Testimoni/ Germaine Tillion: “Cercando il vero e il giusto”

Germaine Tillion (1907 – 2008).

“La nostra patria ci è cara solo a condizione di non doverle sacrificare la verità … La nostra mente deve restare vigile e chiara, pronta a giudicare contro noi stessi se è necessario.”

“Verità e Giustizia esigono che affrontiamo anche il nostro prossimo, i nostri compagni, i nostri amici…”

Germaine Tillion

 

Germaine Tillion

“Cercando il vero e il giusto”

di Vincenzo Passerini

tratto dal libro Tracce nella nebbia. Cento storie di Testimoni

Germaine Tillion è vissuta 101 anni non schivando gli scontri e i rischi, ma affrontandoli sempre, tutti. Per compassione e bisogno di verità. Guardando in faccia gli orrori del Novecento, patendoli anche, senza mai disperare. “Penso che la specie umana possa progredire”, disse novantenne.

Nasce ad Allegre, nell’Alta Loira, il 30 maggio 1907, da genitori cattolici. La madre, Emile Cussac, è storica dell’arte, il padre, Lucien, che muore nel ’25, magistrato. Ha una sorella, Francoise.

Studia etnologia a Parigi con Marcel Mauss, grande sociologo e antropologo, e ha come relatore di tesi Louis Massignon, tra i massimi studiosi cattolici dell’Islam.

Dal ’34 al ’40 è nel Sud dell’Algeria per una ricerca sulla popolazione berbera dell’Aures. “È la mia professione sottoporre innanzitutto l’indagine a tutti i controlli, confronti, verifiche…”.

Nessuna superficialità o faziosità. E fedeltà alla verità. Un metodo e un’etica cui non verrà mai meno.

G. Tillion, “Alla ricerca del vero e del giusto”, testi scelti e presentati da Tzvetan Todorov, Medusa, Milano 2006, p. 348.

Nel giugno del ’40 rientra in Francia mentre i nazisti la occupano. Costruisce una rete della Resistenza.

In un manoscritto destinato alla stampa clandestina espone il suo pensiero su come resistere: “La nostra patria ci è cara solo a condizione di non doverle sacrificare la verità … La nostra mente deve restare vigile e chiara, pronta a giudicare contro noi stessi se è necessario”.

Arrestata, dopo un anno di carcere è deportata, nell’ottobre del ’43, nel campo di sterminio femminile di Ravensbrück, a Nord di Berlino, dove su 125 mila donne tre quarti moriranno, atrocemente, tra cui la madre.

Sopravvissuta, pubblica Ravensbrück e si dedica alle ricerche sui resistenti e sui lager. Vuole capire “come un popolo europeo che aveva ricevuto un’educazione superiore alla media avesse potuto cadere in una tale follia”.

G. Tillion, “Ravensbrück”, prefazione di Tzvetan Todorov, Fazi, Roma 2012, p. 364.

Se l’istruzione, fondamento dei Lumi, dice, ha generato talvolta la barbarie e non la civiltà, dobbiamo accompagnarla con la ricerca del “vero” e del “giusto” e con la compassione evangelica.

Nel ’49 è tra i componenti della Commissione internazionale d’inchiesta contro il regime concentrazionario, gulag staliniani compresi, creata dallo scrittore David Rousset, resistente ed ex deportato nel lager nazista. Molti intellettuali e resistenti comunisti si scagliano contro di loro. “Verità e Giustizia esigono che affrontiamo anche il nostro prossimo, i nostri compagni, i nostri amici…”, dice Tillion.

Jean Lacoutre, “Attraversare il male. Conversazione con Germaine Tillion”, prefazione di Goffredo Fofi, traduzione di Claudina Fumagalli, Medusa, Milano 2016, p. 99.

Nel ’54 torna in Algeria, avvia ricerche e fonda, con aiuti governativi, i “centri sociali” dove bambini, donne, uomini poveri trovano istruzione e formazione professionale.

È amica di Camus.

Durante la guerra d’indipendenza d’Algeria (1954-1962) denuncia la tortura praticata dai francesi, ma anche il terrorismo algerino che uccide innocenti.

Insegna, pubblica L’harem e la famiglia, si batte per i diritti umani e delle donne. Muore il 19 aprile 2008.