici e nel pattinaggio su ghiaccio… All’attività scolastica partecipava in generale con interesse. Ma non era un secchione.

Leggeva volentieri e ci teneva a conoscere la letteratura, non solo quella di lingua tedesca, per esempio, sapeva a memoria la “Glocke” di Schiller [“La canzone della campana”, poesia molto nota e molto lunga] . Anche la tecnica lo affascinava alquanto. Ma in primo luogo era affascinato dalle stelle e in quel campo si aggirava quanto più poteva.”

(Jakob Mayr, fratello minore di Josef, in Iblacker, Non giuro…, p. 63))

 

Impressionato dalle lettere dal carcere di Tommaso Moro

“Si era formato nel cosiddetto ‘cristianesimo tradizionale’, ma quando si manifestavano anche da queste parti delle correnti innovatrici (il movimento liturgico, ecc.) si mostrò molto aperto e sapeva distinguere l’essenziale dal secondario. Cercava di completare la sua formazione religiosa.

Regolarmente leggeva la ‘Schönere Zukunf” [rivista cattolica conservatrice pubblicata in Austria e Germania], all’epoca abbastanza diffusa in Sudtirolo. Stimava molto lo scrittore Theodor Haecker, allora ben noto [N.B. questo scrittore e filosofo fu un punto di riferimento anche per i giovani antinazisti della Rosa Bianca di Monaco di Baviera].

Vorrei anche sottolineare in quale misura la lettura delle lettere dal carcere di Tommaso Moro avesse impressionato Josef Mayr”.

(Jakob Mayr, fratello minore di Josef, idem, p. 64).

 

Thomas More, “Briefe aus dem Gefängnis”, l’edizione tedesca, del 1938, delle “Lettere dalla prigione” di Tommaso Moro che molto colpirono Mayr-Nusser il quale, attraverso la testimonianza del martire inglese, poté confrontarsi con la complessità e radicalità della questione del giuramento.

 

Ha fatto ciò che era giusto

“Ho sempre ritenuto che ciò che ha fatto era giusto. Certamente molti dicono che è stata una sciocchezza, o anzi un comportamente irresponsabile, specialmente nei confronti della sua famiglia. Ma se si considera quali cose avrebbe giurato di fare, allora il suo comportamento era giusto. E lui ha rifiutato il giuramento per motivi religiosi, di coscienza”.

(Maria Mayr, nipote di Josef, idem, p. 65).

 

Sì, ha agito nel modo giusto anche nei confronti della moglie e del figlio

“Nelle sue tasche trovarono la Bibbia, un rosario e delle lettere dalle quali si poteva desumere come si erano svolti i fatti… Sì, ha agito nel modo giusto; era anche il modo giusto di agire nei confronti della moglie e del figlio. Aveva un carattere molto fermo.

Non apparteneva alla classe di quelle persone che per evitarsi degli inconvenienti calcolano minuziosamente quanto o quanto poco possono ancora fare o omettere senza entrare in conflitto con la loro coscienza e di conseguenza con Dio. Lui era l’uomo che ha tratto le conseguenze dal battesimo e dalla cresima e ha percorso la strada che la fede gli indicava e la coscienza gli imponeva, senza aspettare suggerimenti da destra o sinistra.

Quando fu il momento seppe scegliere e agire secondo i propri criteri, da solo! … In estrema fedeltà ha seguito l’ordine di Cristo: Sarete i miei testimoni.

… Nelle gite che faceva con me poteva parlare per delle ore di problemi sociali e del suo hobby, l’astronomia. Avrebbe voluto studiare astronomia: una disposizione ereditaria. Era molto ferrato in letteratura e mi dispiaceva profondamente che non potesse utilizzare le sue vaste conoscenze e le sue capacità nel suo lavoro.”

(Hildegard Straub Mayr, moglie di Josef, idem, pp. 68-75)

 

Una scelta di coscienza e di resistenza al potere

“Sì, penso senz’altro che si possa affermare che mio padre ha agito nel modo giusto, sia a livello soggettivo portando fino in fondo una scelta di coscienza personale religiosa, sia anche a livello oggettivo, a livello di una responsabilità che ci investe tutti, esprimendo la resistenza contro i detentori del potere di allora.

Come si può rilevare dalle lettere e dalle conversazioni con i compagni a mio padre non premeva soltanto mantenere fede fino in fondo alla scelta che ritenne giusta, ma anche dare un segnale, provare che forme di resistenza erano possibili, anche se a costo di sacrifici estremi.

