Addio a suor Cecilia Impera, donna della pace

Suor Cecilia Impera (Foto Bernardinatti, Trento, 2001)

«Viene da pensare, in questi tragici giorni di guerra, che le avranno risparmiato di sapere dello spaventoso scempio di vite umane a cui stiamo assistendo in Israele e a Gaza, tra orrendi massacri di civili ebrei, anche bambini, da parte di Hamas e terribili ritorsioni da parte israeliana che non hanno risparmiato i civili di Gaza, tra cui anche i bambini.

Le avranno risparmiato questa indicibile sofferenza, a lei, che aveva vissuto, come peraltro Dossetti, molti anni a Gerico e Betania, e poi in altri villaggi palestinesi, come ponti di spiritualità e fraternità tra cristiani ed ebrei, tra palestinesi ed israeliani, tra musulmani, cristiani ed ebrei, tutti figli dello stesso padre spirituale Abramo.»

Vincenzo Passerini

Addio suor Cecilia, donna della pace

di Vincenzo Passerini

“l’Adige”, 6 novembre 2023

 

Suor Cecilia Impera si è spenta a 97 anni domenica mattina 5 novembre, a Oliveto, nel comune di Monteveglio, sull’Appennino bolognese, circondata dalle sorelle e dai fratelli della sua comunità monastica, la Piccola Famiglia dell’Annunziata fondata da Giuseppe Dossetti che fu tra i protagonisti della politica del dopoguerra e tra i padri della Costituente prima di scegliere il sacerdozio e il monachesino.

Una grande donna, suor Cecilia, minuta, dal cuore tenero e dal carattere d’acciaio, di vastissima e profonda cultura, sorretta da una fede appassionata che si nutriva della Bibbia, studiata, amata, pregata, secondo i modi e i ritmi molto esigenti che Dossetti aveva impresso alla comunità.

Una vita vissuta molti anni all’estero, con la sua comunità religiosa, in Grecia, in Israele-Palestina, in India.

Studio, preghiera, aiuto ai più poveri, impegno con tutte le sue forze per la fraternità tra le religioni e i popoli, e per la pace, perseguita con ostinazione e incrollabile speranza.

Le sorelle della Piccola Famiglia dell’Annunziata nel villaggio di Ain Arik (vicino a Ramallah, in Palestina) nella loro chiesetta durante una visita di suor Cecilia nel 2009 (dal libro “Al monte santo di Dio”)

Viene da pensare, in questi tragici giorni di guerra, che le avranno risparmiato di sapere dello spaventoso scempio di vite umane a cui stiamo assistendo in Israele e a Gaza, tra orrendi massacri di civili ebrei, anche bambini, da parte di Hamas e terribili ritorsioni da parte israeliana che non hanno risparmiato i civili di Gaza, tra cui anche i bambini.

Le avranno risparmiato questa indicibile sofferenza, a lei, che aveva vissuto, come peraltro Dossetti, molti anni a Gerico e Betania, e poi in altri villaggi palestinesi, come ponti di spiritualità e fraternità tra cristiani ed ebrei, tra palestinesi ed israeliani, tra musulmani, cristiani ed ebrei, tutti figli dello stesso padre spirituale Abramo.

Fratelli e sorelle della Piccola Famiglia dell’Annunziata nel villaggio palestinese di Ma’, davanti alla chiesetta, nel 1989. Don Giuseppe Dossetti è il terzo da sinistra in seconda fila (da libro “Al monte santo di Dio”).

Una comunità monastica particolare, quella fondata da Dossetti, tanto spiritualmente rigorosa, quanto sempre immersa nella storia umana. Nelle sue tragedie e nelle sue speranze.

Una comunità che vive del proprio lavoro e che ha come caposaldo lo studio e la meditazione della Bibbia. Una comunità fatta di religiosi e religiose, ma anche di donne e uomini sposati. C’è chi vive in monastero, e chi fuori, nella società.

E così è accaduto che domenica suor Cecilia si spegnesse poco prima della messa che vedeva riunirsi la comunità anche per il battesimo di un nuovo nato. La celebrazione è così diventata una festa commossa di commiato e di benvenuto. Di grande significato, perché nella spiritualità cristiana tutto si tiene nella comunione dei santi, e i vivi e i morti stanno insieme, sempre.

