“Vita di Giuseppe Dossetti” con “Nota bibliografica” (due testi pubblicati in “La ‘memoria pericolosa’ di Giuseppe Dossetti”, “Il Margine”, 8/9, 1997.

Ripercorrendo le tappe della vita e dell’opera di Giuseppe Dossetti viene da chiedersi: è possibile che un uomo abbia potuto fare così tante cose, in ambiti così diversi, sempre ad altissimo livello, sempre con sbalorditiva intensità, ovunque trasformando l’esistente, ovunque lasciando un segno di rara forza e destinato a durare a lungo, ed essere, quest’uomo, ancora così poco conosciuto?

Credo che a Dossetti nuoccia il mito, il mito legato al fascino che esercitò su una generazione di politici e intellettuali.

La sua lezione – di uomo di pensiero, di azione, di fede – è ben più grande di quel mito che lo ha imprigionato in una particolare stagione. Con il tempo svanirà anche il mito, e Dossetti sarà pienamente restituito, in tutta la sua ricchezza e grandezza, alla storia e al futuro del nostro paese e della Chiesa universale.

 

Il giovane Dossetti

Giuseppe Dossetti nasce a Genova il 13 febbraio 1913. Pochi mesi dopo, la sua famiglia si trasferisce a Cavriago in provincia di Reggio Emilia dove rimane fino al 1929, anno in cui si sposta nel capoluogo. Il padre, torinese, è farmacista; la madre, reggiana, è diplomata in pianoforte.

A Reggio Dossetti consegue la maturità classica, poi si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bologna dove segue i corsi, tra gli altri, di Arturo Carlo Jemolo, storico e giurista, maestro degli studi sui rapporti tra Stato e Chiesa ed esponente di punta del pensiero cattolico-liberale.

Alla metà degli ‘30 si impegna nell’Azione Cattolica milanese, dove Giuseppe Lazzati ha assunto la presidenza del settore giovanile, e si accosta alle opere di Jacques Maritain, considerato uno dei padri di quel filone del pensiero personalista cattolico che riprendeva in chiave moderna la lezione filosofica medievale di Tommaso d’Aquino (“neotomismo”) e che costituirà una delle fondamentali basi culturali dei movimenti politici cattolici democratici europei all’indomani della seconda guerra mondiale.

Dossetti non si fermerà ai risultati raggiunti da Maritain ma andrà oltre nel pensare il rapporto tra fede e politica. Un influsso determinante ebbe su di lui la lettura di Antonio Rosmini, soprattutto per quanto riguarda la concezione della Chiesa.

 

Il giovane Giuseppe Dossetti (seduto) con il fratello Ermanno che pure sarà partigiano e parlamentare della Democrazia Cristiana. (Foto tratta dal volume “Giuseppe Dossetti. Immagini di un cammino”, a cura della Piccola Famiglia dell’Annunziata, Edizioni San Lorenzo, Reggio Emilia 2013)

 

Spiritualità e università

Fin da studente manifesta una fortissima spiritualità che lo porta ben presto all’assidua preghiera, alla lettura quotidiana dell’ufficio divino e all’ingresso nell’istituto secolare dei Missionari della Regalità.

Partecipa a gruppi biblici e ad iniziative sociali verso i poveri. La sua vita sarà continuamente segnata da questa doppia, esigente, appassionata fedeltà a Dio e alla terra, che lui volle sempre ricondurre ad unità, malgrado fosse dominante – e forse lo è tuttora – una diffusa schizofrenia. Anche nel pieno della vita politica continuerà ad alimentare la sua spiritualità con la stessa passione e determinazione che dedicava alle quotidiane vicende politiche.

Si laurea con una tesi in diritto canonico nel 1934 ed entra in contatto con padre Agostino Gemelli fondatore dell’Università Cattolica di Milano (1919), presso la quale Dossetti si perfeziona in diritto romano e stringe amicizia con Giuseppe Lazzati, assistente di filologia classica. Nel 1940 vince il concorso nazionale di assistente di ruolo alla cattedra di diritto canonico e due anni dopo è professore incaricato di diritto ecclesiastico nell’università di Modena.

Fin qui la sua biografia sembra essere quella di un promettente giovane intellettuale cattolico cresciuto sotto il fascismo in un ambiente culturale e religioso severo, conservatore ed obbediente al potere. Sono infatti note le simpatie di padre Gemelli per il fascismo.

 

Dossetti, studente universitario, 1930 (Archivio Piccola Famiglia dell’Annunziata).

 

Pensieri e progetti per la rinascita d’Italia

A Milano, però, a partire dall’ottobre ’41, Dossetti riflette e discute con spirito libero sul futuro dell’Italia dopo il fascismo e la guerra con Lazzati, La Pira (che insegna all’Università di Firenze), Fanfani, Sofia Vanni Rovighi, Padovani, Amorth i quali, su sollecitazione dello stesso Dossetti, si riuniscono spesso in casa Padovani.

Matura la convinzione che esista uno stretto legame tra “la catastroficità della situazione civile e la criticità del mondo ecclesiale” e redige un abbozzo di programma politico di riforme per il dopoguerra.

Per Dossetti, come per non molti altri intellettuali, arriva ben presto il momento, come ebbe a dire Lazzati, della riscoperta di un “no”(si veda a questo proposito il bel passo di Lazzati nella ottima biografia di Dossetti scritta da Giuseppe Trotta alla quale abbiamo abbondantemente attinto per queste note – così come abbiamo attinto anche alle puntuali note e cronologie redatte da Giuseppe Alberigo e Alberto Melloni, oltre ad altri testi in gran parte citati nella scheda bibliografica).

 

A capo della Resistenza a Reggio Emilia

A Modena tra il ‘43 e il ‘44 partecipa in vario modo alle attività della Resistenza, ma non alla lotta armata che rifiuta per principio, ed entra in contatto con esponenti del movimento cattolico, tra cui Ermanno Gorrieri (che invece partecipa alla lotta armata), e del partito comunista clandestino.

Se Milano è per Dossetti l’Università Cattolica, con tutto quello che essa significa, Modena rappresenta, un po’ simbolicamente, l’altra faccia della sua formazione prepolitica.

Qui, nei gruppi della resistenza che già al loro interno stanno dividendosi secondo le appartenenze politiche che domineranno la scena all’indomani della guerra, comincia a prendere forma quel suo originale rapporto con la sinistra storica, comunista e socialista: contrapposizione netta ad essi sul piano dei riferimenti ideali, del giudizio sulla natura antidemocratica e anticristiana dei regimi comunisti, e dei metodi della lotta politica (per cui si usano mezzi talvolta spietati per raggiungere nobili fini) ma, insieme, volontà di conoscenza e confronto, rispetto degli antagonisti politici e soprattutto rifiuto di ogni atteggiamento di difesa in senso conservatore.

