Aprile a Monteveglio. Con Caponnetto, Borrelli e Zanotelli nel ricordo di Dossetti

Domenica 28 aprile 2002 nella piazza di Monteveglio (Bologna), il paese che ospita sulle sue colline la comunità monastica di Dossetti, si è ritrovato un pezzo di Italia civile, cattolica e laica, che aveva accolto l’invito del giovane sindaco a partecipare alla pubblica cerimonia di consegna della cittadinanza onoraria ad Antonino Caponnetto, creatore del pool antimafia di Falcone e Borsellino.

 

APRILE A MONTEVEGLIO

 

“Sentinella, quanto resta della notte?”, si chiedeva, citando il profeta Isaia, don Giuseppe Dossetti il 18 maggio del 1994 all’indomani della prima vittoria di Berlusconi.

Era la notte, per lui, del mondo cattolico e della società italiana.

Non era solo una paurosa sbandata politica. Ma uno sbandamento profondo dello spirito, uno smarrimento delle coscienze.

Qualcosa era saltato nei cristiani e nella società italiana, qualcosa non era mai stato costruito, molti errori erano stati commessi nella politica, nella chiesa, nella cultura: ed eccolo lì il nuovo potere, pronto a stravolgere quella gerarchia di valori che era nata dall’immane tragedia della seconda guerra mondiale.

Dossetti, giovane e brillante giurista, dopo aver partecipato alla Resistenza, poi alla elaborazione della Costituzione, quindi alla ricostruzione del Paese come uomo di punta della sinistra della Democrazia Cristiana, aveva lasciato la politica negli anni Cinquanta e si era fatto sacerdote fondando a Monteveglio, sull’appennino bolognese, una nuova comunità monastica incentrata sullo studio della Bibbia e dei Padri della Chiesa, con l’obiettivo di rinnovare profondamente il cattolicesimo italiano riscoprendone le sue più antiche radici.

Per quarant’anni aveva taciuto sulla politica italiana, totalmente dedito agli studi, alla preghiera e alla attuazione del Concilio Vaticano II, ai cui lavori aveva partecipato da protagonista come collaboratore del cardinale Lercaro.

 

Un no innegoziabile a Berlusconi

Ma la vittoria di Berlusconi che annunciava una revisione della Costituzione, minacciandone i valori di fondo, stravolgendo con diversi atti e provvedimenti il principio della divisione del poteri, l’avevano costretto, più che ottantenne, a tornare in campo e a lanciare un drammatico appello ai cattolici italiani perché dicessero al nuovo potere berlusconiano un no “globale e innegoziabile” anche a fronte di “una qualche concessione accattivante in questo o quel campo, per esempio la politica familiare e la politica scolastica”.

Perché non era in gioco l’azione di un governo, ma la stessa sostanza della democrazia nel nostro Paese. Dove il governo di un “triumvirato” (Berlusconi, Bossi, Fini), “attraverso una manipolazione mediatica dell’opinione” poteva tramutarsi in “principato” per diventare, infine, “signoria politica”.

 

Una vera e propria notte della Repubblica.

Dalla notte in cui era precipitato il nostro Paese, anche per colpa non secondaria dei cattolici, si poteva risorgere, per il vecchio monaco Dossetti, attraverso la riscoperta da parte dei cristiani del “primato dell’uomo interiore”.

Si trattava di “formare le coscienze dei cristiani per edificare in loro un uomo interiore compiuto anche quanto all’etica pubblica, nelle dimensioni della veracità, della lealtà, della fortezza e della giustizia”. Nessuna scorciatoia, nessuna facile risposta.

Dossetti dava poi vita ai “Comitati per la difesa della Costituzione”, diffusi in tutta Italia, che univano in un grande e comune obiettivo cattolici e laici, giuristi e cittadini comuni.

Il vecchio monaco moriva due anni dopo, al tramonto di un anno che aveva visto la sconfitta di Berlusconi e dei suoi progetti anticostituzionali.

I cinque anni successivi di governo dell’Ulivo non sono serviti a costruire le condizioni per allontanare le minacce anticostituzionali della signoria politica berlusconiana. Anzi.

La liquidazione politica di Prodi ad opera di D’Alema, Cossiga e Marini ha dato il via a una stagione di legittimazione della signoria politica berlusconiana, non di contrapposizione ad essa.

