L’infezione dell’animo umano

Troppi pio pio e troppi silenzi accompagnano gli atti xenofobi e razzisti del governo provinciale leghista. C’è una corsa al non dire. Non mancano le voci che si oppongono. Ma il Trentino si rivela in tutto il suo supino splendore. Dall’alto in basso. Imprenditori silenti, chiesa silente, cultura silente, scuola silente, politica pio pio, organi di informazione all’acqua di rose. E intanto, atto dopo atto, il governo provinciale leghista esclude, discrimina, caccia. Chi è il nemico? Lo straniero.

Non lo tollera, bambino, sull’altalena del parco. Lo caccia, profugo, dalle strutture di accoglienza. Lo discrimina, povero, dall’aiuto sociale che, al suo posto, viene dato al ricco. Lo priva, già privato di tutto, dell’aiuto ai paesi impoveriti. Rinuncia a finanziamenti statali pur di non aiutarlo.

Per ogni atto dice: allo straniero no. Lo esclude, giorno dopo giorno. Lo demonizza, atto dopo atto.

In un anno di governo la giunta provinciale non ha fatto altro. E il presidente se ne vanta, come ha fatto a Pontida, tra gli schiamazzi antisemiti e razzisti dei presenti. Si vanta dei suoi atti xenofobi e razzisti. Come se solo questi dessero senso alla politica. Sua e del suo partito.

Primo Levi l’aveva previsto. E l’abbiamo dimenticato.

Abbiamo dimenticato l’avvertimento che scrisse nella prefazione a “Se questo è un uomo”. Che non è soltanto il racconto, insuperato, dell’inferno di Auschwitz. Ma anche una radiografia di noi stessi.

Perché ho scritto questo libro? Si chiede Levi. Non per formulare “nuovi capi di accusa”, risponde, ma per “fornire documenti per uno studio pacato di alcuni aspetti dell’animo umano”. Pacato, ma terribile. E quali sono questi aspetti?

Ecco le parole di Levi che abbiamo dimenticato e che invece dovremmo mandare a memoria:

A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che ‘ogni straniero è nemico’. Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all’origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena sta il Lager. Esso è il prodotto di una concezione del mondo portata alle sue conseguenze con rigorosa coerenza: finché la concezione sussiste, le conseguenze ci minacciano. La storia dei campi di distruzione dovrebbe venire intesa da tutti come un sinistro segnale di pericolo.

Parole da meditare, una ad una. Levi morì nel 1987 e “Se questo è un uomo” lo aveva pubblicato nel 1946. Levi previde quello che sta accadendo sotto i nostri occhi. Ci aveva avvertito che quando l’infezione latente dell’ “ogni straniero è nemico” diventa la premessa maggiore di un ragionamento, di una ideologia, allora si può arrivare ad accettare la distruzione fisica dello straniero. Si parte dalla discriminazione, si arriva alla distruzione.

Di fronte alla distruzione fisica degli stranieri profughi nei lager libici, nei naufragi, coi muri militari e legislativi si giustifica e si applaude. Senza vergogna.

Il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, in un rapporto del 26 agosto scorso  sulla situazione in Libia (quanti ne hanno parlato?) ha scritto: “Migranti e rifugiati continuano ad essere vulnerabili: perdita di libertà e prigionia arbitraria in centri di detenzioni ufficiali e non; tortura, compresa violenza sessuale; sequestro per riscatto; estorsione; lavoro forzato; uccisioni illegali.”.

Tra i responsabili, scrive Guterres, ci sono “funzionari dello Stato e membri di gruppi armati”. Guterres denuncia il fatto che centinaia di migranti intercettati o soccorsi in mare dalla Guardia costiera libica e riportati in Libia sono scomparsi e “si crede siano stati venduti ai trafficanti”. È il Segretario generale delle Nazioni Unite che scrive. Ecco il destino di chi viene riportato in Libia.

E noi armiamo e finanziamo i libici perché compiano questi crimini! Non è questione di porti aperti o chiusi. Ma di essere complici o no di un crimine.

Levi l’aveva previsto. Si parte dalla discriminazione e si arriva alla distruzione fisica. L’infezione non è più latente. È diventata la premessa maggiore di una ideologia e di una prassi politica. Qui, a casa nostra.

Ma troppi, dall’alto in basso, non vedono, non sentono, non parlano.

 

Pubblicato sul quotidiano “Trentino” il 19 settembre 2019