Morte di Adan, ragazzino iracheno

La morte di Adan, ragazzino iracheno di 13 anni che la distrofia muscolare costringeva a vivere in carrozzina, e che per quattro giorni, insieme ai suoi genitori e a tre fratellini più piccoli, ha dovuto vivere in strada a Bolzano perché si doveva verificare se questa famiglia di profughi poteva essere accolta in una qualche struttura è sconvolgente. Si doveva verificare. Giornate per verificare.

C’è una circolare della Provincia autonoma di Bolzano (l’autonomia!) che impedisce di accogliere senza verificare se possono essere accolti. Uffici di qua, uffici di là. Intanto, vivete in strada, questa la risposta data al ragazzino disabile, ai suoi fratellini e ai suoi genitori.

Il ragazzino è caduto dalla carrozzina, ha subito un’operazione ad ambedue gli arti ed è morto per delle complicazioni seguite all’operazione.

Con tutta la nostra autonomia speciale, tutta la nostra efficienza organizzativa, tutta la nostra solidarietà siamo stati capaci di lasciare per quattro giorni per strada, al freddo, in condizioni disumane un ragazzino disabile, tre suoi fratellini di 6, 10 e 12 anni e i suoi genitori.

Adesso piangiamo il povero Adan, se mai ci sono lacrime per lui.

Vien proprio da dire: al diavolo questa autonomia, questa efficienza organizzativa e questa solidarietà se si può arrivare a tanto.

A che ci servono se non sono in grado di dare un tetto, un po’ di caldo e un po’ di calore umano a questi esseri umani? Ai più infelici degli esseri umani?

La morte di Adan riguarda tutti.

Il gelo e l’odio contro i profughi stanno avvelenando le nostre vite, la nostra società e questo veleno invade tutti gli ambiti e condiziona la politica, già senza spina dorsale e senza anima, che si precipita a trovare motivi, camuffati da regole, per accogliere il meno possibile, per dire di no molto volentieri, per coprirsi dietro regole, circolari e norme. L’umanità scompare. E così per Adan non c’è posto.

Anche a Trento ci sono alcune decine di profughi che non sono accolti da nessuno, per i quali non c’è posto.

Non rientrano nei casi previsti dalle nostre regole. Vivono in condizioni disumane in ricoveri di fortuna. Con loro ci sono altre decine di persone senza dimora che non trovano posto la notte in una qualche struttura.

È un dramma che da anni si ripete. I poveri, i senza dimora, gli infelici che nessuno vuole sono tutti uguali.

Sono le propagande che fanno le differenze tra i nostri e i loro.

Il freddo e la fame sono uguali per tutti. Le carrozzine sono uguali per tutti. Le umiliazioni sono uguali per tutti.

Anche l’odio e l’indifferenza sono uguali per tutti. Che sia di centrodestra o che sia di centrosinistra, che sia della nuova politica o che sia della vecchia politica. Che sia della casalinga o che sia del dirigente.

Abbiamo 115 comuni che non accolgono nessun profugo. Su 1700 accolti in Trentino, 1000 sono accolti da Trento e Rovereto. Due comuni su tre non accolgono nessun profugo. I valori, la solidarietà, la comunità: chiacchiere.

L’anno scorso il Trentino ha registrato 1.704.460 arrivi (arrivi, non presenze) di turisti stranieri e 4.000.000 di turisti italiani, ci ricorda l’annuario statistico della Provincia autonoma di Trento.

Per questi cinque milioni e settecentomila italiani e stranieri abbiamo a disposizione in Trentino 482.105 posti letto in 72.983 strutture, tra esercizi alberghieri, complementari, alloggi privati, seconde case.

Però è un problema accogliere 1.700 profughi, e 115 comuni non ne accolgono nessuno.

Per gli stranieri ricchi c’è sempre posto, per gli stranieri poveri no.

Quello che vale per la provincia di Trento vale anche per quella di Bolzano. I poveri Adan  possono aspettare sulle loro carrozzine. Sono stranieri poveri.

Siamo entrati nella Settimana dell’accoglienza che fa vedere anche un altro Trentino e un altro Alto Adige.

Ci sono tante persone che accolgono, ci sono comuni che fanno in maniera esemplare il loro dovere, ci sono tante organizzazioni che si spendono per l’accoglienza tutti i giorni. Ci sono gruppi di volontari che si autotassano per pagare l’affitto a persone senza dimora e profughi. Ogni mese danno un po’ del loro stipendio o della loro pensione per accogliere.

Ci sono quelli che insegnano gratuitamente l’italiano, ci sono imprenditori che accolgono ragazzi africani per tirocini di formazione e lo fanno con passione e dedizione. Ci sono studenti che aiutano a fare i compiti i più giovani compagni venuti da lontano e che cercano un futuro da noi.

La morte del povero Adan ci ricorda però, nella maniera più atroce, gli esclusi, i non accolti. Di fronte ai quali le coscienze e le istituzioni devono scuotersi.

Se le regole non sono per l’umanità, si cambiano.

 

Pubblicato sul quotidiano “l’Adige” il 10 ottobre 2017