“Il passato che non passa. Quell’ombra nera mai fugata da Meloni”. Un reportage su “Repubblica” dell’esperto di neofascismo Paolo Berizzi (da anni sotto scorta perché minacciato di morte)

La marcia su Roma di Mussolini e delle sue bande armate.

A 100 anni dalla marcia su Roma di Mussolini e le sue bande armate (28 ottobre 1922) che segnò la presa del potere da parte del fascismo, anche grazie alla pavidità dello Stato e del Re, le imminenti elezioni politiche (25 settembre 2022) rischiano di consegnare il Paese agli eredi di quella nefasta stagione. Occorre parlare chiaro, evitare la frammentazione dello schieramento democratico, proporre ai cittadini programmi e persone credibili per scongiurare tale sciagura. Parlare chiaro, innanzitutto, come fa Paolo Berizzi (sotto scorta perché minacciato di morte) che da anni racconta su “la Repubblica” il neofascismo italiano, i suoi legami col neonazismo, i loro stretti rapporti con Fratelli d’Italia.

Da leggere e da diffondere.

 

” Il passato che non passa. Quell’ombra nera mai fugata da Meloni”

di Paolo Berizzi

“la Repubblica”, 24 luglio 2022

« Non ci sarebbe nemmeno bisogno di andare indietro nel tempo. A quando Giorgia Meloni – era il 7 gennaio 2008 – da ministra della Gioventù si faceva scortare ad Acca Larenzia dal ras neofascista Giuliano Castellino: il leader di Forza Nuova accusato di avere guidato l’assalto squadrista alla sede della Cgil, il 9 ottobre 2021, a Roma. Incollato come un’ombra, vigila sull’incedere marziale di “Giorgia” che giunge nella ex sezione del Msi e depone la sua corona di fiori (“il ministro della gioventù”). Dove? Sotto una croce celtica.

Cartoline di un passato che non passa. E che porta a oggi, alla preoccupazione degli Usa per la corsa di una “postfascista” verso palazzo Chigi.

Per raccontare come e quanto FdI e la sua leader tengano vivo il legame con la galassia nera (non solo) del nostro Paese, basta seguire le cronache. «Ho un rapporto sereno con il fascismo», Meloni dixit.

Già. Una serenità proporzionale ai rapporti, alle zone di contiguità tra i “patrioti” che si dicono pronti a governare l’Italia, e l’ultradestra. In una cornice di esibizioni e rimandi fascisti o fascistoidi, proclami razzisti e sessisti.

Come quelli che la presidente dei Conservatori e Riformisti europei ha sguainato, il 12 giugno, dal palco di Marbella per sostenere il partito di estrema destra Vox caro ai nostalgici di Francisco Franco. Giorgia la “nera”? Sì, se si prendono per buone le parole di Steve Bannon. Una «fascista, neofascista» la benedì l’agit prop dell’assalto a Capitol Hill. E FdI? «Uno dei più vecchi partiti fascisti».

Bannon o non Bannon, una cosa è certa: fin dall’inizio anno 2012, fondatori Meloni, IgnazioLa Russa e Guido Crosetto – il partito che ha ancora nel suo simbolo la fiamma che arde sulla tomba di Mussolini, ha intrattenuto relazioni non casuali con formazioni e ambienti neofascisti.

Se in principio sono passati sotto silenzio, mano a mano ecco spuntare gli altarini.

È un cerchio che si apre a Milano e a Milano si chiude.

Alla festa del partito nel 2018 (FdI alle politiche incassa un 4,3% alla Camera, oggi è dato a cinque volte tanto e più) interviene come relatore il segretario nazionale di FN, Roberto Fiore (ex terrorista nero con Terza Posizione, anche lui arrestato per l’assalto alla Cgil). In scaletta c’è pure un esponente di Memento, costola dei neonazisti di Lealtà Azione nata dai violenti Hammerskin che si ispirano all’ex generale delle Waffen-SS Léon Degrelle e a Corneliu Codreanu, fondatore della Guardia di Ferro rumena (pogrom antiebraici).

