Forse sarai straniero anche tu

I mesi da gennaio a maggio 2015 durante i quali si è svolta questa ricerca del Forum trentino per la pace sono stati terribili per i profughi in rotta verso le nostre coste, fuggiaschi da guerre e persecuzioni: 300 morti in un naufragio vicino alle coste libiche nei primi giorni di febbraio; altri 250 morti in un naufragio all’inizio di aprile; poi il 19 aprile la tragedia più orrenda, forse 900 annegati. Altri 120 morti due giorni dopo.

Una carneficina dopo l’altra. Decine di migliaia i profughi soccorsi dalla Marina militare e portati in salvo.

Tra scene commoventi e strazianti, quella prima metà del 2015 resterà nella nostra storia recente come uno dei capitoli più dolorosi.

 

La scuola ignora la tragedia

 

Ma non sembra che l’enormità di questa tragedia sia stata percepita adeguatamente nelle nostre scuole. Come si trattasse di una guerra lontana. Che non meritava una seria attenzione, studio delle cause, indagine accurata del fenomeno, sforzo di conoscenza e di comprensione. Quello cioè che ci si dovrebbe attendere da una scuola e da studenti che vivono nel loro tempo. Se non la scuola, chi?

La ricerca del Forum trentino per la pace non ci rivela studenti particolarmente consapevoli di quello che stava succedendo.

Quasi la metà di loro avrebbe rimandato indietro quegli infelici. Indietro dove?

Sapevano i nostri giovani da dove partivano quelle migliaia di disperati, quali Paesi lasciavano, perché li lasciavano? Non lo sapevano, forse nessuno glielo aveva spiegato. Forse.

Forse sono stati lasciati in balia delle paure e delle ostilità.

 

Prigionieri del pregiudizio

 

Non posso tacere questa impressione di lontananza della nostra scuola da un dramma così epocale, così enorme, tale da scuotere tutto il nostro mondo.

Mi confesso però un osservatore poco obiettivo, perché troppo coinvolto. Da anni ho fatto mia la causa dei più deboli, e tra di essi dei migranti e dei profughi. Spesso mi sono sembrati i più soli.

Mi perdoneranno i lettori e il Forum se sono di parte.

Molti studenti si rivelano, in tema di rifugiati e immigrati, prigionieri dei pregiudizi, consapevoli si esserlo, incapaci di liberarsene. Su per giù la metà di loro.

Tutti loro (il 94%!) avvertono che il razzismo verso gli immigrati è diffuso nel nostro paese. Lo sentono ovunque, lo respirano dappertutto, in famiglia, sulla Rete, tra gli amici.

Sono forti e brutali le parole contro gli immigrati. Si ride, si sghignazza, si insulta. Si fa girare l’ultima battuta feroce del propagandista di turno. E per un po’ si crede che le proprie paure siano esorcizzate: se togliessero dai piedi quegli invasori il nostro futuro potrebbe essere migliore…

 

Sanno che è razzismo, ma seguono il gruppo

 

Però sentono che qualcosa non va, che forse non è poi così vero. Il 94% di loro sente che è “razzismo”. Che sugli immigrati c’è razzismo.

E cos’è il razzismo?

Complesso di manifestazioni di intolleranza espresso attraverso forme di disprezzo, di emarginazione o di violenza nei confronti di individui o gruppi appartenenti a comunità etniche e culturali diverse (“Il vocabolario della lingua italiana Treccani“);

Ogni atteggiamento o manifestazione di intolleranza basata su pregiudizi sociali” (“Il Sabatini Coletti. Dizionario della lingua italiana“).

 

E che cos’è un pregiudizio?

Opinione concepita sulla base di convinzioni personali e prevenzioni generali, senza una conoscenza diretta dei fatti, delle persone, delle cose” (“Vocabolario Treccani“).

 

Tutti gli studenti che hanno compilato il questionario sono consapevoli che verso gli immigrati sono dominanti atteggiamenti di intolleranza basati su opinioni prive di conoscenza diretta dei fatti, delle persone, delle cose.

Però solo la metà di loro si libera di questi atteggiamenti razzisti. È una metà oscillante, che tra una domanda e l’altra tende più a calare che a crescere. La resistenza al pregiudizio mostra vistosi cedimenti, anche se non viene mai meno lo zoccolo duro dei resistenti.

 

“Ti portano a pensare che sono pericolosi”

 

Gli altri ne rimangono prigionieri. Non hanno la forza di spezzare le catene mentali che li imprigionano, di esprimere un’opinione diversa da quella del gruppo, della Rete, della famiglia. “Ti portano a pensare che sono pericolosi, ci si può fidare di meno, rubano”, “Sugli stranieri c’è tanto pregiudizio: ti hanno inculcato l’idea che devi averne paura (e ne hai)”, dicono poi nel focus.

E quanto sia vero lo dimostra il fatto che il 49,7% di loro risponde che è d’accordo (molto o abbastanza) con chi dice che “gran parte degli immigrati nel nostro Paese svolge attività criminali o illecite”, mentre non è d’accordo il 43,3% e il 7% non sa o non risponde. C’è opinione più priva di conoscenza diretta dei fatti, delle persone, delle cose di questa? C’è pregiudizio più grande? C’è razzismo più evidente?

Cosa dovremmo dire: che dei 50.000 immigrati che vivono in Trentino 30.000, o 40.000, cioè la maggior parte di loro, svolgono attività criminali o illecite? Gli studenti avvertono che è un’idiozia, che non può essere vero.

 

“Sentito dire”

 

E infatti nel focus affermano che negli episodi di cronaca nera “i media dicono la nazionalità solo quando sono stranieri” e “come Salvini che su 10 casi di furto uno è straniero e lui lo mette su Facebook per far sembrare…”.

