“I care”: me ne importa, mi sta a cuore, mi impegno.
Questo motto di don Lorenzo Milani, secco, risoluto, potente è il simbolo della sua testimonianza di educatore rivoluzionario che continua a spingere tanti a cambiare se stessi e la realtà.
Don Milani si faceva amici e nemici ovunque.
Non sopportava le ingiustizie, le guerre, i fascisti, l’ignoranza, gli intellettuali progressisti che non si mettono al servizio del popolo, i ricchi che parlano di rivoluzione e di poveri ma rimangono ricchi, le mode giovanili, i politici e i signori che usano la religione per difendere potere e privilegi, la Chiesa che sta dalla loro parte e dimentica il Vangelo.
Fu molto citato e tradito.
Ma tante coscienze di ogni credo continuano a farsi da lui provocare. Per migliorare il mondo.
Don Lorenzo nasce a Firenze il 27 maggio 1923 in una famiglia ricca e di grandi tradizioni intellettuali, laica e anticlericale, secondo (dopo Adriano e prima di Elena) dei tre figli di Alice Weiss, di origini ebraiche, e Albano Milani Comparetti, chimico e possidente.
La famiglia si trasferisce a Milano e Lorenzo, finito il liceo, non ne vuole sapere di università e si iscrive a un corso di pittura all’Accademia di Brera.
Nel ’43 la famiglia torna a Firenze e lui, sconcertando tutti, decide di farsi prete, entra in seminario, rinuncia al patrimonio familiare.
Ordinato sacerdote nel ’47, sarà fedele uomo di Dio e della Chiesa fino alla fine. Vivendo in povertà. Cappellano a San Donato di Calenzano, crea una scuola serale per operai e contadini con impostazione del tutto nuova. È vicino al sindaco di Firenze Giorgio La Pira. La pastorale di don Lorenzo manda all’aria l’impostazione tradizionale.
Perché non disturbi, nel ’54 è nominato parroco di Sant’Andrea di Barbiana, minuscola frazione di Vicchio. Ma da lì don Lorenzo mette sottosopra la Chiesa e l’Italia.
Crea ancora una scuola popolare per i figli dei contadini con un’impostazione ancora più rivoluzionaria.
Nel ’57 pubblica Esperienze pastorali, una profetica analisi della Chiesa che il Sant’Uffizio fa ritirare.
Nel ’65 difende l’obiezione di coscienza insultata dai cappellani militari, pubblica la Lettera ai cappellani militari e, portato in tribunale, la Lettera ai giudici. La storia è piena dei crimini degli obbedienti, scrive, perciò “l’obbedienza non è più una virtù”.
Nel maggio ’67, già molto malato, pubblica coi ragazzi di Barbiana la Lettera a una professoressa, una denuncia della scuola che perde per strada chi ne ha più bisogno.
Il 26 giugno 1967 muore a Firenze nella casa della madre.
Pubblicato sul quotidiano “Trentino” il 16 maggio 2020.
Ricco di documentazione di prima mano e promotore di importanti inziative di formazione, soprattutto per i giovani e le scuole, è il Centro di documentazione don Lorenzo Milani e Scuola di Barbiana di Vicchio (ORA ISTITUZIONE DON MILANI), fondato e curato dagli ex alunni della Scuola di Barbiana e dal Comune di Vicchio.