Così si lavora nei campi di Gioia Tauro

redattore sociale.it

«Mi chiamo Mohamed, sono nato in Senegal e non vedo mia moglie da 7 anni. Ho un contratto di lavoro per 2 mesi all’anno, il resto dei mesi lavoro in nero e non posso farci nulla. Ho chiesto insistentemente ai miei datori di lavoro di farmi un regolare contratto per permettermi di dimostrare che posso convertire il mio documento di soggiorno. Ma continuano a dire che, anche se lavoro bene, fare un contratto gli costa troppo. Non posso tornare in Africa, non posso far venire mia moglie in Italia.» (da “Avvenire”, 17 giugno 2021)

 

Migranti e profughi continuano ad essere sfruttati nelle campagne italiane. La sanatoria dello scorso anno ha consentito a molte badanti di regolarizzarsi. Non così in agricoltura. Era uno degli obiettivi principali della sanatoria, ma i problemi burocratici e i costi della regolarizzazione ne hanno decretato un quasi fallimento sul fronte dei braccianti.

I problemi restano gravissimi.

Le condizioni di lavoro sono spesso disumane.

Anche le condizioni di vita (alloggio, salute, …) dei lavoratori sono spesso disumane, indegne di un paese civile.

Nuovi schiavi, donne e uomini, continuano a lavorare nei campi italiani (ed europei).

L’accoglienza è una battaglia continua perché non si trasformi in sfruttamento e schiavitù.

La giornata mondiale del rifugiato (20 giugno) deve essere un’occasione per tornare ad illuminare la DRAMMATICA SITUAZIONE DEI NUOVI SCHIAVI.

Il quotidiano “Avvenire” continua a tener desta l’attenzione anche su questo aspetto delle migrazioni con servizi ben documentati.

Una vita in nero e grigio fra gli agrumi.

Così si lavora nei campi di Gioia Tauro

 

«Nulla o ben poco sembra essere cambiato rispetto agli anni passati» perché «il lavoro nero o grigio continua a rappresentare la norma, lo sfruttamento resta grave e diffuso, le condizioni alloggiative – tra tendopoli ufficiali che cedono rapidamente il posto a baraccopoli sovraffollate e malsane e casali fatiscenti sparsi nelle campagne – sono ancora oggi disastrose».

Non solo: «L’accesso alle cure è spesso ostacolato da impedimenti burocratici, mancanza di informazioni, isolamento».

E «l’esercizio di diritti basilari quali l’iscrizione anagrafica, il rinnovo dei documenti di soggiorno, l’accesso alla disoccupazione agricola o all’indennità di malattia resta ancora oggi precluso a molti lavoratori, a causa delle irregolarità contrattuali, salariali e contributive che caratterizzano in modo sistematico i rapporti di lavoro».

 

Sono alcuni passi del servizio di Vincenzo R. Spagnolo pubblicato su “Avvenire” del 17 giugno 2021. Leggi il servizio.