Yemen: le macerie, la scuola che resiste e le nostre armi

Un’aula tra le macerie. Una scuola che resiste. Simbolo incredibile di tutte le scuole che resistono. In guerra e in pace, nonostante le bombe o nonostante il Covid 19. Sotto l’imperversare della malaria o del colera, in mezzo alla miseria più nera o l’oppressione più dura, in una zona terremotata  del Centro Italia o in un campo profughi di Rohingya in Bangladesh, in una missione del Madagascar o in una casa di accoglienza in Messico sotto il muro americano. In presenza o a distanza, all’ombra di un albero o in una cantina.  Davanti a una lavagna o a un computer.

E ovunque insegnanti armati di coraggio e di pazienza. E bambini che imparano a resistere. Soffrono, ma alla scuola non rinunciano. E genitori che alla scuola ci tengono, in qualsiasi situazione si trovino.

Un miracolo quotidiano che ogni mattina, puntualmente, si rinnova in ogni parte del mondo. Nonostante tutto, senza piegarsi a quello che va male. Senza piegarsi mai.

Hani Mohammed, fotografo freelance, ha colto per l’Associated Press  questa immagine del ritorno a “scuola” in una comunità vicino a Taez, città dello Yemen, il paese più infelice della terra. Massacrato dalla guerra, dal colera e ora anche dal Covid 19.

Ma la scuola continua, il miracolo si rinnova, tra le macerie. Un inno alla scuola, alla resistenza, alla speranza.  Un inno alla vita che non si arrende.

Ma anche una dura accusa alle logiche che dominano il mondo. Che non sono quelle della scuola e del primato della vita umana. Logiche di potenza e di denaro. Armi che si continuano a produrre  e che uccidono e distruggono.

 

 

Foto Hani Mohammed / Associated Press

 

Nel 2019 mai così tante armi prodotte negli ultimi decenni: 1.917 miliardi dollari. E il bilancio dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che sta affrontando la tragedia mondiale della pandemia, è lo 0,11% di ciò che i governi spendono per le armi nel mondo.

Anche bombe italiane sono state usate in Yemen. Prodotte dalla Rwm Italia  a Domusnovus in Sardegna. E hanno colpito ospedali, case e scuole. Ucciso bambini, donne, vecchi. Come è stato dimostrato (si può vedere su You Tube il filmato “Made in Italy, bombed in Yemen”).

Il governo italiano ha imposto la sospensione della produzione di bombe allo stabilimento sardo, ma scade a gennaio 2021. La multinazionale preme perché si riprenda. I movimenti della pace si sono mobilitati invece perché la sospensione sia prorogata e la produzione convertita.

Basta bombe, basta armi. Basta bombe e armi all’Arabia Saudita, direttamente o tramite altri paesi, che poi le usa in Yemen. Basta navi militari all’Egitto, basta cannoni ed elicotteri alla Turchia.

Basta lacrime ipocrite sui bimbi uccisi, le scuole distrutte, l’oscena fiera di vacue parole sul povero Regeni e sui curdi massacrati da Erdogan.

Non si possono servire due padroni. O il dio denaro o la vita umana. In guerra e col Covid.

La scuola che resiste è la vita umana, ogni vita umana, che grida il suo diritto ad esistere. A contare più dei soldi. Ad avere futuro.

 

Pubblicato sul quotidiano “Trentino” giovedì 3 dicembre 2020.