Padre Ilia Kartozia morì per lasciar vivere gli altri
“C’era chi picchiava per salvarsi”;
“I passeggeri si scavalcavano tra di loro, urlavano e si strappavano di mano la fune”;
“Tutti si pestavano l’un l’altro per salire sull’elicottero”;
“C’era chi picchiava per salvarsi”;
“I passeggeri si scavalcavano tra di loro, urlavano e si strappavano di mano la fune”;
“Tutti si pestavano l’un l’altro per salire sull’elicottero”;
Odoardo Focherini
Sette storie, tra le centinaia.
Il ’900, con lo sterminio degli ebrei e gli altri genocidi, è stato il secolo del male assoluto? Allora le storie di coloro che a questo male hanno contrapposto il bene, contro tutto e contro tutti, anche a costo della propria vita, vanno ricordate e tramandate come la testimonianza più vera che negli esseri umani la fraternità sa essere non meno assoluta della ferocia. E che non è solo inesauribile la fonte della ferocia, ma anche quella della fraternità.
Il Corano viene portato sull’altare a fare compagnia alla Bibbia durante la messa. Mentre migranti musulmani fanno compagnia a migranti cristiani e al popolo locale dei credenti che affolla la navata. È accaduto domenica 18 gennaio 2015 nella chiesa arcipretale di Mori alla festa dei migranti e dei profughi voluta dalla diocesi trentina e da tutta la chiesa cattolica.
Africa dolente e meravigliosa. Piena di amore per la vita e dove la vita vale così poco. Dove un massacro di 2.000 persone, che se accaduto altrove avrebbe provocato un terremoto di reazioni e un diluvio di lacrime, accadendo qui solleva a mala pena qualche commento nel mondo. Lacrime poche.
“Ammonticchiati là come giumenti, sulla gelida prua mossa dai venti, migrano a terre inospiti e lontane; laceri e macilenti, varcano i mari per cercar del pane.”
La porta si apre proprio sul marciapiede, dove i pedoni ti urtano e gli autobus ti sfiorano. Bellezza di quella porta aperta nel cuore della città.
Se hai perso tutto, la casa, il lavoro, la famiglia e magari anche il rispetto di te stesso, tu sai che se entri da quella porta trovi una mano tesa. Un saluto e un tè caldo.
A quest’ora, alle 17, il Punto d’incontro, qui vicino in via Travai, come ben sanno i trentini, chiude, dopo essere stato aperto tutto il giorno per accogliere tra le 150 e le 200 persone senza dimora.
A quest’ora i senza dimora piano piano si incamminano verso il convento dei cappuccini dove saranno accolti per la cena.
Da sinistra: Hans e Sophie Scholl con Christoph Probst
“C’è la giovinezza, l’amicizia, l’amore; c’è la fede e c’è la politica; c’è la guerra; c’è la verità, e c’è il coraggio di dirla al mondo; ci sono pensieri grandi, parole grandi, e grandi azioni; c’è la preghiera e c’è la lotta; c’è la battaglia e c’è la nonviolenza; c’è il duello, impari, con il drago; c’è la sconfitta, inevitabile; c’è la morte.”
Paolo Giuntella, amico e fratello maggiore di tanti di noi, ci ha lasciato il 22 maggio 2008 dopo alcuni anni di resistenza “in piedi” alla malattia. Era nato a Roma nel 1946.
Dieci giorni prima di morire faceva ancora il suo ultimo servizio per il Tg1 dalla Presidenza della Repubblica e partecipava, pur con immensa fatica ma con il senso di un gioioso dovere da compiere, ad un incontro in ricordo di Pietro Scoppola.
Cosa dice il nome di Georges Bernanos a molti, oggi? Forse poco, o nulla.
Il grande scrittore cattolico francese, morto sessant’anni fa (il 5 luglio), e dimenticato in questo pur minore anniversario, ha letteralmente infiammato intere generazioni di lettori tra gli anni ’30 e ’60.
Oggi siamo qui per ripetere a gran voce, tutti insieme, che il Trentino non è mai stato e non sarà mai razzista. Siamo qui per riaffermare in maniera composta e civile i valori della fratellanza, dell’uguag1ianza e della solidarietà.
Il Trentino gli resta debitore di alcune delle migliori leggi in materia ambientale che abbia mai avuto.
