“Questo cambio di nome, ius Italiae – per segnalare che si tratta di un modello italiano – non mi convince, anzi non vedo nessun modello, piuttosto un passo indietro rispetto allo ius scholae.
Dieci anni sono troppi, non hanno senso per tanti studenti che sono nati in Italia e hanno fatto un percorso prima di arrivare a fare la scuola elementare nel nostro Paese. Quindi credo che la proposta dello ius scholae sia più significativa nei tempi precedentemente indicati.
Se è vero che la scuola è il luogo fondamentale della formazione anche del cittadino, come è vero, credo che come vale per gli altri bambini, debba valere anche per i bambini di altre nazionalità che frequentano la nostra scuola e il più delle volte sono nati in Italia”. (Mons. Giancarlo Perego)
dal sito www.migrantesonline.it
Mons. Perego: “Lo ius Italiae? Un passo indietro segnato dalla paura”
Lo ius Italiae? Un passo indietro segnato dalla paura, dalla distinzione che si vuole fare, un passo che non valorizza l’importanza di un mondo con milioni di ragazzi che entrano nelle nostre scuole e che dopo un percorso di 5 anni è giusto che possano accedere agli anni successivi anche col titolo della cittadinanza. Il che vuol dire più opportunità lavorative, più opportunità sul piano scolastico”.
Mons. Gian Carlo Perego, presidente della Commissione Cei che si occupa di immigrazione oltre che presidente della fondazione Migrantes, all’Adnkronos definisce così la proposta di Forza Italia sulla riforma della cittadinanza.
Anzi, mons. Perego osserva: “La discussione andrebbe concentrata più sullo ius scholae. Questo cambio di nome, ius Italiae – per segnalare che si tratta di un modello italiano – non mi convince, anzi non vedo nessun modello, piuttosto un passo indietro rispetto allo ius scholae e alla considerazione importante che si deve dare a questo patrimonio di possibili nuovi italiani per il nostro Paese”.
Di certo, ha osservato mons. Perego riflettendo sullo ius Italiae, “10 anni sono troppi, non hanno senso per tanti studenti che sono nati in Italia e hanno fatto un percorso prima di arrivare a fare la scuola elementare nel nostro Paese. Quindi credo che la proposta dello ius scholae sia più significativa nei tempi precedentemente indicati. Se è vero che la scuola è il luogo fondamentale della formazione anche del cittadino, come è vero, credo che come vale per gli altri bambini, debba valere anche per i bambini di altre nazionalità che frequentano la nostra scuola e il più delle volte sono nati in Italia”.
Mons. Perego segnala altri aspetti che una nuova legge dovrebbe considerare: “Tenere presente le migliaia di persone che sono nel limbo: gli italiani senza cittadinanza in ragione del reddito o in ragione dell’essere rientrati per motivi significativi nel loro Paese anche per un breve periodo di tempo. Si tratta di migliaia di persone che ormai hanno 25-35-40 anni: madri e padri di famiglia. Per quel che riguarda poi gli italiani all’estero, lo ius scholae non è alternativo allo ius sanguinis. Certamente – sottolinea ancora – rivedere anche i tempi fino a quando si deve arrivare con la richiesta di cittadinanza è molto importante perché, come si sa, oggi moltissimi cittadini dell’America Latina, figli di italiani fino alla quarta generazione, chiedono cittadinanza non per entrare in Italia ma per andare in Europa. Giusto, quindi, rivedere anche il criterio dello ius sanguinis“.