(Dantedì) Osip Mandel’štam e la “Conversazione su Dante” respinta dalla censura sovietica

Osip Mandel’stam

Osip Mandel’štam, uno dei più grandi poeti russi del Novecento (per alcuni il più grande), tra la primavera e l’estate del 1933 soggiornò, insieme alla moglie, Nadežda Chasina, a Koktebel, sulla costa orientale della Crimea.

Lì compose la Conversazione su Dante che la censura sovietica gli impedirà di pubblicare.

Era nato nel 1891 a Varsavia in una benestante famiglia ebraica e aveva studiato a Parigi, Heidelberg, San Pietroburgo.

Negli anni che precedettero la prima guerra mondiale entrò a far parte dell’“acmeismo”, un nuovo movimento poetico russo d’avanguardia che aveva tra i suoi principali esponenti Nikolaj Gumiliëv, Sergej Gorodeckij e Anna Achmatova.

Mandel’štam scriverà nel 1919 il terzo manifesto dell’acmeismo.

Il movimento venne emarginato dalla cultura ufficiale sovietica.

Mandel’štam diventò un esiliato in patria. Fu oggetto di duri attacchi. Visse in povertà e riuscì a pubblicare su qualche rivista.

In Crimea, in quel 1933, i coniugi Mandel’stam videro i contadini fuggiti dalle grandi carestie dell’Ucraina, provocate da Stalin per punirli e che causarono milioni di morti. Ma la sconvolgente verità che stava dietro a quelle folle di profughi affamati emergerà chiaramente solo diversi anni dopo.

Durante quei mesi Mandel’štam lesse soprattutto i poeti italiani.

Nelle sue memorie, Nadežda scrive che un giorno riuscirono a procurarsi una risma di fogli grigi. “Avere la carta è sempre stato un miracolo per noi”, aggiunge.

Il poeta cominciò allora a dettare alla moglie la Conversazione su Dante.

“Ardeva tutto per Dante”, ricorda Anna Achmatova, che lesse il testo insieme all’autore nei mesi invernali. “Da pochissimo aveva imparato la lingua italiana. Recitava la Divina Commedia giorno e notte”.

Scrive Mandel’štam:

Leggere Dante è prima di tutto un lavoro interminabile, che a misura dei nostri successi ci allontana dalla meta. Se la prima lettura non dà che un po’ di affanno e una sana spossatezza, per quelle successive munitevi d’un paio di indistruttibili scarponi svizzeri ben chiodati.
A me, sul serio, vien fatto di domandarmi quante suole di pelle bovina, quanti sandali abbia consumato, l’Alighieri, nel corso della sua attività poetica, battendo i sentieri da capre dell’Italia.

 

La “Conversazione su Dante” curata da Remo Faccani per Il Melangolo (2003).

 

In inverno, le edizioni di Stato sovietiche rifiutarono di pubblicare la Conversazione e la respinsero al mittente.

In quei mesi il poeta scrive anche poesie contro il regime e una sarcastica ode a Stalin. Testi scoperti nel ’34. Subisce l’esilio e poi una nuova condanna.

Muore in un lager di transito, probabilmente il 27 dicembre 1938.

I sopravvissuti raccontarono che consolava i detenuti declamando, “cantando”, poesie italiane.

(E ci viene in mente Primo Levi che recitava il Canto di Ulisse, il XXVI dell’Inferno, ai compagni di sventura nel lager nazista).

La Conversazione su Dante fu pubblicata in Unione Sovietica nel 1967.

Nadežda Mandel’štam visse, emarginata,  fino al 1980. Salvò l’inestimabile tesoro delle poesie del marito e riuscì nei primi anni ’70 a far uscire clandestinamente dall’Unione Sovietica e pubblicare in occidente due bellissimi libri (era una scrittrice di valore), L’epoca e i lupi e Le mie memorie. Con poesie e altri scritti di Osip Mandel’stam, purtroppo da tempo non ristampati.

Di Osip Mandel’stam ci sono varie edizioni in italiano delle sue poesie e delle sue prose.

 

Le memorie di Nadežda Mandel’štam, con poesie e lettere di Osip, uscirono clandestinamente dall’Unione Sovietica e furono pubblicate in Italia da Garzanti nel 1971.

 

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(Per questo scritto abbiamo attinto abbondantemente al bel saggio di Remo Faccani, “Nello specchio della Divina Commedia”, posto a introduzione della Conversazione su Dante nell’edizione Il Melangolo, 2003, curata dallo stesso Faccani).

 

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