I lavoratori stranieri che mancano

Adesso tutti possono capire di più le “strane” caratteristiche delle migrazioni. Proprio in un momento difficile come questo. Lasciamo stare le propagande e atteniamoci alla realtà. Nella realtà succede che in questo momento di grave crisi economica e occupazionale mancano decine di migliaia di lavoratori. In decisivi settori produttivi. Gli imprenditori sono disperati perché se i lavoratori stranieri non arrivano sono guai.

Arriveranno gli stranieri a raccogliere i piccoli frutti?

Arriveranno a cogliere le mele?

Arriveranno per la vendemmia?

Per le cucine, le pulizie, le sale degli alberghi?

Implorano: aprite i confini!

Eppure la propaganda dice: prima i nostri, gli immigrati portano via il lavoro ai nostri. Chiudete i confini! Basta stranieri! Ci creano solo problemi. Avanti i nostri!

E dove sono i nostri?

C’è una gravissima crisi, ci sono molti disoccupati, ci sono molti poveri: perché i nostri non fanno i lavori che fanno gli stranieri?

Vuol dire che non è vero che gli stranieri portano via il lavoro ai nostri. Ma che i nostri non vogliono più fare certi lavori. Anche se la crisi è dura. Spesso non sono più capaci di farli certi lavori. Lavori, pesanti, sporchi, difficili, pericolosi. Ma anche lavori che richiedono certe competenze. Tutti lavori decisivi per la nostra economia.

Il nostro made in Italy migliore –  agricoltura, turismo, artigianato – sta in piedi grazie alla manodopera straniera.

Qualsiasi sia la situazione economica e politica del nostro Paese. Crisi o non crisi, disoccupazione o no, destra o sinistra al potere. La presenza dei lavoratori stranieri ci salva. È questione di vita o di morte per noi. E lo sarà sempre di più.

E allora, perché questa propaganda contro gli stranieri?

Perché l’odio? Perché privarli di diritti fondamentali?

Accogliamoli con dignità, aiutiamo le nostre comunità a fare i conti con la presenza degli stranieri. Con umanità e intelligenza. Perché si impari a stare insieme. Perché nessuno si senta straniero. Ma in quanti programmi elettorali per le comunali del mese prossimo si affronta seriamente questo problema?

C’è, in concomitanza, un altro fenomeno sotto i nostri occhi: gli sbarchi dei migranti economici. La propaganda impazzisce. Urla, impreca. E il capo del governo vuole rispedirli indietro.

Ma, scusate: non siete preoccupati perché mancano lavoratori stranieri? C’è qualcosa che non va.

Quello che non va è che l’Italia non ha una politica seria di ingresso regolare di lavoratori stranieri per rispondere alle necessità della propria economia e ai cambiamenti sociali in atto, primo fra tutti l’invecchiamento della popolazione.

Ogni anno lo Stato italiano stabilisce una quota di ingressi di lavoratori stranieri che è del tutto insufficiente.

L’ingresso di lavoratori stranieri, essendo il canale regolare insufficiente, avviene così – è la storia di tre decenni di immigrazione nel nostro Paese – per via anomala: visto turistico o canale dei rifugiati (richiesta di asilo).

E poi questi lavoratori, dopo sfruttamenti, lavoro nero, travagli, mille problemi, creati anche dai cosiddetti “decreti sicurezza”, vengono regolarizzati attraverso le sanatorie. Si fa dopo, cioè, quello che si doveva fare prima.

Tutti i governi italiani, di sinistra o di destra, hanno fatto così. Incapaci di creare un sistema adeguato di ingressi regolari dei lavoratori stranieri, hanno “sanato” dopo, in un secondo momento, gli ingressi irregolari.

Conte tuona: basta ingressi irregolari! Ma non fa quello che dovrebbe fare: una legge che renda possibili gli ingressi regolari. Fa anche lui una sanatoria (i termini per le domande scadono il 15 agosto prossimo).

E la più grande sanatoria l’ha fatta il governo Berlusconi con la legge Bossi-Fini del 2002: una sanatoria per 634.728 lavoratori stranieri! Regolarizzati dopo.

È ora di finirla con la politica delle sanatorie. Ci vuole una legislazione che risponda “prima” al bisogno di ingressi regolari di lavoratori stranieri nel nostro Paese.

L’Italia ha bisogno di una seria politica dell’immigrazione.

 

Pubblicato sul quotidiano “Trentino” il 6 agosto 2020.