Ai comunisti, per Dossetti, si doveva opporre una tensione alla giustizia sociale ancora più forte, proprio perché nutrita di libertà e di fede, non un timoroso moderatismo, o addirittura un nostalgico clericalismo.

Li si doveva battere sul loro stesso terreno, non su quello conservatore, benpensante, che non metteva mai in discussione i fasti del capitalismo (“lo Stato ha il dovere di intervenire per impedire l’eccessivo accumularsi della ricchezza”, recitava nel ‘44 un volantino della DC reggiana a lui attribuito).

Il suo ruolo nella resistenza reggiana è tutt’altro che secondario, al punto che nel dicembre del ‘44 diventa presidente del Comitato di Liberazione Nazionale di Reggio Emilia come rappresentante della Democrazia Cristiana, partito fondato in clandestinità nel ‘43.

 

Vice segretario della Dc

Nelle tante discussioni di quel periodo su quali dovessero essere gli strumenti organizzativi dei cattolici italiani una volta sconfitto il fascismo, Dossetti manifestò sempre forti perplessità verso la creazione di un partito cattolico, per sua natura, secondo lui, destinato a trascinare in divisioni tipiche della politica la Chiesa, che invece doveva agire su un altro piano; per sua natura, inoltre, destinato ad essere conservatore e ad alimentare l’anticlericalismo nei partiti avversari.

Ma una volta nata la DC, Dossetti viene inevitabilmente chiamato a svolgere subito ruoli di responsabilità ai massimi livelli. Il partito, per lui, dovrà essere lo strumento per incarnate le speranze di una nuova, Italia nate nei giorni della Resistenza, per trasformare profondamente le vecchie e ingiuste strutture sociali ed economiche.

Nel giugno del ‘45 presiede il Convegno nazionale dei gruppi giovanili DC che si tiene ad Assisi, e i1 Consiglio nazionale del partito nell’agosto di quello stesso anno lo coopta quale esponente del movimento giovanile insieme a Giulio Andreotti (dal quale sarà costantemente diviso, sul piano dei metodi e su quello dei contenuti, e dal quale riceverà una delle prime accuse di “integralismo”).

Viene eletto vicesegretario del partito con Piccioni e Mattarella. Terrà l’incarico per sette mesi. Lo lascerà, dimettendosi anche dalla direzione e dal consiglio nazionale del partito, alla fine di febbraio del ‘46 per divergenze di linea politica con Alcide De Gasperi, segretario del partito e capo del governo.

 

Dossetti con Fanfani e Degasperi alla congresso Dc di Venezia, 2-6 giugno 1949 (Archivio Piccola Famiglia dell’Annunziata).

 

Il contributo alla Costituzione

Alle elezioni dell’Assemblea Costituente (2 giugno 1946), prime elezioni democratiche dopo la dittatura fascista e la guerra, viene eletto nelle liste della DC nel collegio Parma-Modena-Piacenza-Reggio Emilia.

Nella Commissione dei 75 che prepara la Costituzione della Repubblica, Dossetti, giovane ma attrezzato giurista, svolge un ruolo determinante (grazie anche, dirà lui stesso, alla “fiducia in bianco di Alcide De Gasperi”), lavorando assieme, soprattutto, a La Pira, Lazzati, Moro, Mortati, Amorth, e, per quanto riguarda gli avversari politici, a Togliatti, segretario del Partito comunista, e Basso, che diventerà segretario del Partito socialista due anni dopo, dei quali apprezza la grande conoscenza storica, la competenza e l’esperienza.

Dossetti si muove con spirito libero, creativo, appassionato. Alcuni dei più importanti articoli della Costituzione – di cui fin da allora denuncia comunque la debolezza di alcune parti – portano la sua impronta, e quella degli altri “dossettiani”.

È questo il memento più alto del contributo di Dossetti alla costruzione della nuova democrazia italiana.

 

 

Dossetti con Giorgio La Pira e Aldo Moro, tra i maggiori esponenti del gruppo dossettiano, durante i lavori dell’Assemblea Costuente. Il gruppo diede un fondamentale contributo alla stesura della Costituzione.

 

“Civitas humana” e la “comunità del porcellino”

Nel settembre di quello stesse anno (1946) fonda il movimento di “Civitas Humana”, prima organizzazione nazionale dei “dossettiani”, insieme a Lazzati, La Pira e Fanfani.

Vanno ad abitare nello stesso appartamento romano (Fanfani, che ha famiglia, in quello sottostante), di proprietà delle sorelle Portoghesi.

Vi conducono vita austera e comunitaria, vi tengono lunghe discussioni sui grandi problemi del momento, cui partecipano diversi ospiti (sarà chiamata la “comunità del porcellino”, per via di un innocuo vezzo linguistico di Laura Bianchini, dossettiana, che, frequentava quella casa speciale; a poco più di un mese dalla morte di Dossetti, dopo la messa di suffragio celebrata nell’attigua chiesa, potemmo, con Paolo Giuntella e altri amici della Rosa Bianca, non senza emozione e un po’ di tristezza, visitare il famoso appartamento, in via della Chiesa Nuova, 14, che si raggiunge all’ultimo piano dopo molti scalini e che è stato conservato intatto, come era allora, dagli eredi Portoghesi: gli stessi arredi, le stesse suppellettili, la stessa atmosfera di un piccolo ambiente borghese di mezzo secolo fa).

Non sarà la prima volta che Dossetti cercherà di dare alle sue esperienze politiche, culturali ed ecclesiali una forte dimensione comunitaria, dove preghiera, amicizia, studio, discussione e povertà concorrono a creare il clima necessario perché l’azione del singolo possa essere davvero cristianamente ispirata (non essendo il cristianesimo una religione di solitari) e sorretta dalla necessaria forza.

 

 

Politica è in primo luogo formazione

L’obiettivo del movimento era quello di comprendere la grande portata dei mutamenti in corso, di fronte ai quali clero e laici non erano preparati, e formare una nuova élite, tanto rigorosa sul piano dei comportamenti personali quanto competente e capace di introdurre nel sistema politico forti innovazioni.

Costante è, infatti, in Dossetti, e lo sarà sempre, la preoccupazione per la formazione.

La politica per Dossetti non è registrazione del presente, semplice adeguamento all’esistente; non si fa politica sulla base dei sondaggi, diremmo oggi.

La politica è trasformazione, è educazione civile, è strumento di miglioramento costante della democrazia nel senso della giustizia e dei valori della persona. I politici, tanto più quelli cristiani, hanno da questo punto di vista una particolare responsabilità.

