Aggiornamento 3 marzo 2023: Ales Bialiatski è stato condannato da un tribunale bielorusso a dieci anni di reclusione in una colonia penale a regime duro.
Riproponiamo all’attenzione dei lettori questo articolo – con il discorso del Nobel pronunciato dalla moglie di Bialiatski – pubblicato su questo blog il 13 dicembre 2022.
«So che la notte finisce e poi arriva il mattino con la luce. So che ciò che ci spinge ad andare avanti senza sosta sono la speranza e il sogno. Martin Luther King ha pagato il suo sogno con la vita, è stato ucciso. Il prezzo per il mio sogno è minore, ma con conseguenze dure. Dopo tutto, il mio sogno è degno di tutti questi miei sacrifici personali …
Mi guardo dentro e i miei ideali non sono cambiati, non hanno perso il loro valore, non sono svaniti. Sono sempre con me e li custodisco come meglio posso. Sono oro colato, immuni alla ruggine.» (Ales Bialiatski, premio Nobel per la pace 2022)
Il 10 dicembre si è svolta nel municipio di Oslo la cerimonia di consegna del premio Nobel per la pace 2022 assegnato, unitariamente, al bielorusso Ales Bialiatski, difensore dei diritti umani, in carcere, all’organizzazzione russa Memorial e al Centro ucraino per le libertà civili per aver compiuto uno “sforzo eccezionale nel documentare i crimini di guerra, le violazioni dei diritti umani e l’abuso di potere” dimostrando “l’importanza della società civile per la pace e la democrazia” (dalla motivazione ufficiale).
Come è noto Alfred Nobel (1833-1896) volle che il premio Nobel per la pace, a differenza degli altri premi (medicina, chimica, fisica, letteratura, economia) che sono assegnati dalla Svezia, fosse assegnato dalla Norvegia e precisamente da un comitato di cinque persone nominato dal Parlamento norvegese.
I premi sono stati ritirati da Natalia Pinchuk, moglie di Ales Bialiatski, in carcere, da Yan Rachinsky, presidente dell’International Memorial Board e da Oleksandra Matviychuk, responsabile del Centro ucraino per le libertà civili.
Natalia Pinchuk, Yan Rachinsky, Oleksandra Matviychuk hanno pronunciato tre intensi, appassionati, emozionanti discorsi di accettazione del Nobel. Non poteva essere altrimenti dato il drammatico contesto in cui si collocano: la guerra di aggressione della Russia all’Ucraina, sempre più disumana, sempre più diretta contro i civili in questo inverno; la repressione del dissenso da parte del regime di Putin; la dittatura di Lukashenko in Bielorussia, fedele alleato di Putin.
I discorsi sono pubblicati sul sito ufficiale del Premio Nobel (vedi) in lingua originale, in norvegese e in inglese insieme al video dell’interna cerimonia.
Qui pubblichiamo, nella traduzione pubblicata dal quotidiano Il Foglio (che ringraziamo, unico giornale italiano a dare il risalto che merita al premio Nobel per la pace), il discorso pronunciato da Natalia Pinchuk a nome di suo marito, Ales Bialiatski, in carcere con 12 anni di condanna per “contrabbando”, in realtà per essersi impegnato nella difesa dei diritti umani.
“La speranza e il sogno ci spingono ad andare avanti”
di
Ales Bialiatski e Natalia Pinchuk
«Sono molto emozionata e onorata di poter parlare qui, alla cerimonia di premiazione dei vincitori del premio Nobel per la Pace del 2022. Tra loro c’è anche mio marito, Ales Bialiatski. Purtroppo non può ricevere il premio di persona: è tenuto illegalmente in carcere in Bielorussia. Ecco perché mi trovo su questo podio oggi.
Voglio esprimere la mia profonda gratitudine al comitato norvegese per il Nobel, la cui decisione ha dato forza ad Ales nel suo impegno a rimanere fermo nelle sue convinzioni – e dà speranza a tutti i bielorussi che possono contare sulla solidarietà del mondo democratico nella lotta per i loro diritti indipendentemente dalla durata di questa lotta.
Ringrazio tutti coloro che hanno sostenuto Ales, i suoi amici e la sua causa in tutti questi anni e che lo sostengono ancora oggi.
Vorrei congratularmi sinceramente con il Center for Civil Liberties e con la Memorial International Society per il meritato premio.
Ales e noi tutti ci rendiamo conto di quanto sia importante e rischioso svolgere la missione di difensori dei diritti umani, soprattutto in questo tragico momento in cui l’Ucraina è stata aggredita.
Non c’è soltanto Ales in prigione, ma anche migliaia di bielorussi, decine di migliaia di vittime della repressione, ingiustamente imprigionate per la loro azione civile e le loro convinzioni.
Centinaia di migliaia di persone sono state costrette a fuggire dalla Bielorussia per il solo fatto di voler vivere in uno stato democratico. Purtroppo, la guerra del regime contro il suo stesso popolo, la sua lingua, la sua storia e i suoi valori democratici è in corso da anni in Bielorussia.
