Il 23 agosto 1923 veniva assassinato don Giovanni Minzoni. Il durissimo attacco di Giuseppe Donati a Balbo e Mussolini. Una lezione per il nostro disgraziato presente

Il sacrificio di don Giovanni Minzoni e la coraggiosa testimonianza di Giuseppe Donati non possono essere solo dei nobili ricordi. Del loro intransigente antifascismo e del loro coraggio civile c’è bisogno anche oggi con gli eredi politici del fascismo al potere in Italia. I quali non hanno mai chiaramente rinnegato il fascismo che è all’origine del loro albero genealogico. E i loro gruppi giovanili continuano a crescere nel culto di quel nefasto regime. Non è possibile far finta di niente. Come fanno troppi, anche nel mondo cattolico. Anche tra i preti.  (Vincenzo Passerini)

 

Giuseppe Donati direttore de “Il Popolo”, organo del Partito Popolare, fu uno dei più coraggiosi antifascisti cattolici. Fu tra i più implacabili accusatori del potente ras fascista Italo Balbo quale responsabile del delitto di don Minzoni, e di Benito Mussolini per il delitto Matteotti. Costretto all’esilio in Francia nel 1925, morì a Parigi a soli 42 anni nel 1931.

Ecco un articolo e lo stralcio di un altro pubblicati su “Il Popolo” rispettivamente il 28 e il 29 novembre 1924. Implacabili per contenuti e tono, raramente riscontrabili nella stampa cattolica.

Ci fanno capire di quale intransigente antifascismo  e coraggio civile fosse capace Donati in una fase politica in cui la Chiesa e gran parte della stampa cattolica stavano cercando l’accordo con il regime che culminerà nella Conciliazione del 1929.

Il sacrificio di don Giovanni Minzoni e la coraggiosa testimonianza di Giuseppe Donati non possono essere solo dei nobili ricordi. Del loro intransigente antifascismo e del loro coraggio civile c’è bisogno anche oggi con gli eredi politici del fascismo al potere in Italia. I quali non hanno mai chiaramente rinnegato il fascismo che è all’origine del loro albero genealogico. E i loro gruppi giovanili continuano a crescere nel culto di quel nefasto regime. Non è possibile far finta di niente. Come fanno troppi, anche nel mondo cattolico. Anche tra i preti.

 

Giuseppe Donati (Granarolo di Faenza 1889 – Parigi 1931)

 

La durissima requisitoria di Giuseppe Donati su “Il Popolo”, del 28 novembre 1924, contro Balbo e il regime fascista responsabili dell’assassinio di don Giovanni Minzoni.

«La verità si è rivelata malgrado tutti  i tentativi compiuti dall’on. Balbo per occultarla. Il comandante generale della Milizia aveva affermato che dopo l’avvento del governo fascista, dall’ottobre del 1922, egli aveva sempre svolta opera intesa a far cessare le violenze e l’illegalismo. Tutti coloro i quali conoscono le condizioni in cui si trova la provincia di Ferrara sapevano come l’on. Balbo mentisse.

Il regime di illegalismo nella provincia, dove il fascismo si affermò, sotto la sua guida, mediante una organizzazione di violenze barbariche, non era cessato affatto dopo l’ottobre del 1922. Era invece diventato più metodico, acquistando una specie di ‘stato giuridico’.

Con quel regime era stata governata la provincia in questi due anni e si governa tuttora. Da quel regime è scaturito logicamente, potremmo quasi dire necessariamente, l’assassinio di don Minzoni.

Di questo regime della violenza e dell’arbitrio i rappresentanti dell’autorità governativa sono stati i complici e spesso gli esecutori. Il prefetto ed il questore di Ferrara erano agli ordini dell’on. Balbo, non per applicare e far rispettare la legge dello Stato, ma per avallare con la loro autorità l’illegalismo fascista.

L’olio di ricino, il manganello, il delitto sono stati elevati a sistemi di Stato. Il governo dell’on. Mussolini ha sempre considerato le Prefetture, le Questure, le Regie Procure come strumenti della fazione dominante.

La lettera dell’on. Balbo e le rivelazioni che il nostro Direttore [lo stesso Giuseppe Donati che scrive questo editoriale] ha fatto sul delitto Minzoni nell’udienza di ieri al processo contro la “Voce Repubblicana” [che aveva denunciato le responsabilità di Balbo nel delitto Minzoni e che era stata querelata dal ras fascista] pongono dinnanzi all’opinione pubblica il problema del regime in tutta la sua cruda e tragica realtà.

L’onorevole Balbo ha detto che “se egli ha sbagliato è disposto a pagare di persona”. Non si tratta di persone ma di sistema, si tratta della pratica di governo di questi due anni. L’onorevole Balbo non è che uno dei tanti responsabili; il principale responsabile è l’onorevole Mussolini.

Scrivendo la nota lettera l’onorevole Balbo era perfettamente intonato alla mentalità e alla pratica quotidiana dell’azione di governo del “duce”. Questa può essere la sua attenuante; ma è la condanna inesorabile del regime.

Lo stillicidio incessante delle accuse e delle prove contro il regime corrode la creta di cui sono impastati i piedi del colosso che ha osato sfidare i principi stessi della morale e le norme elementari del diritto e della convivenza civile.»

 

I delitti Minzoni e Matteotti dimostrano che il regime fascista è un’associazione a delinquere.

(Giuseppe Donati, “Il Popolo”, 29 novembre 1924)

«Come nel caso del delitto Matteotti, anche per il delitto Minzoni sono i complici, sono i favoreggiatori a designare apertamente mandanti, sicari e correi; e non appena l’indagine si avventura nel campo naturale delle causali, sono responsabilità di governo che si delineano e si concretano in piena luce, con circostanze e modalità d’ordine ambientale e particolare, possiamo dire sistematiche, che dimostrano come il regime di intimidazione e di terrore, imposto dal governo-partito ai propri avversari politici, abbia assunto e mantenuto, durante due anni, le caratteristiche di una vera e propria associazione a delinquere, protetta e favorita da organi dello Stato, anzi in questi ingranata e confusa, in svariate forme che vanno dalla complicità diretta alla tolleranza passiva.»

 

(I testi sono tratti da “Don Giovanni Minzoni martire per la libertà”, s.d.)