Quando la verità si fa strada

Se un preside o un autista di autobus o un dirigente d’azienda o un infermiere commettessero atti irrazionali e irragionevoli con pesanti conseguenze per gli studenti, i passeggeri, i lavoratori, i malati cosa accadrebbe?

È facile immaginarlo. Indignazioni, proteste, punizioni, cause giudiziarie, magari licenziamenti. E la pubblica gogna. Non così per i politici.

 

Norma incostituzionale, altro che “sicurezza”

Il peggior privilegio della “casta” è il non dover rispondere di atti irrazionali e irragionevoli che hanno avuto pesanti conseguenze sulla vita delle persone. Questa verità è sotto i nostri occhi.

La Corte costituzionale giovedì scorso, 9 luglio, ha dichiarato incostituzionale la norma del primo decreto “sicurezza” del 2018 voluto dal ministro Salvini, e approvato dal governo Conte-Lega-Cinque Stelle e dalla loro maggioranza parlamentare, che vieta ai richiedenti asilo, con permesso di soggiorno, di essere iscritti nell’anagrafe di un Comune.

La Corte (in attesa del deposito della sentenza) ha dichiarato l’incostituzionalità della norma

per irrazionalità intrinseca, poiché la norma censurata non agevola il perseguimento delle finalità di controllo del territorio dichiarate dal decreto sicurezza; per irragionevole disparità di trattamento, poiché rende ingiustificatamente più difficile ai richiedenti asilo l’accesso ai servizi che siano anche ad essi garantiti.

Non essere iscritti all’anagrafe impedisce di avere un domicilio, un conto corrente, un lavoro, la patente, l’accesso a servizi pubblici. Cioè, crea emarginati, aumentando le situazioni di insicurezza mentre si sbandiera la volontà di creare più sicurezza.

 

Irrazionalità che ha rovinato tante persone

Questa “irrazionalità intrinseca” al decreto ha rovinato la vita di tante persone. Ma ha forse provocato, dopo la sentenza della Corte, una qualche assunzione di responsabilità da parte dei politici?

Nulla. Come se niente fosse.

Questo è il privilegio più vergognoso della casta politica. Rovina la vita delle persone e non ne risponde. Né i cittadini si indignano o protestano. Perché le persone rovinate da quegli atti politici sono gli ultimi degli ultimi. Non contano, non hanno voce, non portano voti.

 

Politici impuniti

Abbiamo vissuto mesi e mesi aggrediti dalla propaganda di quei politici che sbandieravano quegli atti come indispensabili per la sicurezza della nazione. E ora che la Corte costituzionale dice che quegli atti non agevolano per nulla il controllo del territorio, anzi lo peggiorano, producono insicurezza, tutti tacciono, tranne qualche sparuta voce.

Tacciono le tv, i giornali, i media. Tacciono i cittadini.

E i politici restano impuniti. La vera impunità non è quella giudiziaria. È quella politica. Un politico può fare quello che nessun preside o autista di autobus può fare: non rispondere a nessuno del male che ha fatto alle persone.

 

Un aspetto incoraggiante

Ma c’è anche un aspetto incoraggiante in questa vicenda. L’ha messo in luce il presidente emerito della Corte costituzionale Gustavo Zagrebelsky.

La decisione della Corte, ha scritto su “La Stampa” di sabato 11 luglio, “non sarebbe stata possibile se la società civile non fosse reattiva e non si organizzasse per ottenere legalità dai Tribunali e dalla Corte costituzionale”.

Grazie alla mobilitazione della società civile che si è battuta contro i decreti sicurezza denunciandone con moltissime iniziative, anche in Trentino, la disumanità, l’irragionevolezza, l’irrazionalità, l’incostituzionalità si è potuti arrivare alla sentenza della Corte. Perché questa agisce solo se qualcuno solleva le eccezioni di costituzionalità.

In questo caso sono state sollevate dai Tribunali di Milano, Ancona e Salerno. E questi si sono mossi perché a loro hanno ricorso avvocati, a nome di associazioni, persone, pezzi di società civile che promuovono i diritti dei più deboli.

 

La verità va gridata

Nei mesi scorsi, in tanti incontri pubblici su questo tema in giro per il Trentino, spesso c’era chi alzava la mano e diceva: ma a cosa serve quello che facciamo? Siamo in pochi, la propaganda ci schiaccia.

Eccola, ancora una volta, la risposta. Siamo in pochi, certo, ma la verità va gridata comunque, perché solo se qualcuno, anche contro tutti, la grida, la verità si fa strada.

 

Pubblicato sul quotidiano “Trentino” il 16 luglio 2020