Sunday Bloody Sunday. La domenica di sangue di padre Edward Daly

Quell’immagine si scolpì per sempre nel cuore di tanti.

Una strada di città.

Ai lati, in primo piano e di spalla, dei militari spianano il mitra verso quattro persone che avanzano di corsa portando un corpo, e davanti a loro un uomo apre le braccia come a proteggerle e sventola agitato un fazzoletto bianco insanguinato.

(in occasione del 50° anniversario del Bloody Sunday segnaliamo questo nostro articolo del 2016 – e altri)

 

È una memorabile foto del Bloody Sunday, la maledetta domenica del 30 gennaio 1972, quando i soldati inglesi spararono sulla pacifica folla dei manifestanti cattolici a Londonderry (ora Derry), in Irlanda del Nord, che fa parte del Regno Unito, e uccisero 13 persone. Un’altra morì in seguito per le gravi ferite riportate.

 

Jack Duddy aveva 17 anni

Una strage mai dimenticata e che è diventata anche una famosa canzone degli U2, entrata giustamente nel repertorio delle più belle canzoni pacifiste di tutti i tempi:

 

Non posso credere alle notizie di oggi
non posso chiudere gli occhi e farle andare via….

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Quell’uomo col fazzoletto bianco e in abiti borghesi è padre Edward Daly, parroco della cattedrale cattolica di S. Eugenio. Il corpo che il gruppetto tiene sulle braccia è quello del diciassettenne Jack Duddy, colpito a morte dai soldati inglesi.

Padre Daly, mentre correva di qua e di là sotto i proiettili soccorrendo i feriti e benedicendo i morti, l’aveva visto riverso a terra in un cortile aperto sulla strada e gli era subito andato accanto.

“Sto morendo?” gli aveva chiesto il ragazzo che sembrava ancora un bambino. Lui gli rispose di no, lo tranquillizzò, gli tenne stretta la mano e gli amministrò l’ultimo sacramento.

 

I soldati fermano la macchina col ferito grave

Le pallottole, come narrò un testimone, continuavano a fischiare sopra le loro teste e andavano a ficcarsinei muri di quel cortile. Arrivarono altri. Il gruppetto sollevò il ragazzo e corse lungo High Street in un disperato tentativo di salvarlo.

Trovarono una macchina e si precipitarono verso l’ospedale. La macchina fu fermata dai soldati e ispezionata, anche se erano evidenti le condizioni del ragazzo, probabilmente già morto. Tempi feroci, anche quelli.

Padre Edward Daly è morto lunedì 8 agosto in un ospedale di Derry. Aveva 82 anni e da tempo soffriva di cuore.

Due anni dopo il Blood Sunday fu nominato vescovo di Londonderry, ora Derry, a soli 40 anni. Lasciò l’incarico per motivi di salute nel 1994.

 

Padre Daly protagonista della lotta nonviolenta

 

 

Dopo il Bloody Sunday divenne un protagonista della lotta nonviolenta per i diritti dei cattolici irlandesi. Si batté instancabilmente contro le repressioni e il sistema consolidato di ingiustizie con cui da secoli il Regno Unito opprimeva la minoranza cattolica, ma criticò apertamente anche la scelta del terrorismo da parte dell’IRA (Irish Republican Army) e di quei movimenti politici cattolici e di sinistra, come il Sinn Féin di Gerry Adams, che la sostenevano.

Giunse a rifiutare i funerali religiosi a un militante dell’IRA.

Appoggiò invece la politica del laburista John Hume che riuscì a conseguire lo storico accordo di pace del 1998, noto come l’accordo del Venerdì Santo, con i moderati Unionisti protestanti, guidati da David Trimble, grazie alla regia di Tony Blair, primo ministro britannico,che qui conseguì il suo miglior risultato politico, oscurato poi dalla sciagurata guerra all’Iraq.

 

L’accordo di pace dopo 450 anni di conflitto

Un accordo che vede protestanti e cattolici condividere la responsabilità del governo, e che regge piuttosto bene anche se oggi le due parti sono rappresentate non più dai partiti moderati, ma dai due partiti che rappresentano i settori più radicali, quelli che erano più vicini ai gruppi terroristici.

Padre Daly ha dato un grande contributo a questo accordo di pace che ha messo fine a quattro secoli e mezzo di conflitto politico, sociale, economico, religioso.

 

Un conflitto sociale più che religioso

La lotta tra cattolici e protestanti in Irlanda del Nord aveva origini religiose, ma fu essenzialmente un conflitto sociale e politico tra una maggioranza di privilegiati al potere, i protestanti, fermamente intenzionata a non cedere nulla, e una minoranza, quella cattolica, privata per secoli dei più elementari diritti.

Tanto che, grazie a un perverso ma legale sistema elettorale, a Londonderry, dove i cattolici erano di gran lunga la maggioranza della popolazione, i protestanti erano maggioranza in consiglio comunale.

I conflitti religiosi spesso sono una maschera dietro la quale ci sono conflitti politici edeconomici, come accade anche oggi.

 

Gli inglesi falsificarono la realtà

La testimonianza di padre Daly sul Bloody Sunday fu tra quelle che più incisero nel rovesciamento del giudizio sull’accaduto da parte delle autorità inglesi che impiegarono quarant’anni per ammettere la verità.

All’epoca giustificarono, con il famigerato rapporto Widgery, la strage incolpando le vittime, con una vergognosa opera di falsificazione della realtà che resta una delle pagine più nere della politica e della giustizia britanniche. Ciò provocò una risposta durissima da parte cattolica, tanto che centinaia di giovani si arruolarono per reazione nell’IRA e gli attentati terroristici e i morti crebbero smisuratamente.

Nei tre anni prima del BloodySunday erano morte 250 persone in attentati, nei soli 11 mesi seguenti i morti furono 470, da ambo le parti (cfr. D. Mckittrick e altri, Lost Lives, Mainstream Publishing, Edinburgh, 2004, p. 144).

 

“Lost lives”, vite perdute: una dolente e documentata “enciclopedia” con le storie di tutte le vittime dei “Troubles”.

 

Le tardive scuse del governo inglese

I risultati di una commissione d’inchiesta, voluta nel ’98 da Blair e che lavorò per 12 anni, portarono il primo ministro conservatore David Cameron nel 2010 a dichiarare che senza alcun dubbio il comportamento dei militari inglesi nel Bloody Sunday fu “ingiustificato e ingiustificabile” e a chiedere scusa ai familiari delle vittime, riconosciute finalmente innocenti.

Padre Daly, come ha ricordato in questi giorni il quotidiano britannico “The Guardian”, salutò con entusiasmo e con amarezza il pur tardivo riconoscimento dell’innocenza di quelle povere vittime, per lo più ragazzi o giovani padri di famiglia, che lui aveva cercato di soccorrere con enorme coraggio in quella maledetta domenica del 30 gennaio 1972.

 

Pubblicato su Il Margine, n. 8, 2016

Vedi in questo blog:

L’IRA chiude

Una parata a Belfast

Ieri l’Irlanda, oggi l’Africa. Grandi carestie e grandi ingiustizie

Vedi anche gli altri testi di Bloomsday. Cronache dublinesi