Per questo la politica ha bisogno di una classe dirigente preparata, che non si limiti a mediare, cioè a trovare un punto di equilibrio tra le esigenze contrastanti che la società esprime, ma che introduca essa stessa nel corpo sociale e nelle istituzioni, con serietà e competenza, le indispensabili novità.

Alla politica spetta un compito creativo.

Non basta inserire nelle liste elettorali personaggi influenti, capaci di catalizzare il consenso, ma occorre un partito in grado di pensare oltre le classi dirigenti (economiche, culturali, sociali, politiche) dell’epoca.

La lezione tremenda dei totalitarismi e della guerra mondiale esigeva questi grandi cambiamenti, non dei piccoli aggiustamenti. Forte era invece la propensione nel mondo politico cattolico a un semplice ritorno alla situazione antecedente il fascismo.

 

 “Cronache sociali”

L’anno dopo (1947) esce il primo numero di “Cronache sociali”, la rivista che diventerà il luogo principale di elaborazione del gruppo “dossettiano” – in procinto di trasformarsi in una vera e propria corrente all’interno del partito – e la sua più autorevole tribuna, per quanto aperta a contributi esterni.

Vi si pubblicarono, tra i tanti, i famosi scritti di Lazzati, “Azione cattolica e azione politica”, e di La Pira, “L’attesa della povera gente” (della redazione facevano parte, tra gli altri: Giuseppe e Marcella Glisenti, Giorgio La Pira, Aldo Moro, Gianni Baget-Bozzo, Amintore Fanfani, Achille Ardigò, Antonio Amorth; tra i collaboratori Costantino Mortati, Leopoldo Elia, Camillo De Piaz, David Maria Turoldo, Enzo Forcella, Paolo Vittorelli, Siro Lombardini, Federico Caffè, Jean-Marie Domenach).

Dossetti critica le eccessive prudenze del partito e la sua insufficiente attenzione al problema sociale. Denuncia il tradimento dei progetti riformatori del ‘46. La delusione dei dossettiani progressivamente si accentua.

Dossetti e Lazzati vogliono lasciare la politica, ritengono che la svolta conservatrice abbia definitivamente preso il sopravvento, ma l’arcivescovo di Milano, Schuster, per Lazzati, e lo stesso Pio XII, per lui, intervengono di persona per farli desistere dal proposito e perché candidino alle imminenti, decisive elezioni politiche del 18 aprile 1948.

Obbediscono, ma Dossetti in una lunga lettera al segretario della DC Piccioni, due mesi prima delle elezioni e prima che il suo nome fosse incluso nelle liste, ribadisce le sue forti critiche alla svolta conservatrice del partito, all’uso ideologico dell’anticomunismo per accantonare le riforme sociali ed economiche e annuncia che dopo le elezioni non accetterà “nessun regime politico e sociale eretto contro i 1avoratori” e che “nessuna esigenza di difesa cristiana mi farà tradire il Cristianesimo e il suo compito storico nel nostro tempo, né mi farà schierare tra gli ultimi difensori cattolici dell’ordine”.

Un messaggio inequivocabile che spiega le sofferte ma ferme motivazioni del suo impegno politico, un impegno condizionato all’attuazione di un esigente progetto riformatore.

Dossetti non avrebbe mai potuto vegetare in politica all’ombra di un sogno perduto.

Le elezioni segnano il trionfo della Democrazia Cristiana, che ottiene il 48,5% dei voti, e la sconfitta delle sinistre. Dossetti viene eletto deputato, così come Lazzati, La Pira, Moro, Fanfani.

 

Bella antologia di articoli pubblicati su “Cronache sociali” a cura di Luigi Giorgi, con un corposo saggio introduttivo di Paolo Pombeni, tra i primi e più qualificati studiosi di Dossetti e della stessa vicenda di “Cronache sociali”(Diabasis, Reggio Emilia 2007, pp. 342).

 

I dossettiani nella Democrazia Cristiana

I dossettiani, che diventano l’ala più dinamica e colta del variegato mondo della sinistra democristiana, si esprimono – almeno alcuni – contro l’adesione dell’Italia all’Alleanza Atlantica (adesione che Dossetti vorrebbe più graduale ed elastica), criticano l’impostazione liberista della politica economica del governo, si scontrano con l’impostazione che i potentissimi Comitati civici di Gedda (animati da una spiritualità “attivistica e spregiudicata”, dalla preminenza “del fare sull’essere”, come dice lo storico Alberigo) danno al rapporto tra fede e politica.

Ma nello stesso tempo l’influenza politica della corrente dossettiana cresce nel partito.

De Gasperi lancia aperture (tra i due leader ci sarà sempre molta stima, ma scarsa convergenza politica).

Nell’aprile del 1950 Dossetti è eletto per la seconda volta vicesegretario politico del partito (che trova in uno “stato di grave deterioramento ideologico, morale e organizzativo”).

Si impegna per una grande azione riformatrice delle strutture istituzionali ed economiche del paese e nella formazione di una nuova classe dirigente.

La sua attività è intensissima. È una stagione di innovazioni, di speranze, di progetti, di grandi dibattiti.

La Pira ripropone con forza appassionata il dramma della disoccupazione, si vara la riforma agraria in Sila, si istituisce la Cassa per il Mezzogiorno, si approva la riforma tributaria di Vanoni.

Ma è una stagione breve.

 

 

L’annuncio dell’imminente pubblicazione di “Cronache sociali” con l’appello a sostenerla firmato dai “dossettiani”.

 

La guerra fredda e il freno alle riforme

Ben presto lo slancio riformatore si esaurisce di fronte alle resistenze conservatrici che nel paese e nel partito stanno prendendo piede sulla scorta anche del clima di contrapposizione tra i due blocchi (comunista e anticomunista) che comincia a dominare la scena mondiale e che alimenta le paure e le reazioni di difesa (il 25 giugno 1950 era scoppiata la guerra di Corea, con l’invasione della Corea del Sud, alleata degli americani, da parte della Corea del Nord, comunista; il conflitto aveva provocato l’intervento militare degli Stati Uniti e dell’ONU e aperto una gravissima e pericolosa crisi mondiale che aveva accentuato lo scontro tra i paesi comunisti e quelli “occidentali”; la guerra si concluderà il 27 luglio 1953 con il tragico bilancio di 7 milioni di morti, uno in meno di quanti ne provocò l’intera prima guerra mondiale).

La destra del partito con il segretario Gonella e con Pella, si rafforza malgrado le affermazioni di De Gasperi, cui fa riferimento il centro del partito, il quale ribadisce che “la Dc è un partito di centro che marcia verso sinistra, che ha idee di progresso nella struttura tanto economica quanto sociale” (Firenze, Convegno Nazionale dei segretari provinciali e regionali della DC, 19-20 giugno 1951).

