L’impegno sul fronte dei profughi da parte del presidente del Parlamento europeo David Sassoli, scomparso il 10 gennaio per una grave malattia, era autentico e continuo. Ricordo la sua telefonata (eravamo amici dagli anni del comune impegno nell’associazione Rosa Bianca) dopo l’appello che con Laura Rozza Giuntella e un folto gruppo di personalità dell’associazionismo cattolico gli avevamo rivolto dalle pagine di “Avvenire” il 18 gennaio di un anno fa perché l’Europa salvasse i bambini profughi sull’isola di Lesbo che vivevano in condizioni disperate.
“È una tragedia”, mi disse, ribadendo quanto aveva scritto nella risposta al nostro appello “che ci vede quasi impotenti perché noi come Parlamento non abbiamo strumenti per intervenire. I governi non vogliono cedere sovranità su questo punto. Facciamo interventi, ci muoviamo anche assieme a Ursula von der Leyen, pure seriamente impegnata su questo tema, cerchiamo ogni strada possibile.
Qualche risultato lo otteniamo. Ma sono i governi nazionali non l’Unione europea i responsabili di questa grave situazione e non hanno nessuna intenzione di fare qualcosa. Alcuni corridoi umanitari sono stati realizzati da alcuni Paesi (Germania, Francia, Italia…), altri ci saranno.
Ma tutto è lento, difficile. Voi come movimenti e associazioni che difendete i migranti dovete insistere e non tacere mai di fronte al governo. Quello che succede di tragico sulla rotta balcanica accade anche perché è il governo italiano che chiude le frontiere e i profughi vengono rimandati indietro, dopo aver subito ogni sorta di angherie e sofferenze.
Noi continuiamo, ma nemmeno voi dovete mollare. Abbiamo bisogno per cambiare le cose nella politica di una forte pressione della società civile. Continuiamo insieme questa battaglia.”
Questa sua appassionata telefonata è l’ultimo ricordo che conservo di David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, cattolico democratico sinceramente impegnato per rendere l’Europa più giusta e più fraterna.
Di seguito un brano dell’Appello e uno della risposta di Sassoli, con i rispettivi rinvii ai testi integrali.
Appello al presidente Sassoli per salvare i bambini dell’isola di Lesbo
Presidente Sassoli,
salviamo dalla disperazione i bambini prigionieri sull’isola di Lesbo. Quarantanove di loro hanno manifestato idee suicide lo scorso anno. L’ha denunciato Medici Senza Frontiere. Un crimine contro l’umanità accade sotto i nostri occhi. Non possiamo far finta di nulla.
Presidente Sassoli, mobiliti i rappresentanti dei 27 Stati che siedono nel Parlamento europeo che Lei presiede perché tolgano da quella disumana prigionia i bambini e le loro famiglie, profughi da anni sull’isola greca, e vengano accolti nel continente. E diano loro nuovamente fiducia nella vita.
Sono siriani, afghani, iracheni, africani costretti a fuggire dalla guerra, dal terrorismo, dalla violenza di Stato, dalla povertà, da persecuzioni religiose o politiche. Glielo dobbiamo, in nome di quei valori, umani, culturali, laici, cristiani sui quali l’Europa e i singoli Paesi dell’Unione dicono di fondarsi.
Come è possibile che l’Europa assista indifferente a una simile tragedia? (continua)
Vai al testo integrale dell’Appello (con le firme)
Risposta del presidente Sassoli all’appello
Gentile direttore,
ho accolto come un forte incoraggiamento l’appello di diverse personalità che sul suo quotidiano mi è stato rivolto nei giorni scorsi per salvare i bambini accolti nell’isola di Lesbo.
Una situazione drammatica, disumana, che li costringe in condizioni di grave pericolo. Lo scorso anno insieme ai presidenti delle altre istituzioni dell’Unione – Von der Leyen e Charles Michel – rivolgemmo anche noi un invito ai governi nazionali per accogliere i minori e le persone più vulnerabili raccolte nei campi allestiti in Grecia.
Qualcosa è stato fatto, ma troppo poco. E ora, a seguito della denuncia di Medici Senza Frontiere il tema viene riproposto accompagnato dalle notizie sui tentativi di suicidio di ragazzi e giovanissimi. Un grido d’allarme che ripropone l’egoismo dei Governi nazionali e la mancanza di poteri dell’Unione Europea in materia di immigrazione e di asilo.
C’è un deficit insopportabile di sovranità europea che costituisce un danno umanitario. E anche una ferita politica.
È evidente a tutti che le soluzioni possono essere trovate soltanto a livello europeo, mentre le politiche immigratorie restano di competenza degli Stati nazionali.
Ma chi può immaginare che l’Unione non abbia gli strumenti per intervenire e si limiti ad azioni per lo più di persuasione? (continua)