Ma ricordare Walter Micheli a dieci anni dalla morte che lo tolse improvvisamente alla sua famiglia e ai suoi amici la domenica del primo giugno 2008, vuol dire ricordare non solo l’assessore provinciale all’ambiente, ma anche un leader socialista e un uomo di grande statura morale e politica.
Un uomo che credeva negli ideali di giustizia sociale e di democrazia partecipata e popolare.
Pol Pot
Obbedivano agli ordini, lavoravano per il bene comune, erano spinti dalla sete di giustizia per i più miserabili del loro popolo. Così si raccontano i leaders dei Khmer Rossi che stanno sfilando davanti al Tribunale internazionale che li sta processando.
È cominciata a Phnom Penh la “Norimberga del comunismo cambogiano”.
L’eterna questione, affascinante e tormentata, del rapporto tra fede e politica che ha accompagnato in vario modo anche i quasi tre decenni di vita del “Margine”, la nostra piccola rivista, ha trovato nelle analisi e nelle indicazioni di Pietro Scoppola, storico e intellettuale attivamente impegnato nella vita ecclesiale e civile del nostro Paese, alcune delle illuminazioni più lucide e profonde, per molti di noi diventate anche alimento e guida.
È davvero singolare, almeno apparentemente: il più grande regista spirituale della storia del cinema è cresciuto e ha prodotto la maggior parte dei suoi film in Unione Sovietica, nella Russia comunista.
Stiamo parlando di Andrej Tarkovskij di cui abbiamo da poco ricordato i vent’anni dalla morte avvenuta in un ospedale di Parigi nella notte tra il 28 e il 29 dicembre del 1986.
Aldo Gorfer (Foto Vita Trentina)
Aldo Gorfer: una vita a raccontare il Trentino, una vita a “l’Adige”.
Se n’è andato dieci anni fa, ma i suoi libri – spesso con le bellissime foto dell’amico Flavio Faganello, scomparso lo scorso anno – ce lo conservano più vivo che mai con la freschezza di una scrittura moderna, secca, nervosa.
Con immancabili lampi di passione.
E una vena di nostalgia, sempre controllata.
Il rotolo della Torah, esposto per la lettura, nella piccola sinagoga del Museo ebraico di Dublino. (Foto V. Passerini)
Difficile dimenticare il piccolo museo ebraico di Dublino in Walworth Road.
Un vecchio di origini lituane lo tiene aperto la domenica, seduto in un angusto corridoio tra vecchie foto e pile di ritagli ingialliti di giornale.
Un’unica saletta, le vetrine zeppe di oggetti e documenti, dove è in bella vista anche una foto di Joyce che fece di un ebreo il protagonista del suo capolavoro, l’ “Ulisse”, in tempi in cui l’antisemitismo contagiava anche i migliori, conformisti o anticonformisti che fossero.
La marcia dei volontari è durata due giorni e mezzo. Centoventi i chilometri percorsi a piedi dall’ospedale di St. Michael, nella savana dello Zimbabwe, alla capitale Harare.
A settembre l’inverno finisce e la primavera sprona gli alberi e gli arbusti a buttare foglie di un verde luminoso, quasi irlandese, che sfidano gioiose la lunga siccità.
L’Ira depone le armi. Chiude. E un sospiro di sollievo attraversa l’Europa e l’America, spaventate e insanguinate dal nuovo terrorismo mondiale dei fondamentalisti islamici.
Almeno il terrorismo irlandese chiude. Almeno i cristiani la smettono di ammazzarsi tra di loro.
La formazione spirituale e politica, il riferimento a Maritain, la partecipazione alla Resistenza, i rapporti con De Gasperi e la Democrazia Cristiana, la Costituente e la Costituzione, i Patti Lateranensi e la loro tutela nella Costituzione con l’art. 7, l’adesione dell’Italia al Patton Atlantico, l’addio alla politica, l’attualità ecclesiale
Leeson Street con le sue alte case in mattoni e gli eleganti portali dalle bianche colonne è una delle tipiche strade dublinesi dell’età georgiana. Al n. 35, nella parte nord della grande arteria che sbocca a ridosso del vasto parco di St Stephen’s Green, c’è una delle principali sedi dublinesi dei gesuiti.
E qui, una mattina di agosto del 1990, Sergio Benedetti, l’esperto italiano responsabile dei restauri alla Galleria Nazionale d’Irlanda, fece una scoperta sensazionale.
Dublino piange la sua concittadina Margaret Fitzsimons Hassan brutalmente assassinata dai suoi rapitori in Iraq. È un giorno di lutto amarissimo anche per il volontariato internazionale e per il mondo della pace.