La sinistra del partito viene anche dallo stesso De Gasperi di fatto emarginata. La nascita del settimo governo De Gasperi (26 luglio 1951) ne è la prova più eclatante.

Dossetti ne trae estreme conseguenze.

 

L’addio alla politica

Pochi giorni dopo (4 e 5 agosto) a Rossena, in provincia di Reggio Emilia, annuncia lo scioglimento del gruppo dossettiano e un mese dopo, ancora a Rossena, il suo ritiro dalla vita politica.

Lo fa con una puntuale analisi, senza recriminazioni, invitando chi vuol continuare a lavorare nel partito a farlo per arginare le spinte conservatrici; ma constatando, con lucidità, che il suo progetto riformatore non avrebbe mai potuto vincere in quella situazione nazionale e internazionale.

È l’addio di una delle menti migliori, più creative e capaci, che il cattolicesimo politico italiano abbia mai espresso. Le sue dimissioni da deputato saranno accolte il 18 luglio dell’anno successivo, ma dopo il gennaio del ’52 non frequenterà più la Camera anche perché colpito da una grave polmonite virale.

Chiude anche “Cronache sociali”.

Anche Lazzati lascerà con le elezioni del ‘53 la politica, mentre La Pira già aveva lasciato il Parlamento per fare il sindaco di Firenze (il formidabile terzetto era comunque destinato a lasciare altri segni straordinari nella storia civile e religiosa del nostro paese).

Fanfani, da sempre più moderato, invece è riconfermato ministro, inaugurando una delle più longeve carriere governative (1947-1988) della storia della Repubblica; con lui, che più tardi si sposterà su posizioni ancor più moderate, e con Moro, destinato a continuare invece, per quanto a modo suo, la grande lezione di Dossetti prima di chiudere tragicamente i suoi giorni, la sinistra ex-dossetitiana prenderà, e per molti anni, la guida del partito (e per volontà, secondo Baget Bozzo, dello stesso De Gasperi).

La perdita per la politica italiana fu enorme, e la domanda sul perché Dossetti l’avesse privata del suo insostituibile contributo dopo soli sette anni di attività e a soli 38 anni di età è rimasta – pur tenendo conto delle chiare parole che scrisse a Piccioni alla vigilia delle elezioni del ‘48 e che abbiamo più sopra citato – senza una esauriente risposta.

Ma forse è il rammarico per quello che il movimento politico dei cattolici avrebbe potuto essere con lui che rende difficile per molti accettare del tutto una scelta che certo aveva motivazioni non soltanto politiche. Fanfani dirà che fin dal ‘45 Dossetti pensava di lasciare la politica per il sacerdozio.

D’altronde, come ebbe a dire in anni recenti lo stesso Dossetti in un ricordo di Lercaro, ogni personalità “è sempre già nel suo nucleo naturale una profondità impenetrabile”.

 

 

Una comunità spirituale e centro di studi

Non si ritira per riposare, ovviamente, ma per dedicarsi ad un’altra e ben più grande impresa: il rinnovamento della Chiesa, senza il quale non ci poteva essere – era questo uno dei suoi pensieri dominanti – un rinnovamento del ruolo dei cattolici nella società.

Riforma della Chiesa e riforma della società erano intimamente legate.

Bisognava lavorare ad una profonda opera di formazione spirituale e culturale, e per tempi lunghi, molto lunghi (tutt’altro, dunque, di quell’attivismo culturale che cerca immediati consensi e successi, e che anche oggi, talvolta, seduce la Chiesa; c’erano da ripensare le fondamenta, non la facciata).

Anche nella sua vita personale è ormai la dimensione religiosa a prendere il sopravvento.

Comincia ben presto (1952) ad impegnarsi nella fondazione a Bologna di un Centro di documentazione per la formazione spirituale e la ricerca storico-teologica che si prefigge il compito di dare impulso alla ricerca scientifica nel campo delle scienze religiose e togliere queste ultime dall’isolamento in cui erano relegate. Il tutto con respiro europeo.

Gli studiosi avrebbero dovuto costituire una comunità di ricerca, fondata sulla Parola di Dio e attenta, nello sviluppo degli studi, alle esigenze che nascevano dalla vita ecclesiale.

Il Centro, con l’avvallo del nuovo arcivescovo di Bologna, cardinale Giacomo Lercaro – che si rivelerà ben presto come una delle personalità più prestigiose dell’episcopato italiano -, avvia la sua attività all’inizio del ‘53 e comincia a promuovere ricerche sui Concili.

Vi operano giovani studiosi, tra cui Giuseppe Alberigo e Paolo Prodi. Nel ‘60 il Centro si trasforma nell’attuale Istituto per le Scienze Religiose, autorevole e dinamico punto di riferimento per gli studiosi del settore e per la stessa Chiesa.

Dal Centro, che Dossetti avrebbe voluto impostato sulla vita comunitaria di studio e preghiera, nasce la Piccola Famiglia dell’Annunziata, una associazione di credenti laici, che opera in stretta connessione col vescovo e i, cui principi di vita spirituale vengono approvati oralmente dal cardinale Lercaro il 22 novembre del 1955.

La Piccola Famiglia di Dossetti comincia la sua vita il 6 gennaio 1956. Ma prima di raccontare brevemente la storia di questo nuovo, originale e fecondo capitolo della biografia di Dossetti, bisogna raccontare un’altra.

 

 

Papa Giovanni XXIII accoglie in udienza il 1° ottobre 1962 il cardinale di Bologna, Giacomo Lercaro, don Giuseppe Dossetti e gli studiosi del Centro di documentazione di Bologna, fondato da Dossetti, che gli presentano il volume sui decreti dei Concili ecumenici. Alla sinistra del Papa: Dossetti, Paolo Prodi, Domenico Nucci, Boris Ulianich; a destra del Papa il cardinale Lercaro, Claudio Leonardi, Perikles Joannou, Giuseppe Alberigo. (Foto Archivio Piccola Famiglia dell’Annunziata)

 

Le elezioni comunali a Bologna e il ritorno alla vita politica

Negli stessi ultimi mesi del 1955 che vedono Dossetti impegnato nello sviluppo del Centro di Documentazione e nella fondazione della Piccola Famiglia, gli viene chiesto di tornare ad impegnarsi in politica.

A chiederglielo è lo stesso cardinale Lercaro: nel maggio del ‘56 sono in programma le elezioni amministrative di Bologna e Dossetti dovrebbe guidare la lista elettorale della DC contro il popolare sindaco comunista della città, Giuseppe Dozza.