Ancora Milano. 29 aprile 2022. Alla convention di FdI Meloni improvvisa una gag per deridere le accuse di fascismo. Poi snocciola le sue priorità: «Mamma, merito, mare e marchio». E’ il fattore “M”. “M” come Meloni. “M” come Mussolini. Parla “Giorgia”. E parlano anche i fatti.

Milano è lo sfondo dell’inchiesta di Fanpage sulla “lobby nera”: saluti romani, razzismo su “negri” e ebrei; un presunto giro di soldi al partito. 7 ottobre 2021. La Procura indaga per finanziamento illecito e riciclaggio. «Voglio vedere tutte le 100 ore di girato », tuona la Meloni, furibonda coi giornalisti. Al centro della vicenda, il fidatissimo eurodeputato Fidanza. Uno che fa il saluto nazista e scandisce “Heil Hitler”.

Goliardia, minimizza lui. Come no. La cena elettorale è per la candidata Chiara Valcepina. Che verrà eletta in consiglio comunale. Di fronte alla bufera politica, Meloni promette di voler andare fino in fondo, ma solo “dopo avere visto tutto il girato”. Medita di chiedere a Valcepina di fare un passo indietro.

È ammuina. Sono passati quasi dieci mesi e non ha fatto niente. Dopo un’autosospensione farsa, Fidanza (indagato anche per corruzione in un’altra inchiesta) è ancora al suo posto a Bruxelles. Valcepina idem.

Tema scivoloso, le cene.

Il 28 ottobre 2019 FdI ne organizza una al ristorante “Terme” di Acquasanta Terme (Ascoli Piceno). Tavola per 70: si celebra la marcia su Roma, l’inizio del fascismo. “28 ottobre 1922… giorno memorabile e indelebile, la storia si rispetta e si commemora”, è scritto sul menù.

E poi: il simbolo del partito, un’aquila, il fascio littorio,“Dio, patria, famiglia”. Alla cena – rivelata da Repubblica – ci sono il futuro presidente delle Marche, Francesco Acquaroli (vicinissimo a Meloni), il sindaco di Ascoli, Marco Fioravanti, e l’attuale presidente della Provincia, Luigi Capriotti. “Giorgia” perde la verve: silenzio.

Silenzio anche quando, a marzo 2021, Gioventù Nazionale, ovvero i giovani di FdI, omaggiano a Verona Léon Degrelle, “il figlio di Hitler”.

Nove mesi dopo, la sezione di Civitavecchia presenta un libro che esalta il generale Rodolfo Graziani, massacratore di Etiopia e comandante a Salò.

Dalla Liguria alla Campania consiglieri e candidati di FdI si esibiscono in saluti romani in aula: Valeria Amadei a Cogoleto, Ino Isnardi a Ventimiglia.

A Napoli dirigenti e militanti salutano romanamente dietro il tricolore. Lo stesso fa il coordinatore cittadino Sergio Restrelli. Meloni? Non pervenuta. Per lei quel saluto è (solo) «antistorico ».

Mai preso le distanze dalle derive più nere, in questi anni. Sono state un crescendo.

Alle elezioni amministrative del 2021, dentro candidati che si dichiarano fascisti. A braccio teso. Il gesto di La Russa, in parlamento, nel 2017. Vecchie radici piantate nella storia della fiamma tricolore.

Proprietaria del logo della fiamma, già simbolo del Msi, è la Fondazione Alleanza Nazionale (nei vertici, La Russa). Che ogni anno assegna l’onorificenza “Caravella tricolore”. Chi è stato il premiato edizione 2020 (lo ha raccontato “Left”)? Gabriele Adinolfi, militante di Terza Posizione, otto anni di carcere per associazione sovversiva e banda armata.

La Fondazione è proprietaria di immobili. Uno ospitava, a Roma, la sede di Forza Nuova. Per parlare dell’appartamento il 28 marzo 2021 La Russa riceve in Senato – di cui è vicepresidente – , i pluripregiudicati Fiore e Castellino. La Russa aveva appena finito di incalzare Mario Draghi in aula.

Sette mesi dopo l’incontro a Palazzo Madama Fiore e Castellino sono alla testa dell’assalto alla sede del primo sindacato italiano. Quel giorno le lancette tornano indietro di cento anni. Al debutto del fascismo. »

Paolo Berizzi