Lei poteva andarsene e invece ha voluto restare. Come era restata durante la prima Guerra del Golfo, nel 1991, e durante gli anni nerissimi delle sanzioni Onu contro l’Iraq di Saddam Hussein.
Elezioni presidenziali molto strane in Irlanda. Venerdì 1° ottobre Mary McAleese è stata riconfermata alla presidenza della Repubblica per altri sette anni.
Ma la sua rielezione è avvenuta nel modo più sconcertante che si possa immaginare.
Perché Mary McAleese, venerdì primo ottobre, è stata rieletta senza elezioni.
Sabato 4 settembre 2004, in una calda giornata di sole, mentre anche Belfast inorridiva davanti alle cronache della strage di Beslan nell’Ossezia del Nord, da Whitewell Road partiva l’ultima grande parata estiva dei protestanti estremisti.
Ho lasciato Dublino e in treno sono andato anch’io a Belfast a vedere la parata, anche se le angoscianti notizie da Beslan invitavano soltanto a starsene seduti da qualche parte, in silenzio. Ma non potevo non andare.
“La sua opera ce la troveremo davanti anche al momento del Giudizio Universale” scrisse Claudio Magris nell’aprile del 1987 quando Primo Levi morì.
Ricordate? “Voi che vivete sicuri/ nelle vostre tiepide case /… considerate se questo è un uomo / che lavora nel fango / che non conosce pace / … considerate se questa è una donna / senza capelli e senza nome / senza più forza di ricordare…”.
Tiepida domenica. Il vento gonfia i paramenti sacri del reverendo John Neill, arcivescovo anglicano di Dublino, e dei quattro nuovi pastori, due uomini e due donne, che saranno consacrati fra un po’.
Dublino, il “Famine Memorial” in St. Stephen’s Green (commons.wikimedia.org)
Una donna scheletrita, appoggiandosi a un bastone, porge una ciotola a un’altra donna, seduta, sfiancata. Accanto a loro un uomo, ritto sulle punte dei piedi, alza le braccia al cielo, sottili e diritte come frecce, implorando. Un cane è accovacciato, la testa piegata.
Sembra un’immagine del Sudan di questi giorni.
È il monumento bronzeo, realizzato da Edward Delaney, che si può vedere in St. Stephen’s Green, il parco principale di Dublino, dedicato alla grande carestia, la Great Famine, che tra il 1845 e il 1850 provocò in Irlanda un milione di morti, forse un milione e mezzo.
Confesso di essere stato contagiato anch’io dall’entusiasmo irlandese per lo storico accordo sulla Costituzione dell’Unione europea. Sia perché, essendo in questo periodo a Dublino, ho vissuto da vicino questo semestre di presidenza irlandese dell’Unione conclusosi con questo brillantissimo risultato
Solo da un grande rimorso poteva nascere un così grande atto d’amore.
Dublino celebra oggi il centenario del Bloomsday, cioè dell’Ulisse del “suo” James Joyce, con una serie ammirevole di iniziative che dureranno cinque mesi e che avrebbero perfino del commovente se non ci fossero le ombre pesantissime di un passato neanche tanto lontano a disturbare in sottofondo il clima di festa e di orgoglio cittadino di questo anniversario così singolare.
L’ospedale di St. Michael. (Foto Vincenzo Passerini)
L’ospedale della missione cattolica di Saint Michael, nel cuore della savana, dista due ore e mezzo di strada da Harare, capitale dello Zimbabwe, lo Stato che fu la colonialista Rhodesia del Sud.
Giuseppe Dossetti
“Se vedi una persona saggia, va’ presto da lei;
il tuo piede logori i gradini della sua porta”
(Siracide 6, 36)
La colonna di sette rossi automezzi incrocia poche macchine in questa grigia domenica di dicembre.
Alle nove di mattina anche in Umbria tanti ancora dormono.
Il dolce paesaggio veste dimesso, ora, ma i tratti eleganti di una indiscutibile nobiltà affiorano dalla nebbiolina coi nomi importanti e cari di città e borgate.
“Tante stelle un unico cielo. La risposta della società e della Chiesa alla paura dello straniero”.
Programma della scuola estiva di formazione politica della Rosa Bianca e del Margine, S. Cosimo alla Macchia, Comune di Oria (Brindisi), 26-30 agosto 2000.