L’Italia ha triplicato l’export di armi

Nel pieno della tragedia umanitaria dei profughi, causata soprattutto dalle guerre e dal terrorismo, alimentati da un traffico di armi senza sosta, e poi dalle estreme povertà di vaste aree dell’Africa e dell’Asia, la notizia che l’Italia ha triplicato nel 2015 l’export di armi, arrivato a 8,2 miliardi di euro rispetto ai 2,9 del 2014, è di quelle che suscitano stupore e indignazione.

 

 Giorgio Beretta: cosa dice la relazione del governo al parlamento

Tanto più che molte di queste armi sono finite nel Vicino Oriente e nell’Africa subsahariana, le aree in questo momento più tormentate dalle guerre, dal terrorismo e dalle povertà, e dalle quali fuggono la stragrande maggioranza dei profughi.

Tutto questo emerge dalla Relazione del governo inviata alle Camere lo scorso 18 aprile e che qualche osservatore indipendente non si è lasciato sfuggire. Come Giorgio Beretta, un esperto e tenace militante della Rete italiana per il disarmo, che in una articolata intervista di venerdì 6 maggio all’agenzia Adista ha denunciato «la cifra record» dal dopoguerra dell’export italiano di armi e gli inquietanti destinatari di questo traffico:

«Tra i principali acquirenti – ha dichiarato Beretta – troviamo Paesi che stanno contribuendo da mesi al conflitto in Yemen (più di 8 mila morti di cui metà tra la popolazione civile), come l’Arabia Saudita (257 milioni di euro tra caccia Eurofighter, bombe, missili e sistemi di direzione del tiro), gli Emirati Arabi Uniti (304 milioni di euro tra armi automatiche, veicoli, velivoli e navi da guerra e relativo munizionamento), il Qatar (35 milioni tra veicoli terrestri, apparecchiature elettroniche e munizioni), ma anche il Bahrain (54 milioni di euro che comprendono «armi leggere»), dove è in corso una tremenda repressione interna, e l’Oman (152 milioni di euro) che, pur non facendo parte della coalizione che è intervenuta militarmente in Yemen, non brilla certo per il rispetto dei diritti umani».

Va aggiunto, ad aggravare il quadro, che questi Paesi del Vicino Oriente sono, a detta di molti osservatori, tra i maggiori sostenitori del terrorismo estremista islamico.

 

Cosa invece non dice

Beretta ricorda anche che l’export italiano di armi verso l’Africa subsahariana, l’area più povera del mondo, è passato dai 2 milioni di euro del 2014 ai 153 milioni del 2015 e che l’Italia, nonostante la vicenda dei marò, ha continuato a vendere armi all’India.

Ma Beretta denuncia poi un altro aspetto di estrema gravità: la Relazione del governo ha molti punti oscuri e non permette di ricostruire del tutto le operazioni, vanificando in tal modo le speranze di una maggiore trasparenza nate con la legge 185 del 1990, che fu il risultato di tante battaglie della società civile nel corso degli anni Ottanta (ricordiamo, tra l’altro, come la vicenda di padre Alex Zanotelli allontanato dalla direzione di «Nigrizia» dopo le sue denunce sui traffici italiani di armi abbia contribuito a far crescere una diffusa reazione in quegli anni).

La mancanza di trasparenza resta più inamovibile che mai, tanto da rendere la Relazione, dichiara Beretta, «un mero esercizio burocratico e di facciata».

La crescita dell’export italiano di armi confermerà l’Italia all’ottavo posto tra i Paesi maggiori esportatori di armi e conferma la continua crescita del mercato delle armi a livello mondiale registrato negli ultimi cinque anni.

 

Se cresce il traffico di armi, possono diminuire le guerre?

Cresce il traffico di armi, potrebbero mai diminuire le guerre?

E con esse i morti, i feriti, i profughi?

Però molti se la prendono con i profughi, cioè con le vittime invece che con i carnefici e con coloro che creano e ingrassano i carnefici. A tanto sono arrivati la cecità, l’ipocrisia e l’uso per fini elettorali della tragedia dei profughi.

Se solo il dieci per cento delle energie che tanti consumano per diffondere ostilità verso i profughi, e per creare muri e barriere contro di loro, fossero usate per diffondere ostilità verso il traffico delle armi e per creare muri e barriere contro il loro commercio, forse il mondo andrebbe meglio.

 

Applaudono papa Francesco, ma non lo ascoltano

Papa Francesco è stato insignito venerdì 6 maggio del premio Carlo Magno, e in quella occasione ha pronunciato un altro grande discorso in difesa dei profughi e di un’Europa dal volto umano,  ricevendo gli applausi dei leader di molti Paesi europei. Paesi che continuano a produrre ed esportare sempre più armi e ad alimentare così guerre, morti, feriti, orfani, profughi.

Applaudono papa Francesco, ma fanno finta di non ricordare le sue ripetute e durissime denunce del traffico di armi, come quella del 19 novembre 2015 nell’omelia in Santa Marta:

«Una volta Gesù ha detto: “Non si può servire due padroni: o Dio, o le ricchezze”. La guerra è proprio la scelta per le ricchezze: “Facciamo armi, così l’economia si bilancia un po’, e andiamo avanti con il nostro interesse”. C’è una brutta parola del Signore: “Maledetti!”. Perché Lui ha detto: “Benedetti gli operatori di pace!”. Questi che operano la guerra, che fanno le guerre, sono maledetti, sono delinquenti».

 

Pubblicato sul giornale «l’Adige» il 9 maggio 2016 e nel libro “La solitudine di Omran”. Ripubblicato su itlodeo.info il 16 aprile 2021.