Mario Luzi: “Gesù incontra le pie donne”

“Quando mi fu proposto di scrivere il testo per le meditazioni della Via Crucis ebbi, superata la sorpresa, un contraccolpo di vero e proprio sgomento. Ero invitato a una prova ardua su un tema sublime. La Passione di Cristo – ce ne può essere uno più elevato?”.

Così scrive Mario Luzi nella premessa alla “Passione” che compose per la Via Crucis al Colosseo del 1999, presieduta da Giovanni Paolo II (poi pubblicata dall’editore Garzanti).

Luzi scrive che, dopo aver a lungo riflettuto, decise che il suo testo sarebbe stato un ininterrotto monologo in cui “Gesù nella tribolazione della Via Crucis avrebbe confidato al Padre la sua angoscia e i suoi pensieri dibattuti tra il divino e l’umano, la sua afflizione e la sua soprannaturale certezza”.

Mario Luzi, nato il 20 ottobre 1914 a Castello, frazione di Sesto Fiorentino, è stato uno dei più grandi poeti italiani. Il presidente della Repubblica Ciampi lo nominò senatore a vita il 14 ottobre del 2004. Il neo senatore non considerò la nomina un mero rionoscimento. Intervenne subito, nel gennaio 2005, contro i progetti governativi di stravolgimento della Costituzione. Morì il 28 febbraio di quello stesso anno.

Dalla “Passione” di Luzi riprendiamo il testo della stazione “Gesù incontra le pie donne”, preceduto dal passo evangelico.

 

Lo seguiva una gran folla di popolo

e di donne che si battevano il petto

e facevano lamento su di lui.

Ma Gesù, voltandosi verso le donne, disse:

“Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me,

ma piangere su voi stesse e sui vostri figli.

Perché  se trattano così il legno verde,

che avverrà del legno secco?”

(Luca 23, 27-28. 31)

 

 

«Conoscerò la morte. La conoscerò umanamente,

da questa angusta porta mi affaccerò su di lei

che tu, vita onnipresente,

non conosci se non per negazione.

Tre giorni durerà per me

l’esilio che per altri non ha fine

poi la via mi richiamerà a sé

e avrà la vittoria. È previsto fin dal principio.

Quella pausa, Padre, m’impaura: è un luogo dove tu non sei

e io da solo senza di te pavento.

Che cosa mi aspetta, chi governa

il nulla, il non presente…il non essere?

O è un inganno della veduta umana

ciò che io impaurito ti confesso?

Devo io portare la vita dove la vita è assente

e portarla con la mia morte…

e questo è il prezzo, questo supplizio.

È così, Padre, io vanamente ti tormento.

Più che la morte è la via per arrivarvi,

la via crucis, che mi dà angoscia

perché è dolorosa e aspra nelle carni

e spezza il cuore di Maria, mia madre,

perché infame e odiosa

è la ressa di questi uomini e donne

aizzati contro di me.

Mi prende e mi tormenta il dubbio

che il mio insegnamento sia fallito.

La mia permanenza sulla terra è stata vana?

È bella la terra che tu hai dato all’uomo

e alle altre creature del pianeta

scelto per loro in mezzo all’universo. Io non sono di questo mondo,

eppure non potevo se non teneramente amarla

e ora quell’amore mi si ritorce contro.

“Non è su di me che voi dovete piangere”,

ho detto alle donne impietosite,

“ma sui vostri figli e su di voi stesse.

La terra sarà fatta un luogo di dolore”

ma il mio sacrificio è scritto che li assolva.

Piango anche io, Signore, vedo

i miei fratelli che afflitti rifaranno questa via

nei secoli, nei millenni.»

 

Mario Luzi

da La Passione. Via Crucis al Colosseo,

Garzanti, Milano 1999, pp. 33-36.