Ci incontrammo all’Hotel Sirmione, nell’omonina località gardesana dove lui, convalescente, era ospite di amici, all’inizio dell‘estate del 1989.
Dovevamo concordare le modalità di svolgimento della serata che “Il Margine” e la “Rosa Bianca” volevano dedicare a lui e alla sua poesia quale momento forte della scuola estiva di formazione di quell’anno. Dovevamo concordare anche contenuti e struttura di un suo volumetto che sarebbe uscito in quella occasione.
Gli portai qualche copia del “Margine” e l’ “Abecedario della buona battaglia” che la “Rosa Bianca” aveva pubblicato l’anno prima. Ne fu oltremodo incuriosito.
Chiese vita, morte e miracoli dei redattori del “Margine”, volle essere inserito nell‘indirizzario degli abbonati, ne chiese altre copie. E così fu contento anche dell’”Abecedario”.
Curioso come un bambino
La “Rosa Bianca” la conosceva bene. Mi espresse la sua piena adesione alla battaglia che essa aveva intrapreso in difesa della memoria di Giuseppe Lazzati.
Chiese informazioni su tutto, voleva sapere tutto, era curioso come un bambino. Non si accontentava, some capita quasi sempre, delle informazioni di carattere generale. Gli interessavano i particolari, gli interessava capire la persona che aveva davanti e quelle che animavano “Il Margine” e la “Rosa Bianca”.
Era affamato, nel vero senso della parola, di nuove dimensioni umane, spirituali, culturali, politiche (si, anche politiche, perché poi seguirà con grande partecipazione e con incoraggiamenti il nostro percorso politico).
Da vero poeta era un creatore. Ed era un uomo biblico, sempre in movimento.
Rivedeva la luce
Concordammo la serata, nei minimi particolari. L’avevamo pensata con Sandro Bonardi, l’archeologo che l’aveva assistito con l’affetto e la pazienza di una madre nei momenti più duri prima e dopo la difficilissima operazione con la quale il prof. Ancona riuscì a bloccargli l’avanzata del tumore.
Poi parlammo del volumetto. Una riflessione teologica sul male, con alcune poesie. Me le lesse. Notò egli stesso che risentivano forse di un eccesso di pessimismo. Le aveva scritte nei momenti più tremendi della sua malattia.
Erano passati alcuni mesi da quei momenti di dolore e di buio, l’operazione era andata bene, le forze ritornavano un poco alla volta, il sole faceva luccicare il lago e si vedeva tanta gente vivere serenamente.
Sì, la vita era anche questo sole, questo lago, questa serenità, questo tornare a recitare poesie, questi volti nuovi che venivano a chiedergli qualcosa.
Mi lesse allora una sua freschissima poesia dedicata a Sirmione. Si sentiva che tornava a vivere.
Ci incontrammo nuovamente quindici giorni dopo per perfezionare il tutto.
Nel cuore del mondo
Quando arrivò a Brentonico, in Trentino, il 29 agosto per la serata della “Rosa Bianca”, mi raccontò di aver voluto percorrere, con l‘auto guidata da un parrocchiano di Sirmione, la strada più lunga, quella che attraversa il Monte Baldo e che collega Caprino Veronese, in prossimità del Garda meridionale, col territorio trentino.
Un percorso tortuoso, per quanto bello, faticoso per lui convalescente. Ma quando gli feci questa osservazione mi rispose che voleva vedere il paesaggio, conoscere questa terra che lui non aveva mai visto. Non gli interessava andare in un posto come un pacchetto postale.
Girò per il paese, volle vedere la chiesa, la cripta di S. Giovanni di prima del X secolo. Chiese del parroco, gli piacquero i portali delle case, andò a vedere giocare i bambini nel grande parco al centro dell’abitato. Non era un conferenziere, una macchina da convegni.
Era curioso di tutto, interessato a tutto.
La serata fu indimenticabile. Davanti a seicento persone, Paolo Giuntella (giornalista e fondatore della Rosa Bianca), padre Camillo De Piaz (confratello e amico di Turoldo), Luigi Santucci (scrittore), Giorgio Luzzi (critico letterario) parlarono di Turoldo uomo, frate, poeta.
Poi toccò a lui e cominciò a raccontare la sua esperienza del dolore e il suo amore per la vita e per Dio. Nessuno fiatava.
C‘erano delle mamme con dei bambini piccoli che ogni tanto si facevano sentire.
In quell’atmosfera tesa ed emozionata sembrava che quelle grida di bimbi disturbassero tutti eccetto lui.
Credenti e non credenti, intellettuali e gente di popolo, giovani e vecchiette erano miracolosamente legati alla sua parola.
Tutti lo capivano, e non diceva sempre cose facili. Riuscì a portare tutti nel cuore del mondo, alle radici della vita.
Pubblicato su “Il Margine”, n. 10, 1991 (andato in stampa nel febbraio 1992).