In quel cruciale ‘56, le elezioni di Bologna, capitale del comunismo europeo, assumevano un valore emblematico per tutta l’Italia, e non solo.

Ancora una volta, dopo aver sollevato perplessità ed obiezioni, Dossetti obbedisce e scende in campo. Lo fa, come sempre, da par suo.

Sarà la campagna elettorale amministrativa forse più famosa della giovane storia della Repubblica italiana. E sarà preceduta dalle sconvolgenti rivelazioni sui crimini di Stalin fatte dal suo successore, Chruscev, nel febbraio del ‘56 al XX Congresso del Partito comunista sovietico, che determineranno la prima crisi del mondo comunista destinata a drammatizzarsi in ottobre con l’invasione sovietica dell’Ungheria in rivolta.

 

 

Il “libro bianco su Bologna”

Dossetti sfida ancora una volta i comunisti sul terreno dell’innovazione, non della conservazione.

Con l’aiuto di un gruppo di giovani intellettuali (tra cui Luigi Pedrazzi, Giovanni Galloni e il trentino Beniamino Andreatta), guidati da Achille Ardigò, lancia il Libro bianco su Bologna, un programma amministrativo che propone un modo nuovo, del tutto originale nel panorama italiano, di pensare e governare la città, a partire dal decentramento.

Dossetti perde come previsto le elezioni (anche la borghesia conservatice, abituata ai compromessi vantaggiosi che i comunisti le offrivano, si era schierata contro di lui), ma il suo programma sarà ripreso dai suoi avversari e contribuirà a costruire una nuova cultura della città nel nostro paese.

Dossetti, pur sconfitto ancora una volta, lascia però, ancora una volta, il segno.

Le elezioni amministrative di Bologna (27 maggio 1956) lo portano comunque in consiglio comunale dove lavora all’opposizione per venti mesi.

Si dimette il 25 marzo 1958. Nel frattempo si è anche dimesso da professore universitario.

 

La copertina del “Libro bianco su Bologna”, il rivoluzionario programma per le elezioni comunali del 1956 che proponeva, per la prima volta in Italia, l’istituzione dei consigli di quartiere.

 

La scelta del sacerdozio

Qualcosa di decisivo è maturato nella sua vita: ha deciso di farsi prete, scegliendo definitivamente e con tutte le forze la sua strada.

Sarà ordinato il 6 gennaio 1959 da Lercaro. Mese fatidico, quello, per la Chiesa e per lo stesso Dossetti: il 25, papa Giovanni XXIII indice un concilio ecumenico. Sarà il Concilio Vaticano II, un evento che cambierà radicalmente la Chiesa, chiamata a riscoprire il significato profondo delle sue origini e a togliersi secolari incrostazioni che ne ostacolavano la credibilità e la freschezza dell’annuncio.

Ma allora quasi nessuno immaginava cosa poteva essere quel Concilio.

Il Papa lo inaugura l’11 ottobre 1962 (si concluderà nel dicembre del ‘65). Pochi giorni prima aveva ricevuto in udienza Lercaro, Dossetti, Paolo Prodi; Alberigo, Jedin, C. Leonardi, Joannou che gli avevano presentato il volume sui decreti dei Concili, risultato del lavoro del Centro di documentazione bolognese e della Piccola Famiglia dell’Annunziata.

Un mese dopo, il 5 novembre, il cardinale Lercaro chiama Dossetti a Roma come suo stretto collaboratore per seguire i lavori del Concilio.

E qui Dossetti scrive un altro, straordinario capitolo della sua biografia.

 

Dossetti sacerdote. (Archivio Piccola Famiglia dell’Annunziata)

 

Il contributo al Concilio Vaticano II

Dopo aver analizzato criticamente per Lercaro lo schema preparatorio sulla Chiesa distribuito ai Padri conciliari, che ne disegnava ancora una immagine vecchia e più simile al modello politico statuale, collabora alla stesura di alcuni interventi del suo grande vescovo che collocano Lercaro nell’area più innovatrice dei Padri.

L’esperienza all’assemblea Costituente viene ampiamente valorizzata da Dossetti al fianco di Lercaro per la stesura di una nuova proposta di regolamento dei lavori conciliari. Proposta accolta.

Dossetti diventa il segretario del collegio di quattro cardinali (personalità del calibro di Agagianian, Döpfner, Suenens, Lercaro) che quotidianamente prepara l’ordine del giorno dell’Assemblea.

Gli interventi del cardinale di Bologna sono sempre più vigorosi ed influenti, soprattutto su temi come la povertà, la riforma liturgica, i rapporti con gli ebrei e la tradizione dell’Oriento cristiano, la pace.

Nel dicembre del ‘63 Dossetti viene chiamato a far parte del gruppetto di esperti incaricato di redigere la formula con cui i testi approvati dai Padri conciliari verranno promulgati dal Papa (che ora è Paolo VI, salito al soglio pontificio nel giugno di quell’anno).

Concluso il Vaticano II, si apre la fase entusiasmane e critica della sua attuazione.

Dossetti è ancora accanto a Lercaro che intende fermamente rinnovare la Chiesa di Bologna secondo il Concilio. Assume un ruolo di primo piano.

Si promuove un vasto coinvolgimento di fedeli. Nel gennaio del 1967 è nominato pro-vicario dell’arcidiocesi di Bologna.

Ma la reazione anticonciliare si fa ben presto sentire e il cardinale Lercaro, che nel frattempo ha pronunciato dure parole contro i bombardamenti americani in Vietnam, è costretto, all’inizio del ‘68, a lasciare la diocesi. Dossetti abbandona gli incarichi diocesani.

Un’altra’ sconfitta, ma anche un altro segno che resta, forte, fecondo.

 

La Piccola Famiglia dell’Annunziata

Si dedica alla sua Piccola Famiglia dell’Annunziata, di cui riprendiamo ora la storia.

Preghiera, frequentazione e studio della Bibbia e dei Padri, povertà, comunione con la diocesi sono i caratteri essenziali della comunità.

È composta di un ramo femminile e di uno maschile; quest’ultimo comprende sia fedeli che hanno avuto l’ordinazione sacerdotale sia fedeli laici, non sposati o coppie di sposi che partecipano alla vita della comunità continuando però la vita normale di tutti i giorni.

La singolare comunità monastica prenderà sede, nel 1964, a Monteveglio, sull’Appennino emiliano.

 

Monteveglio (Bologna) (Foto di V. Passerini)

 

L’interno dell’Abbazia di Monteveglio. Qui Dossetti tenne dal 1966 al 1972 il sabato sera, in preparazione della messa domenicale, una Liturgia della Parola molto seguita e partecipata. (Foto di V. Passerini)

 

Il libro di don Giuseppe Donati, parroco di una piccola parrocchia del bolognese, ricostruisce l’esperienza delle Liturgie della Parola tenute da Dossetti nell’abbazia di Monteveglio (Il Mulino, 1975).

