“La messa incompiuta di monsignor Romero” (Jon Sobrino)

«Monsignor Romero pronunciò la sua ultima omelia il 24 marzo 1980 nella cappella dell’ospedale della Divina Provvidenza, davanti ai malati di cancro.

Nel “piccolo ospedale” era solito preparare le sue omelie domenicali basandosi su libri di teologia biblica, relazioni sulle violazioni dei diritti umani e ogni altra fonte riguardante la povertà del popolo.

E nel piccolo ospedale, come Gesù al lago e nell’orto, pregava quel Dio che vede nel segreto.

…In quei momenti le persone più vicine a lui – a pochi metri dalla sua camera – erano donne malate terminali di cancro, povere, con in più la paura di non sapere cosa ne sarebbe stato dei figli una volta morte.

Quelle donne erano il simbolo di tutte quelle madri che hanno figli morti, scomparsi, torturati, e di un intero popolo sofferente.

 

Alle cinque del pomeriggio del 24 marzo monsignor Romerò celebrò una messa di anniversario per Doña Sarita.

Nonostante gli avessero consigliato di non farla – poiché la messa era stata annunciata dagli organi di stampa e poteva quindi essere stata notata da chi voleva ucciderlo – monsignore insistette per celebrarla e terminò l’omelia con queste parole:

Che questo corpo immolato, che questo sangue sacrificato per gli uomini siano alimento per noi, affinché anche noi offriamo il nostro corpo alla sofferenza e al dolore, come Cristo, non per noi stessi, ma per dare segni di giustizia e pace al nostro popolo.

Uniamoci allora intimamente nella fede e nella speranza in questo momento di preghiera per Doña Sarita e per noi.

 

In quel momento echeggiò uno sparo. Un cecchino mise un ‘amen’ pasquale alla sua parola, si era così consumata la sua identificazione con Cristo e la sua offerta a Dio e al suo popolo”.

Jon Sobrino

 

dalla prefazione a Oscar Arnulfo Romero, La messa incompiuta. Le ultime omelie di un vescovo assassinato, Edizioni Dehoniane Bologna, 2014.

 

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