Il capo del governo, Mario Draghi, nella conferenza stampa dell’8 aprile 2021, è stato coraggioso nel definire il premier turco Erdogan un “dittatore”, rispondendo a una domanda sulla mancanza di rispetto da lui mostrata nei confronti della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.
E poco importa che alcuni osservatori, come l’ineffabile Mentana della 7, abbiano osservato che Erdogan è stato eletto col 52% dei voti. Di dittatori eletti è pieno il mondo, anche col 90% dei voti. Mentana parli coi giornalisti e gli scrittori turchi in carcere o in esilio.
Draghi è stato invece reticente e timido sulla tragedia dei diritti umani dei migranti in Libia. Il petrolio e il gas frenano il coraggio.
Ma i migranti imprigionati, torturati e uccisi – e le donne subiscono le peggiori violenze – sono molto più maltrattati di quanto Erdogan non abbia maltrattato Ursula von der Leyen, alla quale va tutta la nostra solidarietà.
Dopo l’incontro col premier libico, svoltosi alcuni giorni fa, Draghi aveva detto: «Noi esprimiamo soddisfazione per quello che la Libia fa per i salvataggi, e nello stesso tempo aiutiamo e assistiamo la Libia». Parole sbagliate, e anche da noi duramente criticate (vedi Petrolio e gas libici sono insanguinati, presidente Draghi. La Guardia costiera libica non è la Croce Rossa!)
Nella conferenza stampa, il Presidente del consiglio, in risposta a una domanda sulle polemiche suscitate da queste dichiarazioni, ha detto (trascrizione testuale dalla registrazione video):
“Sono ben consapevole di essere stato criticato. Tenete presente che l’Italia è l’unico paese che ha dei corridoi umanitari in Libia e con il Primo ministro libico i temi per cui sono stato criticato per non averli toccati, in realtà sono stati discussi, toccati, sia nel confronto bilaterale sia nelle riunioni successive, dove le due cose che ho detto sono: che noi siamo preoccupati per i diritti umanitari, preoccupati, e che l’azione del governo italiano è orientata al superamento dei centri di detenzione.
Di nuovo, franchezza, ma anche capacità di cooperare. Per tanti motivi la Libia è un paese con cui noi dobbiamo cooperare. Tra le tante aree in cui questa cooperazione è necessaria c’è l’area dell’immigrazione.
Senza troppo andare nei dettagli, mi sono chiesto: questo è un problema, non si può far finta che non esista. Esiste.
E allora, come deve essere l’azione di un governo che cerca di gestire – è una brutta parola perché si tratta di esseri umani -, comunque di affrontare questo problema?
Deve avere un approccio che sia prima di tutto umano; secondo, equilibrato; e terzo, efficace.
E queste sono le direttive che non solo ho dato, ma mi sono dato nel riflettere e nell’agire su questo problema”.
Commento
L’Italia ha corridoi umanitari con la Libia, ma per pochi migranti. L’Italia finanzia invece i centri di detenzione (meglio noti come lager) in Libia dove sono imprigionati in condizioni disumane molti migranti, che vengono ricattati, torturati e a volte uccisi.
Il problema non è cooperare o no con la Libia. Ma come si coopera. La cooperazione tra Italia e Libia sui migranti esiste già ed è regolata dal Memorandum sottoscritto da Gentiloni e Serraj il 2 febbraio 2017.
In base a questo famigerato Memorandum – deciso dal governo di centrosinistra e confermato dai successivi, di ogni colore – l’Italia ha addestrato e armato la Guardia costiera libica, ha finanziato i cosiddetti “centri di accoglienza”, meglio noti come lager, ha versato altri milioni di euro alla Libia per attività varie. Il tutto perché fermi i migranti. In qualsiasi modo.
Un accordo che si promette sempre di cambiare, ma che si non cambia mai. Né Draghi ha detto che lo vuole cambiare.
Un anno fa, alla vigilia della scadenza del Memorandum, il Consiglio d’Europa aveva chiesto all’Italia di «sospendere con urgenza le attività di cooperazione con la guardia costiera libica almeno fino a quando quest’ultima non possa assicurare il rispetto dei diritti umani».
«Migliaia di esseri umani hanno rischiato la vita per cercare protezione. È vergognoso che chiudiamo un occhio su di loro – dichiarava Dunja Mijatovic, commissario dei diritti umani del Consiglio d’Europa – Questa tragedia è andata avanti da troppo tempo e i paesi europei hanno contribuito ad essa. È urgente che l’Italia, l’Unione europea e tutti i suoi Stati membri prendano provvedimenti per porvi fine».
Nel febbraio di quest’anno, alla viglia dell’ennesimo, automatico rinnovo del Memorandum, poco più di due mesi fa, diverse organizzazioni umanitarie internazionali hanno lanciato l’ennesimo drammatico appello-denuncia al governo italiano perché si cambi radicalmente rotta. Si veda:
Certamente non si può pretendere che Draghi cambi in poco tempo quelle cose che i tre governi precedenti, di vari e contrapposti colori, non hanno voluto o saputo cambiare.
Lui però ha detto che “ci vuole un approccio in primo luogo umano nell’azione di governo in questo ambito”. La realtà in questo momento è altra. È disumana. Perché il Memorandum, che definisce nel concreto l’approccio del nostro governo alla questione, mette in primo luogo l’obiettivo di fermare i migranti in Libia a qualsiasi costo e prezzo. Non l’umanità.
Se le parole di Draghi hanno un senso, ci aspettiamo che il Memorandum venga radicalmente cambiato e con esso l’approccio del nostro governo a questo dramma.
Insieme alla tragedia del Covid, non esiste per l’Italia questione più drammatica di questa. E più vergognosa. Che dura da anni con governi di ogni colore, sinistra compresa. Stiamo parlando di lager finanziati con i soldi delle tasse degli italiani.
Il 7 febbraio 2019 usciva sul “Corriere della sera” un articolo di Goffredo Buccini così titolato:
“Libia, la Srebrenica del Mediterraneo. E l’Occidente lo capirà troppo tardi. Un rapporto Onu documenta torture, stupri, schiavi. Come in Bosnia, preferiamo non vedere”. (vai all’articolo)
I termini della questione migranti in Libia sono questi. Questi, non altri. Drammaticamente, vergognosamente questi.
Testo del Memorandum Italia-Libia