Un mese fa, il 5 ottobre, suor Cecilia aveva festeggiato il compleanno all’aperto, in carrozzina, nel giardino della casa della comunità, presente anche la sorella Adriana che vive a Trento e che le è sempre stata vicino, soprattutto in questi ultimi anni segnati dalla malattia.

Suor Cecilia con una sorella della comunità e la sorella Adriana a Monteveglio nel 2019 (foto Vincenzo Passerini).

Nella famiglia Impera c’era anche un fratello, Eugenio. Ma fu trucidato a 19 anni dai nazifascisti nella strage di partigiani avvenuta tra Riva del Garda, Arco e Nago Torbole il 28 giugno del 1944 dopo la soffiata di un infiltrato. Quel giorno furono uccisi undici partigiani e altri cinque trovarono la morte nei giorni seguenti. Tra i caduti anche il capo della resistenza trentina, Giannantonio Manci, e l’avvocato roveretano Angelo Bettini.

Fu l’episodio più tragico della resistenza trentina e che ha segnato indelebilmente anche la vita di suor Cecilia. Finché le forze gliel’hanno consentito non ha mai mancato, insieme alla sorella Adriana, di partecipare con l’Anpi alle celebrazioni in memoria dei partigiani del 28 giugno.

La famiglia Impera viveva a Riva del Garda. Il padre, Giovanni, di origini calabresi, era carabiniere. La madre, Veronica Bazzoli, proveniva da Roncone.

In precedenza i coniugi Impera avevano vissuto alcuni anni a Cavalese e lì era nata Romana, poi suor Cecilia, il 5 ottobre 1926. Lì, l’anno prima, il 27 febbraio, era nato anche Eugenio.

I due fratelli erano molto legati. Condivisero al liceo Maffei di Riva i primi sentimenti antifascisti seminati da alcuni professori.

Eugenio Impera (1925-1944), fratello di suor Cecilia, studente, partigiano, assassinato dai nazifascisti.

L’assassino di Eugenio avvenne in casa e l’ha descritto la stessa suor Cecilia nella sua autobiografia, “Al monte santo di Dio”, pubblicata da Il Margine nel 2012.

Suonarono alla porta di casa e bussarono con violenza. Erano in due, un agente in borghese delle SS e un fascista. In casa c’erano tutti, eccetto la madre che era in visita da parenti. Uno tenne a bada il papà, la giovane Romana e la piccola Adriana mentre l’altro entrò nella camera di Eugenio e lo trucidò.

Romana fu segnata da quella violenza e la sua vocazione religiosa fu anche una risposta a quella tragedia.

“A Eugenio, mio fratello, martire della libertà”. Suor Cecilia ha voluto questa dedica per la sua autobiografia che la casa editrice Il Margine le aveva chiesto di scrivere (“Al monte santo di Dio. La mia vita con la comunità di Dossetti”, Il Margine, Trento, 2012, p. 239, prefazione di Raniero La Valle).

Non possiamo dimenticare, infine, che suor Cecilia ebbe la forza di accettare la proposta che Dossetti le fece di andare in India, a 55 anni, e studiare la filosofia e la religione dell’induismo a Benares. Era importante per la comunità religiosa che qualcuno affrontasse quell’immenso tesoro filosofico e spirituale così impenetrabile per i cristiani.

La tesi di laurea di suor Cecilia a Benares, in India, è diventata, riveduta per il pubblico italiano, un libro pubblicato da Guaraldi nel 1995 (rist. 1998): “Il significato della vita e della morte. Un’analisi critica dei più importanti testi indù”, prefazione di Stefano Piro, p. 367).

Suor Cecilia affrontò la difficile impresa da par suo e si laureò a Benares passati da poco i sessant’anni. E poi rimase ancora diversi anni in India tra le poverissime comunità cristiane dove la miseria era sconfinata. E continuò ad aiutarle, con il sostegno di tante persone.

Fraternità, Bibbia, preghiera, studio, impegno per la pace. La vita di una grande donna.

***

 

Suor Cecilia con Vincenzo Passerini a Monteveglio nel 2019.

Piccola Famiglia dell’Annunziata – Monteveglio

Vedi anche: Eugenio Impera, “figlio della montagna”