Il calvario del popolo eritreo ha i suoi demoni e i suoi angeli. A guidare la schiera dei primi è Isaias Afewerki, il dittatore dell’Eritrea al potere da ventiquattro anni, vero principe delle tenebre, angelo caduto, liberatore del suo popolo e poi suo aguzzino, secondo un triste copione non raro nella storia dei movimenti di
Vento e neve hanno reso più difficile in queste ore l’evacuazione dei civili rimasti ad Aleppo est, crocifissa da quasi cinque anni di guerra e da sei mesi di assedio feroce. Eppure, dopo tante bombe cadute dal cielo quei fiocchi di neve sembrano portare un messaggio di salvezza a quelle donne, a quei bambini, a
Perché partono? Perché affrontano questi viaggi pericolosi se sanno di rischiare la vita? Se sanno che magari non saranno accolti neanche bene? È una domanda che tanti si pongono, e che spesso mi pongono. Rispondo con i versi di una canzone. «Vestiti di stracci, in grandi greggi, noi, carichi di un incredibile dolore, ci
In questi mesi il salvataggio in mare e l’approdo sulle nostre coste di tanti profughi (153 mila fino a tutt’oggi, in questo 2016; 140 mila furono in tutto il 2015; 170 mila nel 2014) ripropone in termini di «emergenza» la questione migratoria, anche per le tante vittime dei naufragi, già più di 3.200 quest’anno. Ma
Italiani e austriaci si incontrano oggi al Brennero nel segno dell’Europa dei ponti e non dei muri. Quell’Europa dei ponti che fu dei padri fondatori, di De Gasperi, di Schuman, di Adenauer, di Spinelli e dei federalisti, l’Europa di Alex Langer, l’Europa che ha trovato oggi in papa Francesco il suo più appassionato e tenace
I profughi e i migranti mi sono sempre parsi persone molto sole. Il loro grido di aiuto non è molto ascoltato. Anche quando ci sono i naufragi dei barconi e la conta dei morti, i cuori che per un momento si sono lasciati scaldare da quelle tragedie tornano presto di ghiaccio.
L’anno che ci stiamo lasciando alle spalle (2015) ha visto un aggravarsi senza precedenti del dramma dei profughi asiatici e africani che cercano salvezza in Europa. Quanto sul modo di rispondere a questo dramma, davvero epocale, potranno influire le orrende stragi terroristiche, rivendicate dagli estremisti islamici dell’Isis, che venerdì 13 novembre hanno insanguinato Parigi (dopo
Di fronte all’immensa tragedia dei profughi, che marchia a fuoco come nessun’altra il nostro tempo, in molti sono tentati da una grande illusione: chiamarsene fuori. Ma se c’è una verità inconfutabile che queste gigantesche fughe di popoli ci stanno dicendo è che la pazienza dei disperati e dei poveri è finita.
Rubare sulla pelle dei disperati è ripugnante. Toglie il respiro, rischia di precipitarci nello sconforto più nero. Ma è proprio senza freni e senza pudore questa corruzione. Perché si è arrivati a questo punto? A rubare, come è successo a Roma, e non solo, sui rifugiati, sui migranti in fuga dalle bombe e dai proiettili,
I mesi da gennaio a maggio 2015 durante i quali si è svolta questa ricerca del Forum trentino per la pace sono stati terribili per i profughi in rotta verso le nostre coste, fuggiaschi da guerre e persecuzioni: 300 morti in un naufragio vicino alle coste libiche nei primi giorni di febbraio; altri 250 morti
È la splendente, maledetta domenica 19 aprile 2015. Con un sole così, e nel paradiso di Merano, grazioso cestino di boccioli, arrivano come da un lontano inferno le notizie del più orrendo naufragio di migranti finora accaduto nel Mediterraneo. Ma non è un inferno estraneo a questo paradiso.
Una donna scheletrita, appoggiandosi a un bastone, porge una ciotola a un’altra donna, seduta, sfiancata. Accanto a loro un uomo, ritto sulle punte dei piedi, alza le braccia al cielo, sottili e diritte come frecce, implorando. Un cane è accovacciato, la testa piegata. Sembra un’immagine del Sudan di questi giorni. È il monumento bronzeo, realizzato