…Per molte, per troppe persone, specificamente qui in Sudtirolo, mio padre era ed è un personaggio scomodo. Con il pretesto della lotta per la conservazione dell’identità etnica – lotta sicuramente importante – moltissimi eventi e personaggi che potrebbero incrinare l’unità del gruppo etnico sono stati messi nel dimenticatoio per lungo tempo.

(Albert Mayr, figlio di Josef, idem, pp. 75-76)

 

Molti di noi prendevano le cose più alla leggera

“Era proprio modesto di carattere e per questo motivo stava meno in primo piano di noi che eravamo più giovani; noi eravamo più portati ad essere gli attivisti impetuosi. Anche lui era attivo, ma la sua attività scaturiva in primo luogo dalla sua interiorizzazione e dalla sua profonda religiosità che però non era mai bigotta. Era saldamente inserito nella vita come tutti gli altri.

…Io mi sono vergognato e avevo una cattiva coscienza perché egli era andato fino in fondo con le sue convinzioni mentre molti di noi prendevano le cose più alla leggera.

(Pepi Posch, amico di Josef e componente dell’Azione Cattolica, idem, pp. 78-82)

 

Entusiasti del rinnovamento liturgico

“Eravamo entusiasti del movimento del rinnovamento liturgico [che anticipò il Concilio Vaticano II]. Questo all’epoca non si era ancora affermato in modo generalizzato nelle chiese e perciò volevamo una chiesa appositamente per noi. Abbiamo fatto una ricognizione e infine abbiamo trovato questa bella antica chiesa romanica [la chiesa San Giovanni] che putroppo era in uno stato disastroso; ma noi l’abbiamo rimessa a posto…

Ogni mercoledì alle 6.30 abbiamo celebrato la messa in questa chiesa. Da tutte le parti arrivavano i giovani e tutti erano contenti di incontrarsi. Il nostro Mayr-Nusser, che noi chiamavamo Nusser Pepi, era sempre presente, benché avesse la strada più lunga. ”

(Maria Egger-Prosser, componente dell’Azione Cattolica, idem, pp. 82-84)

 

Era molto informato e preparato

“…se si conosceva il Nusser Pepi si buon capire che lui non avrebbe preso la cosa alla leggera. Doveva prendere posizione in modo chiaro ed è quello che ha fatto, doveva rifiutare il giuramento. Non me ne sono meravigliata, devo dirlo. Ero molto commossa, ma le cose non avrebbero potuto andare diversamente.

…Era molto informato e preparato e sempre pieno di attenzione durante i nostri incontri, nelle riunioni dei dirigenti, convegni e corsi di formazione. Aveva un’ottima preparazione in queste cose.”

(Bertl Kirchmayr, componente e dirigente dell’Azione Cattolica, idem, pp. 84-86)

 

Josef Mayr-Nusser con altri giovani dell’Azione Cattolica. La foto è tratta da “Josef Mayr-Nusser un martire dei nostri tempi”, 1995, opuscolo curato da Irene Argentiero e don Josef Innerhofer e allegato al settimanale “Famiglia Cristiana” che volle così ricordare il 50° anniversario della morte di Josef.

 

La sua lettura preferita era San Tommaso

“Le ore libere e le domeniche le dedicava alla sua formazione spirituale. La sua lettura preferita erano gli scritti di San Tommaso. Il grande pensatore del medioevo gli diede una profonda conoscenza della concezione cristiana del mondo che diventò determinante per lui…

Era pronto a mettersi al servizio dei suoi giovani fratelli, contribuendo, oltre alla schietteza del suo carattere, un modo rigoroso di pensare che si rivelò preziosissimo nelle discussioni della giovane comunità.”

(don Josef Ferrari, assistente dell’Azione Cattolica della zona di Bolzano della diocesi di Trento, all’omelia per il rito funebre in memoria di Mayr Nusser celebrato l’11 aprile 1945, idem, pp. 95-98)

 

Al di sopra della codardia e mediocrità generale

“Di tutti i collaboratori assunti ex novo dopo l’infausto anno 1939 non ho stimato nessuno quanto lui … In silenzio e modestia, ma deciso e conscio della sua meta, ha percorso la sua strada, anche la strada ardua e irta di spine che ha percorso per la sua patria e il suo popolo. Solo una profonda fede nella giustezza della sua convinzione poteva elevarlo in tal modo al di sopra della codardia e mediocrità generale.”

(Erich Ammon, titolare della ditta presso la quale Mayr Nusser lavorava, in una lettera a Hildegard Mayr del 9 aprile 1945, idem, p. 115)

 

Poco compreso

“Spesso mi ha rattristato che proprio i coetanei di Peppi e i suoi compagni di guerra mostrassero così poca comprensione per il suo eroismo.”

