Gandhi, la madre saggia e la Dichiarazione universale dei diritti umani

Mohandas K. Gandhi

Ho imparato da mia madre, illetterata ma molto saggia, che tutti i diritti degni di essere meritati e conservati sono quelli dati dal dovere compiuto” (Gandhi).

 

Pensiero del giorno

Nel corso del 1947 l’Unesco chiese ad alcune grandi personalità mondiali – di fedi religiose e politiche diverse e appartenenti a mondi culturali diversi –  di produrre una personale riflessione utile alla redazione della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo che le Nazioni Unite si apprestavano ad elaborare e che avrebbe visto la luce il 10 dicembre 1948 (diventato poi Giornata mondiale dei diritti umani).

Tra i rilevanti contributi ci furono quelli di Edward H. Carr (politologo e diplomatico), Jacques Maritain (filosofo), Harold L. Laski (politologo), Benedetto Croce (filosofo), Margery Fry (giurista), Sergius Hessen (pedagogista), Chung-Schu Lo (giurista), Humayun Kabir (poeta e filosofo), W. A. Noyes (scienziato), Salvador De Madriaga (scrittore e diplomatico), Pierre Teilhard de Chardin (scienziato e gesuita), Aldous Huxley (scrittore).

Il Mahatma Gandhi, interpellato, rispose con questa lettera inviata a J. Huxley, direttore generale dell’Unesco:

Caro Dottor Julian Huxley,

sono sempre in giro e non ricevo mai la posta in tempo. Se non fosse stato per la lettera che avevo scritto al Pandit Nehru, nella quale accennavate a quella inviata a me, forse non avrei ricevuto la vostra relazione. Fortuna che date ai vostri corrispondenti tempo sufficiente per permettere loro di rispondere.

Vi scrivo in treno. La lettera sarà battuta a macchina domani quando sarò a Delhi.

Temo di non potervi dire nulla che si avvicini al minimo che domandate. È vero che non dispongo di molto tempo, ma ancora più vero è che io non ho letto molte opere letterarie classiche o moderne, nonostante il piacere che proverei nel conoscere alcuni dei loro tesori. Ho avuto una vita movimentata sin dalla giovinezza, e mi sono mancate le comodità richieste per tali letture.

Ho imparato da mia madre, illetterata ma molto saggia, che tutti i diritti degni di essere meritati e conservati sono quelli dati dal dovere compiuto. Così, lo stesso diritto alla vita ci viene soltanto quando adempiamo al dovere di cittadini del mondo.

Secondo questo principio fondamentale, è probabilmente abbastanza facile definire i doveri dell’Uomo e della Donna e collegare ogni diritto a un dovere corrispondente che conviene compiere in precedenza.

Si potrebbe dimostrare che ogni altro diritto è solo un’usurpazione per cui non val la pena di lottare.

Sinceramente vostro

M. K. Gandhi

Banghi Colony, New Delhi

25 luglio 1947

 

Tre settimane dopo aver scritto questa lettera, il 15 agosto 1947, veniva proclamata l’indipendenza dell’India dall’impero coloniale britannico, ottenuta grazie a tre decenni di vastissime mobilitazioni popolari nonviolente ideate e guidate da Gandhi. Lo stesso giorno veniva proclamata la nascita del Pakistan, Paese musulmano nato dalla separazione dall’India (una separazione dolorosa e sanguinosa che Gandhi invano aveva cercato di evitare).

Il diritto all’indipendenza dell’India fu ottenuto attraverso il dovere compiuto da milioni di indiani, uomini e donne, che mettevano in gioco perfino la propria vita per conquistare quel sacrosanto diritto senza uccidere, senza aggredire, senza violare la vita degli altri.

La lettera di Gandhi va letta alla luce del rivoluzionario principio della Satyagraha, la resistenza nonviolenta tramite la verità e l’amore, e tramite incessanti campagne di disobbedienza civile alle leggi ingiuste e di scioperi della fame.

Gandhi sarebbe stato assassinato il 30 gennaio 1948 da un fanatico indù.

La sua lettera all’Unesco apre il volume in cui furono raccolti i testi più importanti delle personalità che risposero all’appello.

Testi di enorme interesse ancor oggi, che ci fanno capire la complessità, la ricchezza, la diversità (anche fortissima) delle riflessioni che stanno dietro la Dichiarazione universale dei diritti umani.

Il volume fu pubblicato in Italia nel 1952 (e ristampato nel 1960) dalle Edizioni di Comunità di Adriano Olivetti con una introduzione del filosofo cattolico francese Jacques Maritain che collaborava con Olivetti per la casa editrice.

 

La ristampa del 1960 del volume pubblicato dalle Edizioni di Comunità di Adriano Olivetti.