 

In Terra Santa e in India

Nel 1972 (dopo alcuni anni di contatti) Dossetti, con un’altra formidabile intuizione profetica, porta un nucleo della Famiglia in Terra Santa, a Gerico, occupata da Israele dopo la Guerra dei sei giorni, per ritrovare le radici ebraiche del cristianesimo e la linfa vitale dell’Oriente ortodosso, due capisaldi dell’azione di rinnovamento conciliare (e molto cari a Don Divo Barsotti che dal ‘52 al ‘65 era stato suo direttore spirituale, prima che le loro strade si dividessero proprio sulla questione del Concilio; Barsotti è un altro grande personaggio: sacerdote e monaco, teologo e mistico, poeta e autore di pregevoli commenti biblici, fondatore della comunità di Settignano, fu tra i primi in Italia fin dalla metà degli anni ‘40 a recuperare la grande tradizione dell’ortodossia russa).

L’amore per il popolo ebraico non impedisce però a Dossetti di prendere posizione in tutti questi anni a favore della causa dei palestinesi, privati dei loro diritti fondamentali.

Oggi la sua comunità è presente in Giordania, a Ma’in presso Madaba, e nel territorio palestinese a Ain Arik, presso Ramallah.

La vita di Dossetti si divise spesso tra l’Italia e il Medio Oriente. Dal 1989 al 1992 visse ininterrottamente tra Giordania e Palestina.

La comunità si stabilisce anche in Calabria (1983, a Bonifati, in provincia di Cosenza) e, su invito del cardinale Biffi, arcivescovo di Bologna, a Monte Sole (1985) nel territorio di Marzabotto, nei luoghi dove si manifestò l’orrore delle stragi naziste (settembre 1944, 900 civili massacrati, coi loro sacerdoti, nelle case, nelle chiese, nei campi, nel cimitero), per conservare nella preghiera la memoria di quel dolore, simbolo di una tragedia epocale. Un altro modo per Dossetti di vivere profondamente la Resistenza, cui aveva partecipato trentenne e il cui significato andava ben al di là di una serie di battaglie militari e politiche.

Fratelli e sorelle della comunità, e lo stesso Dossetti, si recano anche in India, alla frontiera – affascinante, contraddittoria, difficile – con 1’Oriente non cristiano.

La Piccola Famiglia dell’Annunziata viene “canonicamente” eretta ad “associazione diocesana pubblica di fedeli” l’8 maggio del 1986 dall’arcivescovo Biffi.

Oggi comprende 25 fratelli, 50 sorelle e 32 sposi distribuiti nelle quattro sedi. Alle sorelle della comunità di Monteveglio si deve, tra l’altro, la cura della prima edizione integrale italiana della Filocalia, edita da Gribaudi in quattro volumi (1982-1987), classica antologia dei tesori di spiritualità dei Padri cristiani dell’Oriente.

 

Foto dei fratelli e sorelle della Piccola Famiglia dell’Annunziata con don Giuserppe Dossetti a Ma’in in Giordania (Foto: Archivio Piccola Famiglia dell’Annunziata tratta dal libro di suor Cecilia Impera, “Al monte santo di Dio. La mia vita con la comunità di Dossetti”, Il Margine, Trento 2012).

 

1986, il ritorno sulla scena pubblica

Dossetti negli anni ‘70 ed ‘80 tiene conferenze, meditazioni spirituali, omelie, riflessioni bibliche soprattutto nel bolognese, nell’abbazia di Monteveglio, per la sua comunità e per gruppi di cristiani.

Torna sulla scena pubblica nazionale nel 1986, quando i1 sindaco di Bologna gli consegna l’Archiginnasio d’oro, la più alta onorificenza della città. Tiene poi, in quell’anno e per tutto il decennio che chiude la sua vita, importanti discorsi, in diverse circostanze e in vari luoghi d’Italia, e pubblica alcuni scritti altrettanto importanti.

Sembra quasi esservi in lui una sovrabbondanza di riflessioni e intuizioni (anche di preoccupazioni) che chiedono con urgenza, prima dell’epilogo, di essere comunicate, meglio, seminate per germogliare un giorno.

 

 

Uno scritto di Giuseppe Lazzati e una ricostruzione storica del giornalista Antonio Airò in una pagina del “Giorno” del 22 febbraio 1986 dedicata alla consegna, quel giorno, a don Giuseppe Dossetti dell’Archiginnasio d’oro da parte del sindaco di Bologna.

 

In difesa della Costituzione

Ma prima di morire interviene ancora appassionatamente nelle vicende politiche, in un momento cruciale della storia d’Italia.

Il 27 e 28 marzo del 1994 le destre di Berlusconi e Fini vincono le elezioni politiche e annunciano preoccupanti propositi di riforma costituzionale. Dossetti scende subito in campo e il 15 aprile, da un letto d’ospedale, nell’imminenza dell’anniversario della Liberazione, auspica con un forte appello, in una lettera al sindaco di Bologna, Walter Vitali, la nascita in tutta Italia di “comitati per una difesa dei valori fondamentali espressi dalla nostra Costituzione”.

L’appello viene rilanciato da Dossetti il 18 maggio, a Milano, in occasione della commemorazione di Lazzati nell’ottavo anniversario della morte.

Pronuncia un drammatico e vigoroso discorso (“Sentinella, quanto resta della notte?”, da Isaia 21, 11) in cui denuncia i pericoli dell’involuzione della Repubblica il “Principato più o meno illuminato, con coreografia medicea (trasformazione appunto di una grande casa economico-finanziaria in Signoria politica)”, grazie anche a “una manipolazione mediatica dell’opinione”.

Invita le coscienze cristiane al “rifiuto” globale, a non intavolare “nessuna trattativa” con i vincitori (queste parole sono rivolte soprattutto ai parlamentari del Partito Popolare), alla mobilitazione.

Eravamo presenti, e ricordiamo un Dossetti convalescente, che si muoveva a fatica, che aveva esordito con tono basso, con voce quasi fioca, ma che andava sempre più prendendo forza, quasi speranza, man mano che proseguiva nel suo accorato appello.

Il padre della Repubblica stava tirando fuori tutte le sue ultime energie (coincidenza carica di significati: tre giorni dopo, invece, la Procura di Palermo chiedeva il rinvio a giudizio di Giulio Andreotti per associazione mafiosa; lui e Dossetti erano partiti assieme cinquant’anni prima; due modi di intendere la politica, due esiti opposti; ci si chiede: chi era davvero il “concreto”, chi il “visionario”, chi ha vinto, chi ha perso?).