(Maridl Mayr-Nusser, sorella di Josef, lettera a Hildegard Mayr, 13 giugno 1948, idem, pp. 117-118)

 

Disse: “Io non posso prestare il giuramento”

“Le cose si sono svolte così: eravamo tutti riuniti in una sala, tutta la compagnia, tutti sudtirolesi, in fila per tre davanti al sottufficiale. Questi ci fece una relazione sul giuramento che dovevamo prestare il giorno seguente.

Tutto era calmo e d’un tratto Josef Mayr-Nusser – si trovava davanti a me un po’ a sinistra nella prima fila – ha esclamato: Signor maresciallo maggiore (Stabschaftführer), io non posso prestare il giuramento.

Sul momento ci siamo tutti spaventati molto. Josef Mayr-Nusser dovette subito uscire dai ranghi e recarsi, insieme al sottufficiale, all’ufficio del comandante della compagnia. Dopo un po’ di tempo ne uscì e andò alla sua branda. Alcuni di noi gli si avvicinarono per chiedergli cosa stesse succedendo.

Disse che doveva fare una dichiarazione scritta di quello che aveva detto. Tra l’altro parlò anche del nazionalsocialismo, che non corrispondeva con il suo modo di vedere le cose. Allora dissi: Lascialo stare, questo, scrivi soltanto che non puoi prestare il giuramento per motivi religiosi. Queste furono le ultime parole che scambiai con lui. Disse ancora: Lo so, volete il mio meglio, devo essere preparato al peggio, ma non posso agire diversamente.

…All’epoca ho pensato che forse sarebbe stato meglio se fosse ancora vivo e potesse fare ancora del bene. Era attivo nel lavoro con la gioventù. Ma deve essere così, che di tanto in tanto emergano uomini di questo tipo, che si facciano avanti dei testimoni come lui”.

(Alois Gasser, idem, p. 119)

 

 

La formula del giuramento, tradotta e pubblicata nel libro di Reinhold Iblacker, “Non giuro a questo Führer. Josef Mayr-Nusser un testimone della libertà di pensiero e vittima del nazismo”.

 

Ha agito in modo sbagliato

“Ci siamo poi riuniti tutti intorno alla mia branda perché era lì che scriveva le sue poche righe, perché volevamo convincerlo che procurava guai a se stesso e certamente non era un bene neanche per noi se faceva quella cosa stupida. Di suo non ha detto per quale ragione non poteva fare il giuramento, ma è rimasto fermo nelle sue posizioni; alla fine ha consegnato la dichiarazione scritta.

…A mio avviso lui allora ha senz’altro agito in modo sbagliato. Dopotutto lui aveva già famiglia, io semmai sarei stato ancora scapolo. Esporsi così al pericolo, da rischiare di essere fucilato, poteva succedere senz’altro. Noi eravano dell’opinione in ogni modo di tornare in patria sani e salvi.

…Una questione può essere quella se uno si impegna per il partito nazista, e un’altra questione se si è pronti a difendere la patria tedesca come soldato. Queste sono, dal mio punto di vista, due cose differenti.”

(Matthias Götsch, idem, pp. 120-125)

 

Un gesto che non è stato di aiuto a nessuno

“Gli ho detto di non esporsi al pericolo in questo modo, in fondo aveva moglie e figlio a casa… Ha risposto: “Non pssso, non posso fare questa cosa, non ce la faccio”.

… Ero dell’avviso che avesse agito nel modo sbagliato perché metteva in pericolo la sua vita. Io credo che non sia stato di aiuto a nessuno che un singolo si opponesse. Siamo tutti stati obbligati a fare quello che dicevano, nessuno di noi voleva farlo.”

(Franz Güfler, idem, pp. 126-128)

 

Mi disse: “Se nessuno trova il coraggio di dire che non è d’accordo, questo sistema non cambierà mai”

“Quando il sottufficiale ci ha invitato a discuterne con lui, una sola volta mi sono seduto vicino alla sua branda e ho detto: ‘Anch’io sono un uomo d’impostazione religiosa e io non credo che il Signore si aspetti questo da noi’. Ma lui non aveva il minimo dubbio riguardo alla sua scelta. Disse: ‘Se mai nessuno trova il coraggio di dire a questa gente che si può anche non essere d’accordo con il sistema, questo sistema non cambierà mai’.

