Addio Margaret

Dublino piange la sua concittadina Margaret Fitzsimons Hassan brutalmente assassinata dai suoi rapitori in Iraq. È un giorno di lutto amarissimo anche per il volontariato internazionale e per il mondo della pace.

Lei poteva andarsene e invece ha voluto restare. Come era restata durante la prima Guerra del Golfo, nel 1991, e durante gli anni nerissimi delle sanzioni Onu contro l’Iraq di Saddam Hussein.

Margaret Hassan aveva 59 anni ed era sposata con un ingegnere iracheno conosciuto a Londra durante l’università. Dal 1972 viveva in Iraq. Aveva adottato il popolo iracheno in tutto e per tutto. È stato detto che si era anche convertita all’Islam, ma il fatto è stato poi smentito. Lei è rimasta cattolica.

 

Amata e rispettata

Era sempre stata dalla parte della povera gente, contro la guerra, quella del Golfo e quella in atto (detta anche Seconda Guerra del Golfo), e contro le sanzioni che privavano di cibo e medicine i bambini e i malati.

Era amata e rispettata da tutti per il suo instancabile lavoro quale direttrice di Care International, una grande organizzazione non governativa di aiuto e assistenza specialmente per le donne e i bambini. Per quanto avesse la triplice cittadinanza irlandese, inglese e irachena il passaporto era inglese e questo deve essere bastato per condannarla a morte.

 

Un assassinio ripugnante

Nei giorni scorsi erano anche circolate notizie incoraggianti su un suo possibile rilascio, ma l’inasprirsi della guerra le ha rese sempre più improbabili, fino alla atroce smentita di queste ore. Non c’è ancora la certezza al cento per cento che Margaret sia stata assassinata, ma il filmato che lo proverebbe pare sia stato attentamente analizzato.

Gli irlandesi avevano ripetutamente cercato di spiegare che lei era più irlandese che inglese, essendo nata e cresciuta a Dublino prima che la sua famiglia si trasferisse in Inghilterra.

Il capo del governo irlandese, Bertie Ahern, aveva partecipato a una conferenza stampa, tenutasi a Dublino all’inizio di questo mese, assieme alle tre sorelle di Margaret – Catherine e Deirdre, che vivono in Inghilterra, e Geraldine che vive a Kenmare, sulla costa sud-occidentale irlandese – ed era stato invocato il rilascio della direttrice di Care International, ricordandone ancora una volta l’origine irlandese e l’estraneità dell’Irlanda alla guerra.

Contatti tramite il mondo arabo erano stati avviati dagli irlandesi per cercare di arrivare alla liberazione. Tutto inutile.

 

Perché?

Naturalmente la domanda che tanti si pongono è: perché le nostre Simone sono state liberate e Margaret invece è stata uccisa?

Solo una questione di soldi? Gli italiani pronti a pagare, gli inglesi no (contando poco, in Iraq, la buona volontà degli irlandesi)?

Oppure, diversità dei gruppi responsabili dei due rapimenti? L’uno disponibile a contrattare il prezzo della liberazione, l’altro con obiettivi puramente terroristici e propagandistici?

C’è anche chi, come l’esperto giornalista Robert Fisk, pacifista, dalle colonne dell’inglese “Independent” evidenzia tutta una serie di punti oscuri nella vicenda, partendo dall’analisi dei filmati di Margaret rapita e implorante il ritiro delle truppe anglo-americane dall’Iraq e la liberazione delle donne irachene prigioniere.

 

In questa sporca guerra

Fisk paventa una possibile mano della Cia nel rapimento e nella morte di Margaret per squalificare ulteriormente il fronte avversario in un momento delicatissimo della guerra.

Può darsi che un giorno i fatti confermino i sospetti del giornalista. In questa sporchissima guerra, sporca come tutte le altre, possono accadere le cose più impensabili.

Dopotutto, essa è stata giustificata davanti ai governi e all’opinione pubblica mondiale su due fatti – il possesso di armi di distruzione di massa da parte di Saddam e i suoi legami con i terroristi di al-Qaeda – rivelatisi inesistenti, come già si sapeva e come hanno finalmente ammesso anche americani e inglesi. Niente di strano se altre menzogne si aggiungessero a quelle due capitali.

