Sanatoria, serve più coraggio

Lavoratori, non schiavi. Persone, non braccia. Esseri umani, non robot usa e getta.

A quanti lavoratori immigrati la sanatoria in corso, per la quale le domande scadono il prossimo 15 agosto, restituirà un minimo di dignità? E quanti ne rimarranno esclusi?

 

Quanti continueranno ad essere sfruttati? Privati dei più elementari diritti? Non considerati uomini e donne come gli altri? Pur essendo indispensabili per noi? Per la nostra economia? Per la nostra vita familiare e sociale?

In giugno, primo mese di presentazione delle domande, sono state presentate 80.366 richieste di regolarizzazione, secondo uno studio Fondazione Moressa-Il Sole 24 ore. Ma non nel settore agricolo, come si pensava, ma nella stragrande maggioranza, ben l’88% delle domande, in quello del lavoro domestico (colf e badanti).

Un mezzo fallimento della sanatoria? Forse è presto per dirlo.

È consuetudine che moltissime domande arrivino negli ultimi giorni consentiti.

Certo è che la sanatoria è partita con almeno due grandi difetti.

Il primo: è limitata ai soli settori dell’agricoltura e pesca e del lavoro domestico. Troppi ne sono esclusi, come ad esempio i lavoratori dell’edilizia, del commercio, della ristorazione, delle pulizie, dei trasporti…

Il secondo limite: le pratiche sono complicate, richiedono spese eccessive, non rispondono a tante situazioni che invece dovrebbe essere regolarizzate.

Il governo correggerà questi limiti prima della scadenza? Sarebbe doveroso.

Lasciamo migliaia di lavoratori in balia dello schiavismo dei caporali? Del lavoro nero negli alberghi? E ancora migliaia di badanti tanto indispensabili quanto prive di diritti?

 

Foto migrantitorino.it

 

Un governo troppo timido.

C’è voluto il coranvirus per far approvare  la sanatoria. Perché tutti gli italiani si sono resi conto che senza lavoratori stranieri l’agricoltura (made in Italy o a chilometro zero) e l’assistenza ai non autosufficienti, settori di vitale importanza nel momento più difficile della pandemia, non reggevano.

Ma gli alberghi forse reggono? I trasporti, l’edilizia?

È una verità vecchia. Ci si dimentica che, volenti o nolenti,  da tre decenni il nostro Paese regge in alcuni settori grazie al lavoro degli stranieri.

Ma è comodo far propaganda dicendo che rubano il lavoro ai nostri. L’abbiamo vista la disperazione degli agricoltori davanti alla mancanza di lavoratori stranieri?

Ci si dimentica, poi, che le più grandi sanatorie le hanno fatte i governi di destra.

La più grande sanatoria di immigrati nella storia della Repubblica è stata fatta dal governo Berlusconi con la  legge Bossi-Fini dell’11 luglio 2002 con la quale sono stati regolarizzati 634.728 stranieri.

Il  leghista Salvini, che strepita contro la modesta sanatoria di questi giorni, dimentica quella gigantesca di Lega Nord-Alleanza Nazionale-Forza Italia di allora.

Ma anche quella del ministro leghista Maroni  del 2009 che regolarizzò 294.744 badanti.

Sette sanatorie rilevanti hanno caratterizzato la storia dell’immigrazione nel nostro Paese e le due sanatorie della destra sono state di gran lunga maggiori delle altre cinque: legge Foschi, 1986: 116.000 regolarizzati; legge Martelli, 1990: 225.000 regolarizzati; decreto Dini, 1995: 244.000; legge Turco Napolitano, 1998: 217.000; governo Monti, 2012: 120.000.

Il nostro Paese ha continuato a tamponare con le sanatorie, di destra o di sinistra, l’assenza di una  politica seria di accesso al lavoro per gli immigrati stranieri, come ricordano nei loro libri tutti i maggiori studiosi italiani del fenomeno migratorio, come  Corrado Bonifazi (L’immigrazione straniera in Italia), Maurizio Ambrosini (Migrazioni), Giuseppe Sciortino (Rebus immigrazione), Stefano Allievi (Immigrazione, cambiare tutto), Michele Colucci (Storia dell’immigrazione straniera in Italia).

Come scrive Sciortino (docente all’Università di Trento),

viviamo in un mondo che predica la libera circolazione di tutti i fattori di produzione identificati dagli economisti, salvo il lavoro.

Salvo il lavoro, perché il sistema capitalistico preferisce schiavi e servi, non lavoratori. L’illegalità è terreno fertile per gli affari, il lavoro nero, il lavoro sottopagato, l’evasione fiscale.

L’attuale sanatoria, pur con tutti i limiti, regolarizza almeno una parte di lavoratori sfruttati nell’illegalità. È un merito. Ma ne lascia fuori troppi.

I partiti che sostengono il governo ritrovino un minimo di coraggio prima del 15 agosto e aprano la regolarizzazione ad altri settori. Magari semplificando le procedure.

Non sarebbe un atto di eroismo.

Se la destra ne ha regolarizzati molti di più, di che cosa ha paura la sinistra?

E i Cinque Stelle, cultori della legalità, perché hanno paura a togliere i lavoratori dall’illegalità?

 

Pubblicato sul quotidiano “Trentino” il 9 luglio 2020.