(Hans Karl Neuhauser, idem, pp. 129-131)

 

È morto di edema da denutrizione e broncopolmonite

“Durante l’ultima guerra prestavo servizio come cappellano militare di campo presso la Wehrmacht tedesca, e nel febbraio e marzo del 1943 ero assegnato a Erlangen come capellano di presidio. In tale qualità l’ 1.3.1945 ho dovuto seppellire nel cimitero di Erlangen tale soldato delle SS Josef Mayr, nato il 27.12.1910 e morto il 24.2.1945 alle ore 6 di edema da denutrizione e broncopolmonite nel convoglio di prigionieri delle SS che all’epoca stava sostando per diversi giorni nella stazione di Erlangen.”

(Andreas Kleiner, parroco di Niedering, Alta Baviera, lettera a Hildegard Mayr, 22.4.1947, idem, p. 40)

 

Le piaghe infette di un mondo a cui serve ben poco la memoria di Mayr-Nusser

“La cosa peggiore infatti che poteva essere inflitta alla memoria di questo eroe e martire era il silenzio pubblico durato per ben tre decenni, eccetto alcuni articoli della penna di suoi amici nei primi anni dopo la sua morte e alcune prediche di un piccolo gruppo di sacerdoti amici.  Come se si avesse paura di prendere la parte del confessore!

Certo, oggi in mezzo alla danza intorno al vitello aureo è difficile propagare con successo dei valori più alti del benessere e del consumismo…

Ecco un fallimento di coloro che sono responsabili dell’educazione della nostra gente… Ed anche un fallimento dei nostri media che hanno presentato alla nostra gente la parvenza di un mondo sano invece di mostrare le piaghe infette, chiamarle coraggiosamente per nome e preoccuparsi di guarirle.

Si è preferito attenersi a quello che ‘tutti’ avevano voglia di sentire per conquistare la grande massa e farsi gli affari con essa: conquista di voti, chiese piene e alte tirature! E a tali scopi la decisione di coscienza di Josef Mayr-Nusser serviva ben poco”.

(Toni Kaser, dirigente dell’Azione Cattolica ai tempi di Mayr-Nusser e redattore capo della rivista cattolica per la gioventù “Die Jugendwacht”, idem, pp. 173-180)

 

Faceva parte del nucleo centrale del movimento di resistenza sudtirolese

“In quell’anno 1940-41 il movimento di resistenza naturalmente non era in grado di compiere dei miracoli. Avevamo due obiettivi: uno era l’assistenza ai non optanti, i cosiddetti Dableiber  [i sudirolesi che, al momento delle “opzioni” del 1939 volute da Hitler e Mussolini, non avevano scelto di emigrare in Germania se volevano conservare l’identità tedesca] nella città e specialmente nelle valli. L’altro era quello di far propaganda tra gli optanti con i quali si poteva ancora parlare e convincerli a revocare l’opzione, in ogni caso a non emigrare. E Josef Mayr-Nusser si è dedicato particolarmente a questo compito, a convincere i suoi conoscenti a revocare l’opzione e a non emigrare assolutamente.

Josef Mayr-Nusser faceva parte del nucleo centrale che consisteva di circa tre dozzine di giovani. Lo ha reclutato Hans Egarter, e noi avevamo dubbi ed eravamo incerti se lui avesse aderito a questo nucleo, ma lo ha fatto…”.

(Friedl Volgger, fondatore del movimento di resistenza sudtirolese “Andreas Hofer Bund” e poi parlamentare della Südtiroler Vokspartei, idem, pp. 180-182)

 

La seconda edizione (2017) del libro di Francesco Comina, pubblicato dal Margine, aggiornata alla beatificazione. Sotto: la locandina della presentazione del libro a Trento con l’arcivescovo Lauro Tisi.

 

 

Testimonianze nei giorni della beatificazione di Mayr Nusser

(Bolzano, 18 marzo 2017)

 

Un modello per i fedeli laici

“Ieri a Bolzano è stato proclamato Beato Josef Mayr-Nusser, padre di famiglia ed esponente dell’Azione Cattolica, morto martire perché si rifiutò di aderire al nazismo per fedeltà al Vangelo. Per la sua grande levatura morale e spirituale egli costituisce un modello per i fedeli laici, specialmente per i papà, che oggi ricordiamo con grande affetto…”.

(Papa Francesco all’Angelus di domenica 19 marzo 2017)

 

Una fiaccola nel buio

“[Josef Mayr Nusser]…una fiaccola nel buio della notte del mondo, mentre in Europa le tenebre occultavano il sole e milioni di persone innocenti perdevano la vita sterminate dall’odio ideologico e dalla crudeltà di fanatici persecutori”.