 

 

Non sorprende la crudeltà dei rapitori

Però, francamente, mi pare fuori luogo sorprendersi per l’eccesso di immotivata crudeltà da parte dei rapitori. Si può essere fermamente contrari a questa guerra, e per niente disponibili ad occultare le menzogne di americani e inglesi e il costo immane di vite umane innocenti che essa sta provocando, senza per questo arrivare a trasformare il fronte opposto in un esercito della salvezza.

Non sono già stati uccisi crudelmente tanti ostaggi innocenti? Erano tutti collaborazionisti? Erano tutti spie e fiancheggiatori di americani e inglesi? No di certo.

Non è stato forse rapito e barbaramente ucciso quest’estate il giornalista freelance italiano Enzo Baldoni? Per quale colpa?

Il fatto è che il fronte militare iracheno che si oppone ad americani e inglesi, e ai loro alleati, non è una santa alleanza animata da nobili intenti. Al suo interno ci sono sì quelli animati da nobili intenti di liberazione, ma ci sono anche fior di criminali, responsabili di eccidi perpetrati dai governi di Saddam Hussein, ci sono gruppi di terroristi che non si fermano davanti a nulla, tanto meno davanti a una donna inerme, ci sono clan che vogliono riprendersi un potere perduto ma mai umanamente esercitato in precedenza.

 

La guerra rafforza il terrorismo

La tragedia è che la guerra ha dato più forza e più potere non solo ai peggiori gruppi del vecchio regime di Saddam, ma anche al fondamentalismo terrorista islamico che, bisogna ricordarlo, era invece tenuto a distanza da Saddam Hussein, come gli stessi americani hanno poi dovuto riconoscere (per tutti, all’inizio del mese di ottobre di quest’anno, il Segretario alla difesa, Donald Rumsfeld, principale ispiratore di questa guerra).

Se la guerra aveva l’obiettivo di combattere i1 terrorismo, beh, il risultato è che essa sta alimentando il terrorismo.

E non c’è dubbio che sulle centinaia di civili morti nell’attacco a Fallujah (cinquecento? ottocento? mille?) cresceranno odi e rancori per i quali ci saranno sempre dei giovani disposti a morire facendosi saltare in aria davanti a un qualche obiettivo civile o militare.

Ma dal fronte dei “resistenti” iracheni non c’è da attendersi un grande futuro se il livello di umanità che ci stanno facendo vedere con l’esecuzione di persone inermi come Margaret ispirerà anche le loro azioni di governo un domani.

Nessuna sorpresa, dunque, per la loro crudeltà, già ampiamente dimostrata in passato. Solo disgusto e orrore.

 

Cosa sperare?

Cosa sperare allora da questa morte, così atroce e così ingiusta?

Che la memoria di Margaret, uccisa da quelli che lei ha servito per una intera vita, diventi patrimonio di tutto il mondo del volontariato e della pace.

Che la sua immagine si possa vedere sulle pareti di gruppi e associazioni che insegnano e praticano la solidarietà e la giustizia.

Che questa guerra finisca presto.

Che gli eserciti si ritirino. Che una forza internazionale prenda il posto degli eserciti nazionali e assicuri sicurezza e imparzialità. Che si facciano elezioni democratiche quanto prima. Che si ricostruisca il Paese senza lasciarlo in balìa di affaristi, petrolieri e clan.

Che una nuova logica guidi la politica internazionale, dopo aver imparato che quella adottata in Iraq è la strada non per sconfiggere il terrorismo ma per alimentarlo. All’infinito.

 

Pubblicato sul quotidiano “l’Adige” il 18 novembre 2004 e nel volume “Bloomsday” (2011).

 

Nota di aggiornamento (aprile 2011)

Gli assassini di Margaret Fitzsimons Hassan sono stati individuati, ma uno solo, Ali Lutfi Jassar, è stato preso e processato. È stato condannato all’ergastolo da un tribunale di Bagdad nel 2009, ma è evaso nel 2010. È ritenuto però un pesce piccolo della banda responsabile del sequestro e dell’omicidio. Il corpo di Margaret non è stato ancora ritrovato.