Però intanto si adeguano, finiscono per accettare il pregiudizio (“su 100 persone, 5 sono persone perbene”), si siedono mentalmente sul pregiudizio, si mettono in coda, rinunciano a quel bagliore di “non può essere vero, questo è solo razzismo” che pure è balenato dentro di loro.

E finiscono, i più, per dirsi d’accordo con l’affermazione che “gran parte degli immigrati stranieri nel nostro Paese svolge attività criminali o illecite”.

Il 63,3%, poi, si dichiara d’accordo con l’affermazione che “lo Stato è più attento a dare benefici in termini di assistenza, assegnazioni alloggi e sanità agli immigrati che agli italiani”.

Se chiedessimo su quale conoscenza diretta dei fatti, delle persone e delle cose si basa questa opinione  troveremmo risposte molto vaghe, molti ‘sentito dire’. Intanto lo si ripete, però. “Vedo molti politici che favoriscono gli immigrati, gli danno la casa, quando ci sono persone italiane che hanno bisogno e li lasciano sotto i ponti”. Che poi su 135 alloggi pubblici assegnati in Trentino nel 2013 soltanto 14 siano stati dati a cittadini non comunitari, questo lo si ignora. Domina la disinformazione e la propaganda.

 

Occhi deformati

 

Quanto alle persone che vivono sotto i ponti, chi mai si è occupato di loro se non gli stessi che si occupano dei migranti?

Sanno gli studenti che fino a ieri, vorrei dire fino a pochi mesi fa, il razzismo usato contro gli immigrati era usato contro quelli che vivono sotto i ponti?

Sanno che don Dante Clauser quando aprì il Punto d’Incontro a Trento per accogliere le persone senza dimora si dovette scontrare con l’ostilità e il rifiuto di molte persone, lo stesso rifiuto e la stessa ostilità che oggi si manifestano contro coloro che accolgono i rifugiati? Sanno che è lo stesso razzismo, lo stesso pregiudizio e che a manifestarlo è la stessa tipologia di persone, gli stessi ambienti politici e culturali?

Perché il pregiudizio e il razzismo nascono nella mente, diventano strutture mentali con cui si guarda la realtà, occhi deformati, sguardi che cercano il diverso, quello che non è come te, l’infelice, il caduto per terra, l’errante – ieri il tossico o il senza dimora o il malato di Aids, oggi il rifugiato, l’immigrato – , lo cercano non per ritrovare in lui la tua stessa umanità fragile, perché anche tu sei fragile, spesso cadi, spesso sei errante, diverso, infelice; no, lo cercano per condannarlo, per rifiutarlo, per imputargli colpe, minacce, disgrazie. E sentire se stessi migliori, più sani, più giusti.

Liberarsi del razzismo e del pregiudizio implica cambiare lo sguardo interiore. Anche verso se stessi, non solo verso gli altri. Rendersi conto che tutti siamo fragili, erranti, bisognosi di essere accolti. Che tutti siamo stati stranieri, e magari lo saremo.

 

Forse sarai straniero anche tu

 

Magari finiti gli studi andremo all’estero (80.000 italiani sono andati all’estero nel 2013) e dovremo fare i conti sulla nostra pelle con quelli che dicono: “La maggior parte degli italiani che viene da noi svolge attività criminali o illecite”.

E tu farai fatica a spiegare loro che non è vero, che è solo un pregiudizio razzista, che ci saranno anche degli italiani delinquenti, ma che tu non sei un delinquente, e non lo sono neanche i tuoi amici, neanche i tuoi conoscenti italiani che sono in quella città straniera, che lavorano in una pizzeria o in uno studio di architettura o all’università o in una fabbrica, e che nessuno può permettersi di dire che la maggior parte degli italiani all’estero sono delinquenti.

E dovrai fare i conti con quelli che dicono che tu stai portando via il lavoro a quelli del posto.

E tu farai fatica a spiegare loro che non è vero, che tu hai vinto un concorso, che tu stai facendo un lavoro che quelli del posto non vogliono fare, o non sanno fare, che se avessero trovato qualcuno del posto, tu non saresti lì a fare quel lavoro, perché tu sei disposto a fare sacrifici che quelli di lì non vogliono fare, perché tu hai dentro una carica che ti fa fare le cose più difficili, più dure, e tu sai fare anche le cose che richiedono una testa speciale, forse solo la tua, o una manualità speciale, forse solo la tua, o una volontà speciale, forse solo la tua.

 

Voglio solo il mio pezzo di vita

 

E te la prenderai con i propagandisti politici di quella città, che cercano voti insultando i migranti italiani, comunque gli immigrati stranieri, perché è uno sport che rende politicamente prendersela con gli stranieri.

Te la prenderai con quei giornali che ogni volta che uno straniero combina qualcosa di storto fanno il titolone. E con quei telegiornali e quelle trasmissioni televisive che cercano il migrante che ha sbagliato e lo espongono all’insulto e alla vergogna di tutti.

E te la prenderai con tutta quella spazzatura che gira per la Rete: scoprirai quanto è orrenda quella spazzatura contro i migranti, anche quelli italiani come te.

E ti sentirai piccolo piccolo, ferito nel tuo essere più profondo.

Sentirai la disumana ingiustizia di quelle accuse contro tutti i tuoi connazionali, contro di te. Contro la “categoria” del migrante.

Non sono un mafioso, non sono un criminale, non porto via il lavoro a nessuno, non godo di privilegi, voglio solo il mio pezzo di vita, dirai a te stesso, e vorrai gridarlo ai quattro venti.

 

 

15 maggio 2015. Testo pubblicato nel volume Diritti alla pace. Ricerca su rappresentazioni e percezioni degli studenti trentini, a cura del Forum trentino per la pace e i diritti umani, Trento 2015, pp. 35-37.