Per conseguire l’ambizioso e ambiguo progetto di rifondazione della Repubblica attraverso la bicamerale, la sinistra si è adeguata ai disegni berlusconiani anti-giudici, non ha risolto il problema gravissimo del conflitto di interessi, non ha fatto quello che doveva fare, dimenticando ben presto la portata della minaccia berlusconiana presa com’era dall’euforia del potere finalmente raggiunto.

La chiesa, da parte sua, non ha avviato quel lavoro profondo di ricostruzione delle coscienze che Dossetti aveva invocato.

Anzi, è tornata più di prima a puntare con decisione sulla tutela e il potenziamento dei propri spazi di potere e di influenza, trasformando la battaglia per il finanziamento delle scuole cattoliche in una sorta di battaglia decisiva per le sorti del cristianesimo nel nostro paese.

 

Resistenza morale contro la signoria politica

Domenica 28 aprile 2002 nella piazza di Monteveglio, il paese che ospita sulle sue colline la comunità monastica di Dossetti, si è ritrovato un pezzo di Italia civile, cattolica e laica, che aveva accolto l’invito del giovane sindaco a partecipare alla pubblica cerimonia di consegna della cittadinanza onoraria ad Antonino Caponnetto, creatore del pool antimafia di Falcone e Borsellino, due magistrati dei quali ci apprestiamo a ricordare il decimo anniversario dell’assassinio (mentre ministri in carica ci dicono che con la mafia si deve convivere).

In piazza tanti sindaci dei comuni vicini, tante famiglie, donne, credenti e non credenti, vecchi comunisti e giovani delle associazioni cattoliche, gruppi di Verona, di Firenze, di Trento, e anche i monaci della comunità dossettiana.

C’era anche padre Alex Zanotelli, che avrebbe chiuso la mattinata con un appassionato e duro richiamo alla domanda di giustizia che sale dal mondo dei poveri.

Ospite d’onore, Francesco Saverio Borrelli, da poco ex procuratore capo di Milano, fondatore e coordinatore del pool di Mani pulite.

Il discorso del laico Borrelli ha ricordato per tanti aspetti quello del monaco Dossetti del ’94 (pur essendo i due personaggi assai diversi l’uno dall’altro e pur essendo improponibile eccedere nell’accostali).

Per tanti aspetti era possibile intravedere un passaggio di consegne dall’uno all’altro, tramite l’anziano, malato, ma instancabile Caponnetto, amico ed estimatore di entrambi, nella difesa dei valori fondamentali della Costituzione, oggi come ieri, anzi più di ieri minacciata nei suoi capisaldi dalla signoria berlusconiana tornata al potere.

Quale resistenza alla deriva della Repubblica, si è chiesto Borrelli, se non innanzitutto una resistenza morale?

 

Una bella immagine di Antonino Caponnetto con Francesco Saverio Borrelli a Monteveglio il 28 aprile 2002 ( dal quotidiano “l’Unità”, il giorno dopo, nell’ampio servizio dell’inviato Andrea Carugati).

 

Resistere, resistere, resistere

Un resistere come richiamo costante ai valori più profondi della convivenza cosi come sono stati tracciati nella Costituzione.

Un atteggiamento interiore verso tutti i governi, tutti insofferenti dell’azione di controllo.

Un resistere all’atavica tendenza italiana ad aggiustarsi le cose su misura.

Un resistere a noi stessi, alla nostra pigrizia, al diffuso fastidio che ci fa dire: “lasciateci lavorare in pace, con i nostri piccoli traffici”.

Un resistere al fascino di sirene, al disprezzo della questione morale ritenuta come qualcosa di secondaria importanza, un resistere alla logica degli interessi che soppianta quella della legalità.

Un non arrendersi alla de-sensibilizzaazione della coscienza civica, all’antipolitica del delegare, per ritrovare il gusto e la voglia di partecipare.

Un resistere alla chiusura individualistica, familistica, di clan, di etnia, nazionalistica.

 

Leggi che portano alla deriva il nostro Paese

Borrelli ha ricordato che la legalità è lo scudo dei non potenti, dei poveri diavoli, perché i potenti non hanno bisogno di alcun scudo, se lo fanno da sé.

La battaglia per la legalità, per l’indipendenza e l’efficienza della magistratura, per la separazione dei poteri – legislativo, esecutivo, giudiziario – è decisiva per la nostra democrazia.

Sconcertanti provvedimenti legislativi stanno portando alla deriva il nostro Paese. E qui l’elenco si è fatto implacabile e drammatico.

La nuova legge sulle rogatorie per neutralizzare alcuni processi eccellenti: finora non ha raggiunto lo scopo soltanto perché è stata fatta male.

