Ci salveranno i figli di un Dio minore
Figli di un Dio minore. Abbiamo sempre delle minoranze che ci salvano. Curioso e affascinante paradosso trentino.
Figli di un Dio minore. Abbiamo sempre delle minoranze che ci salvano. Curioso e affascinante paradosso trentino.
“Spezzare le catene. Anche le nostre”. Relazione introduttiva alla 19^ Scuola di formazione politica della Rosa Bianca, “Spezzare le catene. Immigrati e oppressi provocano l’Europa”, San Cosimo alla Macchia, Oria (Brindisi), 26-29 agosto 1999.
Tendiamo tutti a pensare allo stesso modo?
L’individualismo, sia sul fronte etico sia su quello sociale ed economico, accomuna le diverse culture politiche?
La scuola di formazione 1998 della Rosa Bianca.
“Dossetti e il dossettismo tra storia e attualità”. Questo il titolo del convegno promosso dalla Facoltà di Scienze politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma nei giorni 3 e 4 giugno 1998 e che ha visto la partecipazione di alcuni dei migliori studiosi di Giuseppe Dossetti e del movimento politico dei cattolici e di alcuni testimoni impegnati a livello ecclesiale, politico, culturale: Pietro Scoppola, Paolo Pombeni, Guido Formigoni, Alberto Melloni, Francesco Malgeri, Mario Tronti, Giuseppe Trotta, Giuseppe Glisenti, Franco Monaco, Fulvio De Giorgi, Armando Oberti, Vincenzo Passerini.
Le relazioni sono state raccolte in un numero monografico della rivista “Humanitas” intitolato “Giuseppe Dossetti ” (Anno LVII, n. 5, settembre-ottobre 2002)
“Nell’anno scolastico 1967-1968 la Lettera a una professoressa irruppe nella nostra classe di seconda superiore come un vento nuovo, fresco e travolgente.
Imparavamo a diventare maestri e quelle parole nuove erano fuoco per noi che avevamo sedici anni”.
La rivista Il Margine, mensile dell’associazione Oscar A. Romero, e l’associazione Rosa Bianca hanno organizzato a Villa S. Ignazio a Trento dal 4 al 5 ottobre 1997 un seminario sul tema “La ‘memoria pericolosa’ di Giuseppe Dossetti” a un anno dalla scomparsa del grande monaco e politico.
Ripercorrendo le tappe della vita e dell’opera di Giuseppe Dossetti viene da chiedersi: è possibile che un uomo abbia potuto fare così tante cose, in ambiti così diversi, sempre ad altissimo livello, sempre con sbalorditiva intensità, ovunque trasformando l’esistente, ovunque lasciando un segno di rara forza e destinato a durare a lungo, ed essere, quest’uomo, ancora così poco conosciuto?
Il 31 dicembre 1985 l’associazione Rosa Bianca incontrò a Bologna don Giuseppe Dossetti.
Un incontro destinato a segnare profondamente l’attività dell’associazione negli anni seguenti.
Perché Fedor Dostoevskij (1821-1881) e Georges Bernanos (1888-1948) assieme? Quando il grande russo moriva, lo scrittore francese nasceva. Che cosa li lega al di là della simpatia del relatore per loro? Certamente un amore viscerale per la figura di Cristo.
Ci incontrammo all’Hotel Sirmione, nell’omonina località gardesana dove lui, convalescente, era ospite di amici, all’inizio dell‘estate del 1989.
Dovevamo concordare le modalità di svolgimento della serata che “Il Margine” e la “Rosa Bianca” volevano dedicare a lui e alla sua poesia quale momento forte della scuola estiva di formazione di quell’anno.
La sentenza della Corte di Cassazione che ha rimandato a casa i grandi mafiosi, condannati per alcuni dei più gravi delitti degli anni ’80, ha ricordato agli italiani, in piena guerra del Golfo, che, loro, una guerra ce l’hanno in casa da anni, sanguinosa spietata, con le vittime che si contano a migliaia (bambini non esclusi), con i suoi funerei bollettini quotidiani, i suoi imponenti traffici alle spalle, e, cosa più tragica, nessuno spiraglio di pace all’orizzonte. (Nella foto: Leoluca Orlando)
La attuale gravissima crisi politica, istituzionale e morale italiana è il punto d’arrivo di un sistema politico nato e sviluppatosi in particolari condizioni storiche, che hanno prodotto la completa identificazione tra democrazia e sistema dei partiti. Ne è conseguita l’occupazione, in nome della democrazia progressiva, delle istituzioni e della società civile da parte degli stessi partiti, in un regime di non responsabilità garantito da una condizione assolutamente eccezionale: l’assenza di alternanza all’interno di un quadro consociativo.
“Questi esseri curvi che si avvicinano alla vita di sbieco e con gli occhi bassi, queste anime sgangherate, questi calcolatori di virtù, queste vittime domenicali; questi devoti codardi, questi eroi linfatici; questi teneri bebè, queste vergini sbiadite, questi vasi di noia, questi sacchi di sillogismi, queste ombre di ombre, possono forse essere l’avanguardia di Daniele in marcia contro la bestia?” (Emmanuel Mounier)
Leggere Dostoevskij vuole dire entrare in un mondo nuovo. Ed uscirne diversi. Più profondi, forse più complicati, certamente meno banali.
C’è una tecnica collaudata che usano le minoranze estremiste di ogni colore e di ogni tempo che vogliono diventare maggioranza per la via più breve che una società democratica consenta loro.
Per giustificare l’esigenza di voltare rapidamente e radicalmente pagina si distrugge la dignità della cultura e della storia degli avversari,
Nel mare di avvenimenti editoriali, spesso solo presunti, di questo 1986, appena archiviato, la rigogliosa fioritura di stampa “dossettiana” costituisce un caso da non ignorare.
Un articolo pubblicato su “Il Margine”.
La maggior parte dei redattori del “Margine” cominciava ad articolare le prime frasi quando don Primo Mazzolari si spegneva in una clinica di Cremona il 12 aprile del 1959.
Eppure, 25 anni dopo, nei giorni di un forse vano ma ugualmente irrinunciabile anniversario, essi sentono quanto quel parroco di campagna di un’Italia così lontana abbia segnato, direttamente o indirettamente, la loro formazione.
Febbraio 1967. Folla imponente alla presentazione di un libro di don MiIani alla “Pro cultura”.
Quaresima 1968. Paolo Sorbi interrompe il padre quaresimalista in Duomo. Il giorno dopo controquaresimale all’aperto con lettura di brani di don Milani, Balducci e altri. Reazioni della folla. Assedio a Sociologia (Piero Agostini, Mara Cagol, Marsilio, 1980, p. 75 e pp. 100-101).
Febbraio 1983. Folla nell’aula magna del Seminario Maggiore e nella sala comunale della Tromba per i tre incontri su don Milani a 15 anni dalla morte (“Don Milani un profeta tradito?”) promossi dall’associazione “Oscar Romero”.
Un convegno su don Lorenzo Milani assomiglia un po’ ad una serata di gala in ricordo di san Francesco. Il poverello di Assisi non è forse il santo che è perché ha voluto indicare con un’originale testimonianza una strada da seguire opposta a quella delle serate di gala?
Nel maggio del 1944, Emmanuel Mounier scriveva a Daniel Villey: “Spero che il mio figlioccio cresca in saggezza e follia: in tutte due, mi raccomando”.
Saggezza e follia. La vita e l’opera di Mounier (1905 – 1950), uno dei padri del personalismo, corrente tra le più vive della cultura contemporanea, possono benissimo essere comprese tra questi due poli solo apparentemente contraddittori.