Don Milani a 50 anni dalla morte. Uno dei pochi rivoluzionari veri

In un paese ricco di rivoluzionari finti o mediocri, don Lorenzo Milani è stato uno dei pochi rivoluzionari veri.

E oggi, a cinquant’anni dalla sua morte, papa Francesco, a suo modo un rivoluzionario anche lui, si reca sulla sua tomba nel paesino di Barbiana in Toscana a rendergli omaggio. Non è vero che non accade mai niente di nuovo sotto il sole. Accade, accade.

La storia non è ferma, non gira su sé stessa, anche se non progredisce linearmente.

Fa passi in avanti, passi indietro, passi di lato, incespica, cade, perde la bussola, rovina, si rialza, riprende il cammino. Perché c’è sempre qualcuno che fa fare i passi in avanti. Papa Francesco, don Milani, ad esempio, anche don Primo Mazzolari, che pure sarà oggi riconosciuto nella sua grandezza profetica dal pontefice.

Qualcosa di inaudito sta accadendo nella Chiesa: la profezia rivoluzionaria non parte più dalla base per indirizzarsi al vertice, ma parte dal vertice e provoca al cambiamento la base. Non diciamo che non accade mai niente di nuovo sotto il sole.

 

Forza delle idee, forza della parola, forza della testimonianza

Don Milani è stato un vero rivoluzionario per la forza delle idee, per la forza della parola con cui le ha trasmesse, per la forza della testimonianza con cui le metteva per primo in pratica.

L’intreccio saldo e coerente di idee, parola e testimonianza ha dato alla sua lezione un’autorevolezza inaudita.

La sua non è stata una lezione ideologica, ma sapienziale. Per questo dura, per questo è più viva che mai a cinquant’anni dalla morte.

La forza delle sue idee la troviamo intatta nei suoi grandi scritti: “Esperienze pastorali” (1957), “Lettera ai cappellani militari toscani” (1965), “Lettera ai giudici” (1965), “Lettera a una professoressa” (1967).

 

Scuola di Barbiana, “Lettera a una professoressa”, Libreria Editrice Fiorentina, 2010, pp. 166.

 

Checco Zotti ci portò in classe la “Lettera a una professoressa”

Sono testi che il ’68, in primo luogo quello di Trento, di Sociologia, ha amato molto.

A portarci in classe “Lettera a una professoressa” nell’anno scolastico 1967-68 fu un insegnante supplente, Checco Zotti, che era uno dei leader a Sociologia. Ci fece il più bel regalo.

Checco Zotti non c’è più, ma chissà cosa penserebbe vedendo il papa a Barbiana, mentre tanti suoi compagni di strada rivoluzionari sono passati dall’altra parte.

I testi di don Milani hanno segnato profondamente la società, la chiesa, la cultura, la scuola, anche in Trentino.

 

Battaglie appassionate per gli ultimi

Ci sono centinaia, migliaia di persone, insegnanti, sacerdoti, sindacalisti, operatori sociali e della cultura, politici, uomini e donne di tutte le professioni, e poi obiettori di coscienza di ieri e giovani impegnati di oggi che possono testimoniarlo, che possono dire sì, sono debitore, sono debitrice di tanto a don Milani.

E in quel “tanto”, non ci sono solo idee, sentimenti, valori, ci sono interi pezzi di vita, ci sono scelte che a volte sono costate e costano, che sono state realizzate tra sacrifici e incomprensioni, ma anche momenti esaltanti, ci sono battaglie appassionanti e dure per la causa degli ultimi, dei più poveri, della giustizia sociale, della nonviolenza, della coscienza.

 

Il Vangelo ha posto i poveri sul seggio d’onore

Don Milani aveva un pensiero dominante, ed era il pensiero di un uomo di fede cristiana profonda: il Vangelo di Gesù Cristo che ha posto i poveri sul seggio d’onore, prima e più di qualsiasi altro annuncio che la storia abbia conosciuto, oggi è rifiutato dai poveri perché coloro che lo proclamano hanno dimenticato la causa dei poveri.

 

Don Lorenzo Milani, “Esperienze pastorali”, Libreria Editrice Fiorentina, 2004, pp. 477.

 

Così scriveva in “Esperienze pastorali”:

Per un prete, quale tragedia più grossa di questa potrà mai venire?

Esser liberi, avere in mano Sacramenti, Camera, Senato, stampa, radio, campanili, pulpiti, scuola e con tutta questa dovizia di mezzi divini e umani raccogliere il bel frutto d’esser derisi dai poveri, odiati dai più deboli, amati dai più forti.

Aver la chiesa vuota. Vedersela vuotare ogni giorno di più. Saper che presto sarà finita per la fede dei poveri

I poveri erano il suo tormento, che si faceva nello stesso momento azione concreta, creativa, incisiva, si faceva testimonianza.

 

La cultura serve per darla

Lui, di famiglia ricca e di grandi tradizioni intellettuali aveva lasciato tutto per servire i poveri. Non si può stare dalla parte dei poveri ed essere privilegiati.

Non si può stare dalla parte dei poveri e tenere per sé la cultura, nei circoli intellettuali che magari si definiscono progressisti: la cultura serve per darla. Hai un privilegio che devi condividere con chi non ha neanche la parola per difendersi, non ha un libro, non sa leggerlo, è escluso.

Non si può insegnare e dimenticare i più deboli: la scuola ha un solo problema, i ragazzi che perde.

 

 

La disobbedienza alla legge ingiusta

 

“L’obbedienza non è più una virtù”, Libreria Editrice Fiorentina, 2004, pp. 83. Il libro raccoglie la “Lettera ai cappellani militari toscani” e la “Lettera ai giudici”.

 

L’altro suo pensiero dominante era la coscienza, l’esercizio della libertà di coscienza nella chiesa e nella società.

Le leggi hanno un limite se vogliono invadere lo spazio della coscienza, e di fronte a leggi ingiuste e immorali la coscienza deve ribellarsi e rifiutare l’obbedienza.

Ciascuno risponde di se stesso. Il cristiano risponde davanti a Dio del male che fa, e non può coprirsi dietro nessuna legge.

Se ti impongono di fare il male, rifiuta, ne va della tua salvezza, della salvezza della tua anima. Ma anche della tua salvezza di uomo e di cittadino.

Quante azioni disumane sono state fatte nel silenzio delle coscienze, con la complicità di coscienze che obbedivano. Di credenti e non credenti.

 

Le coscienze libere cambiano il mondo

Don Milani non ha dato vita a movimenti sociali o ecclesiali. Né sono potuti nascere in suo nome dopo la sua morte.

La sua rivoluzione ha cambiato le coscienze, le singole coscienze, le singole persone, e queste hanno cambiato il mondo intorno a loro. Un piccolo pezzo di mondo. Una scuola, una parrocchia, la periferia povera di una città o di un paese del Terzo Mondo.

Le ideologie muoiono, le coscienze libere continuano a cambiare il mondo.

 

Pubblicato sul quotidiano “l’Adige” il 20 giugno 2017

 

Il discorso di papa Francesco sulla tomba di don Lorenzo Milani, Barbiana (FI) 20 giugno  2017

Ricco di documentazione di prima mano e promotore di importanti inziative di formazione, soprattutto per i giovani e le scuole, è il Centro di documentazione don Lorenzo Milani e Scuola di Barbiana di Vicchio, fondato e curato dagli ex alunni della Scuola di Barbiana e dal Comune di Vicchio.