Mentre Dossetti parla, al Senato si vota la fiducia al governo (159 si, 153 no, 2 astenuti, volutamente assenti alcuni senatori Popolari). Due giorni dopo la fiducia sarà data, con ampio margine, dalla Camera.

 

Il discorso di Dossetti pubblicato dalle Edizioni San Lorenzo di Reggio Emilia nel 1994.

 

Nasce l’Ulivo con Romano Prodi

Dossetti comincia a girare l’Italia. Il suo appello è raccolto da laici e,cattolici, vecchi politici e giovani: nascono i Comitati. Dossetti interviene in varie sedi sul tema della revisione e della difesa della Costituzione.

Intanto il governo Berlusconi deve fare i conti con una opposizione politica sempre più forte, con una opinione pubblica sempre più disincantata, con molti e gravi problemi giudiziari. A dicembre il governo cade.

Nel gennaio 1995 nasce il governo Dini. In aprile scende in campo Romano Prodi a preparare con un intenso lavoro la coalizione di centrosinistra dell’Ulivo che un anno dopo, il 21 aprile del 1996, sconfigge il centrodestra.

Prodi diventa capo del governo. È un economista bolognese, viene da una famiglia che è sempre stata molto vicina a Dossetti.

È un altro frutto – a distanza di tempo – di quell’incredibile lavoro politico, culturale, spirituale che Giuseppe Dossetti ha messo in campo nei luoghi e nei momenti decisivi degli ultimi cinquant’anni di storia del nostro paese e della Chiesa, mai rinunciando all’altezza e alla profondità dello sguardo per timore di una momentanea sconfitta.

Dossetti muore il 15 dicembre 1996.

 

La tomba di Giuseppe Dossetti nel piccolo cimitero di Monte Sole, nel comune di Marzabotto, uno dei luoghi delle terribili stragi nazifasciste. (Foto tratta dal libro di Fabrizio Mandreoli, Giuseppe Dossetti, Il Margine, Trento 2012).

 

 

Nota bibliografica (1997)

La bibliografia relativa a Giuseppe Dossetti è molto ampia e non è questa la sede per riproporla. Lo scopo di questa scheda è soltanto quello di suggerire alcuni testi per cominciare a conoscere un po’ più a fondo la vita e l’opera di questo protagonista del nostro tempo.

 

Scritti su Dossetti

Il libro di Giuseppe TROTTA, Giuseppe Dossetti, la rivoluzione nello Stato, Firenze, Camunia, 1996, pp. 491, uscito alcuni mesi prima della morte di Dossetti, è una biografia solida e ben scritta, che privilegia la vicenda politica. Contiene anche una ricca bibliografia e molte interessami note.

Un testo importante per conoscere i vari momenti della vita di Dossetti è il discorso in gran parte autobiografico che pronunciò a Bologna nel 1986 quando gli fu consegnato l’Archiginnasio d‘oro. Quel discorso, corredato di molte utili note da parte dei curatori, è ora in G. DOSSETTI, Con Dio e con la storia. Una vicenda di cristiano e di uomo, a cura di Angelina e Giuseppe ALBERIGO, Genova, Marietti, 1986.

Una puntuale cronologia della vita di Dossetti (fino a due anni prima della morte) è stata pubblicata da Alberto MELLONI in G. Dossetti, La ricerca costituente, I945-I952, a cura di A. MELLONI, Bologna, I1 Mulino, 1994.

Sugli anni della Resistenza: Salvatore FANGAREGGI, II partigiano Dossetti, Firenze, Vallecchi, 1978.

Sugli aspetti politici, tra i tanti: Gianni BAGET BOZZO, Il partito cristiano al potere. La DC di De Gasperi e Dossetti, Firenze, Vallecchi, 1978; Paolo POMBENI, Il gruppo dossettiano e la fondazione della democrazia italiana, Bologna, Il Mulino, I979; Giovanni TASSANI, La terza generazione. Da Dossetti a De Gasperi, tra Stato e rivoluzione, Roma, Edizioni Lavoro, 1988.

Sugli aspetti sociali ed economici: Vincenzo SABA, Quella specie di laburismo cristiano. Dossetti, Pastore, Romani e l’alterativa a De Gasperi, 1946-1951, Roma, Edizioni Lavoro, 1996.

Sulla cruciale questione dell’Alleanza Atlantica: Guido FORMIGONI, La Democrazia Cristiana e l’alleanza occidentale (1943-1953), Bologna, Il Mulino, 1996

La vicenda delle elezioni amministrative del ‘56 a Bologna è ben documentata nel libro di Mario TESINI, Oltre la città rossa. L’alternativa mancata di Dossetti a Bologna (1956-1958), Bologna, Il Mulino, 1986.

La nascita del Centro di documentazione è scala ricostruita da Daniele MENOZZI nel saggio Le origini del Centro di documentazione (1952-1956), pubblicato in Con tutte le tue forze.  I nodi della fede cristiana oggi. Omaggio a Giuseppe Dossetti, a cura di Angelina e Giuseppe ALBERIGO, Genova, Marietti, 1986.

La stagione delle Liturgie della Parola tenute nell’Abbazia di Monteveglio è descritta e documentata in Giuseppe DONATI, Le omelie di Dossetti a Monteveglio (1966-1972). Una studio sulla Liturgia della Parola e la partecipazione dei fedeli, Bologna, Il Mulino, 1975.

Molto poi è stato scritto in occasione della morte di Dossetti. Una rassegna stampa dei principali commenti apparsi sui giornali é stata raccolta nel n. 90 di “Adista”, 21 dicembre 1996.

L’Omelia pronunciata dal cardinale Biffi ai funerali è stata pubblicata su “Il Regno”, 3/1997.

Su “Il Regno”, 2/1997, si può trovare l’elenco dei quattordici articoli pubblicali su Dossetti dalla rivista dal 1985 ad oggi.

 

Su Dossetti “Il Margine“ ha pubblicato:

Federico MIONI, Dossetti e il confronto con la storia, 9/1987

Fulvio DE GIORGI, Gli ottant’anni di Dossetti, 2/1993; Resistite fortes in fide. Giuseppe Dossetti e il “diritto di resistenza”, 8-9/1997;

Alberto CONCI, L’imperativo della liberazione, 4/1997; id, Una memoria pericolosa, 8-9/1997

Stefano RODOTÀ, Tra etica politica e coscienza civile, 4/1997;

Guido FORMIGONI, Un cristiano radicale nella Chiesa e nello Stato, 4/1997;

Paolo BERLANDA, Profezie che si stanno avverando, 4/1997;

Paolo PRODI, L’inveramento della politica, 4/1997;

Cecilia IMPERA, La parola che crea, 4/1997;

Marcello FARINA, Non è con la forza dei potenti che si vincono le battaglie di Dio, 4 /1997;

Vincenzo PASSERINI, Dossetti, un uomo conquistato dalla Parola, 1/1986, ora anche su questo sito; id, La politica, i cristiani, l’utopia: Parla Dossetti, 1/1987, ora anche su questo sito; id, L’anno dei “dossettiani”, 10/1986, ora anche su questo sito.

