I cimiteri di Zarzis, tombe senza nome

Chamseddine Marzoug nel “Cimitero degli sconosciuti” da lui creato e curato (foto kapitalis.com).

Vive nella città di Zarzis, sulla costa tunisina nei pressi del confine libico, un uomo, Chamseddine Marzoug, che da dieci anni seppellisce i migranti morti nei naufragi e restituiti dal mare alla terra.

Prima che la pietà lo vincesse, i corpi finivano in fosse comuni.

A partire dal 2011, dopo la primavera araba tunisina, Chamseddine, pescatore e volontario della Mezzaluna Rossa impegnata nell’opera di soccorso ai migranti, chiese alle autorità un terreno per poter dare una sepoltura individuale a quei  poveri esseri umani, morti per aver troppo sperato. Per aver tentato di varcare il muro  della fortezza Europa inseguendo un sogno.

Gli diedero un promontorio su una discarica dismessa. Rifiutati al posto dei rifiuti. Ma almeno non in quella seconda morte che è una fossa comune.

Chamseddine, che oggi ha 58 anni, di fosse ne ha scavate 600 e vi ha seppellito altrettante spoglie di naufraghi. Tutte sconosciute. Tombe senza nome, a volte con solo una data. Tutte con un fiore, una pianticella, un segno di amore del mondo dei vivi. Chamseddine lo ha chiamato “il cimitero degli sconosciuti”.

Solo su una  tomba c’è un nome: Rose-Marie,  28 anni, della Nigeria. Fu l’unica a non sopravvivere di un barcone salpato dalla Libia con 126 persone.

Su un cumulo di terra più piccolo, ha raccontato Paola Del Vecchio in un servizio per il quotidiano “Avvenire”  dal quale abbiamo tratto le informazioni, c’è una macchinina giocattolo. “Era di un bambino di cinque anni trovato morto in mare con una donna – dice a Chamseddine alla giornalista – e ho pensato che fosse sua madre . Li ho sepolti l’uno accanto all’altra”.

La profonda pietà musulmana che lo anima lo porta a prendersi cura personalmente dei cadaveri. Li recupera, li lava, li ricompone, li porta all’ospedale perché possano essere individuati i possibili elementi di identificazione. E poi li seppellisce. Lo aiutano altri volontari. “La vita li ha rifiutati. Noi non possiamo farlo. Dobbiamo dare loro una sepoltura dignitosa”, dice.

Quest’anno al “suo” cimitero se n’è aggiunto uno nuovo, inaugurato il 9 giugno. Si chiama “Giardino d’Africa” e l’ha creato l’artista Rachid Koraichi , 74 anni, di origini algerine e di fede musulmana sufi, che vive a Parigi .

Tre anni fa ha acquistato un  terreno, ha progettato e seguito la realizzazione del cimitero, curando personalmente ciascuna delle 200 lapidi bianche per altrettante sepolture di poveri migranti e si è fatto carico di tutte le spese. “Vorrei dare a queste persone un primo assaggio di paradiso” ha detto ai giornalisti.

Su ciascuna lapide ha inciso le poche informazioni disponibili, se c’erano: “Donna, con indosso un vestito nero, ritrovata sulla spiaggia di Hachani”, “Uomo, abito scuro, spiaggia del Four Seasons Hotel”.

Koraichi è preoccupato perché il cimitero si riempirà presto. Disgraziatamente ha molti motivi per preoccuparsi. I naufragi continuano, i morti si moltiplicano. All’inizio di luglio, un mese dopo l’inaugurazione del cimitero, nell’ennesimo naufragio al largo di Zarzis sono morti 49 migranti e altri 84 sono stati salvati. Erano partiti dalle vicine coste libiche.

E nello stesso mese, il 22 luglio, altro naufragio al largo di Zarzis di un barcone con 400 migranti soccorsi dai pescatori e dalla Marina tunisini. Ma 17 migranti sono morti. Le onde continuano a restituire cadaveri.

L’Europa si volta dall’altra parte.  La guerra ai migranti continua. L’accesso alla fortezza Europa è sempre più difficile.

All’inizio di settembre, racconta lo stesso Chamseddine a Mehdi Kebil di infomigrants.net, sua moglie è partita per l’Europa su un barcone, senza avvisarlo, per paura che lui glielo impedisse, con due piccoli nipoti, figli di un loro figlio emigrato in Francia.

Il ricongiungimento familiare è difficile. Non restava, per riunire la famiglia, che il viaggio col barcone. Chamseddine ha visto troppi morti. Non avrebbe mai lasciato che sua moglie e i nipotini rischiassero il viaggio. Ma la vita, la famiglia, gli affetti, il futuro premono. Non si possono soffocare a lungo.

Tutto è andato bene, per fortuna. Sono arrivati in Francia e sua moglie, quanto prima, tornerà in Tunisia.

Ecco come funziona la fortezza Europa. Se si impediscono gli accessi legali non restano che quelli illegali. Sono le leggi sbagliate che creano i clandestini e che moltiplicano i morti. E i cimiteri, se c’è la pietà di uomini come Chamseddine Marzoug e Rachid Koraichi.

 

Pubblicato sul quotidiano “l’Adige” l’1 novembre 2021.

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