Un Tribunale delle donne per le donne rifugiate

Seduta del Tribunale delle donne (dal sito B-Hop Magazine).

Tra le storie raccontate nel nostro libro La speranza che muove il mondo. Umanità migrante c’è quella del “Tribunale delle donne per i diritti delle donne migranti” nato a Roma su iniziativa della Casa Internazionale delle donne che si è ispirata alla storia esemplare del Tribunale delle donne di Sarajevo.

Proponiamo qui due delle sei testimonianze di donne rifugiate afghane raccontate nel libro: quella di Neelai Barekin, esperta di diritti umani, dove prevalgono gli aspetti positivi dell’accoglienza che ha trovato in Italia, e quella di Mahboba Islami, chirurga, che invece non ha visto riconoscere in Italia i suoi studi e le sue competenze. (Vincenzo Passerini)

 

Un Tribunale delle donne per le donne rifugiate

di Vincenzo Passerini

(tratto dal libro La speranza che muove il mondo. Umanità migrante)

Due donne afghane rifugiate presenti alla prima seduta del Tribunale delle donne. (dal sito B-Hop Magazine”)

Non ha una giuria, ma una commissione di ascolto, formata da giuriste ed esperte. Non nasce sulla base di una legge, ma per l’impegno appassionato di donne e associazioni femministe.

Non emette sentenze, ma promuove diritti. Quelli delle donne migranti in Italia. Partendo dal loro ascolto. E portando le loro istanze all’attenzione della società civile e delle istituzioni.

Il “Tribunale delle donne per i diritti delle donne migranti” è nato a Roma su iniziativa della Casa Internazionale delle donne che si è ispirata alla storia esemplare del Tribunale delle donne di Sarajevo. È finanziato dalla Chiesa Valdese, ha come partner le associazioni Differenza Donna e Lesconfinate ed è sostenuto da altre associazioni.

La prima seduta si è tenuta il 27 maggio 2023.

Protagoniste sono state alcune donne afghane. Hanno portato le loro testimonianze, cariche di dolore e speranza, di sogni realizzati e delusioni, di diritti riconosciuti o conculcati. Ne riportiamo una sintesi, tratta dal resoconto diffuso dalle promotrici del “Tribunale”.

Neelai Barekin lavorava in un’organizzazione internazionale ed era attivista per i diritti umani. In Italia ha dovuto ricominciare da zero. Non ha subito alcuna discriminazione culturale, anzi è stata incoraggiata nel proseguire la sua attività per i diritti umani, le donne e il popolo afghano. Frequenta un master all’Università di Roma Tre con una borsa di studio. Ha ricevuto tutte le cure per lei e il suo bambino.

Ha dovuto lasciare l’Afghanistan due volte. La prima, con il governo dei talebani più di 20 anni fa quando era bambina. La sua famiglia si era rifugiata in Pakistan, dove la parola migrante aveva un’accezione dispregiativa. Che non ha riscontrato invece in Italia, dopo essere nuovamente fuggita dal suo Paese con il ritorno dei talebani al potere nell’agosto 2021. Qui si sente una donna libera e frequenta un master in cooperazione internazionale. “Nessuno vorrebbe lasciare la propria patria. Accettate le persone migranti con le loro differenze culturali, ma con gli stessi diritti dei cittadini europei”.

Mahboba Islami è chirurga, docente universitaria, attivista femminista di un’organizzazione a Kabul. Con il primo governo dei talebani si era rifugiata in Iran dove ha subito molte discriminazioni. È riuscita comunque a studiare. Con la caduta del governo dei talebani era tornata in Afghanistan dove ha continuato gli studi. Nel 2011 ha partecipato a un movimento di donne chirurghe. Lavorano con difficoltà in una società maschilista. Si trovano di fronte casi di torture e di violenza domestica contro donne.

In Italia è stata aiutata da Differenza Donna, ma non ha visto riconoscere tutti i suoi studi e la sua professionalità. Le offerte di lavoro sono di badante o lavoratrice nei ristoranti o al massimo di mediatrice culturale. “Eppure l’Italia ha bisogno di medici, ma non sfrutta le nostre professionalità. Abbiamo lasciato il nostro Paese perché non ci permettevano di studiare e lavorare e paradossalmente abbiamo trovato la stessa situazione anche qui in Italia”.

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Il sito della Casa Internazionale delle donne e del “Tribunale delle donne” (VEDI)