Afghanistan, le bugie rivelate

I pacifisti avevano ragione, i guerrafondai torto. I veri realisti erano quelli che si opponevano alla guerra, dicendo che avrebbe aggravato i problemi. Gli illusi, i “sognatori”, erano quelli che la volevano, dicendo che i problemi li avrebbe risolti. Il disastro umano e politico della guerra degli Stati Uniti e dell’Occidente all’Afghanistan è sotto gli occhi di tutti. Uno spaventoso fallimento. Col suo strascico impressionante di morti, feriti, profughi e poi di nuove guerre, nuovi morti, nuovi feriti, nuovi profughi, a milioni, nei Paesi limitrofi del Vicino Oriente.

La guerra all’Afghanistan è la madre dei disastri umani e politici del nostro presente.

“Non sapevamo quello che stavamo facendo”, confessano oggi alti funzionari e ufficiali americani. Poco meno di un mese fa il quotidiano americano “Washington Post” è riuscito a pubblicare, dopo tre anni di battaglia legale, duemila pagine di documenti riservati del governo americano, in particolare 600 interviste rilasciate a un organismo governativo (il Sigar, Special Inspector General for Reconstruction in Afghanistan) da generali, diplomatici, funzionari americani coinvolti nel conflitto.

Tre verità fondamentali emergono da queste interviste (ne ha scritto lucidamente Peter Beaumont sul  “Guardian” del 14 dicembre scorso): l’opinione pubblica è stata sistematicamente imbrogliata dalle amministrazioni americane (Bush, Obama, Trump) sull’andamento della guerra, con la diffusione di dati falsificati e valutazioni eccessivamente ottimistiche; in secondo luogo in Afghanistan è stato creato, con una combinazione di arroganza e ignoranza, uno Stato violento, corrotto, non funzionante che di fatto ha legittimato i nemici di questo Stato, i talebani, oggi più forti che mai; in terzo luogo da questi documenti emerge la riluttanza dei capi militari ad ammettere che quella in Afghanistan era, com’era evidente a tutti, una missione impossibile.

Verità sconvolgenti, di cui erano pienamente consapevoli gli stessi capi militari e diplomatici americani.

Bugie, arroganza e ignoranza hanno guidato questa guerra  che dal 2001 ha provocato, secondo alcune stime non esagerate, almeno 120 mila morti tra gli afghani, di cui  30 mila civili (uomini, donne, bambini, vecchi).

Sono morti 3.500 soldati della Nato, tra cui 54 italiani (ancor oggi ci sono 800 militari italiani nel Paese e spendiamo ogni anno 120 milioni di euro per questa guerra).

La guerra ha provocato almeno 2 milioni e 700 mila profughi, accolti nei Paesi vicini o in Europa, e altrettanti sfollati all’interno dello stesso Afghanistan. Il dramma dei profughi che ha sconvolto anche l’Europa nasce con la guerra all’Afghanistan.

“Non sapevamo quello che stavamo facendo”, ha dichiarato in una delle interviste Richard Boucher, assistente Segretario di Stato americano per l’Asia meridionale e centrale tra il 2006 e il 2009.

E gli americani hanno portato 775.000 militari in Afghanistan, hanno avuto 2.400 morti e 23 mila feriti! “Non sapevamo quello che stavamo facendo”. Questi sono i sedicenti “realisti”.

Strategie confuse, scelte contraddittorie, decisioni più rispondenti ad esigenze di politica interna che a risolvere il conflitto. Bush ha voluto la guerra per vendicarsi di Al Qaeda, responsabile dell’attentato dell’11 settembre alle Torri Gemelle di New York. Ma poi si è messo a far la guerra ai talebani.

Talebani “creati” e finanziati dagli stessi americani per combattere i sovietici durante la loro occupazione del Paese (dal 1979 al 1989). A lungo si è rifiutata poi ogni trattativa con gli stessi talebani. Ma oggi essi controllano più di metà del Paese e gli americani sono stati costretti ad aprire il dialogo con loro.

La guerra, come dicevano i pacifisti, non ha risolto ma ha aggravato i problemi. E mentre americani ed europei cercano di andarsene, la guerra continua  più sanguinosa che mai. I dati resi noti il 17 ottobre scorso dalla Missione ONU in Afghanistan sono drammaticamente eloquenti: dal 1° gennaio al 30 settembre 2019 ci sono stati 2.563 morti tra i civili e 5.676 feriti. Un anno tra i più sanguinosi dell’ultimo decennio.

Intanto l’Europa respinge i profughi afghani, rifiuta a molti di loro l’asilo politico. L’Occidente fa le guerre a base di arroganza e menzogne (la stessa guerra all’Iraq ne è una ulteriore dimostrazione), provoca vittime e profughi a milioni. E poi si rifiuta di accogliere i profughi. Li trasforma in nemici. Loro, le vittime. In nome di che cosa? Della difesa della civiltà occidentale. Civiltà della menzogna e dell’arroganza.

È tempo che i movimenti della pace si sveglino dal sonno.

È tempo di tornare a fare la guerra alla guerra.

E ripetere, con le parole di Erasmo di cinque secoli fa, e con le ragioni del drammatico presente, che “non c’è iniziativa più empia e dannosa, più largamente rovinosa, più persistente e tenace, più squallida e nell’insieme più indegna di un uomo, per non dire di un cristiano” della guerra.

 

Pubblicato sul quotidiano “Trentino” il 2 gennaio 2020