 

Scritti di Dossetti

Il primo periodo di attività politica è documentato in G. DOSSETTI, Scritti reggiani, Roma, Cinque Lune, 1982.

Una organica e ben curata raccolta di scritti politici si può trovare in G. DOSSETTI, Scritti politici 1943-1951, a cura di G. TROTTA, Genova, Marietti, 1995.

Gli interventi pronunciati da Dossetti all’Assemblea Costituente, sia nelle commissioni sia nelle sedute plenarie e in Parlamento, sono ora pubblicati nel bel volume G. DOSSETTI, La ricerca costituente I945-1952, a cura di A. MELLONI, Bologna. Il Mulino. 1994.

Gli articoli di Dossetti su “Cronache Sociali” sono tutti in “Cronache Sociali”. Antologia, a cura di M. GLISENTI e L. ELIA, Firenze, Landi, I962.

Il testo della importante relazione introduttiva al Convegno nazionale dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani del novembre 1951 su “Funzioni e ordinamento dello Stato moderno” è stato pubblicato, insieme alle relazioni di Moro, Romani, Prosperetti, Baget Bozzo, Amorth, La Pira nel volume I problemi dello Stato, Roma, Cinque Lune, 1977.

Il Dossetti canonista si può conoscere attraverso sei importanti scritti pubblicati nel volume G. DOSSETTI, “Grandezza e miseria” del diritto della Chiesa, a cura di F. MARGIOTTA BROGLIO, Bologna, Il Mulino, 1996.

I testi fondamentali della Piccola Famiglia dell’Annunziata (Piccola Regola, Statuti, Rito della professione religiosa) sono stati pubblicati su “Il Regno”, 3/1997.

Per la sua concezione del monachesimo si legga la relazione al convegno dell’Università Cattolica a Sorrento del 1986, Testimonianza di un monaco, pubblicata in “Il Regno”, 19/1996 e l’intervento alla tavola rotonda “Il monachesimo tra oriente e occidente”, tenutasi nell’ambito del sinodo del ‘94, intitolato Identità pancristiana del monachesimo e sue valenze ecumeniche, pubblicato in “Il Regno”, 19/1994 e successivamente nel volume sul Concilio che si cita qui di seguito.

Per il Concilio, il volume G. DOSSETTI, Il Vaticano II. Frammenti di una riflessione, a cura di F. MARGIOTTA BROGLIO, Bologna, Il Mulino, 1996, che contiene quattro suoi splendidi scritti sulla “grande e bella avventura ecumenica” tra cui il testo della commemorazione di Lercaro del 1991 e la prolusione all’inaugurazione dell’anno accademico ‘94-’95 dello Studio Teologico Interdiocesano di Reggio Emilia.

Sul tema biblico, carissimo a Dossetti e presente in ogni momento della sua opera, ricordiamo qui soltanto la sua lunga e appassionata Introduzione alla imponente edizione di Genesi, curata da don Umberto NERI, (Torino, Gribaudi, 1986), suo confratello, grande biblista, anche lui scomparso recentemente.

Al Congresso eucaristico di Bologna del 1987 Dossetti tenne una relazione, impegnativa ma assai sostanziosa (erano tempi in cui i congressi eucaristici erano un po’ diversi da quelli oggi in voga), intitolata Per la vita della città, ora ripubblicata nel volumetto G. DOSSETTI, Eucaristia e città, Roma, AVE, 1997.

Alcune sue forti meditazioni sulla Chiesa sono in G. DOSSETTI e U. NERI, Alcuni aspetti del mistero della Chiesa, “Sussidi Biblici. Rivista trimestrale della Chiesa vescovile di San Lorenzo in Nebbiara, Reggio Emilia”, n. 2/1985.

Da non dimenticare il saggio introduttivo di Dossetti al bellissimo volume di Luciano GHERARDI, Le querce di Monte Sole. Vita e morte delle comunità martiri fra Sena e Reno, 1898-1944, Bologna, I1 Mulino, 1986, che racconta le vicende umane e spirituali e l’ultimo tragico capitolo delle comunità della zona di Marzabotto.

L’accorato discorso che Dossetti tenne il 18 maggio 1994 in commemorazione di Lazzati è in G. DOSSETTI, “Sentinella, quanta resta della notte?”, Reggio Emilia, Edizioni San Lorenzo, 1994; oppure in “Il Regno”, 13/1994, e in Lazzati, un cristiano nella città dell’uomo, a cura di A. OBERTI, Roma, AVE, 1996.

Altri discorsi e scritti della battaglia civile di Dossetti dal ‘94 in poi in difesa dei valori della Costituzione italiana si possono trovare in G. DOSSETTI, Conversazioni, Milano, Cooperativa culturale In Dialogo, 1994; e in G. DOSSETTI, I valori della Costituzione, Reggio Emilia, Edizioni San Lorenzo, 1995.

La rivista di Bologna “Il Regno” ha pubblicato in questi anni i testi integrali di alcuni importanti interventi pubblici di Dossetti, sia a carattere religioso che politico. L’elenco completo di questi è in “II Regno”, 2/1997.

 

Anche “Il Margine” ha pubblicato alcuni interventi di Dossetti, e precisamente:

La politica, i cristiani, l’utopia. Parla Dossetti, 1/1987, pp. 9-16;

Appello per la promozione dei Comitati per la Costituzione, 4/ 1994, pp. 3-4;

La trappola, 5/1994, pp. 3-4;

Sentinella, quanto resta della notte?, 5/1994, pp. 5-16;

Ai Comitati per la Costituzione, 8/ 1994, pp. 3-6;

Le radici della Costituzione, 8/ 1994, pp. 7-17;

Costituzione oggi: principi da custodire, istituti da riformare, 2/1995, pp. 22-32;

Costituzione e riforme, 5/1995, pp. 12-26;

Buon lavoro: critico e costruttivo, 9/1995, pp. 22-23;

Il fantasma del presidenzialismo e le maschere tragiche della crisi, 1/1996, pp. 3-5;

I Comitati esprimono liberamente il proprio parere, 2/1996, pp. 9-10;

L’unica Chiesa della terra e del cielo (Testamento), 4/ 1997, pp. 5-6 (il T estamento).