(Cardinale Angelo Amato, omelia alla Messa di beatificazione di Mayr-Nusser nel duomo di Bolzano, 18 marzo 2017)

 

Un martire scomodo

“Questo martire scomodo ci stimola al coraggio civile e a fare i conti con le pagine oscure della storia dell’Alto Adige. Dobbiamo guardare a quel periodo così triste per tante persone di questa nostra terra: è un compito, quello di guardare alla nostra storia con onestà e in uno spirito di riconciliazione. Questo è il messaggio del nostro nuovo beato”

(Ivo Muser, Vescovo di Bolzano Bressanone, discorso alla beatificazione di Mayr-Nusser, 18 marzo 2017)

 

Un esempio per la sua coerenza

“Un esempio per la sua coerenza, per il coraggio di dire no a un sistema che era non solo contro i valori del cristianesimo, ma contro l’umanità.”

(Arno Kompatscher, presidente della Provincia autonoma di Bolzano, in “Corriere dell’Alto Adige”, 19 marzo 2017)

 

Contrari quelli che avevano giurato alle SS

“C’è addirittura chi ha minacciato di lasciare la Chiesa in caso di beatificazione di Mayr-Nusser. Quelli che si sono dimostrati contrari erano quelli che avevano giurato per le SS, anche perché in quegli anni, Hitler era visto dagli altoatesini come un liberatore dal fascismo”.

(Josef Innerhofer, postulatore della causa di beatificazione, dichiarazioni rilasciate al quotidiano “Tageszeitung” e riportate dal “Corriere dell’Alto Adige”, 19 marzo 2017)

 

La tomba che accoglie le spoglie di Mayr-Nusser, opera dell’artista Eduard Habicher, è collocata sull’altare di San Floriano nel duomo di Bolzano. La memoria del martire è il 3 ottobre, vigilia del suo rifiuto di giurare a Hitler.

 

La coscienza e il rapporto tra Stato e Chiesa

“… Sarò ancora più contento se questo evento non finirà qui e servirà a portare le persone a fare una riflessione sulle tematiche centrali nella vita di mio padre, come la coscienza e il rapporto tra Stato e Chiesa, solo per citarne alcune. Mio padre mi ha tramandato una coerenza estrema accompagnata, nel suo caso, da un atteggiamento molto umile, molto rispettoso verso gli altri, amici o nemici che fossero.

…Nel mondo attuale mio padre sarebbe stato in prima linea sul fronte dell’accoglienza e dell’assistenza, anche cercando di instaurare un dialogo intereligioso. Per lui il rapporto tra religione, Chiesa, società e potere era fondamentale”.

(Albert Mayr, figlio di Josef Mayr-Nusser, in “Corriere dell’Alto Adige”, 19 marzo 2017)

 

Oggi sarebbe impegnato nell’accoglienza dei profughi

“La Resistenza sudtirolese è stata subito dimenticata. Era scomoda perché li obbligava a fare i  conti col passato e col collaborazionismo… Il vescovo Muser ha detto una cosa importante. Che la beatificazione potrebbe essere un segno di convivenza, che unisce in nome dell’anti-totalitarismo.

…Mio padre i nazisti li conosceva tutti. Uno per uno. E loro conoscevano lui. Aveva moltissimi nemici. C’era un conflitto duro tra l’Azione Cattolica e i gruppi filonazisti che propagandavano la Volkstumskampf. Mio padre non ha perso occasione per denunciare l’ ‘idolo Hitler’ e l’ideologia razzista di Alfred Rosenberg. Si esponeva. Era cosciente di quello che rischiava.

… Cosa farebbe oggi? Certamente sarebbe impegnato sul fronte dell’accoglienza. Si darebbe da fare per assistere i profughi che arrivano nel nostro Paese. Contro il razzismo e le guerre”.

(Albert Mayr, figlio di Josef Mayr-Nusser, “Mio padre? Starebbe coi profughi”, intervista di Luca Fregona, “Alto Adige”, 18 marzo 2017.

 

 

Il vescovo di Bolzano Bressanone, Ivo Muser, e Albert Mayr, figlio del martire, sostano davanti alla tomba di Josef Mayr-Nusser nel duomo di Bolzano durante la cerimonia di beatificazione.  Albert Mayr è musicista, compositore, organizzatore di eventi culturali e musicali a livello nazionale e internazionale. Si è formato nei Conservatori di Bolzano e Firenze e poi a Darmstadt. Diplomato in musica e canto corale al Conservatorio di Firenze è stato, nello stesso, docente di musica elettronica. (Foto del giornale “Alto Adige”)