Ridonaci l’umiltà che avevamo

Caro Gesù, affrettati. Affrettati. Portaci la tua speranza. L’unica che non delude. Qui ci sono troppi morti, affrettati. Troppi morti.

E poco conforto per i familiari, perché i morti danno fastidio al Trentino cartolina. Il Trentino cartolina ha le sue lugubri esigenze. È più cadaverico dei morti il Trentino cartolina.

Puzza di morte più dei morti. I morti sono ingombranti. Fanno scendere le  quotazioni.

Il nostro territorio DEVE essere sano, anche se è malato. Molto malato. Mortalmente malato. Ma per il Trentino cartolina DEVE essere sano.

Se potessero nascondere i morti sotto il tappeto bianco di neve l’avrebbero fatto. Coi contagi ci hanno provato, ma non gli è riuscita del tutto.

Gesù, affrettati. Vieni tu a confortare i familiari dei morti. Piangi tu con loro. Tu sai cosa vuol dire essere crocifissi. In solitudine.

Vieni vicino ai malati, negli ospedali, nelle case di riposo, tu che hai amato i malati come nessun altro. Il tuo Vangelo è pieno di malati che si avvicinano a te. Li hai ascoltati, li hai guariti, hai sofferto con loro. Avevi per loro parole e gesti pieni di amore. Sei stato un grande guaritore, non solo un grande profeta, o addirittura il figlio di Dio come dicono i tuoi seguaci.

Vieni a incoraggiare i samaritani che li assistono: medici, infermieri, operatori, volontari. Ne hanno estremo bisogno. Tu che hai voluto indicarci il samaritano come l’esempio per chi vuole seguirti. Il samaritano che si ferma ad assistere il ferito. E non corre dietro ai suoi affari,  come avevano fatto il sacerdote e il levita della parabola che ci hai raccontato.

Il samaritano si ferma, perde tempo, lavoro, sonno, soldi per assistere il ferito. Perché quello, per te, conta più di tutto il resto. I malati, i feriti, i deboli contano più di tutto. Il tuo caro amico papa Francesco continua a ricordarcelo.

Gesù affrettati. Siamo immersi nella menzogna. Portaci la tua passione per la verità. “La verità vi farà liberi”, hai detto. E noi non siamo liberi.

Affrettati, guarda in quale miseria siamo piombati.

Non eravamo così. Cosa ci è successo? A noi trentini? Gruppetto di umanità in un angolo di mondo? Storditi dai soldi e dalla presunzione che questi si tirano dietro, probabilmente.

Eravamo un piccolo popolo di contadini. Poveri e chiusi. Conservatori e spesso musoni. Ma seri e affidabili. La parola contava.

Non avevamo bisogno di dire, come fossimo dei Napoleoni, “la storia mi giudicherà”, come ha detto in questi giorni il presidente di questa minuscola Provincia.

Perché ogni giorno le persone affidabili si fanno giudicare dalle loro opere. Non hanno bisogno di invocare la storia. Il tribunale della storia ha altro a cui pensare. L’affidabilità si guadagna sul campo. Che sia il campo del contadino o il campo della politica.

Gesù affrettati. Portaci l’umiltà. Ridonaci l’umiltà che avevamo.

Ci crediamo sempre tra i migliori. E non vogliamo vedere che, talvolta, come questa volta col Covid, siamo tra i peggiori. Guariscici dalla presunzione. Dal bisogno di essere sempre i primi. Se fossimo stati umili, ci saremmo comportati meglio.

Portaci in dono l’umiltà. Ne abbiamo estremo bisogno.

 

Pubblicato sul quotidiano “Trentino” giovedì  17 dicembre 2020