Lo dico qui con estremo dolore e attenzione, poiché gli eventi politici e militari in corso minacciano la Bielorussia di perdere la propria identità e indipendenza. Purtroppo, il regime ha scelto di confrontarsi con la società bielorussa attraverso l’uso della forza – granate, manganelli, armi stordenti, arresti infiniti e torture.
Non c’è alcuno sforzo di compromesso nazionale né di dialogo.
Il regime perseguita ragazze e ragazzi, donne e uomini, giovani e anziani. Il volto disumano del sistema regna nelle carceri bielorusse, soprattutto per coloro che sognavano di essere persone libere.
Alla luce di questa situazione, non è un caso che le autorità abbiano arrestato Ales e i suoi collaboratori del centro per i diritti umani Viasna per le loro convinzioni democratiche e le loro attività in materia di diritti umani: Marfa Rabkova, Valiantsin Stefanovich, Uladzimir Labkovich, Leanid Sudalenka, Andrei Chapiuk e altri difensori dei diritti umani sono dietro le sbarre.
Molti difensori dei diritti umani restano sotto inchiesta e affrontano l’ira delle accuse del pubblico ministero, mentre altri sono stati costretti a emigrare all’estero. Ma nessuno può conquistare, trattenere o fermare il centro per i diritti umani Viasna-96, creato oltre venticinque anni fa da Ales e dai suoi collaboratori.
Ales non ha potuto mandarmi il testo del suo discorso dal carcere, è riuscito a dirmi soltanto un paio di parole. Condividerò con voi i suoi pensieri – gli ultimi e anche quelli registrati in precedenza.
Si tratta di frammenti di sue precedenti dichiarazioni, scritti e riflessioni. Ecco le sue riflessioni sul passato e sul futuro della Bielorussia, sui diritti umani, sul destino della pace e della libertà.
Passo quindi la parola ad Ales.
“Si dà il caso che le persone che più apprezzano la libertà ne siano spesso private. Ricordo i miei amici – attivisti per i diritti umani di Cuba, Azerbaigian, Uzbekistan, ricordo la mia sorella spirituale Nasrin Sotoudeh in Iran. Ammiro il cardinale Joseph Zen di Hong Kong.
Migliaia di persone sono attualmente dietro le sbarre in Bielorussia per motivi politici, e sono tutti miei fratelli e sorelle.
Niente può fermare la sete di libertà delle persone.
Nel mio paese, la Bielorussia intera è in prigione. Giornalisti, commentatori, leader sindacali sono in carcere, tra loro ci sono molti miei conoscenti e amici…
I tribunali funzionano come un nastro trasportatore, i detenuti vengono trasportati nelle colonie penali e nuove ondate di prigionieri politici prendono il loro posto…
Questo premio appartiene a tutti i miei amici che difendono i diritti umani, a tutti gli attivisti, a decine di migliaia di bielorussi che hanno subìto percosse, torture, arresti, prigionia.
Questo premio appartiene a milioni di cittadini bielorussi che si sono alzati e sono andati nelle strade e online per difendere i loro diritti civili. Sottolinea la situazione drammatica e la lotta per i diritti umani nel paese.
Di recente ho avuto questa breve conversazione: “Quando sarai rilasciato?”, mi hanno chiesto. Sono già libero nella mia anima, è stata la mia risposta. La mia anima libera si libra sulla prigione e sui confini a foglia d’acero della Bielorussia.
Mi guardo dentro e i miei ideali non sono cambiati, non hanno perso il loro valore, non sono svaniti. Sono sempre con me e li custodisco come meglio posso. Sono oro colato, immuni alla ruggine.
Vogliamo costruire una nostra società più armoniosa, equa e che sappia rispondere ai bisogni dei suoi figli e delle sue figlie. Per ottenere una Bielorussia indipendente e democratica, libera da coercizioni straniere. Sogniamo che sia un paese pieno di calore e in cui sia vantaggioso vivere.
E’ un’idea nobile, in linea con le idee globali di civiltà. Non sogniamo qualcosa di speciale o straordinario, vogliamo solo “essere chiamati umani”, come diceva la nostra Yanka Kupala. Questo implica il rispetto per noi stessi e per gli altri, implica i diritti umani, uno stile di vita democratico, il riconoscimento della lingua bielorussa e della nostra storia.
Ho iniziato presto a criticare la realtà sovietica. Tra le altre cose, mi sono trovato di fronte a una forte restrizione dell’uso della lingua bielorussa, con la politica di de-belarusianizzazione che veniva attuata allora e viene attuata ancora oggi.
L’ex dipendenza coloniale della Bielorussia è una realtà sempre presente. E di conseguenza, c’è ancora una minaccia per l’esistenza dei bielorussi come nazione e come popolo.