La nuova legge che depenalizza il falso in bilancio, in una economia basata sul capitale, consentirà che la società di capitale possano ingannare soci e risparmiatori quasi senza sanzioni, con ciò ponendo l’Italia al livello dei paradisi fiscali e societari di infausta memoria.

La nuova legge che agevola il rientro dei capitali dall’estero, magari usati per i traffici di armi e droga, è una legge che “grida vendetta al cospetto del mondo e di Dio”.

La proposta di legge che ridimensiona il reato di bancarotta fraudolenta farà sì che nessun bancarottiere andrà più in carcere. L’Italia diventerà una Tortuga dove si riuniranno tutte le filibuste.

E poi l’opposizione del governo alla nascita di una giustizia europea si presenta come minacciosa e inaccettabile in un mondo dove la criminalità è transnazionale e necessita, per essere combattuta, di un grande impegno per unificare istituzioni e normative.

 

 

Dossetti con Antonino Caponnetto. La foto è tratta dal bellissimo servizio di Sandra Amurri (con le foto, compresa questa, di Giorgio Lotti) pubblicato sul settimanale “Epoca” del 19 febbraio 1995 intitolato “Sapete chi è questo signore?” e che documenta un eccezionale incontro pubblico che si era svolto il 5 febbraio a Sariano, in provincia di Rovigo, su iniziativa del parroco don Giuliano Zattarin, non nuovo a iniziative di questo tipo, che aveva invitato a parlare “di legalità, di filosofia politica, di doveri civili” un gruppo di personalità: da Dossetti e Caponnetto a Gherardo Colombo, Giancarlo Caselli, Rosi Bindi, Paolo Flores D’Arcais, Claudio Sabelli Fioretti, Sandra Bonsanti, Michele Del Gaudio, Maurizio De Luca…Laici e cattolici uniti attorno a Dossetti in difesa della Costituzione e contro i progetti di Silvio Berlusconi.

 

La campana suona per ciascuno di noi

Il problema della sicurezza è giustamente sentito dai cittadini, ed occorre più presenza da parte dello Stato e più severità, ha detto Borrelli. Ma non le americanate di chi vuole diffondere le armi per la difesa personale, abitudine che in USA moltiplica i fatti di sangue.

Il problema della legalità è anche e soprattutto in alto: appalti, capitali, traffici di armi. È qui, in questi campi che si misura il livello di civiltà di un paese.

E poi il governo vende taluni provvedimenti come azioni per far funzionare meglio la giustizia: in realtà, è per farla funzionare peggio, anche se è difficile, a volte, farlo capire ai cittadini.

Borrelli ha concluso con un richiamo alla speranza, virtù cristiana ma anche laica, ha detto. E con un invito all’impegno, alla non rassegnazione, perché il gesto buono incide e nulla va perduto.

La campana suona per tutti.

Allora, se come e più che nel ’94 la democrazia è in pericolo, perché i suoi capisaldi sono messi in discussione e il triumvirato si è definitivamente trasformato in signoria politica, grazie anche al controllo delle televisioni, non è importante chiedersi se Borrelli avrà o non avrà un ruolo politico in futuro.

L’importante é chiedersi cosa ciascuno di noi sta facendo.

Quelli che contano sono i nostri no e sì di ogni giorno, più che i no e i sì di questo o quel personaggio.

Le cose le conosciamo, sappiamo come stanno, sappiamo i caratteri che questa signoria politica sta assumendo, prendendo passo dopo passo il posto della democrazia.

La notte è notte, e bisogna guardarla per quella che è, senza infingimenti, diceva Dossetti (e il vecchio monaco si lanciava, ottantenne e malato, in una appassionata azione di resistenza e ricostruzione).

 

Monteveglio (Bologna), 28 aprile 2002. Il mio saluto ad Antonino Caponnetto che si appresta a ricevere dal sindaco di Monteveglio la cittadinanza onoraria. Avevo conosciuto Caponnetto. Era stato alla scuola estiva della Rosa Bianca, nel 1994, che aveva come tema “Sentinella, quanto resta della notte?” e poi, dopo aver lasciato la magistratura, si era impegnato nel movimento “La Rete” e in un incontro pubblico a Milano eravamo stati insieme relatori, con Nando Dalla Chiesa.

 

Pubblicato su “Il Margine”, n. 5, 2002

Il discorso integrale di Borrelli a Monteveglio si può leggere sul sito Antimafia.