“Quei conti mai fatti di Meloni con il fascismo” (un’altra puntata dell’inchiesta di Paolo Berizzi per “la Repubblica”)

La rivista fascista “La difesa della razza”, fondata da Telesio Interlandi nel 1938 per sostenere le imminenti e famigerate leggi razziali antiebraiche di Mussolini.

Giorgio Almirante? Uno degli uomini più straordinari che abbiano solcato la storia dell’Italia repubblicana”, dice Giorgia Meloni che si candida a presiedere il prossimo governo.

Diceva di sé Almirante, fondatore del Msi, partito erede del fascismo: «Sono stato, nel ’38, uno dei pochi giornalisti italiani che abbiano aderito alle tesi razziste enunziate dal regime… In qualità di segretario di redazione della rivista La Difesa della Razza ho scritto articoli intonati alla rivista».

 

A cento anni dalla Marcia su Roma di Mussolini e alla vigilia delle elezioni politiche che potrebbero consegnare la guida del Paese agli eredi politici di quel passato, riprendiamo da “la Repubblica” un’altra puntata della documentatissima inchiesta di Paolo Berizzi.

 

“Una storia complessa” Quei conti mai fatti di Meloni con il fascismo

Dalle frasi su Mussolini e le leggi razziali alla matrice degli assalti di Fn alla Cgil. Lo storico Greppi: “Riabilitazione continua del Ventennio”

di Paolo Berizzi, “la Repubblica”, 5 agosto 2022

 

Con il fascismo? «Ho un rapporto sereno, è un passaggio della nostra storia nazionale». Mussolini? «Un personaggio che va storicizzato».

Parole di Giorgia Meloni, anno 2006, vicepresidente della Camera.

Erano passati quattordici anni da quando sceglie di aderire al Fronte della Gioventù, organizzazione giovanile di quel Msi fondato da ex esponenti del regime fascista e che nasceva in continuità con l’esperienza del Ventennio.

Ma che rapporto ha, davvero, l’ultima fiamma della destra italiana, con quella storia e quella tradizione nelle quali affondano – a partire dal simbolo – le radici del suo partito? Il «fascismo» che Gianfranco Fini, nel 2003, definì «male assoluto».

Rileggiamo altre dichiarazioni di Giorgia Meloni, più recenti.

La prima: 4 novembre 2021 (dopo la bufera dell’inchiesta Fanpage-lobby nera). «Non ho mai provato alcun afflato per il fascismo. Certamente ho sempre riconosciuto – aggiunge subito dopo – una comunanza di ideali con i giovani che scelsero la parte destra del campo nel dopoguerra».

Seconda riflessione: marzo 2022. «Il fascismo poteva dire no a Hitler su leggi razziali e persecuzione degli ebrei».

In sostanza, il leit motiv caro alla destra post-fascista, secondo il quale Mussolini – semmai – sbagliò dal momento in cui si alleò coi nazisti. Un modo per sfilare dal dibattito il prima.

Una cosa è certa: dal 2006 a oggi la linea di “donna Giorgia” sul fascismo non è mai cambiata. Ha sempre evitato di dare un giudizio.

Tra equilibrismi e dribbling, la leader dei “patrioti” si tiene alla larga. «Mussolini ha fatto errori, le leggi razziali, l’ingresso in guerra. Storicamente – attenzione al passaggio – ha anche prodotto tanto, ma questo non lo salva». L’uso sapiente del bilancino.

Salvo, poi, sbilanciarsi.

Nel 2017 scoppia il caso della spiaggia fascista di Chioggia (un lido arredato con simboli e motti neri e il cui titolare tiene comizi stile ventennio).

Meloni condanna? Macché. «La storia d’Italia e soprattutto del fascismo è una storia molto complessa, non è folclore».

Appena si entra nel tema, Meloni svicola o banalizza. «Non so quale sia la matrice», commenta dopo l’assalto di Forza Nuova alla sede della Cgil (9 ottobre 2021).

Ma il momento dell’identità arriva sempre. Convegno della Fondazione Almirante: Meloni sottolinea l’importanza di «tenere viva la memoria e la conoscenza di un uomo la cui grandezza non può che arricchire la storia d’Italia».

Per “Giorgia” l’ex segretario del Msi è stato «uno degli uomini più straordinari che abbiano solcato la storia dell’Italia repubblicana. È stato la guida di intere generazioni,il padre politico più autorevole. Un uomo che ha combattuto l’odio, i cui scritti, se letti ancora oggi, sono attuali».

L’elogio meloniano del leader che disegnò il simbolo della fiamma ispirandosi al distintivo di un’associazione di combattenti stride se appaiato all’autoritratto dello stesso Almirante: «Sono stato, nel ’38, uno dei pochi giornalisti italiani che abbiano aderito alle tesi razziste enunziate dal regime… In qualità di segretario di redazione della rivista La Difesa della Razza ho scritto articoli intonati alla rivista».

La continuità tra il fascismo e il Msi? Almirante la spiega a Mike Bongiorno: «Non c’è nulla che finisca, tutto continua».

Oggi la parola d’ordine in casa FdI è condannare genericamente «tutti i totalitarismi»: è equiparare sempre nazismo e comunismo. «Non c’è spazio per razzismo e antisemitismo nel mio partito».

Ai suoi dirigenti Meloni raccomanda di «verificare che nessuno dei nostri rappresentanti offra spunti utili con scivoloni, frasi e comportamenti non consoni (…) Non possiamo consentire alcuna leggerezza su razzismo, violenza, discriminazione o fanatismo ».

Temi di cui Almirante era esperto.

Qualcosa, però, sfugge.

Il deputato Galeazzo Bignami si traveste da guardia delle SS per un addio al celibato.

La stessa divisa indossata dal consigliere comunale di Nimis (Udine), Gabrio Vaccarin, foto di Hitler alle spalle. A Cogoleto tre suoi colleghi fanno il saluto romano in aula il Giorno della Memoria 2021. Alla faccia della svolta di Fiuggi. 27 gennaio 1995. «Basta riferimenti al fascismo», decise Fini.

Ragiona Carlo Greppi, scrittore e storico: «Nel partito che ha ereditato la fiamma c’è un rumore di fondo che, a livello culturale, alimentando la pregiudiziale sull’antifascismo, agevola una riabilitazione del fascismo. Si cerca di inquinare l’immagine della Resistenza e si mistifica quella del ventennio. Questa destra, non a caso, all’estero è definita regolarmente extrême droite e far-right ».

Paolo Berizzi