E’ un errore drammatico separare i diritti umani dai valori dell’identità e dell’indipendenza. Sono stato coinvolto nel movimento clandestino indipendente dal 1982, in realtà da quando ero giovane, a vent’anni. Il suo obiettivo era quello di ottenere una Bielorussia indipendente e democratica, in cui i diritti umani fossero rispettati.
Non ci può essere Bielorussia senza democrazia e non ci possono essere diritti umani senza una Bielorussia indipendente. E la società civile dovrebbe avere un grado di indipendenza tale da garantire la sicurezza delle persone dagli abusi del potere statale.
So che la notte finisce e poi arriva il mattino con la luce. So che ciò che ci spinge ad andare avanti senza sosta sono la speranza e il sogno.
Martin Luther King ha pagato il suo sogno con la vita, è stato ucciso. Il prezzo per il mio sogno è minore, ma con conseguenze dure. Dopo tutto, il mio sogno è degno di tutti questi miei sacrifici personali.
I miei ideali sono in sintonia con quelli dei miei amici più anziani e miei mentori spirituali, il ceco Václav Havel e il bielorusso Vasil Bykau. Entrambi hanno affrontato grandi prove, entrambi hanno fatto progredire le loro nazioni e la loro cultura, entrambi hanno lottato per la democrazia e i diritti umani fino agli ultimi minuti della loro vita.
E’ impossibile aspettarsi che un buon raccolto cresca immediatamente in un campo vuoto. Il campo deve essere ben concimato; i sassi devono essere rimossi…
E ciò che il governo comunista ha fatto in Bielorussia per settant’anni può essere definito terra bruciata… Alla fine degli anni Ottanta ci conoscevamo tutti, ma all’inizio degli anni Novanta eravamo migliaia e decine di migliaia…
Le elezioni presidenziali si sono tenute in Bielorussia il 9 agosto 2020. I brogli massicci hanno fatto scendere la gente in strada. Il bene e il male si sono incontrati in un duello. Il male è ben armato. E dalla parte del bene ci sono state solo proteste pacifiche e inedite per il paese, che hanno raccolto centinaia di migliaia di persone.
In risposta, le autorità hanno avviato il meccanismo repressivo della tortura e dell’omicidio – Raman Bandarenka, Vitold Ashurak e molti altri ne sono stati vittime. Questo è il livello più alto e indicibile di repressione nella sua crudeltà. Le persone sono sottoposte a torture orribili e a sofferenze inimmaginabili.
Le celle e le prigioni sono simili ai bagni pubblici sovietici, dove le persone vengono tenute per mesi e anni. Sono assolutamente contrario alla detenzione delle donne, ma immaginate la loro prigionia in Bielorussia – un girone infernale distaccato sulla terra.
Le dichiarazioni di Lukashenko confermano che ai suoi esecutori è stata data carta bianca per fermare le persone istigando la paura e l’intimidazione di massa. Ma i cittadini bielorussi chiedono giustizia. Chiedono che coloro che hanno commesso crimini di massa siano puniti. Chiedono elezioni libere. La Bielorussia e la società bielorussa non saranno mai più le stesse come quando erano legate mani e piedi.
Ora la lotta permanente tra il bene e il male si è dispiegata quasi nella sua forma più pura in tutta la regione. Il vento freddo dell’est si è scontrato con il calore del rinascimento europeo. Non basta essere istruiti e democratici, non basta essere umani e misericordiosi. Dobbiamo essere in grado di proteggere le nostre conquiste e la nostra patria. Non per niente nel Medioevo il concetto di patria era legato a quello di libertà.
So esattamente che tipo di Ucraina piacerebbe alla Russia e a Putin: una dittatura dipendente. Come la Bielorussia di oggi, dove la voce del popolo oppresso viene ignorata e non rispettata.
Basi militari russe, enorme dipendenza economica, russificazione culturale e linguistica: questa è la risposta, dalla parte di chi sta con Lukashenko.
Le autorità bielorusse sono indipendenti solo nella misura in cui Putin glielo permette. Di conseguenza, è necessario lottare contro “l’internazionale delle dittature”.
Sono un attivista per i diritti umani e quindi un sostenitore della resistenza nonviolenta. Non sono una persona aggressiva per natura, cerco sempre di comportarmi di conseguenza. Tuttavia, riconosco che il bene e la verità devono essere in grado di proteggersi da soli.
Come posso, mantengo la pace nella mia anima, la coltivo come un fiore delicato, allontano la rabbia. E prego che la realtà non mi costringa a dissotterrare un’ascia a lungo sepolta e a difendere la verità con un’ascia in mano. La pace. Che la pace rimanga nella mia anima.
E oggi voglio ripetere a tutti: “Non abbiate paura”. Queste erano le parole che Giovanni Paolo II disse negli anni Ottanta nella Polonia comunista. Allora non disse altro, ma fu sufficiente. Io credo perché so che dopo l’inverno arriva sempre la primavera.”
Queste erano le parole di Ales Bialiatski.
E io concluderò questo discorso con le esclamazioni della sua anima: libertà al popolo bielorusso! Libertà a Viasna! Viva la Bielorussia!»