Covid, perché il regionalismo ha fallito/1

Per il regionalismo e l’autonomismo la drammatica emergenza Covid doveva essere una prova di maturità. Invece è stata, e continua ad essere, la dimostrazione, triste, penosa, con tragici risvolti, di un pericoloso fallimento. Verità amara, ma che va chiamata col suo nome. Perché ci sono di mezzo vite umane.

Il regionalismo e l’autonomismo hanno dimostrato di tenere meno alla vita umana dei propri concittadini di quanto ci tenga il potere centrale. Questa è la realtà.

Le regole imposte da Roma stanno impedendo che la strage in Trentino, in Alto Adige, in Lombardia – per citare i casi più drammatici –  sia più pesante di quello che è. E che i veri dati, non le bugie dei politici locali, rivelano.

Come ha dimostrato il “Trentino” di ieri che titolava un chiarissimo servizio di Andrea Selva basato su dati Istat – “Covid, nel 2020 più 17,2% dei decessi. Il Trentino subito dopo la Lombardia”.

Come esperti seri, anche su questo giornale, hanno dimostrato. Inascoltati.

Come dimostra l’ex rettore dell’Università di Trento, Davide Bassi, fisico, che sulla base di un serio studio può ribadire sul suo blog che “la Provincia Autonoma di Trento ha steso una fitta coltre di nebbia sui veri numeri dei contagi registrati in Trentino sulla seconda ondata pandemica” e che in novembre non abbiamo avuto tra i 2 e i 3 mila contagi in Trentino, ma 10.000. Confermando altre analisi.

A fatica i dati veri cercano di farsi largo tra le nebbie stese dal potere. Bisogna nascondere i dati veri per continuare a chiedere deroghe a Roma e ingannare l’opinione pubblica. Per poter dire agli elettori, che però sono meno scemi di quanto pensi chi comanda: noi apriremmo, è Roma che non vuole, noi continuiamo a chiedere deroghe a Roma, ma il centralismo ci punisce.

Infantilismo pericoloso e colpevole. Come il bambino che si lamenta perché la mamma non lo lascia giocare col coltello o con il fuoco.

Altro che assunzione piena di responsabilità da parte del potere locale. Questo è il fallimento del regionalismo e dell’autonomismo.

Più deroghe e meno regole vuol dire più contagi e più morti. Allora basta nascondere i contagi e i morti per far percepire alla gente una realtà diversa da quella che c’è.

La storia ben nota della realtà e della percezione della realtà. Conta di più la percezione della realtà. Bisogna far credere alla gente che la realtà è diversa da quella che è. Come è stato ben collaudato con la propaganda contri i migranti.

Certo, i morti di Covid non si possono nascondere. Si possono nascondere i contagi. Ma il potere è nudo di fronte ai morti. Almeno fin che ci sono una stampa e una informazione non del tutto asservite al potere. Finché ci sono coscienze libere. Senza di che chi comanda nasconderebbe i morti, come fanno da sempre i regimi liberticidi.

Come avrebbe voluto fare, però, anche Trump coi voti degli elettori.

Perché l’arroganza e le menzogne del potere non sono una esclusiva delle dittature, ma sono malattie insite nel potere stesso, anche in quello democratico.

Per questo c’è bisogno di una stampa che faccia da cane da guardia al potere. Non da barboncino o da cane San Bernardo. Cane da guardia. E più il potere è vicino, più c’è bisogno di cani da guardia. Perché l’omertà è una pericolosa malattia dei localismi.

Un vero autonomismo e un vero regionalismo avrebbero dovuto, ancora in settembre, dire al potere centrale: noi imponiamo regole più severe per contenere la diffusione del virus, viste le evidenti avvisaglie estive. Lasciatecelo fare. È un duro sacrificio, ma alla la vita e alla salute dei nostri concittadini teniamo più noi che voi a Roma. E a Natale, magari, potremo aprire più attività.

Questa sarebbe stata una prova di maturità. Invece siamo qui a registrare che Trentino, AltoAdige e Lombardia, mentre continuano a chiedere irresponsabilmente meno regole, hanno più morti del resto d’Italia.

Vite umane, volti cari, uno ad uno. Vite umane perdute per sempre. Non numeri con cui giocare.

Non c’è peggior fallimento per l’autonomismo e il regionalismo.

 

Articolo pubblicato sul quotidiano “Trentino” giovedì 10 dicembre 2020